• Non ci sono risultati.

Jim e Hilda vivono in una deliziosa villetta di campagna. Il loro è un quotidiano tranquillo, all’ insegna di una delicata e composta routine. Ma la radio annuncia l’ improvviso deterioramento della situazione internazionale. Le ostilità avranno inizio entro tre gior ni. Allora Jim prende il Manuale del governo, in cui si spiega come comportarsi in caso di emergenza nucleare (un volumetto realmente diff u- so dal governo inglese, che ha avuto il pudore di toglierlo dalla circolazione solo nell’ 86) e segue fedelmente tutte le istruzioni, palesemente ridicole, e i consigli di

sopravvivenza, al fi ne di trasformare la sua casetta in un rifugio antiatomico. L’ at-

tività di Jim si svolge sotto lo sguardo stupito della consorte, che non nasconde il suo timore per il disordine e i danni all’ arreda mento che provoca la realizzazione del bunker domestico.

È il contesto narrativo di When the mia blows, lungometrag gio d’ animazione diretto dal valoroso regista giapponese Jimmy T. Murakami e tratto dall’ omonimo best-seller dell’ illustratore Ray mond Briggs26. Il lavoro, presentato nel febbraio del

1987 a Lon dra, registrò in pochi mesi un enorme successo in tutta l’ Europa. L’ intera narrazione è costruita intorno al racconto degli ultimi giorni di Jim e Hilda che si preparano, con fi ducioso ottimismo, ad aff rontare le bombe atomiche seguendo fe- delmente le assurde e pa radossali raccomandazioni dell’ opuscolo governativo. Quel che si evidenzia costantemente, nel suo svolgimento, è la totale e assolu ta distanza dei protagonisti dalla dimensione reale del problema; e alla sua comprensione risul- ta del tutto inadeguata la memoria storica dell’ ultima guerra. Ora il nemico non si sa bene chi sia né che nome abbia; lo si immagina semplicemente nelle sembian ze di un missile, o di un aereo, o di un sommergibile. E il perico lo è totalmente invisibile, come il fall out: «Qua fuori non c’ è», dice Hilda a Jim.

Capitolo 3 Il Medium nucleare

Guardando questo fi lm, l’ operazione di denuncia più poetica svolta sul nucle- are, la memoria non può fare a meno di riandare alle immagini di Atomic café, realizzato da Kevin Raff erty negli Usa nel 1982, dove erano sapientemente assem- blate – estrapolan dole dai fi lmati originali di repertorio – tutte le idiozie intorno agli eff etti e le misure da prendere per aff rontare la guerra nuclea re. Si tratta di fi l- mati d’ epoca, provenienti dalle fonti più dispara te, che mostrano la vera e propria esaltazione della bomba cui erano dediti personaggi di spicco nel mondo politico e militare Usa: come il presidente Truman, che ringrazia il Signore per aver dato la bomba all’ America. Alle parole ispirate di questi zuzzurel loni il fi lm associa di tutto: le esercitazioni militari e civili nei rifugi antiatomici e le tecniche di soprav- vivenza spiegate da una simpatica tartaruga, Burt, che mostra come buttarsi a te- sta in giù, alla ricerca di un riparo, nel caso dovesse esplodere la bomba. Le imma- gini del cartoon sono corredate di una divertente colonna so nora di canzoncine

country e swing: «Bomba all’ idrogeno benedet ta, fatela cadere, così ci liberiamo di

tutti i comunisti». La ripropo sizione di questi reperti e il loro intelligente accosta- mento conferi scono spesso al fi lm una spontanea cadenza umoristica, strappando allo spettatore più di una mera risata. La scelta degli autori di non intervenire mai direttamente all’ interno del documentario, la sciando parlare da sole le immagini,

si rivela di grande effi cacia. Quel che ne risulta è un prodotto di notevolissimo

impatto, privo di qualsiasi elemento di ridondanza.

