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Le due posizioni contrapposte che abbiamo visto fronteggiarsi nei primi decenni del secolo furono con il tempo dapprima affiancate, in seguito si può dire “sorpassate”, da una terza lettura. Quest’ultima rendeva ragione, ispirandosi ad un criterio di equilibrio, alle istanze presenti nelle ricostruzioni sia “filo-evoluzioniste”, sia “fissiste” del pensiero di Agostino. Se secondo questa terza interpretazione elementi di trasformismo radicale non si possono certamente rinvenire nell’opera del Vescovo d’Ippona, è comunque lecito ipotizzare che un certo margine per un’evoluzione del vivente collegata ad un piano finalistico concepito dalla Mente divina possa essere ritagliato senza eccessive forzature. Un primo testo73 al quale in quest’ottica possiamo cominciare con il fare riferimento è quello scritto da C. Boyer nel 1921. Ci interessa in particolare alla sezione in esso dedicata alla trattazione delle ragioni causali.

Innanzitutto secondo l’autore occorre stabilire se queste ultime siano per Agostino realtà interamente di tipo spirituale prossime all’Idea comunicata alla materia, o se invece si tratti di principi operanti a livello materiale. Certamente, se Agostino avesse seguito da vicino Plotino, la risposta sarebbe stata la prima; tuttavia, egli colloca le ragioni causali nel “mondo realizzato, spaziale e temporale”, dando loro il carattere di “disposizioni” e di “virtualità”74. Esse perciò, al pari delle altre creature apparse sulla terra, partecipano della

73

Cfr. C. Boyer, L’idée de vérité dans la philosophie de Saint Augustin, Beauchesne, Paris 1921.

74

Ivi, p. 130: «C’est dans le monde réalisé, spatial et temporel, qu’il place les raisons causales […] Elles consistent dans des dispositions et dans des virtualités du monde existant».

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Verità75. Se tuttavia vengono da Agostino accostate alle altre realtà materiali, non bisogna dimenticare come esse imitino la potenza creatrice delle Idee presenti nel Verbo grazie alla propria virtù attiva e alla propria fecondità76.

Tenendo presente ciò, si può sostenere a buon diritto secondo l’autore che “durare per il mondo significa evolversi” e che la cosmologia agostiniana è in questo senso propriamente un evoluzionismo77. Proprio lo sviluppo delle virtualità create in principio rende possibile il verificarsi di quella che ordinariamente chiamiamo “storia del mondo”. Fare queste affermazioni non significa per l’autore sbarazzarsi totalmente di qualsiasi intervento divino posto a dirigere tale evoluzione, tanto che sarebbe sbagliato rinvenire nel pensiero agostiniano prospettive trasformiste in senso lato. Certo è che, mediate attraverso la dottrina delle ragioni causali, quand’anche tali prospettive dovessero essere scientificamente ammesse non turberebbero il sistema del Santo78.

Lo stesso Boyer tornerà a prendere in esame il medesimo tema a distanza di anni, dedicando ad esso nel 1931 un accurato articolo dal titolo La théorie augustinienne des raisons séminales79. Questo testo conferma la posizione assunta dallo studioso nella sua opera maggiore, fornendone però una dimostrazione più dettagliata.

Anche in questa sede le ragioni causali sono sottratte ad una caratterizzazione puramente passiva, dal momento che in base al dettato agostiniano possono essere considerate delle “forze”, delle “virtù” che non si limitano a “permettere”, ma “determinano” lo sviluppo naturale. Quando un essere si produce in assenza di ragioni causali, è piuttosto allora che è appropriato parlare di “semplice passività”80.

Tuttavia, si pone a quest’altezza l’interrogativo se, in quanto sostenitore della caratterizzazione di tali potenze quali “forze agenti e trasformantisi”, Agostino possa aver ammesso almeno l’essenziale del paradigma evoluzionista81. Sicuramente una risposta negativa è ampiamente giustificata, in quanto il Vescovo d’Ippona concepì tale dottrina nel quadro di un fissismo di stampo rigido82, il quale non ammette il passaggio da una

75 Cfr. ivi, p. 131.

76

Ivi, p. 131-132: «Rapprochées des choses par leur existence dans la matière, les raisons séminales imitent la puissance créatrice des Idées dans le Verbe par leur vertu active et par leur fécondité» .

77 Ivi, p. 132: «Durer pour le monde, c’est évoluer: tel est le sens de la théorie des raisons séminales. La cosmologie de saint Augustin est une évolutionnisme».

