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Contestualizzazione della riflessione agostiniana sulla creazione

1 Amor sapientiae: l’adesione al manicheismo

1.1 La natura del manicheismo

Come detto, è il desiderio di raggiungere la verità che spinge Agostino tra le fitte maglie della rete tesa dai manichei. È lecito chiedersi, per penetrare più a fondo le ragioni del percorso di Agostino, se la testimonianza che questi fornisce circa l’ostentazione manichea di una sapienza apparentemente consona a quella dell’Hortensius trovi dei riscontri nei dati in nostro possesso circa la fisionomia di questo movimento religioso.

Sino all’inizio del secolo scorso, le opere antimanichee redatte da Agostino costituivano pressoché la sola fonte consultabile per ottenere informazioni sulla dottrina di Mani. La situazione è invece profondamente mutata in seguito a un’eccezionale serie di ritrovamenti che hanno portato alla luce importanti documenti manichei: rispettivamente nel 1904 e nel 1908 è stato rinvenuto nelle oasi di Tourfan, ai confini dell’antico regno di Ouigour, e di Touen-Huang, alla frontiera del Turkestan cinese, un numero cospicuo di manoscritti manichei in molteplici lingue (cinese, sogdiano, dialetti iranici), insieme a un trattato cinese e a un catechismo della religione del Buddha della Luce, tutti testi composti nei secoli VI-VII e in uso nelle comunità orientali nel corso dei secoli VII,VIII e IX.

Nel 1930 venne poi scoperta la biblioteca copta di Madinet Madi, contenente una serie di testi risalenti sino al IV secolo, tra i quali spiccano un libro di Salmi, i Kephalaia, un libro di Omelie e un intero volume di Lettere di Mani. Accanto a questi importantissimi reperti, compare una Vita greca di Mani scritta su un papiro rinvenuto ad Ossirinco, cui si aggiunge la scoperta nel 1945 dei testi della biblioteca copta di Nag Hammadi19.

Grazie a questi nuovi elementi, e al costante progredire delle ricerche originatesi da tale scoperta, si è potuta sorpassare la tradizionale convinzione secondo cui il manicheismo sarebbe stato niente più che una deriva ereticale del cristianesimo africano, e si è iniziato a considerarlo come un vero e proprio movimento religioso gnostico di stampo cristiano. Una simile svolta interpretativa, giustificata alla luce di testimonianze storiche e di documenti scritti originali, pur apportando sicuramente una novità decisiva nella comprensione moderna del movimento manicheo20, ha tuttavia ulteriormente valorizzato i caratteri presenti nel ritratto fornitoci da Agostino, non ultimo quello relativo alla consuetudine, propria dei fedeli di Mani, di presentare gli insegnamenti del loro Profeta in termini di sapienza autentica e massimamente razionale. Nel caso del giovane Agostino, è proprio tale sapienza a essere apertamente promessa ai futuri adepti, a essere rivelata ai soli membri della setta e da questi ultimi non solo gelosamente

18 Cfr. ivi IX, vi, 14-vii, 15.

19

I ritrovamenti archeologici sopra citati sono discussi in J. Ries, Introduction, in Les études manichéennes, Centre d’histoire des religions, Louvain-La Neuve 1988, p. 15.

20 Torchia, Creatio ex nihilo, cit., p. 67: «The consideration of the Gnostic dimension has a special applicability to Augustine. Once the Gnostic background of Mani’s religion is fully appreciated, we can see that Augustine’s anti-Manichaean polemic was not merely directed against a single sect, but against an entire outlook that permeated late antiquity».

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custodita, ma addirittura considerata la chiave per comprendere la storia dell’universo e pervenire di conseguenza alla salvezza.

Due sono quindi i caratteri “positivi” dell’insegnamento manicheo, nonostante le numerose formule negative con le quali esso verrà dipinto dall’Agostino ormai convertito, che spingono il giovane retore a divenirne un seguace durante il suo soggiorno cartaginese: in primo luogo la veridicità che la sapientia di Mani possiede in virtù della sua origine divina, in secondo luogo il suo carattere eminentemente razionale e intellettuale.

Va esaminata innanzitutto la possibilità che si presenta ad Agostino di ricondurre la dottrina manichea a un’autorità di origine divina, e, per di più, in un modo nuovo e apparentemente più prossimo al vero, a quella stessa fonte alla quale era stata indirizzata l’intera educazione che aveva ricevuto in tenera età. La documentazione più recente ha infatti messo in luce come ogni discepolo di Mani dovesse custodire la profonda convinzione di essere in possesso di un sapere derivante dall’incarnazione stessa dello Spirito divino e contente la chiave dei misteri della storia del mondo.

Il Kephalaion 1 di Medinet Madi, intitolato “Sulla venuta dell’Apostolo”, concepisce in termini chiaramente gnostici la vicenda della salvezza, riservando alla missione di Mani il ruolo di restaurazione della Chiesa universale di Gesù e di compimento della missione del Paraclito annunciata in Gv 16, 8-11. Inoltre, la Vita presente nel Codex di Colonia ci mette a conoscenza del fatto che Mani stesso avrebbe affermato di essere stato visitato all’età di dodici anni da un messaggero del Regno della Luce, e di aver da questo stesso ricevuto, una dozzina d’anni dopo, insieme alla rivelazione di una serie di misteri insondabili, l’ordine di annunciare agli uomini la verità e la via che conduce alla salvezza21.

