È del tutto fuori luogo, in altri termini, risolvere i problemi che richiama la cul- tura della pace, le questioni drammatiche che tale movimento pone, attraverso l’ accusa schematica di millenarismo.
realizzazione di difese antimissile pone davanti agli occhi di coloro che in Usa guardano all’ Unione Sovietica come “impero del male” la tenta zione che l’ America possa sferrare un “colpo chirurgico”, cioè un attacco atomico deliberato all’ Urss, o perlomeno a minacciarlo per obbligare i dirigenti di Mosca ad accettare una condizione di inferiorità rispetto agli Stati Uniti (cfr. Gambino, A: op. cit., p. 266). Bisogna ricordare, inoltre, che la proposta dello scudo spaziale è stata violentemente contestata in campo scientifi co anche per motivi di ordine logistico. Numerosi studiosi pensano infatti che l’ ipotesi di un ombrello spaziale capace di intercettare le migliaia di missili che pioverebbero sugli Usa in un ipotetico confl itto nucleare è del tutto irrealizzabile. Altri hanno sostenuto, invece, che l’ aspetto operativamente vantaggioso dello Sdi è legato alla possibilità di intercettare lo scarso numero di missili che l’ Urss riuscirebbe comunque a inviare dopo aver subìto un “primo colpo” megadistruttivo. La qual cosa confermerebbe però l’ ipotesi che negli ambienti politico-militari Usa viene presa in considerazione l’ eventualità di lanciare un attacco preventivo. In ogni modo, la proposta dello scudo spaziale è stata fi eramente avversata negli ambienti culturali e scientifi ci degli Stati Uniti; dove, alla fi ne del 1985, ben 6.500 scienziati delle maggiori università e istituti di ricerca hanno fi rmato un appello contro la realizzazione dello Sdi, che ha avuto risonanza sul piano internazionale.
79 Lasch, C. op. cit., p, 55
Capitolo 2 Il Medium nucleare
Eppure non è raro incontrare, anche in campo scientifi co, chi si ostina ad af- fermare improbabili analogie fra il timore contempo raneo di una guerra atomica e l’ angoscia millenaristica tipica di epoche passate. In Italia, un rappresentante emerito di questa ca tegoria è certamente Gaspare Barbiellini Amidei. Nel suo li- bro La riscoperta di Dio, lo studioso off re un campionario molto signifi ca tivo di questa interpretazione anacronistica e paradossale:
Quasi duemila anni fa, il mondo conosciuto, dominato dai romani, era squassato da guerre e rivolte, la Giudea era in fuoco, Gerusalem me era distrutta. A Patmos, Giovanni scrive l’ Apocalisse e annun cia la fi ne. Un angelo, antenato del regista del fi lm Th e day aft er sulla guerra nucleare, gira la scena per il grande oracolo del
cristia nesimo: il cielo verrà arrotolato come i fogli di un papiro, le stelle cadranno come fi chi da un albero piegato dal vento. La conclusio ne della storia, anzi di una storia, si identifi ca con la distruzione della natura, con il fuoco. Sullo sfondo di questa storia empia, in un panorama divenuto terso, si annuncia l’ avvento del regno di Dio, della nuova Gerusalemme. Dieci secoli dopo arriva l’ Anno Mille. La letteratura romantica e approssimativa ci descriverà torme aff amate e paurose, prese alla gola da un’ attesa vissuta mese dopo mese, giorno dopo giorno fi no alla notte tra il 31 dicembre 1000 e il 1° gennaio 1001. All’ alba del nuovo millennio, il mondo sa rebbe esploso nel nulla. […] Altri mille anni sono quasi passati. Il nostro tempo ai simboli preferisce le fotografi e e le traduzioni simultanee, le riproduzioni tecniche e gli archivi elettronici; un orologio è stato caricato da un gruppo di scienziati intorno alla mezzanotte, soltanto pochi minuti prima, a rappresentare i nuovi pericoli, le nuove nucleari paure della fi ne del mondo. […] Cam biano i millenni, cambiano i simboli, cambiano i toni letterari nella costanza di un pericolo e di una paura. […] Adesso è la scienza, è la cronaca, è la tecnologia a off rire fotografi che previ sioni, calcoli di probabilità, statistiche di una possibile fi ne del mondo per confl itto nucleare o per progressiva devastazione ecolo gica. Così la psicosi del millennio esce dalla simbologia e dall’ ela borazione fantastica per prendere l’ andamento concreto del grafi co di una grande epidemia.81
