• Non ci sono risultati.

«Il dominio dell’ energia atomica si tradurrà in liberazione spirituale». Con questo eloquente titolo, Il Politecnico, diretto da Elio Vittorini, pubblicava nel 1946 un lungo articolo di Paul Langevin, eminente scienziato francese, perseguitato dai nazisti per le sue idee politiche, ritornato con la fi ne della guerra al lavoro presso la scuola di fi sica e chimica di Rue Vaquelin, a Parigi. Era il 1° maggio, festa del lavo- ro. L’ eco degli orrori del secondo confl itto mondiale non si era ancora spento e su tutti pesava ancora lo sgomento per il dramma di Hiroshima. Eppure lo scienziato comunista non esitava, anche a questo proposito, a esaltare i caratteri positivi del- la nuova realtà atomica: «Nel valutare l’ importanza che l’ apparizione della bomba atomica riveste per l’ avvenire umano, non si possono temere esagerazioni. Poiché si tratta di un fatto ben diverso dall’ invenzione di una nuova arma; la quale, per la sua tremenda effi cacia, è valsa ad accelerare il termine di un confl itto che da sei anni bruciava il nostro pianeta»111.

109 Ivi, p. 56.

110 Cfr. Abruzzese, A. “Introduzione” in Morin, E. op. cit., p. 8.

111 Cfr. Langevin, P. “L’ era delle trasmutazioni. Il dominio dell’ energia atomica, si tradurrà in liberazione spirituale” in Il Politecnico, n. 29, maggio 1946. Nella seconda metà degli anni Ottanta, Roberto Guiducci, ha avanzato un’ ipotesi di lettura relativa alla genesi della bomba atomica che è

Capitolo 2 Il Medium nucleare

Lo studioso respingeva decisamente le obiezioni che già allora si aff acciavano, seppur timidamente, intorno all’ eventualità che l’ impiego dell’ energia nucleare potesse determinare conseguenze catastrofi che su scala planetaria. Sottolineava, di cormo, l’ enormità degli eff etti benefi ci che l’ energia atomica avrebbe prodotto in termini di benessere e liberazione dal lavoro e dal bisogno. Langevin calcolava che l’ energia messa in tal modo a disposizione di ogni individuo sarebbe stata equivalente al lavoro di dieci uomini robusti. Quindi ogni famiglia, grazie al nu- cleare, avrebbe avuto a disposizione all’ incirca la forza lavoro fornita da quaranta o cinquanta schiavi «estremamente discreti e docili», che non avrebbero richiesto né alloggio, né nutrimento, né altre cure particolari. «Questa liberazione materia- le renderebbe la liberazione spirituale e lo sviluppo della cultura non solo possi- bili, nell’ agio che verrebbe assi curato, ma addirittura necessari, poiché necessità sarebbe allora per l’ uomo di creare e condurre macchine sempre più delicate e com plesse»112.

A ben vedere, questa aff ermazione condensa alcuni presupposti culturali e teorici fondamentali della cultura marxista di quegli anni; idee di cui ancora oggi esistono tracce profonde e vistosi residui: quali la fi ducia illimitata nel progresso scientifi co, l’ ottimismo tecnologico a oltranza, la concezione dello sviluppo come espandibile infi nitamen te. In questo quadro i prodotti della scienza e i dispositivi tecnologici conservano una loro fondamentale innocenza, si caratterizzano per

una sostanziale neutralità113. Insomma, il problema è unicamente politico.

molto opportuno richiamare qui: «L’ origine del l’ escalation nucleare nasce proprio dall’ ultima guerra mondiale. Il sospetto e il timore che Hitler potesse costruire la bomba atomica per assoggettare il mondo in dusse scienziati del livello di Einstein a consigliare il presidente degli Stati Uniti a prevenirlo. Hitler non arrivò alla bomba, ma gli americani sì. E, sconfi tti Hitler e il Giappone, l’ Urss si pose lo stesso problema nei confronti degli Usa, e arrivò rapidamente ad avere la sua bomba. Se si assumesse coscienza di questo processo, si comprenderebbe che la bomba nucleare attuale non è altro che fi glia della guerra nazista e della spirale mostruosa delle sue conseguenze. La bomba nucleare viene dalla guerra e va inesorabilmente verso la guerra. Gli storici, se ci saranno, faranno certamente, in prospettiva, questa analisi. Di conseguenza, liberarsi dalla spirale della bomba è compiere fi nalmente la liberazione dal nazismo, che è stato la matri ce prima che ha indotto uomini e scienziati liberi a usare mezzi peggiori di quelli del loro spaventoso avversario» (cfr. Guiducci, R. Ti uccido come un

cane, Milano, Rizzoli, 1986, p. 205).

112 Cfr. Langevin, P. art. cit.

113 La critica più decisa a questa impostazione resta probabilmente quella svolta in numerose opere da Robert Jungk. Nel suo libro Lo stato atomico prende in esame tutti gli elementi caratteristici delle tecnologie nucleari nel loro impatto so ciale: la nocività delle condizioni di lavoro e la militarizzazione imposta ai lavorato ri che operano negli impianti, i rischi ordinari per l’ ambiente circostante, i pericoli connessi allo smaltimento e al trasporto delle scorie. Secondo lo studioso, tutti questi problemi concorrono alla costituzione di quello che egli chiama «lo stato atomico»: una realtà sociale caratterizzata da accentuata centralizzazione di poteri e minacce alla libertà individuale.

