3.6 Nazionalismo e folklore, simbiosi e circolarità: il caso dell'euskara
3.6.1 La lingua Euskara
Dalla seconda metà dell'Ottocento in poi nascono, a San Sebastián e a Bilbao, associazioni e centri culturali per la difesa e la diffusione della lingua euskara.
L’obiettivo non è soltanto la tutela di un patrimonio linguistico con caratteristiche grammaticali che lo differenziano radicalmente dagli altri idiomi iberici parlati dai gruppi etnici confinanti. L'intento dei fondatori di queste associazioni è anche la tutela del gruppo etnico bascofono che, privato dei privilegi derivanti dall'appartenenza ai fueros, rischia di essere numericamente e culturalmente travolto dall’ondata di migranti provenienti da altre regioni spagnole, richiamati dai processi d’industrializzazione dovuti allo sviluppo delle tecnologie minerarie, in particolare nell'area di Bilbao.
150 W. Cameron, Folklore and Basque nationalism: language, myth, reality, cit. 151 Ivi, p. 2.
I nazionalisti baschi percepiscono questa nuova congiuntura economica come un rischio per il mantenimento dell'identità culturale basca. Da qui la scelta di privilegiare la lingua euskara come fattore di differenziazione e di etnicizzazione delle popolazioni autoctone delle tre province basche.
Privilegiare l’euskara significa da un lato tutelare e conservare un patrimonio linguistico, esigenze alle quali si può ricondurre la fondazione dell'Accademia di lingua Basca, dall’altro realizzare programmi di educazione linguistica, nei baserri e nelle scuole pubbliche o religiose, indirizzati a tutti gli abitanti. Progressivamente, dagli inizi del Novecento in poi, lo spazio geografico in cui l'etnia basca si trova a vivere, prima denominato Euskadi, sarà chiamato Euskal Herria, “la terra dei parlanti in lingua basca”. La lingua è dunque il primo fattore di costruzione del modello di autopercezione identitaria e di distinzione tra etnie.
Nei decenni successivi, la questione linguistica apparirà come una delle istanze rivendicative più aspre e di contrapposizione tra il governo centrale di Madrid e i Paesi Baschi. Il bilinguismo diventerà legge dal 1980, con l'istituzione del primo parlamento della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi. Da quel momento le famiglie potranno decidere se far studiare ai figli l'euskara come prima lingua, fin dal primo anno delle scuole elementari, all’interno di percorsi curricolari di tipo bilinguistico.
Il riconoscimento dell'euskara come lingua ufficiale di una comunità autonoma non è soltanto il frutto di una lotta identitaria durata quasi un secolo, ma anche l'esito di un percorso storico-linguistico, iniziato con il Regno di Navarra, nel corso del quale si è cercato di elaborare un primo vocabolario e una prima grammatica delle lingue comuni parlate tra i Vasconi. Tale ufficializzazione attraverso leggi, accademie e percorsi bilinguistici non è indicativa, però, della reale diffusione della lingua tra gli abitanti dei Paesi Baschi. Solo una piccola percentuale della popolazione è effettivamente bilingue, e questa si situa nella fascia di età tra i dieci e i trent’anni. Gli appartenenti alle generazioni anteriori al 1980 dichiarano come propria lingua principale il castigliano, e rappresentano la maggioranza della popolazione. Esiste poi una percentuale minima di cittadinanza, intorno al due o tre percento, che si esprime Esiste poi una percentuale minima di persone, intorno al tre percento, che dichiarano come prima lingua l'euskara152. Si tratta di persone nate prima del 1936, prima della guerra civile, quando l'uso del Castigliano non era
152 Dati ricavati dal “Boletín Oficial del País Vasco”, periodico della Vicepresidenza del Governo Basco, accessibile in rete dal portale http://www.euskadi.net.
obbligatorio.
Tra gli intervistati per questa ricerca, tutti i dodici informatori sul campo parlavano e scrivevano in castigliano. Tre erano bilingue, tre dichiaravano come propria prima lingua l'euskara, essendo nati agli inizi degli anni Trenta del secolo passato.