La superfi cialità di cui fa sfoggio Barbiellini Amidei in queste considerazioni è veramente sorprendente; e serve a poco il fatto che una consistente parte del suo libro sia dedicata al resoconto di una lunga conversazione col fi sico Zichichi, sem- plicemente per giungere senza alcun apparente nesso logico alla conclusione che «lo stato attuale della conoscenza consente di supporre con alta dignità raziona-
Atomic Life. La mentalità e le scelte dell’ era atomica Capitolo 2
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le che Dio esista»82. Qui non si tratta, evidente mente, di contestare l’ inalienabile
diritto alla fede di Barbiellini Amidei (e del resto, posto in questi termini, il pro- blema esula completamente l’ oggetto della nostra rifl essione), quanto piuttosto di discutere la perentorietà, pretestuosamente fondata in chiave scientifi ca, delle sue conclusioni. Infatti quella stessa scientifi cità che, come abbiamo visto, viene deri- sa e ricondotta a un generico “millenarismo” quando ci mette in guardia contro i pericoli della situazione atomica o rispetto al rischio di una catastrofe ambienta le, viene poi disinvoltamente chiamata in causa per risolvere positi vamente l’ annoso problema relativo all’ esistenza di Dio. Si tratta, evidentemente, di un procedimen- to rifl essivo del tutto contestabi le, le cui conclusioni possono interessarci soltanto in rapporto alla loro possibile ricaduta sul piano sociologico.
In questo contesto si rivela interessante prendere in considera zione l’ analisi di John Percival Taylor, il più illustre storico ingle se. Intervistato da un prestigioso perio- dico italiano sul signifi cato del ritorno del sentimento religioso in atto da alcuni anni in Occi dente, Taylor non esitò a collegare il fenomeno del «ritorno a Dio» alla paura generalizzata per una possibile guerra atomica: «I popoli fi utano il pericolo e pregano, Ma la loro fede non si esprime in modo gioioso, non manifesta fi ducia e sicurezza nella capacità di Dio di difendere il mondo dalla distruzione. È un atto di dispera zione. […] Davanti a problemi che appaiono insolubili, l’ impegno nella religione, il ritorno a Dio, appare soprattutto come una pro testa totale contro questo mondo»83.
Per quel che riguarda, infi ne, l’ analogia che Barbiellini Amidei istituisce fra il timore atomico e l’ atteggiamento millenarista, forse la rifl essione più lucida cui possiamo fare appello è stata svolta da un uomo di lettere qual è Alberto Moravia:
Non bisogna confondere, come si fa di solito, la fi ne della specie per mezzo della bomba con la vecchia Apocalisse di San Giovanni. È un errore, allorché si parla della catastrofe nucleare, tirare in ballo l’ Apocalisse. Nell’ Apocalisse, c’ è pur sempre l’ idea dell’ immortalità condensata in quelle fatidiche parole: “Io sono il principio e la fi ne”. Già, perché per dire “fi ne”, si suppone che chi lo dice si ponga fuori dell’ Apocalisse, in un’ eter nità in qualche modo paragonabile all’ immortalità della specie di Scho penhauer. E invece non è così, non sarà così. Alla fi ne non ci sarà più né la natura di Schopenhauer né il Dio di San Giovanni; ma soltanto un sasso annerito e bruciato, condannato a girare per l’ eternità nel vuoto dello spazio cosmico84.
82 Ivi, p. 16.
83 Cfr. Filo della Torre, P. “Intervista con John Taylor” in Panorama, 15 set tembre 1985. 84 Cfr. Moravia, A. L’ inverno nucleare, Milano, Bompiani, 1986, p. 5.
Capitolo 2 Il Medium nucleare
Insomma, conferire ai pacifi sti o agli ecologisti la patente di profeti della fi ne del mondo è svolgere un’ inaccettabile e pregiu diziale semplifi cazione; poiché «ciò che defi nisce la mentalità della fi ne del mondo, ingiustamente attribuita agli eco- logisti e ai soste nitori del disarmo nucleare, è l’ ingiunzione a prepararsi al peggio, che lo si accetti come volere di Dio o come punto di arrivo di un grande disegno storico, sia trincerandosi contro una dura ma rinvigorente stagione di avversità,
sia fuggendo da un pianeta con dannato verso le nuove frontiere dello spazio»85.