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L’esposizione relativa ad alcuni tra i più importanti contributi dedicati alla dottrina delle rationes causales svolta nel capitolo precedente ha evidenziato tre questioni fondamentali che guideranno il prosieguo del presente lavoro. Prima di offrire un’analisi dettagliata delle modalità con cui Agostino declina all’interno del proprio pensiero tale dottrina, è fondamentale calarsi all’interno di quella che potremmo chiamare la “metafisica creazionistica agostiniana”. Cercherò quindi di fornire una presentazione complessiva di quest’aspetto del pensiero agostiniano, nel tentativo di evidenziarne i tratti più significativi.

Per comprendere la declinazione impressa da Agostino alla nozione di creazione, farò riferimento a quello che Agostino Trapè non esita a definire “il nucleo centrale della filosofia agostiniana”1, ossia alla dottrina della partecipazione. Mi propongo di indagare lo statuto dei due poli coinvolti in tale rapporto partecipativo, ossia Dio da una parte e l’insieme delle creature dall’altra. Si tratterà di mostrare quale tipologia di caratterizzazione “ontologica” Agostino offra rispettivamente di Dio e degli esseri creati, evidenziando la necessità logica di definire il nesso che li unisce. Questo passo renderà possibile la tematizzazione del versante della riflessione agostiniana profondamente legato al principio di partecipazione, che Alberto di Giovanni chiama il “partecipazionismo creazionista”2 di Agostino.

Secondo Joseph Thonnard, il quale ha dedicato uno studio al confronto tra la metafisica generale aristotelico-tomista e la filosofia agostiniana3, quest’ultima possiederebbe una struttura molto differente dalla prima. Tale differenza non riguarderebbe le formulazioni nominali delle verità di fondo, ma sarebbe riscontrabile sul

1 Cfr. A. Trapè, La nozione del mutabile e dell’immutabile secondo sant’Agostino, Edizioni Agostiniane, Tolentino 1959, p.17.

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A. Di Giovanni, “Creazione ed essere nelle «Confessioni» di sant’Agostino”, RÉAug, 20 (1974), p. 285-312, p. 285: «[…] giacché non meno centrale ed importante di quella di “partecipazione” vi è la nozione cristiana di “creazione”. Sempre presente ed operante al fondo ed al centro dello sforzo speculativo del genio d’Ippona, la nozione di creazione influisce potentemente anche nella sua sintesi metafisica. Ne risulta così un partecipazionismo creazionista, altrettanto ben distinto da quello dualistico di Platone che da quello emanantistico di Plotino».

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Cfr. F. J. Thonnard, “Caractères platoniciens de l’ontologie augustinienne”, AM 1, 1954, pp. 317-327.

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piano dell’esposizione dei contenuti concettuali. In ultima analisi, sarebbero due i principi operanti nell’agostinismo che segnerebbero la distanza che dalla speculazione tomista.

Innanzitutto l’assenza di astrazione, o, per meglio dire, il ricorso pressoché nullo da parte di Agostino a forme di ragionamento totalmente astratte nella risoluzione dei problemi fondamentali che animano il suo pensiero. Ciò non significa che egli non impieghi nozioni astratte e universali, ma più semplicemente che queste vengono messe costantemente in rapporto con le rispettive strutture concrete in cui trovano realizzazione.

Il secondo principio che Thonnard ritiene propriamente agostiniano è quello in base al quale tutto si spiega per mezzo di Dio4: anche sotto questo punto di osservazione, come nel caso precedente, verrebbe confermato il carattere intuitivo del pensiero di Agostino, il quale non intenderebbe mai semplicemente dimostrare logicamente, quanto piuttosto scoprire5 l’esistenza di Dio.

Facendo leva sulla considerazione di questi due caratteri peculiari della speculazione agostiniana, lo studioso fancese può parlare di realismo spirituale6 agostiniano. Le affermazioni di Thonnard suscitano un interrogativo a dir poco decisivo, che, come in questa sede non può accedere, meriterebbe lo spazio di uno studio dettagliato: tale interrogativo riguarda le modalità di pensiero impiegate da Agostino per giungere alla “scoperta” dell’esistenza di Dio.