Atomic Life. La mentalità e le scelte dell’ era atomica Capitolo 2

139

Questa visione delle cose è splendidamente espressa dall’ impian to ideologico che sorregge le storie di Atomino, il fumetto pubbli cato negli anni Cinquanta sul

Pioniere, supplemento per bambini del quotidiano. Atomino, versione comunista

di Topolino, cui si richiama anche dal punto di vista grafi co, è in lotta col perfi do gene rale Simeone, che vorrebbe usare l’ energia atomica per fi ni militari e distrug- gere il pianeta. Simeone però sarà sconfi tto e l’ energia nu cleare, come spiega il testo, sarà usata «per il bene della popolazione: per illuminare, riscaldare, far fun- zionare le fabbriche, per curare i ma lati, per azionare navi, treni, aerei…», e anche per far girare la giostra del luna park.

Quanti anni sarebbero dovuti trascorrere ancora, perché Th ree Mile Island o

Chernobyl venissero a incrinare vecchi schemi di pensiero e consolidate certezze!

Quanti studi e ricerche sul rapporto fra atomo civile e militare114 si sarebbero

«Il fatto che i cosiddetti paesi socialisti abbiano seguito i cosiddetti paesi capitalisti sulla via “dura” fa particolarmente rifl ettere, perché nei primi, se si escludono poche eccezioni, non possono farsi sentire nem meno delle voci che mettano in dubbio la linea adottata e che potrebbero portare a una correzione dello sviluppo. La convergenza dei sistemi di cui si parlò tanto in Occidente si realizzerà forse in un modo del tutto diverso da quello che si prevedeva. Si realizzerà cioè nel progressivo adattamento ai metodi coercitivi usati dagli stati che, a partire dall’ introduzione dell’ energia nucleare, tendono sempre più verso la “via dura”, nell’ adattamento cioè a quegli stessi metodi che all’ Est vengono praticati da lungo tempo. Già ora i sostenitori dell’ atomo hanno sempre più parole di ammirazione per la disciplina che c’ è laggiù. Nel “mondo libero” è già possibile constatare un chiaro regresso della tolleranza, un aumento di censure dirette o indirette, una diff amazione dei “dissidenti”, particolarmente nell’ ambito della ricerca un inasprirsi ed estendersi della sorveglianza sul lavoro e nella vita privata. Molti pensano, o si augurano, che queste siano solo delle misure provviso rie; ma un paese che costruisce la propria industria atomica sceglie di conseguenza per sempre lo “stato forte”. È necessario porsi la domanda se la decisione delle élite di potere negli stati industrializzati in favore dell’ energia atomica non sia persino codeterminata, in gran parte, dalla speranza di crearsi in tal modo i presupposti materiali per una legittimazione della “politica dura”, della “via dura”, del “metodo duro di governo”: chi non è d’ accordo è senz’ altro un sovversivo. Lo Stato e l’ economia assomiglieranno sempre di più a una grande macchina e non si potrà più tollerare che qualcuno disturbi il suo funzionamento. Lo esigerà la forza delle cose. Singoli individui o gruppi che potrebbero opporsi verranno passati al vaglio, “annientati”, “estirpati”, “gettati nella spazzatura della storia”, in quanto retrogradi, oppure, l’ espressione viene da un professore di tecnica del l’ informazione, “amputati”» (cfr. Jungk, R. Lo stato atomico, Torino, Einaudi, 1978, pp. 7-8). Anche il noto giornalista americano John McPhee ha richiamato l’ attenzione generale sui problemi connessi alla sicurezza nell’ impiego dell’ energia atomica. Ci interessa qui ricordare soprattutto il rischio terribile, da lui evidenziato in una lunga intervista al fi sico Ted Taylor, che una quantità anche modesta di materiale fi ssile cada nelle mani di gruppi o organizzazioni terroristiche. E attualmente esistono in commercio addirittura tecnologie suffi cienti per realizzare un ordigno atomico, seppur rudimentale. (cfr. McPhee, J. Il

nucleare tra guerra e pace, Milano, Garzanti, 1983).

114 Ha scritto in proposito Capra: «Oggi stiamo acquisendo la sgradevole consape volezza che l’ energia. nucleare non è né sicura né pulita e neppure economica. I 360 reattori nucleari che operano

Capitolo 2 Il Medium nucleare

dovuti realizzare, per interrogarci più a fondo sull’ intima natura di questo dispo- sitivo!

Ma in quegli anni, l’ abbiamo già detto, c’ era (tranne rare ecce zioni) un’ enor- me sottovalutazione di quel che era accaduto il 6 ago sto 1945; e sappiamo che il “complesso di Hiroshima” inizierà a eser citare tangibilmente la propria infl uen- za solo parecchi anni dopo. Al giorno d’ oggi è purtroppo chiaro che la situa- zione atomica indica l’ e sigenza di avviare una trasformazione senza precedenti nell’ identità e nel pensiero contemporaneo, poiché, come Albert Einstein sintetiz-

zò quanto mai effi cacemente già nel 1947, «la potenza incontrollata dell’ atomo ha

cambiato ogni cosa tranne il nostro modo di pensare, e così noi siamo trascinati verso una catastrofe senza paragone».