I padri, le madri e i nonni paterni e materni di dieci degli intervistati dichiaravano come prima lingua l'euskara. Tutti i miei intervistati hanno dichiarato di aver ascoltato per la prima volta l’euskara dai propri nonni o dagli zii.
Questi dati, raccolti in Guipúzcoa sul terreno di ricerca di Deba e Itziar, non sono per nulla rappresentativi della reale situazione complessiva basca. La prevalenza dell'uso dell'euskara è infatti uno dei fattori che mi ha spinto a fare ricerca in quest’area. Nella fase di precampo questo è sembrato un elemento determinante.
La non rappresentatività di questo campione risulta invece utile per completare un quadro generale sulla diffusione dell'euskara nei Paesi Baschi spagnoli e francesi.
Una rilevazione longitudinale svolta nel 1981 dall'Ufficio centrale statistico del governo basco, un anno dopo la piena attuazione dello Statuto di autonomia della regione, mostra che il 64% della popolazione basca dichiarava di non conoscere l'euskara. Dieci anni dopo, nel 1991, la percentuale scendeva al 53%, poco più di un milione di abitanti delle tre province basche153.
Un’ulteriore ricerca, commissionata nel 1989 dal Governo basco all'Università Autonoma di San Sebastián, stabiliva che su 700.000 bascofoni soltanto 100.000 risultavano alfabetizzati, nel senso di saper leggere, comprendere e scrivere in lingua basca. Un eventuale quotidiano interamente scritto in basco non avrebbe potuto contare su più di 20.000 lettori. Attualmente non esiste nessun quotidiano integralmente scritto in euskara e soltanto “Gara”, periodico della sinistra indipendentista, contiene in media, per ciascuna copia, un 20% di articoli scritti in questa lingua. Per il resto, è scritto in lingua castigliana.
Nel mio lavoro sul campo non mi sono mai trovato nella situazione di dovermi esprimere in basco oppure di non comprendere le risposte date alle mie domande, sempre espresse in castigliano, ma una delle informatrici sul campo ha tradotto per me alcune iscrizioni murali e, in alcune rare occasioni, brevi stringhe linguistiche all'interno di singole interviste. Attualmente, nonostante il bilinguismo, il 70% degli allievi delle scuole pubbliche
153 Dati costantemente aggiornati e reperibili in rete agli indirizzi: http://www.eustat.es e
continua a scegliere come prima lingua il castigliano: la scelta è legata a molteplici fattori, primo fra i quali la scarsa spendibilità della lingua euskara al di fuori della comunità, insieme alle difficoltà intrinseche alla struttura grammaticale di questa lingua, che si differenzia fortemente dalle lingue di matrice indoeuropea.
Nell'ambito degli studi di linguistica storica, si considera l'euskara come una tra le lingue più vecchie d'Europa, anche se le tesi e le argomentazioni scientifiche sulle sue origini sono al centro di dibattiti molto intensi. Non è ancora possibile indicare origini e provenienza della lingua, nonostante l’uso di metodologie di ricerca molto complesse, come nel caso degli studi condotti da Luigi Cavalli Sforza, che al rapporto tra lingua, genetica e popolazione basca ha dedicato parte della sua ricerca sul rapporto tra geni e diffusione delle lingue154.
La comunità degli studiosi di linguistica storica non è ancora riuscita a determinare a quale famiglia linguistica appartenga l'euskara. Tra le varie ipotesi avanzate nel corso degli studi di linguistica basca, le più dibattute dagli studiosi sono state tre. La prima ipotesi, in ordine storico e non di rilevanza scientifica, è quella elaborata da W. von Humboldt e dall'austriaco Schuchardt, i quali considerano la lingua basca come il residuo, la reliquia linguistica di una lingua iberica storicamente anteriore al tempo della conquista romana155. La seconda, formulata in Francia all’interno di diversi saggi dall'antropologo Paul Roca (1824-1880), sostiene che l'euskara avrebbe radici caucasiche. Questa tesi è stata condivisa da altri linguisti europei nel corso del Novecento, tra i quali G. Dumézil, R. Lafon e K. Bouda, ma fortemente contestata dal linguista basco Luis Michelena, a seguito di attenti studi comparativi con alcuni dialetti caucasici.
Esiste infine una terza ipotesi, che inserisce la lingua basca nel gruppo delle lingue semitiche.
