La guerra civile (1936-1939) rappresenta per la totalità degli spagnoli il momento più drammatico del Novecento. Il sanguinoso conflitto segnò profondamente anche il nazionalismo basco, tanto da poter affermare che con la fine della guerra civile e con la sconfitta dei repubblicani del Fronte Popolare terminò anche la prima fase storica e culturale del nazionalismo stesso. Seguirà, nei Paesi Baschi, in epoca franchista, un periodo di depressione economica e di stasi sociale. Inoltre le regioni della Guipúzcoa e della Vizcaya subiranno una feroce repressione, finalizzata a sradicare ogni forma di rivolta o rivendicazione autonomista ancor prima che nazionalista. Al reato di propaganda nazionalista il regime franchista applicava pene particolarmente pesanti, considerandolo un
attacco ideologico all'unità dello Stato spagnolo. Poco dopo l'investitura a supremo comandante della nazione spagnola, Franco, nel suo primo discorso di insediamento alle Cortes, definì le regioni di Guipúzcoa e Vizcaya “province traditrici”.
La repressione ha inciso profondamente nella vita degli abitanti della Guipúzcoa. Una repressione di carattere non esclusivamente politico, in quanto finalizzata alla cancellazione dell'identità culturale basca.
Possiamo qui anticipare due esempi paradigmatici della repressione culturale messa in atto dal regime: l’azione materiale e simbolica compiuta nel 1960 dai franchisti, che distrussero la casa in cui aveva vissuto la famiglia Arana e, su un piano più ampio, la politica linguistica attuata dal 1938 fino al 1978, incentrata sull’obbligo di apprendere il castigliano e sul divieto di utilizzare l'euskara.
Questa situazione, posteriore alla guerra civile, durò più di quarant'anni e fu anche una conseguenza della scelta del PNV, che all’inizio della guerra decise di schierarsi con la Repubblica.
La decisione di sostenere il Fronte Popolare fu sofferta e frutto di laceranti discussioni all’interno non solo del PNV ma di tutto il composito universo culturale del nazionalismo basco. Questo conflitto, interno al nazionalismo, ebbe ripercussioni dirette anche tra la popolazione della Guipúzcoa, dove alcuni membri del PNV proposero di rimanere estranei al conflitto in quanto, per citare uno dei miei intervistati, si trattava di “una guerra tra spagnoli” 81.
Schierarsi con le forze politiche, religiose e militari alleate alla Falange di Francisco Franco significava porsi accanto a chi proponeva programmi unitaristi, centralisti, ostili a ogni forma di autonomia. Aderire alle posizioni del Fronte Popolare significava invece essere anche contro l’episcopato spagnolo, quasi interamente schierato con le forze franchiste, e aderire politicamente al blocco comunista che appoggiava i repubblicani. Alla fine, con l’esclusione dei nazionalisti di Álava e della Navarra, le due province restanti, con il sostegno dei Paesi Baschi francesi, scelsero di schierarsi con la Repubblica.
Dall’ottobre del 1936 fino al giugno del 1937, la Vizcaya fu completamente autonoma ed ebbe un governo guidato dal Partito Nazionalista Basco. All'interno della provincia si costituirono 28 battaglioni militari, primo nucleo di un Esercito basco (Eusko Gudarostea).
Questa frazione militare, organizzata direttamente dal Partito Nazionalista Basco, parteciperà alla difesa militare della Repubblica, compiendo però l'errore di non coordinarsi con le altre componenti dell’Esercito del Fronte Popolare. Una condotta non priva di conseguenze sul piano militare, ma allo stesso tempo una conferma del fatto che l’obiettivo principale dei baschi era la difesa della propria autonomia territoriale, la rivitalizzazione della tradizione fueralista. Essi rimanevano distanti dalle vicende politiche e ideologiche degli spagnoli coinvolti nella guerra civile.
