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3 Creatio ex nihilo: la novità radicale della tradizione giudaico-cristiana

3.2 Filone d’Alessandria e la tradizione giudaica

La ricchezza e l’influenza del testo della Genesi lasciano facilmente immaginare quale importanza esso abbia rivestito all’interno del pensiero di matrice giudaico-cristiana di ogni epoca. Per quanto in questa sede sia possibile, proverò a ripercorrere gli sviluppi principali che questo orientamento di pensiero ha condotto in rapporto al tema della creazione, prendendo in considerazione l’arco temporale che va dall’epoca ellenistica ai primi quattro secoli dell’era cristiana. Questa breve esposizione permetterà di comprendere in quale tradizione venga a inserirsi l’apporto filosofico e teologico agostiniano.

Ho accennato in precedenza al ruolo chiave che il racconto della creazione redatto dallo scrittore cosiddetto “sacerdotale” gioca in rapporto all’esistenza politico-religiosa del popolo ebraico durante l’esilio babilonese: soprattutto nelle pagine che vengono attribuite all’autore che si è soliti chiamare “Deutero-Isaia”, si cerca di instaurare un nesso fondativo capace di unire l’orizzonte della creazione a quello della salvezza e della coesione del popolo eletto. Rimanendo sempre all’interno della tradizione di pensiero di origine ebraica, provo ora a individuare due ulteriori momenti ai nostri occhi particolarmente importanti.

Il primo è costituito dalla riflessione di Filone di Alessandria. Questi, infatti, ha più volte avuto modo di commentare i primi versetti delle Scritture, anche se, sfortunatamente, il testo forse a questo proposito più rilevante, le Quaestiones et solutiones in Genesim, ci è noto solamente a partire dal commento a Gen 2, 4. Tuttavia, è possibile rinvenire degli sviluppi decisivi riguardanti la tematica della creazione già a partire da una delle opere filoniane di maggior importanza, il De opificio mundi. Trovandosi innanzi alla compresenza all’interno delle Scritture di due differenti racconti della creazione e dovendo al contempo decidere quale approccio esegetico si riveli più adatto alla comprensione del testo genesiaco, se quello letterale o quello allegorico, Filone compie un’operazione ermeneutica epocale: sulla scorta del modello costituito

l’idée qu’il ne faut pas dissocier de celle de dépendance dans l’être, si on veut maintenir la différence entre commencement et création et comprendre l’originalité de cette dernière».

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dalla filosofia platonica, egli distingue tra due differenti creazioni, l’una compiuta in rapporto al mondo intelligibile e narrata in Gen 1, l’altra in rapporto a quello sensibile e narrata in Gen 289.

Nel corso del testo, questa concezione subisce tuttavia alcune precisazioni, le quali si rendono necessarie affinché il mondo intelligibile di cui parla il primo racconto della creazione venga inteso non come un insieme vago, risultante dalla giustapposizione di molteplici idee, ma in accordo con la sua funzione di principio organizzatore contenente in sé la razionalità del progetto creativo. Un valido aiuto in questo senso giunge a Filone dall’aritmologia pitagorica90: i sette giorni intorno ai quali il libro della Genesi organizza l’articolazione del processo creativo non devono infatti essere intesi come un dato contraddittorio con l’istantaneità dell’azione creatrice divina.

Al contrario, Mosè (che Filone, secondo una credenza largamente diffusa nell’antichità, ritiene l’autore della Genesi) avrebbe propriamente suddiviso la scansione della creazione in due blocchi distinti. Il primo deve essere identificato nell’espressione “giorno uno”, che erroneamente viene invece spesso tradotta “primo giorno”. Tale “giorno uno” è infatti anteriore alla creazione del mondo, indica propriamente la natura della Monade, rappresenta il mondo intelligibile in quanto Λόγος divino e, in ultima istanza, deve essere identificato come il piano perfetto nell’insieme e nel dettaglio che Dio, al pari di un architetto capace, possiede in rapporto alla sua opera91.

Il secondo momento della creazione è costituito dagli altri sei giorni: solamente il numero sei è infatti, grazie alle proprietà aritmetiche che lo contraddistinguono, adatto a porre in essere l’intera creazione, in conformità alle leggi e all’ordine prestabiliti nella mente divina.

Si rivela conforme a questa visione di un duplice piano della creazione la comprensione dell’espressione con cui si aprono le Scritture. Le parole “In Principio” non devono infatti essere intese in senso cronologico, dal momento che la dimensione del tempo inerisce unicamente al movimento del mondo, ma si deve cogliere la priorità di ordine numerico e valoriale che esse veicolano92.