Considerata l’attuale situazione, i linguisti ritengono la ricerca ancora aperta. Inscrivere questa lingua all'interno di una famiglia più ampia è in effetti arduo, in quanto a livello grammaticale essa appare molto differente dalle lingue indoeuropee e presenta somiglianze con le lingue parlate dai berberi situati in Algeria e sui monti dell'Atlante in Marocco. Avere individuato tali somiglianze ha reso ancora più complicata la ricerca.
154 Cfr. L. Cavalli Sforza, Geni, popoli e lingue, cit.
155 Cfr. W. von Humboldt, Prüfung der Untersuchungen über die Urbewohner Hispaniens vermittelst der
Inoltre, pur essendo una lingua difficilmente classificabile, molto differente dagli idiomi presenti nelle aree limitrofe e simile per alcuni aspetti al berbero, l’euskara presenta altre caratteristiche particolari sul piano storico. Si tratta ad esempio del solo idioma dell'Europa Occidentale che non sia stato cancellato, circa 4.000 anni fa, dall'espansione delle lingue indoeuropee in questa parte del mondo. Per i linguisti, la sopravvivenza del basco è forse la caratteristica più originale e interessante di questa lingua.
Tutte le lingue pre-indoeuropee, ad eccezione dell'euskara, sono scomparse, e molti idiomi indoeuropei come l'iberico, l'etrusco o il gaelico sono stati soppiantati dalle lingue latine. Questo non è accaduto nei Paesi Baschi: le lingue locali non sono state superate o assorbite da quelle romanze, non c'è stata alcuna “romanizzazione” della tradizione linguistica basca.
Secondo il linguista Luis Michelena156, lo scarso interesse mostrato dalle legioni romane per quest'area geografica ha certamente contribuito a salvarne l'idioma. I colonizzatori dell'Impero Romano erano scarsamente interessati, come dimostrano le cronache storiche del tempo, a costruire centri urbani o villaggi in quest’area della penisola iberica, un territorio orograficamente dominato da montagne e da costiere rocciose difficili da utilizzare come porti. L’Oceano Atlantico non sembrava di grande interesse per l'economia dell'Impero Romano.
L'insieme di queste condizioni preservò l'euskara e permise a chi utilizzava questo idioma di riconoscersi in un particolare modello identitario, in cui la separazione tra noi e gli altri passava attraverso l'uso e la manipolazione simbolica della peculiarità linguistica.
Nonostante l'assenza di un conflitto militare e culturale tra etnia basca e Impero Romano, ci furono alcuni contatti anche sul piano linguistico: è quindi possibile parlare di un’influenza del vocabolario latino sull'euskara. Anche su questo punto si sviluppò nel corso degli anni Sessanta, tra i linguisti baschi, un dibattito molto acceso, finalizzato a comprendere il peso della lingua latina nell'universo linguistico basco. Per Luis Michelena l'influenza del latino fu assai poco rilevante e, sul piano della ricerca linguistica, non quantificabile in termini precisi. Lo storico della lingua basca Federico Krutwig, studioso e teorico dell'etnonazionalismo e punto di riferimento teorico nella prima fase di ETA, stimò al contrario che almeno il 70% del patrimonio lessicale dell’euskara fosse di origine latina
o greca157.
Dopo i contatti, sporadici e di carattere prevalentemente commerciale, con l'esercito dell'Impero Romano, le popolazioni basche hanno tuttavia continuato a vivere tra le montagne. Questo ha creato una forma d’isolamento linguistico che ha preservato la struttura grammaticale da ulteriori e radicali modificazioni.
Secondo il giudizio degli storici, i Baschi accettarono di negoziare con i Romani, ma si rifiutarono radicalmente di accettare il dominio dei Franchi e dei Visigoti. Le cause di questa ribellione sono ancora oggi dibattute all'interno delle storiografie spagnole e basche. Il linguista e storico Luis Michelena insisterà sull'inspiegabilità di questa resistenza, rispetto alle relazioni stabilite con gli esponenti dell'Impero Romano. Relazioni sostanzialmente positive, se si considera che un console romano fondò la capitale della Navarra, Pamplona.
