5. ETNONAZIONALISMO, INVENZIONE DELLA TRADIZIONE E VIOLENZA POLITICA
5.3 Rappresentazioni di Euskadi Ta Askatusuna (ETA)
5.3.1 Negoziati
Negli ultimi vent’anni, il tema di negoziati e dei progetti di riconciliazione è ricorrente. I protagonisti di questi progetti citano in alcuni documenti gli esempi del Sud Africa post-apartheid e in modo molto specifico la soluzione del conflitto nord-irlandese229.
Quando ho terminato il lavoro sul campo, sul piano istituzionale si registravano dei tentativi di avvicinamento tra le parti.
A livello mediatico ha avuto un forte impatto il comunicato del settembre 2011 trasmesso dalla BBC, letto da tre militanti di ETA, comunicato che affermava che l'organizzazione avrebbe potuto sciogliersi in cambio dell'amnistia ai prigionieri politici. Parlai della questione con alcune persone che mi avevano aiutato nella ricerca ma tutti mostravano diverse perplessità. Alcuni miei informatori sul campo hanno sottolineato che la fine di ETA non significherebbe comunque la fine della conflittualità contro le istituzioni spagnole. Amaie mi disse:
228 Intervista n. 1.
I prigionieri politici, gli arresti che fa adesso la polizia, non sono militanti ETA, ma semplicemente ragazzi che fanno parte di organizzazioni giovanili e spesso, per paura o per vendetta, vengono associati a ETA, così la polizia può giustificare le loro azioni. Solo per il fatto di appartenere a un partito politico o stampare volantini, sei subito segnalato. La polizia può venire prenderti, di solito nella notte, e nessuno sa dove vai. I rapporti con la polizia oggi sono cambiati ma di poco, fino a dieci anni fa non vedevi girare la polizia per le strade, se non con il casco integrale o in macchina con i vetri oscurati230.
Un'amica di Amaie, nel corso di una conversazione al centro culturale Okendo di San Sebastián, sempre a proposito della percezione di una possibile fine del conflitto, mi disse:
Se tu entri in un bar nel mio paese, ci sono attaccate le foto dei prigionieri politici con scritto l’indirizzo, così le persone possono scrivergli una lettera. Loro hanno contatti con moltissime persone. Un altro esempio è nelle manifestazioni, lì partecipano tutti, mia nonna e le mie zie sono sempre in prima fila anche con i passeggini. È sempre un modo per mostrare che i baschi ci sono ancora, e quindi tutti partecipano. Nella mia famiglia sono tutti del partito di
Bildu.
Questi racconti confermano che per alcuni cittadini baschi la guerra civile continua, anche se con modalità diverse rispetto al passato.
Tra i tentativi che hanno anticipato il comunicato di ETA alla BBC, va segnalata un’iniziativa politica del Governo Basco, proposta alle Cortes nazionali nel 2002. Si tratta di un progetto di semi-autonomia denominato Plan Ibarretxe, intitolato al Lendakari231 rimasto in carica dal 1999 al 2009232. La proposta definitiva venne approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento Basco nel 2003.
230 Intervista n. 4.
231 Termine utilizzato anche nella grafia Lehendakari, denominazione in ligua basca del Capo del Governo della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi.
232 Esso si inserisce sulla scia di una disposizione addizionale dello statuto del 1980 che recita:
“il regime di autonomia non implica la rinuncia del popolo basco ai diritti che in quanto popolo gli sarebbero potuti corrispondere nel corso della sua storia, che potranno essere aggiornati in accordo con ciò che stabilisca l’ordinamento giuridico.”
Il Plan Ibarretxe si sviluppa in sette titoli, alcuni dei quali riprendono l’attuale statuto introducendo però elementi nuovi che modificherebbero le relazioni tra Paesi Baschi e Spagna.
