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2 Seconda questione: rationes causales, miracolo e natura

3 Terza questione: le fonti della dottrina delle ragioni causali

3.3 La questione delle fonti: un duplice modello

Gli accenni che abbiamo fatto relativamente alle dottrine degli Stoici e di Plotino mostrano come la nozione di “ragione causale o seminale” impiegata da Agostino sia sicuramente riferibile, non certamente sovrapponibile, a dei concetti precedentemente apparsi nella storia del pensiero. La letteratura agostiniana ha in diverse occasioni messo in luce tali connessioni in modo tale che non sembra possibile affermare, come avevamo fatto nei casi precedenti, che vi sia stato un reale dibattito a questo proposito. Certamente, secondo alcuni sarebbe preponderante l’influsso diretto operato dalla

227 Cfr. E. Samek Lodovici, Dio e mondo. Relazione, causa, spazio in S’Agostino, Roma: Studium, 1972, pp. 147-153.

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Cfr. Enn. III 3,3; III 8,2;

229 Cfr. ivi IV 3,13. 230 Cfr. ivi IV 4,36; V 7,1; 231 Cfr. ivi VI 1,9,10. 232

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nozione di λόγος σπερματικοί così come essa è stata caratterizzata all’interno del sistema stoico, mentre per altri questo si dovrebbe dire a proposito della concezione plotiniana di λόγος, ma rimane un dato universalmente acquisito il legame che unisce questi due ambiti di pensiero. Inoltre non sembra sia mai stato messo integralmente in discussione o negato il fatto che Agostino abbia potuto tener presenti entrambe le fonti sopra ricordate. Riportiamo perciò di seguito i giudizi a tal proposito di alcuni studiosi che hanno rivolto la loro attenzione alla tematica delle fonti di ispirazione tenute presenti da Agostino.

All’interno del secondo volume della sua monumentale opera intitolata Le système du monde. Histoire des doctrines cosmologiques de Platon à Copernic, P. Duhem riserva un ampio capitolo alla cosmologia dei Padri della Chiesa che contiene un paragrafo appositamente dedicato alle ragioni seminali agostiniane 233 . Come abbiamo precedentemente notato, l’autore ripercorre la storia del concetto di ragione seminale prendendo le mosse dalla filosofia di Anassagora, per poi far immediatamente riferimento al pensiero stoico. Egli nota come la divinità stoica possa al contempo essere concepita in quanto Ragione (Λόγος), Provvidenza (Πρόνοια) e Destino (Ειμαρμένη), appellativi che designano rispettivamente tre differenti aspetti: nel primo caso ci si riferisce al suo possedere una nozione di tutti gli esseri che compaiono nel mondo, nel secondo al suo prevedere i momenti della comparsa e della scomparsa dei singoli esseri, nel terzo alla sua facoltà di determinare quanto concepito e previsto. Perciò le nozioni che Dio, la cui sostanza non differisce dal cosmo stesso, ha degli esseri sono come dei semi inscritti nel tessuto materiale del mondo.

In secondo luogo lo studioso nota come la medesima nozione sia caratterizzata da differenze notevoli all’interno del pensiero plotiniano. Le ragioni seminali contenute nell’Anima e ad essa trasmesse dall’Intelletto, non sono altro che potenze immateriali capaci di attivare la materia, quali onde che si propagano sulla superficie marina.

Detto questo, il Duhem dichiara a suo avviso maggiormente importante il filo diretto che lega la versione agostiniana della teoria all’ambito di pensiero stoico234, tanto da arrivare a parlare di “cristianizzazione”235 della dottrina stoica.

Anche J. Arnould sottolinea l’importanza della fonte stoica in un suo articolo dedicato alle ragioni seminali che già sopra abbiamo citato. Se infatti in senso ampio una storia del concetto di “ratio seminalis” potrebbe essere fatta iniziare dallo studio delle nozioni di λόγος e di τάξις nel sesto secolo a.C., considerando successivamente il pensiero

233 Cfr. Duhem, Le système du monde, cit., pp. 443-447.

234

Ivi, p. 446: «La théorie des raisons causales (causales rationes), telle que Saint Augustin la propose, a plus de ressemblance avec ce que les Stoïciens disaient des λόγοι σπερματικοί qu’avec l’enseignement de Plotin touchant les λόγοι γεννητικοί».