78

Ibid.: «L’hypothèse transformiste ne pouvait se présenter à l’esprit d’Augustin: mais on voit que, fût-elle vérifiée, cette hypothèse ne troublerait en rien son système».

79

C. Boyer, "La théorie augustinienne des raisons séminales", Testi e Studi agostiniani, vol. II, Roma 1931, pp. 795-819, ried. in Id., Essais anciens et nouveaux sur la doctrine de St. Augustin, Milano: Marzorati, 1970, pp. 35-69 (da cui citiamo).

80

Cfr. ivi, p. 61.

81

Cfr. ivi, p. 62.

82 Ibid.: «La nature des raisons séminales est telle qu’elle peut s’accorder avec le fixisme le plus rigide ; et de fait, c’est dans les cadres du fixisme que saint Augustin l’a pensée», p. 64: «Il est donc bien certain que le docteur d’Hippone n’a utilisé les raisons séminales que dans l’intérieur de l’hypothèse fixiste, et qu’on ne peut sans marquer à la vérité le regarder comme un précurseur du transformisme».

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determinata specie ad un’altra, criterio inderogabile per il rinvenimento di un grado minimo di trasformismo. Agostino quindi non si è posto il problema di trovare la ragione del passaggio di una specie ad un’altra, quanto piuttosto quello scritturistico di conciliare la creazione degli esseri in origine e la loro successiva apparizione nel corso dei tempi83.

D’altro canto occorre anche precisare se Agostino debba essere considerato come un avversario di Darwin o di Lamarck. La risposta al quesito è lapidaria e sostiene la plausibilità d’inserire la dottrina delle ragioni causali all’interno di un paradigma evoluzionistico di tipo moderato, debitamente distinto dal fissismo ordinario84. Sarebbe bene a questo punto poter proseguire l’indagine per capire se le eventuali distinzioni prodotte dalle ragioni seminali siano di tipo accidentale o sostanziale, fermo restando che anche qualora la seconda ipotesi fosse da preferire, nulla vieterebbe di supporre che si eserciti un’azione divina capace di muovere verso i fini desiderati l’evoluzione implicata dall’apparire di tali differenze85.

L’autore prende infine in esame l’ipotesi secondo cui le ragioni causali conterrebbero al proprio interno, seppur in dimensioni infinitesimali, gli esseri perfetti che dovranno poi venir condotti alla luce. Tale ipotesi non deve essere ritenuta plausibile per il fatto che tra ragione causale ed essere perfettamente sviluppato non vi sarebbe altra differenza che quella intercorrente tra una cosa “compressa” ed una “dispiegata”, fatto questo che renderebbe illusoria la mobilità del mondo, impossibile l’apparire di qualsiasi novità e condurrebbe non al fissismo, ma “all’arresto dell’attività dell’universo”86. L’opera del Vescovo d’Ippona sostiene invece il verificarsi di uno sviluppo, di un progresso nella storia delle ragioni seminali, in altre parole di un’evoluzione87 resa possibile dalla cooperazione che le cause seconde mettono in atto con la Potenza divina nel creare esseri effettivamente nuovi. L’importanza delle creature non è quindi vanificata nelle riflessioni agostiniane88.

L’anno precedente la pubblicazione del saggio di C. Boyer appena esaminato, era comparso un articolo di R. de Sinety intitolato Saint Augustin et le transformisme89, che

83

Cfr ivi, p. 63.

84

Ivi, p. 65: «Les raisons séminales pourraient aisément trouver place dans un système évolutionniste, à tout la moins dans un évolutionnisme modéré, vraiment distinct pourtant du fixisme ordinaire».

85

Ibid.

86Ivi, p. 66: «Aucune nouveauté ne se produirait. Ce ne serait pas seulement le fixisme, mais l’arrêt de l’activité dans l’univers. A notre avis, rien n’est plus éloigné de la pensée d’Augustin».

87

Ivi, p. 67: «Il y a évidemment progrès et progrès réel, substantiel, dans l’histoire des raisons séminales. Il y a multiplication d’êtres, il y a apparition de perfection qui auparavant n’étaient pas en acte, c’est-à-dire n’existaient pas davantage que la faculté de donner de l’ombrage ne se trouve dans un gland».

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Ivi, p. 68: «Mais les forces naturelles produisent des résultats vraiment nouveaux. Sans doute, elles sont soutenuex, constituées, mues par Dieu. Mais Dieu n’agit pas seul ; il agit par elles et avec elles ; il les fait agir; […] C’est vraiment suivre une fausse piste que de chercher l’augustinisme dans l’effacement de l’activité des créatures ».