Nonostante i baschi fossero di fede e religione cattolica e nonostante la fucilazione di quattordici sacerdoti cattolici, accusati di vicinanza ai nazionalisti baschi, compiuta dai franchisti tra l’autunno del 1936 e il maggio del 1937, il PNV non riuscì comunque a far accettare la sua alleanza con il Fronte Popolare alla Santa Sede. La dirigenza del Partito Nazionalista Basco tentò di coinvolgere il Vaticano anche a proposito del bombardamento di Gernika. La città, dopo essere stata rasa al suolo dalle aviazioni militari tedesche ed italiane, divenne il cuore del “mito basco” nel senso di ultimo baluardo in difesa dell’avanzata del fascismo in Europa, in particolare nel mondo anglossasone. Ma anche in questo caso, l’episcopato cattolico scelse di schierarsi con i franchisti, dando luogo ad una frattura tra nazionalisti baschi e Stato del Vaticano che perdurerà oltre la caduta del franchismo. Malgrado la pesante sconfitta, che subiranno e pagheranno per quasi quarant’anni in termini di repressione politica, economica e culturale, la guerra civile rappresenta per i nazionalisti baschi un momento storico fondamentale, anche in termini di consolidamento e diffusione sul territorio delle tre province e della Navarra. Le politiche franchiste, che terminata la guerra civile cercheranno di cancellare in ogni modo la cultura basca, produrranno reazioni legate a una serie di pratiche culturali, percepite e vissute come forme di sopravvivenza e resistenza alle politiche delle istituzioni centrali statali e al nazionalismo spagnolo. Pratiche culturali spesso organizzate nella clandestinità, come avvenne per lo studio dell’euskara nei baserri montani, oppure per le omelie domenicali tenute in lingua basca, negli anni Sessanta, dalla nuova generazione di sacerdoti della Compagnia di Gesù. Ordine religioso per decenni guidato da Padre Pedro Arrupe, gesuita nato a Bilbao e militante nazionalista nel corso della sua adolescenza vizcayna.
Partendo dall’analisi delle ricerche storiografiche basche e spagnole e dai racconti dei miei intervistati a Deba, si evince che, negli anni compresi tra la fine della dittatura di Primo de Rivera e l’inizio della guerra civile, la realtà culturale e sociale basca si presentava più
articolata e pluralista dal punto di vista ideologico, religioso e politico rispetto ai decenni precedenti. Ricchezza culturale82 che il franchismo cancellò e che il Partito Nazionalista Basco non seppe difendere.
La Guerra civile spagnola fu anche una guerra civile basca, dal momento che vide contrapporsi i circa 40.000 gudaris schierati con la Repubblica ai circa 60.000 baschi inquadrati nei requets carlisti, alleati con l’esercito di Franco.
Altri due aspetti sono importanti da sottolineare, in relazione all’analisi etnografica che illustrerò nei prossimi due capitoli. Il primo riguarda il diffondersi, nel corso degli anni Trenta, di una cultura autonomista e di difesa delle rivendicazioni identitarie anche in forze politiche e sindacali di matrice operaia e di ispirazione socialista, dentro e fuori i Paesi Baschi.
Il secondo aspetto rimanda all’articolazione interna che il nazionalismo presenta nello stesso periodo. Eventi rilevanti in questo senso sono: la nascita dell’Acción Nacionalista
Vasca, la svolta in senso democratico-cristiano e antifascista del Partito Nazionalista
Basco, la fondazione di un sindacato nazionalista. Inoltre, all'interno del mondo culturale nazionalista, formato da intellettuali e insegnanti, si registra la nascita di posizioni radicali, come quella del gruppo fondato dal teorico dell’etnonazionalismo basco Luis Arana, fratello di Sabino Arana, che dirige la rivista “Gudari”. In essa emerge la priorità data al tema dell’autonomia rispetto ad ogni altro obiettivo politico, anche di carattere economico. Luis Arana giudicherà la guerra civile come un conflitto tra spagnoli dal quale i baschi avrebbero dovuto restare al di fuori, cercando di sfruttare politicamente la vittoria di una parte o dell'altra per ottenere l’indipendenza.
La violenza subita dai baschi durante la guerra civile diventerà il punto di forza, sul piano ideologico, del nuovo nazionalismo. Ai classici elementi di distinzione della lingua e della tradizione andrà ad aggiungersi la violenza subita dal regime franchista. I Baschi, da popolo geneticamente puro, diventano nelle retoriche nazionaliste un’etnia martire, vittima dei franchisti o più in generale dell'etnia spagnola, proprio a causa della purezza delle loro origini, che da sempre li distingue dalle altre etnie.
82 Nel periodo che anticipa la guerra civile, il nazionalismo basco conosce una forte crescita e un notevole radicamento in Guipúzcoa e Vizcaya. Ciò avviene dopo sette anni di dittatura militare, nei quali la volontà di autonomia e le rivendicazioni relative alla specificità dell’identità culturale basca non avevano avuto modo di manifestarsi liberamente.