L'ikastola più vicina a Deba è quella di Azpeitia174. Il paese conta circa 13.000 abitanti, si trova ai piedi del massiccio di Lizarraitz sulle rive del fiume Urola e dista all’incirca dieci chilometri da Deba.
Il comune è costituito da sette quartieri: in uno di essi, Loyola, è nato Ignazio di Loyola, fondatore dell'ordine cattolico dei padri Gesuiti. La scuola, che serve il bacino di utenza scolastica che va dal comune di Zarautz a quello di Deba, si trova vicino alla cattedrale eretta per celebrare la figura di Ignazio.
L'ikastola copre il primo ciclo di studi, che corrisponde alla scuola primaria italiana e conta circa 500 iscritti ogni anno, distribuiti nelle cinque classi. Il programma seguito corrisponde, per il Dipartimento dell'educazione del Governo della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi, al Modello D, che prevede l'insegnamento monolingue in basco per tutte le materie. I corsi di base sono cinque, distribuiti su tutto il corso di studi.
Le materie previste dal programma di studi sono le seguenti: lingua e letteratura basca; lingua inglese; matematica e geometria; storia della civiltà basca; tradizioni basche; religione cattolica; arte e disegno; arti plastiche; arte e tecnica dell'immagine.
L'insegnamento della storia all'interno del sistema scolastico della Comunità autonoma produce alcune riletture storiche, caratterizzate da forme innovative di interdisciplinarità.
Sul piano didattico, è interessante notare che in alcuni casi differenti discipline si integrano e per così dire si intrecciano, per rafforzare la costruzione di una “coscienza basca” tra gli allievi.
Nella scuola in cui ho svolto parte della mia ricerca alcune lezioni erano condotte insieme dagli insegnanti di diritto e di storia. La compresenza era prevista nel corso delle lezioni dedicate ai tre momenti storici giudicati fondanti per l'identità culturale basca, ad esempio quelle sul Regno di Navarra, considerato luogo di ideazione e nascita dei fueros.
Il metodo didattico seguito è quello classico dell'insegnamento frontale, associato a molteplici attività di gruppo in cui si cerca di sviluppare fin dal primo anno lo spirito di collaborazione tra gli alunni. Le classi sono miste e il personale educativo vi si alterna a seconda delle discipline impartite. Un insegnante coordina tutte le attività. In generale, la struttura didattica complessiva dell'ikastola che provvede all'educazione del primo ciclo non è molto differente da qualsiasi altra istituzione equivalente presente nei paesi dell'Unione Europea. Il Dipartimento dell'educazione, in sintonia con altre istituzioni educative private di matrice etnonazionalista, ha sempre accettato le direttive comunitarie, in alcuni casi anticipando le procedure di applicazione messe in atto dal governo di Madrid. Eventuali contrasti e differenziazioni rispetto alle politiche educative hanno sempre riguardato il governo spagnolo, mai le direttive europee. Questa tendenza si colloca all’interno della scelta politica, da parte del governo della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi, di privilegiare le relazioni con l'Unione Europea piuttosto che quelle con Madrid o con le altre regioni autonome spagnole. Una linea di comportamento che non riguarda solo le istituzioni ufficiali ma più in generale l'universo culturale del nazionalismo e dell'indipendentismo, che si è sempre espresso per la formazione di uno Stato basco all’interno dell'Unione Europea. Negli ultimi anni quest'ultima è stata più volte interpellata per dirimere i conflitti giuridico-amministrativi che costantemente emergono tra il governo centrale e quello autonomo di Vitoria.