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con dovizia trattava a fondo la questione, proponendo esiti non distanti da quelli di Boyer. La posizione di de Sinety potrebbe esser definita, usando le parole dello stesso autore, consona ad un “naturalismo cristiano inscritto in una metafisica realista”90.

Sin dalle prime battute il lavoro manifesta l’intenzione di evitare forzature nel rispetto del pensiero agostiniano, nella consapevolezza che pretendere di catalogarlo quale sostenitore o detrattore del moderno evoluzionismo sarebbe equivalente a voler sapere se esso avrebbe o meno favorito la teoria elettromagnetica della luce91. Certamente è innegabile che la concezione agostiniana della creazione, sviluppatasi anche grazie all’influsso di Basilio e Gregorio di Nissa, possiede una vaga patina di evoluzionismo a causa del ruolo importante attribuito alle cause seconde nella formazione degli esseri, ma pretendere di trovarvi addirittura l’ammissione di un trasformismo generalizzato sarebbe fare violenza ai testi dell’Ipponate92. Un discorso analogo, de resto, potrebbe farsi per le letture fissiste degli scritti agostiniani93.

L’articolo passa poi in rassegna per confutarle alcune tesi sostenute dal canonico de Dorlodot, sezione sulla quale non ci soffermiamo analiticamente. In sostanza de Sinety esprime la convinzione che, se lo studioso belga ha ragione nel negare la presenza di un fissismo estremo nel pensiero del Santo, tuttavia egli stesso cade in errore in primo luogo nel pretendere di dedurre da alcune aperture ad un’evoluzione moderata l’ammissione di un trasformismo generalizzato. In secondo luogo, lo scienziato di Lovanio avrebbe compiuto un grave errore teologico nel trascurare, trattando dell’origine dell’essere umano al pari di Darwin, la “differenza essenziale” e “l’impossibilità metafisica di un passaggio naturale dalla sfera animale a quella antropologica”94.

Proprio nelle pagine dedicate al delicatissimo nodo della comparsa dell’uomo, che ha attirato su di sé le più grandi resistenze in ambito ecclesiastico nei confronti delle teorie evoluzionistiche, viene esplicitata l’idea di “evoluzione moderata”, fedele al dettato agostiniano. Essa consiste in un intervento divino necessario a regolare “la realizzazione progressiva del piano dell’universo” cooperante con l’azione ordinaria delle cause seconde95.

In ultima istanza le convinzioni del vescovo d’Ippona non sono precisate con esattezza scientifica, fatto che comunque non stride con quella che egli ritiene sarebbe stata il principio guida della teologia agostiniana, se essa avesse potuto confrontarsi con i dati in possesso delle moderne teorie scientifiche. Agostino avrebbe intrapreso la via del

90 Cfr. ivi, p. 264. 91 Cfr. ivi, p. 244, p.246, p. 259. 92 Cfr. ivi, p. 249. 93 Cfr. ivi, p. 255. 94 Cfr. ivi, p. 262-264.

95 Ivi, p. 265: «Son intervention est nécessaire dans l’hypothèse de la réalisation progressive du plan de l’univers, dans laquelle il laisse aux causes secondes, avec son concours ordinaire, le mode de causalité qui est conforme à leur nature. Il supplée par un concours spécial et extraordinaire aux déficits qui tiennent à cette même nature».

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dialogo e del confronto con la scienza, nella consapevolezza che, pur non potendo contrastare apertamente ciò che è stato dimostrato con certezza per via sperimentale, per trovare Dio occorre affrontare questioni in cui la sola indagine scientifica non è sufficiente a fornire risposte, e di conseguenza occorre munirsi di strumenti concettuali ad essa ulteriori96.

Nello stesso anno la rivista Gregorianum pubblicò un importante articolo, scritto da P. Galtier, dedicato proprio al tema poc’anzi citato dell’origine dell’umanità97. Potrebbe destare perplessità il fatto che ne sia fatta menzione parlando di una tendenza interpretativa moderatamente aperta in rapporto all’accostamento del pensiero agostiniano all’revoluzionismo, dal momento che le conclusioni contenute nell’articolo di Galtier sostengono l’impossibilità della derivazione del corpo umano da esseri primitivamente creati per via naturale. Tuttavia, il fatto che tale articolo sia spesso citato nella letteratura come ostile alla presenza del concetto di evoluzione nell’opera agostiniana ci sembra necessiti di alcune correzioni.