Come si vede, umorismo e parodia possono dispiegare il loro senso critico avvalendosi indistintamente di strumenti documenta ristici o d’ animazione, re- alistici o caricaturali, confermando la pos sibilità che nella cronaca vi sia addi- rittura più insensatezza che nell’ immaginazione. Chi di noi sarebbe disposto a giurare che nel la fantasia paradossale dispiegata da Stanley Kubrick disegnando il profi lo psicologico del Dottor Stranamore non vi siano più ele menti di verità di quanti se ne trovino nell’ immagine (sempre pom posa) di ragionevolezza, lucidità e moderazione che di sé fornisco no all’ opinione pubblica le alte sfere dei comandi strategici? Non è un caso che Kubrick si sia ispirato a Herbert Scoville, uno dei massimi esperti mondiali di armamenti nucleari, al suo modo di fare e alle gravi menomazioni da lui subite per l’ eccessiva confi denza con la bomba, per creare il personaggio del Dottor Stranamore, simbolo un po’ folle dell’ ibrido matrimonio tra scienza civi le e scienza militare.

Il fi lm, tratto dall’ omonimo romanzo di Peter George27, rap presenta senza

dubbio uno dei momenti più alti della rifl essione cinematografi ca sul tema du- rante tutti gli anni Sessanta. Comple tamente costruito all’ insegna dello humor

Apocalisse e immaginario. Il racconto dell’ atomica e del dopobomba Capitolo 3

165

fantapolitico e della pa rodia più spinta, il lavoro di Kubrick riesce, in modo ve- ramente esemplare, a sottolineare in chiave allegorica i tratti più caratteri stici e signifi cativi di un modo di pensare e atteggiarsi purtroppo prevalente ai vertici del mondo scientifi co e politico-militare. La storia è nota: un generale impazzito dell’ esercito americano spedi sce la sua squadriglia di aerei carichi di ordigni ato- mici a bombar dare l’ Unione Sovietica, colpevole a suo avviso di stare avvelenan- do i «fl uidi vitali» dell’ Occidente. Gli automatismi con cui è orga nizzato e diretto

il sistema militare rendono oltremodo diffi cile richiamare indietro gli aerei. Ma

alla fi ne, rocambolescamente, si riesce a ordinare il dietro front; e gli apparecchi che non riescono a essere raggiunti dal contrordine vengono abbattuti dalla difesa antiaerea sovietica, di comune accordo con la dirigenza americana. Soltanto un velivolo riesce a superare tutti gli sbarramenti, dirigen dosi minaccioso verso il suo obiettivo in territorio russo. È l’ inizio della fi ne, poiché i sovietici hanno costruito un’ arma atomica da fi ne del mondo, che entra automaticamente in funzione se vengo no aggrediti. È esattamente quello che accade mentre il dottor Stranamore spiega al suo presidente, che chiama aff ettuosamente «mein Führer», il suo piano per la sopravvivenza del genere uma no: bisogna portare alcune migliaia di indivi- dui selezionati, insie me ai dirigenti politici e militari della nazione, nelle miniere più profonde d’ America, dove dovranno restare qualche centinaio d’ an ni. Sacri- fi cando l’ etica della famiglia e stabilendo un rapporto di dieci femmine per ogni maschio, Stranamore ritiene che la Terra potrà presto essere ripopolata.

L’ epilogo del romanzo di Peter George ci induce a sospettare che la teoria di Stranamore doveva avere qualche difetto. Infatti, il manoscritto che racconta la storia viene trovato molti secoli dopo in un crepaccio terrestre da una spedizione di astronauti prove nienti da un altro pianeta. Il Dottor Stranamore è senza dubbio uno fra i più riusciti esempi di satira fantapolitica, un lavoro in cui la parodia e l’ umorismo si coniugano splendidamente per dis sacrare l’ idea della guerra, per sottolineare l’ ignavia dei potenti e l’ ottusità dei militari. Reinterpretando con ri- gore e acutezza la fantasia cinica del romanzo di George, Kubrick mostra in tutta la sua pericolosità quell’ assurdo modo di pensare che fa dell’ olo causto un’ even- tualità concreta.