Come si colloca l'ikastola all’interno dei processi di etnicizzazione? Quali funzioni assume nella costruzione dell'identità culturale basca? Questo tipo di scuola può essere considerata come un’agenzia di socializzazione secondaria che si affianca alla famiglia, agenzia primaria, nel processo di costruzione e trasmissione dei contenuti e dei tratti culturali che
vanno a costituire il modello di autopercezione identitario dei singoli soggetti. Il processo a cui è sottoposto l'allievo può essere pensato come una modalità di trasmissione e apprendimento dell'habitus nazionalista. Attraverso il processo educativo, il soggetto apprende le basi e i contenuti della cultura basca e parallelamente partecipa alla loro diffusione attraverso l’azione quotidiana in cui, circolarmente, trova conferma la sua appartenenza alla comunità basca. L'apprendimento dell'habitus nazionalista diventa quindi il processo fondante della persistenza dell'identità culturale, come dimostra il costante rapporto simbiotico tra etnonazionalismo, folklore e lingua euskara. Il soggetto sottoposto al processo educativo diviene quindi l'attore sociale che pone in essere la circolarità della relazione identitaria, composta dai tre elementi prima indicati. Uno dei risultati possibili, anche se non in senso automatico e deterministico, può essere la creazione di futuri militanti etnonazionalisti oppure, come avviene nella maggioranza dei casi, di soggetti che riprodurranno le rappresentazioni culturali in cui sono immersi a partire dal modello autopercettivo identitario. Per comprendere il senso e il significato della relazione educativa, finalizzata alla costruzione dell'identità culturale basca, ho intervistato una delle 25 maestre che insegnano nell'ikastola di Azpeitia.
M.T Da quanto tempo insegni in questa scuola?
A. Quattro anni.
M.T Hai scelto tu di lavorare nel Modello D, oppure sei stata spinta da
altre motivazioni?
A. In parte per scelta e in parte per convenienza. Scelta perché credo
che i bambini debbano avere il diritto di parlare la lingua del posto in cui sono nati e convenienza perché sono poche le maestre che sanno bene il batua, bene da superare l'esame.
M.T Insegneresti nel Modello A?
A. Sì certo, anche in quello bilingue, assolutamente non in quello X.
M.T Esattamente che cosa insegni qua dentro?
M.T È difficile trasmettere questa lingua?
A. Oggi meno di ieri, anche perché io faccio parte di una
generazione che era pronta ad imparare la lingua. Il franchismo era finito, si aprivano tante ikastolas private e negli anni Novanta nell'organizzazione politica che frequentavo si parlava solo in basco. E ci correggevamo tra di noi...
M.T Insegnare euskara oggi è quindi diverso dal passato?
A. Sì, anche al negativo. Durante la transizione, negli anni Ottanta
insegnare euskara era per alcuni dei miei colleghi anche un modo per stare vicini a chi aveva dato la vita per Euskal Herria. E quindi riuscivi a superare le difficoltà molto bene, proprio nell'imparare le parole, Oggi mi sembra che si vada in direzione di un modo di insegnare molto piatto, senza emozioni. Anche se l'euskara è la lingua delle emozioni. I miei genitori, che erano stati obbligati a parlare solo in castigliano, quando a casa si arrabbiavano o per qualche motivo si emozionavano parlavano sempre nella lingua dei nonni, anche se le parole erano poche.
M.T I tuoi genitori erano dei patrioti di Euskal Herria?
A. No, lavoravano nel comune di San Sebastián. Mio padre
all'ufficio della riparazione delle strade, mia madre era maestra come me. Mio padre odiava gli etnonazionalisti, quelli di Batasuna, perché per colpa loro molti dei suoi operai sono rimasti feriti. Quelli di Batasuna distruggevano i tombini oppure li usavano come pietre durante le Kale borroka.Comunque alle elezioni votava PNV, anche per motivi di convenienza, perché erano loro che gestivano gli uffici del comune. Se non eri del PNV non entravi.
M.T Dovevi essere del PNV e con cognome basco...?
A. Sì certo, ma le cose non sono cambiate nemmeno con Batasuna.
M.T Anche a scuola è così?
A. No, qui se superi il test linguistico al terzo livello, che
castigliano puoi entrare. Ma sinceramente non conosco persone che non siano basche che insegnano nell'area della Guipúzcoa. So però di alcune colleghe galiziane in Vizcaya.
M.T In Álava?
A. Non conosco quella provincia, anche se mio zio ha sposato una
ragazza di Vitoria.
M.T Io sono rimasto qualche giorno nella scuola, soprattutto nelle
prime, anche se alla fine dell'anno probabilmente gli allievi ne sanno più di me di euskara...