L’autore infatti, dopo aver dedicato alcuni cenni all’utilizzo della dottrina della creazione virtuale da parte di Papa Atanasio II contro i sostenitori della generazione delle anime, pone come titolo della seconda parte dello studio il quesito: L’évolutionnisme peut-il s’appliquer à l’origine du corps d’Adam?. Ciò che bisogna indagare per risolvere il quesito è “se l’idea di creazione virtuale comporti l’ipotesi di un primo corpo umano derivante da un organismo anteriore e condotto naturalmente alla sua forma definitiva senza che Dio sia intervenuto altrimenti che per assicurare il funzionamento regolare delle attività da lui ordinate” e se il pensiero del Santo concepisca una giustificazione teorica di una visione evoluzionista del mondo, in base alla quale “la moltiplicazione e la diversificazione degli esseri si svolgerebbero senza alcun intervento divino speciale e per il solo sviluppo delle forze o delle potenzialità contenute dall’origine negli elementi”98.

Lo studioso, prendendo le mosse dal secondo interrogativo, facendo leva sulla dottrina delle ragioni seminali, sembra escludere che si diano secondo Agostino interventi speciali divini nel corso dell’evoluzione temporale del mondo per aggiungere nuovi esseri a quelli tratti dal nulla all’inizio dei tempi99. Una simile considerazione lascia quindi aperta la possibilità di leggere nelle pagine agostiniane l’idea di uno sviluppo e di una diversificazione autonomi del vivente nella sua quasi totalità, dal momento che tale discorso non è applicabile all’origine della specie umana100. Attentamente considerata,

96

Cfr. ivi, p. 267.

97 Cfr. P. Galtier, “Saint Augustin et l’origine de l’homme”, Gregorianum, 11 (1930), pp. 5-31.

98

Cfr. ivi, p. 24.

99

Cfr. ivi, p. 26-27.

100 Ivi, p. 28: «Mais, y croirait-on pouvoir faire une réponse affirmative pour l’ensemble des êtres vivants, on devrait cependant s’interdire de mettre sous le couvert du grand docteur un évolutionnisme s’étendant jusqu’à l’origine du corps du premier homme. Sur ce point particulier, en effet, son enseignement exclut positivement l’hypothèse d’une descendance purement naturelle».

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l’esegesi agostiniana della creazione dell’uomo deve essere ritenuta infatti “un caso tipico di intervento eccezionale di Dio all’interno dell’evoluzione del mondo e degli esseri”101, agente per mezzo di alcune potenze passive inserite negli elementi, di per sé incapaci di produrre i medesimi effetti in modo autonomo.

Se quindi, in ultima analisi, Galtier nega che Agostino abbia concepito l’origine della specie umana per derivazione naturale da specie preesistenti, non nega che una certa applicabilità di una simile teoria agli altri ambiti del vivente sia possibile.

Alla fine degli anni Quaranta apparve sulle pagine della rivista Bulletin de littérature ecclésiastique uno dei più penetranti contributi dedicati al tema delle ragioni causali ad opera di R. Capdet102.L’articolo non contiene affermazioni esplicite riguardanti il tema della relazione del concetto di evoluzione, considerato in senso forte, con la dottrina delle ragioni causali.

Tuttavia, trattando del ruolo svolto dalle ragioni causali nel contribuire allo svolgimento del corso naturale del creato, l’autore le descrive come dotate di “attitudine vera”, “potere autentico”, “attività comprensibile attraverso l’intelligenza”103. Dicendo questo, Capdet oppone poi apertamente la propria visione a quella sopra citata di H. Woods, il quale considerava le ragioni causali alla stregua di potenze totalmente passive104. Se infatti il fatto che sia Plotino che gli Stoici concepirono tali ragioni dotate di attività non fosse un argomento sufficiente, ridurle al ruolo di pure potenze “recettive” implicherebbe una moltiplicazione degli atti di creazione divini e di conseguenza una contraddizione con quello stesso dato biblico, la simultaneità dell’intera creazione, per salvaguardare il quale erano state concepite da Agostino.

La conclusione cui perviene l’autore e che ci sembra essere in sintesi l’affermazione del favore che incontra l’idea di un’evoluzione moderata. La causalità seconda ha certamente bisogno della cooperazione divina per sortire degli effetti, ma è al contempo nel proprio ambito una causalità autentica105. Ecco perché troviamo fortemente criticata l’interpretazione di Gilson cui abbiamo sopra accennato, secondo cui la dottrina delle ragioni causali vanificherebbe l’efficacia delle cause seconde, facendo leva sulla convinzione che “attraverso le ragioni causali le creature godano di una vera causalità, di un’efficacia autentica e di una reale autonomia”106.