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Ivi, p. 447: «N’est-il pas clair que la théorie des rationes causales que Saint Augustin nous expose, en ces diverses passages, offre de nombreux points de ressemblances avec la théorie stoïcienne des λόγοι σπερματικοί? N’est-il pas une sorte de christianisation de cette dernière?».

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di Platone ed Aristotele, tuttavia si giungerebbe secondo l’autore al cuore della questione solamente prendendo in esame il sistema stoico. Gli Stoici considerano infatti l’universo come un tutto in cui il λόγος, forza attiva che penetra a tutti i livelli dell’essere per garantirne l’unità e la coesione, si identifica con la divinità stessa, concezione questa che unisce in modo stringente monismo e materialismo. I λόγοι σπερματικοί sono dei principi regolatori che donano forma ai singoli esseri nel corso del loro sviluppo, e proprio l’idea di sviluppo regolato da una causalità stringente e provvidenziale sarebbe ciò che secondo l’autore Agostino avrebbe inteso veicolare ispirandosi agli Stoici mediante la dottrina delle ragioni causali236.

La tesi sostenuta da C. Boyer è invece quella che la ragione causale costituisca una forma di partecipazione alla verità, che Agostino avrebbe concepito ispirandosi al pensiero neoplatonico.

Se Plotino concepì il λόγος in senso proprio quale entità spirituale in procinto di essere comunicata alla materia pur essendo collocata al livello dell’Anima, e pose un rapporto tra i λόγοι σπερματικοί e l’idea analogo a quello che lega la ragione in generale al Νοῦς o la deduzione all’intuizione, in modo da poterli definire come una frammentazione ordinata dell’Idea capace di generare le realtà spaziali e temporali, sarebbe però sbagliato affermare che Agostino si uniformò ad una simile visione. Secondo l’autore si può infatti parlare di un influsso diretto e cospicuo della filosofia di Plotino sulle formulazioni agostiniane, sottolineando con forza però come il loro ripensamento da parte di Agostino sia effettivo e inequivocabile. A tal proposito, il dato fondamentale che rende evidente il mutamento di prospettiva operato dal vescovo d’Ippona deve essere individuato nella collocazione delle ragioni causali. Esse non sono più concepite come parti dell’anima del mondo, né sono relegate al solo ambito della sostanza divina, ma al contrario vengono poste nel mondo creato ed interagiscono in maniera diretta con le opere della creazione 237.

Secondo Gilson, invece, il contesto nel quale deve essere compresa la caratterizzazione della dottrina delle ragioni causali è quello di una metafisica platonica. Esse, infatti, sono concepite da Agostino quali numeri che veicolano all’interno di un’esistenza temporale, limitata secondo un disegno prestabilito, le virtualità presenti nelle opere compiute da Dio prima del riposo del settimo giorno.

La nozione stoica di λόγοι σπερματικοί venne rielaborata da Plotino per scongiurare la visione fatalista che portava con sé. La rielaborazione plotiniana non rende tuttavia tali principi immediatamente compatibili con la concezione cristiana di un mondo provvidenzialmente orientato. Agostino avrebbe perciò attinto alla sorgente del pensiero

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Cfr. Arnould, “Les rationes seminales”, cit., pp. 431-439.

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plotiniano, trasponendo però il concetto che stiamo prendendo in esame nel contesto cristiano di una Provvidenza creatrice238.

Una menzione di entrambi gli indirizzi di pensiero, stoico e plotiniano, viene fatta invece da R. Capdet, anche se solo l’influsso del secondo sarebbe stato di tipo diretto. Infatti Agostino avrebbe modellato il termine ed il significato di “ragione causale” tenendo presente i λόγοι plotiniani, immateriali, contenuti nell’Anima del mondo, forze organizzatrici attraverso cui l’Anima e le anime inferiori sarebbero capaci di imprimere le forme nella materia. Solo attraverso la mediazione plotiniana avrebbe agito una presunta influenza dei λόγοι σπερματικοί stoici, principi materiali capaci di garantire che la generazione avvenga nei modi e nei tempi stabiliti: in ogni caso Agostino non solo rielaborò profondamente tali contenuti, ma anche non giustificò mai la propria teoria facendo appello all’autorità di alcun tipo di filosofi239.