A. Ma non è vero, tu stai facendo il corso accelerato, corrisponde
alla quinta classe [ride].
M.T Però, Amaie, i metodi didattici mi sembrano gli stessi usati in
Italia, almeno per quanto riguarda le tecniche di apprendimento della lettura, anche se mi sembra che voi insistiate molto sulla grammatica, sull'uso e l'applicazione delle regole. E ho visto anche tanta fatica in alcuni allievi.
A. Sì, insistiamo sulle regole della grammatica perché devono essere
precisi e solo conoscendo le regole molto bene, in particolare le regole della sintassi, riusciranno a parlare e scrivere in contesti linguistici in cui prevalgono lingue, dal castigliano, al catalano, all'inglese, in cui prevalgono altre organizzazioni morfosintattiche.
M.T A proposito di altre lingue, parlandone nelle famiglie che mi
hanno ospitato o con i compagni di corso alla scuola di euskara, molti si sono lamentati del fatto che in un mondo globalizzato è davvero assurdo dare meno spazio a due lingue globali come lo spagnolo e l'inglese.
A. Sono le solite critiche... Fatte dagli stessi che vogliono che i soldi
restino nella Comunità Autonoma Basca e poi però non gli va bene che si diffonda la cultura basca, la cultura basca che è fatta di euskara e non di lingua inglese. Fanno gli indipendentisti quando chiedono più soldi, vorrebbero Euskal
importa nulla.
M.T Oltre alla lingua ho osservato anche le attività ricreative del
pomeriggio, sono molto intense nei contenuti e nelle forme e c'è una certa attenzione al discorso sulla natura, più che all'ambiente.
A. Sì, in questa ikastola cerchiamo di mantenere una certa coerenza
con il passato. Le prime ikastolas erano miste, come le nostre, e oltre alla lingua insegnavano la geografia dei luoghi dove si abitava. Grazie alla nostra direttrice, che da piccola era stata mandata dai genitori in una delle prime ikastolas semiriconosciute dal regime, abbiamo mantenuto una certa coerenza con il passato. Il discorso sulla natura per noi è sempre stato importante.
M.T Anche gli sport nella natura…
A. Si, anche se oggi spingiamo gli alunni a sport nuovi e meno
aggressivi. D'estate a quelli delle quarte facciamo fare i corsi con la tavoletta che viene prima del surf e poi dalla terza la geografia è insegnata attraverso i percorsi nei boschi e sulle coste della Guipúzcoa.
M.T Ma seguite qualche metodo particolare, intendo a livello
didattico?
A. Non lo so, quando arrivi qua tutto è già predisposto, c'è una certa
omogeneità tra gli insegnanti di oggi e quelli di dieci anni fa nel modo di insegnare. Forse, il nostro metodo assomiglia all'antroposofia, ma è solo un mio pensiero, ho studiato Steiner all'università e mi sembra ci siano dei punti di contatto, in particolare quando spieghiamo l'importanza della natura agli allievi.
M.T C'è competizione con le altre scuole elementari della zona, quelle
del Modello X?
A. In che senso?
M.T Ricerca degli iscritti, partecipazione a concorsi?
A. No, ognuno fa il suo lavoro, queste corse tra scuole di cui parli tu
alla nostra, quelle del Modello B, per esempio. Non si va tanto d'accordo con la Txomin di Ondarroa. Noi per esempio non siamo d'accordo a portare gli allievi in processione o alle feste di Amiur, là ci sono quelle che qui tutti chiamano le “maestre fanatiche”. Alcune sono figlie di presos o ex presos.
M.T Capisco quello che dici. Rosa, la signora che mi ospita, mi ha
detto che i veri indipendentisti sono a Ondarroa e ho visto l'altra estate le cose che dici, i bimbi in prima fila vestiti da tamburini con i genitori che indossavano delle t-shirt bianche con il volto di un preso stampato sulla schiena
A. Basta vedere come hanno chiamato l'ikastola...
M.T Si ho visto: Txomin... Il grande jefe di ETA.
A. Sì, per me non era grande per nulla.
M.T Conosci la storia di Yoies175?