In un altro contesto, quello costituito dal trattato De aeternitate mundi, il racconto delle origini viene invece considerato da un punto di vista prettamente filosofico. L’oggetto dell’interesse di Filone è costituito dall’applicazione alla realtà mondana di una duplice coppia di concetti, ossia creato-increato e corruttibile-incorruttibile. Se il discorso si rivela lineare per quanto concerne la prima coppia di concetti, poiché le parole di Mosè testimoniano chiaramente che il mondo possiede una natura derivante dall’azione creatrice divina, diviene invece maggiormente complesso in relazione all’esito terminale

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Cfr. Op. mun. xxxiv.

90 Cfr. P. Geoltrain, Quelques lectures juives et chrétiennes des premiers versets de la Genèse, de Qoumrân au Nouveau Testament, in In Principio, cit., pp. 47-60, p. 52.

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Cfr. Op. mun. xxiv.

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di tale realtà. A tal proposito, Filone raffronta tre diverse ipotesi riconducibili ad altrettante scuole filosofiche: la prima secondo cui il mondo è creato nel tempo e corruttibile (Stoicismo, Atomismo), la seconda secondo cui il mondo è eterno, e perciò increato e incorruttibile (Aristotelismo), la terza infine secondo cui il mondo è increato nel tempo, ma è tuttavia il risultato di una creazione e possiede una natura incorruttibile (Platonismo).

Filone viene influenzato, nella discussione riguardante la presunta corruttibilità del mondo, dai caratteri di bontà e paternità mediante i quali le Scritture, e “Mosè” in primis, descrivono inequivocabilmente la natura divina93. Tali caratteri, infatti, rendono empio e contraddittorio poter pensare che Dio abbia posto in essere una realtà che considera buona e che ama intensamente e, al contempo, che Egli non se ne curi permettendone l’annientamento e la corruzione. La corruttibilità è dunque un carattere che deve essere ritenuto inadeguato in rapporto al mondo. Filone pertanto può concludere, dando vita a un’abile sintesi tra le verità rivelate da Mosè e alcuni elementi tratti dalle teorie filosofiche di Platone e Aristotele, che il mondo è al contempo creato non temporalmente (eterno) e incorruttibile. Non solo dunque non si rinviene alcuna divergenza tra i due maestri greci, ma, in aggiunta, viene sottolineata l’affinità tra le verità da questi insegnate e quelle descritte da Mosè nel libro della Genesi94.

Un secondo momento significativo per l’utilizzo e la rielaborazione del racconto della creazione è offerto da una serie di testi composti nell’ambito della setta essena di Qumran e da alcune composizioni di carattere pseudoepigrafico. Per quanto riguarda le seconde, mi limito a segnalare il ruolo preminente che gioca la “parola divina” all’interno del Quarto libro di Esdra: in un brano del sesto capitolo dell’opera, l’intervento della “parola” - termine tra l’altro propriamente assente in Gen 1 - viene posto in relazione non alla creazione della luce, ma a quella del cielo e della terra. Se non è corretto sostenere, facendo leva su questo particolare, che ci si trovi in presenza della dottrina della creatio ex nihilo, è lecito invece affermare che la dipendenza assoluta di tutti gli esseri da Dio viene evidenziata con un’incisività ancora più eclatante rispetto alla narrazione di Gen 1. In chiave generale, si può invece notare come sia la tradizione essena sia la letteratura epigrafica elaborino una visione della realtà connotata secondo tratti fortemente dualistici: in questo senso, sarebbe interessante approfondire il legame tra l’interpretazione originale di Gen 1, 1-3 elaborata in seno al giudaismo della fine del I

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Cfr. Op. mun. ix-x.

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Α proposito del rapporto tra indagine filosofica ed ermeneutica biblica in Filone (e specificamente in rapporto all’indagine sull’origine del cosmo) rimando a M. G. Crepaldi, La concezione del tempo tra pensiero biblico e filosofia greca. Saggio su Filone di Alessandria, 1+1, Brugine 1985; D. T. Runia, Philo of Alexandria and the Timaeus of Plato, Brill, Leiden 1986; R. Radice, Platonismo e Creazionismo in Filone di Alessandria, Vita e Pensiero, Milano, 1989.

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secolo e la riflessione gnostica sulle origini del mondo che prenderà piede nei secoli successivi95.