Un successivo fattore che ha contribuito a preservare l'euskara dall'estinzione, o da ulteriori modifiche o contaminazioni, in particolare con il latino, è la tarda cristianizzazione della zona geografica del nord della Spagna. La Chiesa rappresentò infatti un potente mezzo di diffusione del latino tra le popolazioni. Vedremo in seguito come i Paesi Baschi furono considerati fino al Settecento terra di missioni per i cattolici. Cattolici che dovettero confrontarsi con le conversioni calviniste dei regnanti di Navarra.
La diffusione del protestantesimo nella regione ebbe un’importanza fondamentale nella diffusione della lingua. Nel 1599 Jeanne d'Albret, regina del regno della Navarra, si convertì al calvinismo e fece tradurre il Nuovo Testamento in lingua euskara. Nello stesso tempo, per contrastare l'offensiva ugonotta, iniziò un'intensa campagna di evangelizzazione nei territori baschi, svolta principalmente dagli appartenenti alla Compagnia di Gesù. Le province investite dal lavoro dei missionari assunsero un’importanza cruciale per la diffusione della religione cattolica, essendo quest'area, per molteplici motivi, una zona di sviluppo strategico per la cristianità: basti pensare che le regioni basche erano geograficamente situate lungo i vari percorsi legati ai pellegrinaggi verso Santiago de Compostela.
Per contrastare l'offensiva ugonotta, dopo il Concilio di Trento (1545-1563), la Chiesa cattolica ridefinisce le proprie pratiche di azione. Nelle messe è usato sempre meno il
latino a favore dell'euskara e si moltiplicano le traduzioni dei catechismi in lingua vernacolare.
Parallelamente, la lingua basca iniziò a diffondersi attraverso le migrazioni delle popolazioni bascofone nelle regioni limitrofe alla Navarra e alla Guipúzcoa. Il fenomeno era iniziato prima del Cinquecento. I baschi si spostarono fin dal Medioevo in Castiglia e verso la Cantabria. Le maggiori migrazioni, che continuarono fino al Seicento, avvennero verso i Pirenei francesi e in direzione della Guascogna. Attraverso questi spostamenti dalla Vizcaya e dalla Guipúzcoa verso i territori francofoni, a partire dal XV e XVI secolo, si formano le tre regioni basche dell'Iparralde, gli attuali dipartimenti dello Stato francese chiamati Garonne e Pirenei del Sud.
In tutti questi spostamenti e migrazioni l'euskara rimane una lingua prevalentemente orale. Assume forma scritta solo nell'ambito della pratica di evangelizzazione cristiana. L’élite aristocratica basca continuerà a utilizzare il latino, fino al Seicento, per i propri scambi commerciali.
Nel Regno di Navarra, dal XIII secolo fino al XVI il latino fu considerato lingua ufficiale. Nonostante queste dinamiche storico-linguistiche, l'euskara riuscì a sopravvivere e divenne, dal Seicento in poi, la lingua corrente nelle regioni di Vizcaya e Guipúzcoa, nonostante le classi emergenti, le élite aristocratiche e i rappresentanti della Chiesa cattolica scegliessero come prima lingua il latino oppure il castigliano.
Gli elementi storici evidenziati mostrano come l’euskara abbia comunque resistito nel corso dei secoli, come lingua orale, seppur esclusa dalle più alte sfere della politica e dell'economia.
Almeno fino all'Ottocento non si registra quasi la presenza di una letteratura basca scritta. Scrivere in basco era difficile, anche perché questa lingua ha sempre presentato notevoli varianti, nella forma di dialetti locali, all'interno delle singole regioni. Si dovrà aspettare la fine degli anni Sessanta del Novecento perché venga elaborato, dopo innumerevoli tentativi di unificazione linguistica, un modello linguistico comune per tutti i bascofoni. Tale modello unificato prenderà il nome di euskara batua, dove bat sta per uno. Grazie alla nascita della Comunità Autonoma Basca, al forte sviluppo dell’editoria negli anni Settanta e Ottanta e alle norme sul bilinguismo l'euskara batua è oggi utilizzato in tutte le sette province, comprese quelle in territorio francese, dove nelle scuole primarie e secondarie ne è possibile l'apprendimento come seconda lingua.