101

Cfr. ivi, p. 30.

102

Cfr. R. Capdet, “Les raisons causales d’après saint Augustin”, BLE, 50 (1949), pp. 208-228.

103 Cfr. ivi, p. 225.

104

Ivi, p. 226: «A moins que le Révérend Père ne veuille dire seulement que les raisons causales ne peuvent passer à l’acte sans le concours général divin - chose indiscutable - il faut maintenir contre lui leur activité propre».

105

Ibid.: «Causalité seconde, donc ayant besoin du concours divin, mais causalité vraie dans sa sphère».

106

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Pochi anni più tardi un altro notevole contributo dedicato alla dottrina delle ragioni agostiniane vide la luce a firma di F. J. Thonnard107.

Secondo lo studioso francese, il ruolo scientifico da attribuire alla suddetta dottrina è sicuramente un tema che interessa specialmente i moderni, ma che storicamente possiede un minor valore. Punto di partenza necessario per comprenderne il significato è comunque il grande rispetto dimostrato da Agostino nei riguardi dei dati scientifici certi, con cui si guardò sempre dall’entrare in conflitto.

Qualora lo storico delle idee, nonostante le difficoltà, volesse accostare il pensiero del Vescovo d’Ippona ad una determinata forma di concettualità moderna, dovrebbe d’altro canto tener presente che, più che al paradigma darwiniano, esso può dirsi prossimo alla filosofia bergsoniana. Al pari delle ragioni causali, l’“élan vital” del filosofo francese si armonizza perfettamente con l’idea di una “sorgente libera dalla quale scaturisce l’evoluzione del mondo, imprevedibile per noi e, nonostante tutto, ordinata al suo interno”108. Tuttavia, un simile accostamento deve tener presente come il modo di intendere le ragioni causali da parte di Agostino “ben s’accorda, se non meglio, con il fissismo più stretto”.

Bisogna però aggiungere che la grande elasticità che ne caratterizza la formulazione rende le ragioni causali elementi teorici molto aperti nei confronti dell’ipotesi evoluzionista moderna109. Certamente non si può pensare al giorno d’oggi ad una forma di indipendenza tra le specie quale quella ammessa nel quadro di un rigido fissismo con cui si potrebbe accordare una parte delle affermazioni agostiniane, ma è auspicabile comprenderne alcune altre come facenti riferimento, tra le condizioni di sviluppo delle ragioni causali, ad una “influenza causale mutua delle specie, che conduca a poco a poco all’apparizione di forme più perfette grazie alla collaborazione delle meno perfette, secondo un concatenamento ordinato, una legge naturale, ricevendo d’altronde tutta la propria efficacia dall’influenza costante della divina Provvidenza”110. Se in definitiva non si può dire che fosse un trasformismo in piena regola, l’agostinismo potrebbe divenirlo senza far violenza in misura eccessiva al proprio spirito111.

Uno dei testi che affronta la questione dal punto di vista scientifico in maniera più stringente è sicuramente quello composto nel 1961 da A. Holl112. L’autore si propone,

107 Cfr. F. J. Thonnard, “Les raisons seminales selon Saint Augustin”, Actes du XIe Congrès International de Philosophie, vol. XII, Amsterdam-Louvain: North Holland-Nauwelaerts, pp. 146-152.

108

Cfr. ivi, p. 152.

109 Ibid.: «Incontestablement, néanmoins, une telle théorie reste ouverte plus que d’autres à l’hypothèse évolutionniste moderne, en raison surtout de l’étonnante souplesse et plasticité des raisons séminales».

110 Ibid.

111

Ibid.: «Bref, si Saint Augustin ne fut pas transformiste, l’augustinisme pourrait le devenir sans manquer, semble-t-il, à son esprit».

112

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mediante questa ricerca, di stabilire non solo se sia corretto parlare di Agostino in termini di teorico dell’evoluzione, ma anche di mettere in luce se e quale utilità la nozione di ratio seminalis possa rivestire in rapporto alla scienza contemporanea. Il testo è conseguentemente denso e ricco di passaggi contenenti ragionamenti e terminologia di carattere tecnico. Ne seguiremo brevemente il percorso, limitandoci ai tratti che interessano da vicino la nostra problematica.

Dopo aver dedicato due brevi sezioni alle fonti ed alle ragioni teoretiche che stanno alla base del concetto agostiniano tematizzato, il testo si propone di mettere in luce come i vari interpreti, nel corso degli anni intercorrenti tra il 1930 ed il 1954, abbiano compreso