Secondo Charles Boyer, benché sia possibile possibile7, testi agostiniani alla mano, illustrare le “cinque vie” enumerate da Tommaso d’Aquino all’interno della Summa Theologiae, non sarebbe corretto rinvenirne la presenza distinta all’interno dell’opera di Agostino. Questo perchè il Dottore d’Ippona riunisce e lascia confluire in un’unica “via”, quella dell’ascesa attraverso i differenti gradi delle creature, tutti i motivi validi ai fini dell’ammissione dell’esistenza divina8. All’interno di quest’unico itinerario ascensionale,

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Ivi, p. 318: «Dès l’abord deux caractères s’affirment en augustinisme, par lesquels il se différentie nettement de l’ontologie thomiste. En cette philosophie, il n’y a pas d’abstraction; et «Tout s’explique par Dieu». L’ontologie comme telle n’y est pas au sommet, mais bien la théodicée».

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Ibid.: «Nous disons «découvrir» cette existence plutôt que la «démontrer», non pas pour infirmer la valeur de cette preuve de Dieu qui est solide et incontestable; mais pour en souligner la caractère intuitif qui, incontestablement aussi, est très accentué en augustinisme».

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Cfr. ivi, p. 319.

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A proposito della possibilità di un confronto tra il pensiero agostiniano e quello tomista rimando alla considerazione delle difficoltà sostanziali e delle cautele interpretative che debbono sempre essere messe in atto operata da L. Tuninetti, Tommaso d’Aquino e Agostino: le possibilità della conoscenza e il rapporto con Dio, in Ripensare Agostino: interiorità e intenzionalità. Atti del IV Seminario Internazionale del Centro Studi Agostiniani di Perugina, a cura di L. Alici, R. Piccolomini, A. Pieretti, Institutum Patristicum Augustinianum, Roma 1993, pp. 191-205.

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C. Boyer, “Les voies de la connaissance de Dieu selon saint Augustin”, Ag, 3 (1958), pp. 303-307, ried. in Id. Essais anciens et nouveaux sur la doctrine de St. Augustin, Marzorati, Milano 1970, pp. 151-59, (da cui cito) p.151: «Saint Thomas d’Aquin a énuméré dans la Somme cinq voies pour démontrer l’existence de Dieu. Je crois qu’on peut illustrer toutes ces voies avec des textes de saint Augustin; et cependant on ne pourrait guère parler des cinques voies de saint Augustin, car il ne les a pas distinguées et séparées comme

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tuttavia, si potrebbero distinguere e isolare, quanto meno ai fini della loro esposizione, tre distinti livelli, le “tre vie” agostiniane9.

In primo luogo, appare corretto sostenere che Agostino abbia conosciuto e fatto ricorso a un procedimento razionale che in termini moderni potremmo chiamare prova cosmologica dell’esistenza di Dio. In sostanza, esso richiede che, a partire dalla considerazione delle realtà sensibili di cui si costituisce il mondo, si arrivi a cogliere in rapporto a quest’ultimo da un lato l’ordine intrinseco, dall’altro la strutturale deficienza esplicantesi in termini di perenni mutevolezza ed instabilità. Nel primo caso si viene rimandati all’azione di Dio in quanto Intelligenza suprema, fonte ultima di ogni bellezza e armonia, nel secondo a Dio in quanto Essere per essenza stabile e immutabile.