Nel corso della nota specificamente dedicata alla dottrina delle ragioni causali che fa parte del cospicuo apparato critico che correda l’edizione francese del De Genesi ad litteram, P. Agæsse ed A. Solignac citano un triplice ordine di considerazioni in base alle quali Agostino si sarebbe ispirato alla nozione plotiniana di λόγος.

Innanzitutto secondo Plotino nella costituzione e nell’ordinamento del mondo sensibile particolarmente importante è l’azione della ragione universale, comunemente chiamata Natura (Φύσις), in quanto rappresenta il livello di congiunzione tra il livello noetico e quello cosmico del λόγος. La Ragione si diversifica in ragioni singolari e parziali, tra cui un caso particolare è costituito dalle ragioni spermatiche. Allo stesso modo in Agostino le ragioni seminali costituiscono un caso privilegiato facente parte di un più ampio contesto di rapporti causali e di interazione tra differenti livelli ontologici.

Secondariamente il fatto che Plotino concepisca il λόγος noetico come principio ed origine di quelli esistenti ai livelli inferiori implica che egli faccia ricorso per spiegarne la derivazione ad un processo di progressiva processione che comporta l’anteriorità del mondo intelligibile rispetto a quello sensibile e l’esistenza di un punto di tangenza tra i due, ossia l’Anima. Proprio a questa visione avrebbe pensato Agostino parlando di due momenti della creazione, quello della conditio istantanea e quello della administratio attraverso il tempo.

Infine il fatto che l’Anima svolga una funzione di sola mediazione delle ragioni induce in qualche luogo Plotino a porre l’accento esclusivamente sull’attività creatrice e demiurgica del Νοῦς. Tener presente ciò potrebbe rivelarsi fondamentale per

238

Cfr. Gilson, Introduzione allo studio, cit., p. 236.

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comprendere la parallela eliminazione agostiniana del ruolo dell’Anima ed il trasferimento dell’attività contemplativa alla creatura angelica240.

La ricostruzione della storia del concetto di “ragione causale” viene operata anche da C. Goumett a partire dai semi di Anassagora e dagli atomi di Democrito. Le istanze contenute in queste formulazioni riguardanti l’origine e lo sviluppo del mondo giunsero attraverso la mediazione e la rielaborazione profonda operata da Platone ed Aristotele sino agli Stoici. Essi formularono per l’appunto la nozione di λόγοι σπερματικοί, principi attivi attraverso cui la divinità riesce a dirigere e muovere il principio materiale passivo.

Fu invece Filone di Alessandria a conciliare tale idea con una visione di tipo biblico, dipingendo questi “semi” come inseriti nella natura da una divinità trascendente e connotandoli in modo immateriale. Analogamente Plotino li concepì come non materiali e tuttavia agenti al livello della realtà sensibili per formare esseri dotati di estensione corporale. Anche alcuni Padri greci, come ad esempio Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa, si posero sulla medesima linea ed utilizzarono formulazioni vicine a quelle che sarebbero poi state le agostiniane.

Secondo l’autore Agostino avrebbe in linea teorica aver tenuto conto di tutte le teorie sopra elencate, ma in tutti i casi, in riferimento sia alle fonti stoica o plotiniana, sia a quelle platonica o aristotelica conosciute attraverso le opere di Cicerone e Varrone, lo avrebbe fatto sviluppando originalmente idee profondamente diverse da quelle dei predecessori241.

L’esame delle più importanti questioni affrontate dalla letteratura critica in rapporto alla dottrina delle rationes causales ha lasciato intendere come tale aspetto del pensiero di Agostino possegga una ricchezza e una profondità non trascurabili. Come annunciato nelle pagine dell’Introduzione, però, l’approfondimento del significato della dottrina delle rationes causales rappresenterà il punto di approdo di un percorso di indagine che muove in origine dallo studio dell’ambito ontologico della riflessione agostiniana. Il prossimo capitolo sarà dunque dedicato all’analisi delle modalità con cui le realtà create e l’essenza divina vengono concepite e descritte da Agostino.

240

Cfr. Solignac, “Le double moment”, in La Genèse, cit., p. 657.

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CAPITOLO SECONDO