Intorno a questa proposta si è sviluppato, a livello istituzionale, un dibattito molto intenso. Il punto più controverso è rappresentato dalla nuova ripartizione di competenze tracciata dal progetto: le istituzioni basche sarebbero competenti in senso esclusivo nella maggior parte delle materie attualmente oggetto di competenza condivisa con lo Stato. A Madrid resterebbero, in definitiva, solo le competenze di ordine settoriale e d’interesse generale, come la concessione della nazionalità, del diritto d’asilo, il regime doganale, il controllo dello spazio aereo.
Infine, in conformità a quanto stabilito dalla normativa europea, i Paesi Baschi vorrebbero una diretta rappresentanza alle istituzioni dell’Unione Europea.Questo aspetto del rapporto con l'Unione Europea, mai conflittuale, differenzia il nazionalismo basco dalla quasi totalità dei neonazionalismi contemporanei dell'Europa Occidentale, i quali (se si esclude il caso irlandese) si professano contrari all'adesione all'Unione Europea e considerano questa opposizione un elemento utile a raccogliere consensi.
Il Plan Ibarretxe prevede una sostanziale modifica della forma-Stato, e per tali motivi ha aperto un acceso dibattito tra istituzioni basche e Stato centrale.
Il Governo basco, per parte sua, ha risposto alle polemiche accusando i governi dello Stato centrale che si sono succeduti di aver snaturato lo statuto di Gernika, che a tutt’oggi mira unicamente a riconoscere forme di regionalismo anziché offrire ai Paesi Baschi la possibilità di diventare uno Stato autonomo. Alle istituzioni dell'Unione Europea è stato chiesto, da parte del governo della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi, di fare proprio il
Plan Ibarretxe.
Il Plan Ibarretxe cerca di andare incontro ai nazionalisti dell'Izquierda abertzale, con la speranza che il conflitto termini e si estinguano fenomeni come ETA, e si ispira alle recenti trasformazioni in termini di autonomie regionali che hanno interessato lo Stato del Canada. La Corte Suprema del Canada ha recentemente enunciato, in relazione al caso del Québec, i termini giuridicamente accettabili in cui si può rivendicare la possibilità dell’applicazione del diritto di autodeterminazione. Secondo tale Corte il diritto di secessione, in relazione al principio di autodeterminazione, esiste solo qualora il popolo in questione sia oggetto di
dominazione e sfruttamento da parte di una potenza straniera, ossia nel caso di un impero coloniale. In tutte le altre circostanze, l’autodeterminazione dovrà essere portata a compimento nel contesto statale. Di contro, uno Stato il cui governo rappresenta il popolo, o i popoli che ne fanno parte, e ne garantisca i diritti inalienabili, come la Spagna, a nessun titolo è tenuta a rinunciare alla propria integrità territoriale.
Detto questo, è evidente che la possibilità di una secessione, dal punto di vista del diritto internazionale, per i Paesi Baschi non sussiste, anche se non si esclude la possibilità di una secessione negoziata con l’autorità centrale.
Il Plan Ibarretxe non può essere paragonato a una vera e propria proposta di secessione, tuttavia pone non pochi problemi di natura costituzionale, che riguardano l’attuale assegnazione delle competenze, svuotando di molto la sovranità dello Stato sulle province basche.
La Costituzione spagnola non prevede il diritto di secessione né forme di co-sovranità, rendendo per questo illegittime tali rivendicazioni. Questa è la situazione a livello politico. Essa deve confrontarsi con una conflittualità sociale che non è ancora del tutto risolta e sulla quale si fonda l'esistenza stessa dell'etnonazionalismo radicale, come vedremo nel capitolo successivo.
Nerea mi ha detto, rispondendo alla domanda “che cosa è per te la Spagna?”
L’odio verso la Spagna non è legato tanto a differenze culturali, quello era il razzismo aranese, è solo un fatto storico. L’idea della brutalità della Spagna non ce la leveremo mai. Prima che quest’idea possa cambiare passeranno almeno tre generazioni. Io, che l’ho vissuta solo dai racconti di mio padre, ce l’ho dentro,
così come la maggior parte delle persone della mia età233.