Agostino percorre inoltre una seconda via, che egli sicuramente predilige per compiere l’itinerarium mentis in Deum e che perciò viene sovente battezzata “agostiniana” per eccellenza10. Tale preferenza è confermata dal fatto che questo secondo procedimento si trova in ultima istanza implicato nella trattazione di tutte le altre vie. Esso ascende a Dio, considerato in quanto fonte ultima e assoluta delle singole verità e identificato con l’universale Verità11, ricercando il criterio inattaccabile capace di garantire lo statuto delle certezze su cui poggia la conoscenza umana12. Sia che si consideri la mutevolezza dei giudizi professati dallo spirito creato sia che ci si richiami alla moltitudine dei soggetti pensanti, Agostino risponde innalzando il punto di osservazione sino a fissarlo in Dio, Necessità incondizionata, Lume immutabile, Verità sussistente e unica.

Infine, la terza via prende le mosse dall’innato desiderio umano di giungere alla felicità e fa leva sulla destinazione naturale dell’uomo al Sommo Bene, testimoniata dall’appello divino rivolto alla sua volontà. L’ordinamento del mondo è infatti retto dal principio di finalità, secondo cui ogni realtà è costituita da un’essenza ordinata in ultima istanza ad un medesimo Fine: tale principio teleologico permette di riconoscere che solamente Dio è in grado di soddisfare la sete di beatitudine che ogni essere umano sperimenta in quanto esiste e di attirare a sé le proprie creature. In altre parole, il fatto che l’uomo si trovi a dover fare i conti con la brama di una felicità permanente, non raggiungibile muovendosi nell’ambito mondano, è il sintomo del possesso di una struttura

l’a fait l’Aquinate. Lorsque le Docteur d’Hippone développe pleinement sa pensée, il fait entrer dans une voie unique tous les motifs d’admettre Dieu ».

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Ivi, p. 152: «Si toutefois on veut considérer séparément différents degrés de l’ascension, comme Augustin le fait parfois lui-même, on doit alors parler des trois voies augustiniennes pour alller à Dieu».

10 Cfr. C. Boyer, "Comment saint Augustin a trouvé Dieu", RFN, 46 (1954), pp. 321-331, ried. in Id., Essais anciens et nouveaux, cit., pp. 137-150, (da cui cito) p. 145.

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Un’esposizione esauriente di questo secondo tipo di dimostrazione si trova in: cfr. C. Boyer, L’idée de véritè dans la philosophie de saint Augustin, Beauchesne, Paris 1921, pp. 47-109.

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Trapè, La nozione, cit., p. 37: «Nel profondo dello spirito v’è un tesoro di verità - verità eterne, immutabili, necessarie - che la ragione scopre, non crea, che son presenti alla ragione e superiori ad essa. Da questa scoperta all’affermazione dell’esistenza di Dio la conclusione è immediata e necessaria».

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metafisica che sfugge all’assurdo solo rifugiandosi nella certezza dell’esistenza di un Dio che è al contempo Bene supremo e Fine ultimo.

Le “tre vie” che abbiamo fugacemente delineato costituiscono degli itinerari che si elevano alla certezza dell’esistenza divina considerandone, conformemente alla natura trinitaria che la caratterizza, altrettanti aspetti complementari, quelli cioè di Causa suprema dell’essere (Causa subsistendi), di Verità assoluta capace di illuminare ogni intelletto (Ratio intelligendi) e di Bene sommo che attira a sé tutte le creature viventi (Ordo vivendi)13.

Se è vero quanto ho sinora sostenuto, ossia che Agostino concepisce esplicitamente queste tre modalità ascensionali per “scoprire” l’esistenza di Dio, lo è altrettanto il fatto che un ruolo preminente è sicuramente assegnato alla seconda di esse. Tale predilezione rende evidente come per il vescovo d’Ippona l’indagine relativa all’esistenza divina non sia disgiungibile dal problema della conoscenza: sapere come noi concepiamo la verità e conoscere l’esistenza della Verità divengono le due facce di una stessa questione14.