A. Sì certo, ma a me queste cose non interessano. Mia madre dice
che Txomin è stato ucciso dai suoi etarras, proprio perché voleva salvare Yoies.
M.T Ne parli con i bimbi, almeno quelli di quinta, di Yoies?
A. Assolutamente no. Il programma si ferma alla transizione, ma su
questo siamo libere di insegnare quello che vogliamo.
M.T Tu che cosa insegni ?
A. Molta preistoria, porto sempre gli allievi alle grotte di Egin, tanto
medioevo, i fueros e la repubblica. Poco il franchismo.
M.T Perché poco?
A. Perché ne sappiamo ancora poco. I miei genitori per esempio non
175 Yoies era una dirigente storica di ETA fin dai primi anni Settanta. Nel 1977 decise di lasciare l’organizzazione, senza rinnegare nulla delle sue lotte passate. Andò a studiare in Messico dove ebbe un figlio e si laureò in sociologia con una tesi sul baserri nei paesi Baschi. Tornò in Guipúzcoa nel 1980, chiedendo al leader di ETA Txomin di non rientrare nell'organizzazione in quanto non si riconosceva più nelle sue nuove strategie. La direzione politica di ETA si oppose e decise di giustiziare Yoies. L'omicidio avvenne nei pressi della sua abitazione nel 1981. Si registrarono diverse mobilitazioni in tutta la Guipúzcoa contro l'attentato di ETA.
la chiamavano dittatura, mente il mio nonno materno mi parlava sempre della guerra civile.
M.T Tu a lezione non parli di Argala...
A. No, assolutamente.
M.T Allora i tuoi allievi diventeranno dei bravi parlanti baschi... non
certo dei gudari176.
Questa intervista evidenzia alcuni aspetti delle ikastolas emersi dopo il franchismo e la legalizzazione della lingua, che riguardano il rapporto tra nazionalismo linguistico e popolazione basca. Il primo elemento è la critica di una parte della popolazione al progetto delle ikastolas, fortemente voluto sia dal PNV, sia dagli etnonazionalisti radicali. Si giudica eccessivo l'aver costruito percorsi interamente dedicati alla lingua e cultura basca, mettendo in secondo piano l'apprendimento delle lingue inglese e spagnola. Emerge qui un aspetto del conflitto tra globale e locale. Da una parte, le dinamiche di globalizzazione impongono alle nuove generazioni l'apprendimento di lingue come l'inglese e la valorizzazione della lingua spagnola, ovvero del castigliano; dall'altra si rivendica l'importanza della lingua-madre, intesa come radice storico-culturale alla base della formazione individuale e vissuta come forma di resistenza al potere centralista e all'egemonia culturale “spagnolista”.
Altro aspetto sottolineato nell'intervista è quello che potremmo definire della “normalizzazione” dell'insegnamento, nel senso che la pratica pedagogica si focalizza sempre più sull'insegnamento della lingua, inteso come trasmissione di competenze linguistiche, differentemente dal passato in cuì era più accentuato l' approfondimento della storia “politica” della lingua. Se questi due aspetti, il conflitto tra insegnamento delle lingue globali contro la lingua locale e il depotenziamento della motivazione ideologica come cornice dell'insegnamento, dovessero amplificarsi, le ikastolas rischierebbero di entrare in una spirale di auto delegittimazione non dovuta a critiche
L’ultima parte dell'intervista riguarda la funzione dell'ikastola all'interno della costruzione dell'identità culturale basca, o più in generale la funzione che può rivestire oggi questo tipo di istituzione scolastica all'interno di un processo di formazione che necessariamente deve
confrontarsi con la globalizzazione. Per alcuni degli intervistati, nel corso della ricerca sul campo, le ikastolas servono a costruire la “cittadinanza basca” a partire dai processi di socializzazione secondaria. Per altri, sono diventate strumenti inutili in mano ad un personale educativo quasi sempre “ideologizzato”, il cui scopo principale non è formare apprendisti nella lingua basca bensì futuri militanti nazionalisti, oppure simpatizzanti di ETA.