Il fatto che l’itinerario preferenziale si svolga totalmente all’interno del pensiero non implica tuttavia che l’agostinismo autentico conduca alla svalutazione o addirittura alla non considerazione del mondo sensibile come punto di partenza adeguato per un itinerario ascensionale destinato ad approdare alla certezza dell’esistenza divina. D’altro canto occorre notare come, anche nel momento in cui Agostino argomenta ricorrendo esplicitamente a una prova di tipo “cosmologico”, la dimensione dell’interiorità non viene mai esclusa dal suo percorso. Una conferma di ciò può essere rinvenuta nella lettura del celebre testo contenuto nell’Epistola ai Romani15, che indica la possibilità di conoscere le perfezioni divine a partire dallo stato delle realtà visibili. Secondo Agostino, pervenire alla contemplazione degli invisibilia Dei significa giungere a fissare lo sguardo sulle Idee divine, operazione questa che conferma che “il cammino che va dai corpi alla verità divina passa attraverso il pensiero”16. Tale conclusione non viene smentita nemmeno dal fatto che alcuni testi sembrano considerare la semplice visione dell’ordine vigente in seno al creato al pari di una conferma certa e immediata dell’esistenza divina: questi luoghi dell’opera

13 Thonnard, ”Caractères platoniciens”, cit., p. 327: «Tout s’explique par Dieu; [….] Causa subsistendi, c’est l’Essence divine en son unité, cause suprême de l’être. - Ratio intelligendi, c’est la Vérité première, lumière de toute intelligence. - Ordo vivendi, c’est la Bonté suprême qui ordonne tous les êtres en les attirant vers elle»; Trapè, La nozione, cit., pp. 17-18: «Da tali premesse il pensiero di s. Agostino si dispiega maestoso come un gran fiume, il quale, prima di gettarsi nel mare, si divide in tre corsi, che sono, per uscir di metafora, l’essere, la verità, il bene»; Boyer, ”Les voies”, cit., p. 151: «L’être des choses, la pensée de l’homme, le désir du bonheur, telles sont les trois voies qui conduisent à Dieu et qui nous le font connaître comme créateur de l’univers, comme foyer de la vérité, comme source de bonheur».

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Cfr. É Gilson, Introduction à l’étude de Saint Augustin, Vrin, Paris 19692 (tr. it. Introduzione allo studio di sant’Agostino, Genova: Marietti, 1983), p. 31.

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Cfr. Rom. 1, 20: «Invisibilia enim ipsius, a creatura mundi, per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur».

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agostiniana infatti non assumono mai per il vescovo d’Ippona lo statuto di prove autenticamente e compiutamente formulate17.

Occorre notare inoltre che le prove dell’esistenza di Dio agostiniane si articolano molto più sul piano dell’essenza che su quello dell’esistenza in sé considerata. Con questo non intendo certo attribuire al pensiero di Agostino quel carattere di astratto essenzialismo che gli ho precedentemente negato, tanto più che questa convinzione sarà ribadita alla fine del presente capitolo. Mi preme solamente sottolineare che il movimento ascensionale di tali “vie” non inizia dalla considerazione dell’esistenza di alcune realtà per concludersi trovandone la causa efficiente prima, ma si caratterizza in quanto ricerca di un essere il cui statuto ontologico sia in grado di rendere ragione della presenza nelle creature di alcuni modi di essere concreti18.

Diversamente quindi da Tommaso, il quale si pone sulle tracce di un supremo Esse caratterizzato come atto sussistente d’esistere, Agostino ricerca quindi un Vere Esse, il quale può venir a buon diritto considerato tale in quanto identico a sé e immutabile. Qualsiasi tipo di meditazione agostiniana su questo tema, anche quella “cosmologica”, finisce per dirigersi verso quest’Essere la cui sostanza si caratterizza in quanto essenza stabile e immutabile, eternità e pienezza ontologica. Questo spiega inoltre, secondo Gilson, il motivo per cui, essendo il vero essenzialmente identificabile con ciò che è in sé

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Ivi, pp. 32-33: «Occorre innanzitutto notare che mai s. Agostino ha presentato considerazioni metafisiche o pie elevazioni del genere come prove propriamente dette dell’esistenza di Dio. Tutte quelle da lui sviluppate compiutamente passano per il pensiero o da esso partono. […] Non appena si sviluppa, il pensiero agostiniano ritrova la strada del De libero arbitrio e del De vera religione, che va dall’esteriore all’interiore e dall’interiore al superiore»; Trapè, La nozione, cit., p. 35: «Si sa che l’ascesa agostiniana a Dio, descrittaci tante volte dal s. Dottore, ha un movimento uguale che va dall’esterno (mondo visibile) all’interno (anima razionale), dall’inferiore (ragione) al superiore (verità)»; J. Guitton, Le Temps et l’éternité chez Plotin et saint Augustin, Vrin, Paris 1971, p. 193: «Saint Augustin s’élève ainsi par degrés de la nature sensible à la nature spirituelle et de celle-ci à la nature divine. A claque niveau la mutabilité diminue. On atteint enfin, par récurrence, l’immuable»; E. Zum Brunn, L’exégèse augustinienne de “Ego sum qui sum” et la “métaphysique de l’Exode”, in Dieu et L’Etre. Exégèse d’Exode 3, 14 et de Coran 20, 11-24, Étude Augustiniennes, Paris 1978, pp.141-63, p. 148: «La «preuve» qui s’appuie sur le monde sensible pour conduire à la connaissance des invisibilia Dei est utilisée, dans le De vera religione, sous differéntes formes qui sont des aspects divers du retour à la ratio […]. C’est pourquoi cette prouve fait toujours appel, en définitive, à l’intériorité de la mens»; A. Solignac, Note complémentaire “ Le monde et l’esprit dans la preuve augustinienne de Dieu”, in Saint Augustin, Les Confessions, (VII-XIII). Traduction par E. Trehorel et G. Bouissou, Introduction et Notes par A. Solignac (BA 14), Paris 1962, pp. 556-557, p. 556: «Pour Augustin, le monde n’apporte à l’esprit une preuve de Dieu que si l’esprit «interroge» le monde et porte une jugement de valeur sur les êtres qui les composent […]. La preuve augustinienne de Dieu passe donc par l’esprit et s’établit en référence aux normes transcendantales qui, présentes dans l’esprit, jugent l’esprit lui-même».

18 Gilson, Introduzione allo studio, cit., p. 35: «Fedele alla tradizione di Platone, s. Agostino pensa più all’essere che all’esistenza, e dato che è persuaso che mutare non è essere veramente, la contingenza di cui cerca la spiegazione è meno quella dell’esistenza propriamente detta che quella di esseri i quali, benché non siano niente, non hanno tuttavia in sé la ragione sufficiente di ciò che sono».

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immutabile, in fondo a ogni prova riguardante l’esistenza di Dio si ritrovi quella fondata sull’immutabilità della Verità19.

Vorrei ora, dopo aver fornito alcune osservazioni sulle modalità con cui Agostino caratterizza l’elevazione del proprio pensiero dal contingente all’assoluto, concentrarmi sui termini coinvolti in quel particolare tipo di itinerario (il primo) che manifestamente ha come approdo il coglimento di Dio in quanto Creatore di tutto l’esistente. Lo scopo, lo ribadisco, resta quello di cogliere lo statuto conferito da Agostino ai due termini distinti, Creatore e creato, tra i quali intercorre il rapporto di partecipazione.

Il primo passo in questa direzione sarà dunque quello di prendere in esame le proposizioni con cui il vescovo d’Ippona descrive gli esseri creati e le realtà mondane, nel tentativo di cogliere quegli aspetti ontologici per rendere ragioni dei quali è necessario richiamarsi ed elevarsi alla considerazione dell’essenza divina. Tenterò quindi di esplicitare in seguito con una certa attenzione le formulazioni mediante le quali l’essenza divina stessa viene caratterizzata e conseguentemente collocata nel cuore del pensiero agostiniano.