Un noto studioso del manicheismo ha messo in luce tre tratti distinti, ma al tempo stesso strettamente legati l’uno all’altro, che compendiano l’essenza della religione di Mani. Si tratta in primo luogo di una religione universale, che, nelle intenzioni del suo fondatore, mira ad imporsi quale unica religione autentica presso la totalità dei popoli. A questa natura marcatamente ecumenica fa seguito uno spirito profondamente missionario, che individua nella predicazione, nell’annuncio e nella conversione delle genti un dovere primario del seguace di Mani. Questi primi due aspetti trovano la propria giustificazione nel fatto che il manicheismo si concepisce propriamente come una religione rivelata, il cui messaggio poggia su un corpus di scritture unico ed intangibile22.

Un ulteriore dato, che testimonia l’autorità con la quale i manichei rivestivano il proprio insegnamento e che spiega come Agostino abbia avuto l’illusione di ritrovarvi il significato autentico della rivelazione contenuta nel messaggio cristiano, ci è fornito dallo stesso vescovo d’Ippona. Leggendo infatti il terzo libro delle Confessiones, e precisamente il medesimo brano in cui i manichei sono definiti “uomini orgogliosi e farneticanti, carnali e ciarlieri all'eccesso”, apprendiamo che questi erano soliti fare menzione della Trinità

21

Cfr. J. Ries, Saint Augustin et le Manichéisme, cit., p. 11.

22

Cfr. H. C. Puech, Le Manichéisme. Son Fondateur - Sa Doctrine, Civilisacion du sud, Paris 1949, pp. 61-66.

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divina, pur senza conoscerne secondo Agostino il vero significato conforme alla fede nelle Scritture23. Ancora una volta, i documenti di cui siamo entrati in possesso forniscono conferme e delucidazioni.

Gli Inni di Medinet Madi e alcuni brani dei Kephalaia mostrano come per la designazione del Padre i manichei ricorressero a una serie di espressioni in cui si fondono elementi di origine biblica e gnostica: ecco che ci troviamo dinnanzi ad alcune formule quali, solo per citare le più significative, “Dio della Luce”, “Luce gioiosa”, “Padre della Grandezza”. Quest’ultima soprattutto riveste un ruolo significativo, poiché ricorre nella catechesi per spiegare come il Padre sia l’origine delle emanazioni delle Grandezze del Regno, avendo egli creato gli dei a immagine della propria Grandezza24.

Per quanto riguarda il Figlio, il discorso è più complesso, come dimostrano i numerosi dati che ci forniscono i Kephalaia. Il già citato Kephalaion 1 contiene una sorta di catechismo che racchiude il nucleo principale della missione gnostica: quando Mani si sofferma sulla venuta di “Gesù Cristo nostro Signore”, si premura di presentarla secondo una duplice prospettiva, ossia affiancando alla tradizione apostolica, concernente il mero frangente dell’apparenza umana, la considerazione del corpo spirituale di Cristo, a proposito del quale vengono impiegate espressioni quali “venuta senza corpo”. Se poi si allarga l’orizzonte all’intera raccolta dei Kephalaia, ci si trova in presenza di tre distinte figure di Gesù, che sono rispettivamente lo Iesus Splenditenens di natura trascendente e creatore cosmico della Gnosi, la Croce di Luce, fonte di salvezza degli uomini, che Agostino chiama nel Contra Faustum25 lo Iesus Patibilis, e infine il Gesù storico, Figlio del Padre vissuto nel mondo presso i Giudei26.

Anche il ruolo della terza persona della Trinità, lo Spirito, è tutt’altro che marginale: Mani stesso talora si presenta come il Paraclito inviato da Cristo, talaltra afferma di aver ricevuto direttamente dal Paraclito la comunicazione dei segreti misteri che presiedono alla storia dell’universo e alla via della salvezza27.

L’assonanza, almeno a livello nominale, di tali espressioni con le formulazioni della fede cristiana e la rielaborazione da parte dei manichei di una serie di dati appartenenti alle Scritture conducono al secondo aspetto della sapienza manichea precedentemente sottolineato, ossia al suo carattere razionalistico. Come nella chiesa di Cristo, in quella di Mani le Scritture avevano un ruolo preminente, tanto che è proprio l’approccio manicheo alla lettura della Bibbia a determinare l’adesione del giovane Agostino alla comunità manichea. Agli occhi di quest’ultimo, la religione di Mani offriva non solo la possibilità di coniugare la sapientia esaltata nelle pagine dell’Hortensius ciceroniano con il nome di

23

Cfr. conf. III, vi, 10.

24 Cfr. J. Ries, Saint Augustin et le Manichéisme, cit., p. 12.

25

Cfr. c. Faust XX, 2.

26

Cfr. J. Ries, Saint Augustin et le Manichéisme, cit., pp. 12-13.

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Cristo assente in queste ultime, ma rappresentava la chiave per eliminare gli ostacoli frapposti al raggiungimento del nocciolo di verità nascosto nei meandri delle Sacre Scritture. I manichei, infatti, non solo rimproveravano ai cristiani un’adesione inconsapevole e fideisticamente ingenua al dato rivelato, ma, dal canto loro, non ammettevano alcuna forma di autorità né alcuna discrepanza tra la ragione e la verità28.

Alla luce di tali dichiarazioni d’intenti, la dottrina di Mani offriva ai propri seguaci la possibilità di liberarsi dai vincoli dell’autoritarismo della Chiesa ufficiale e dai problemi connessi all’accettazione, che inizialmente molto problematica per lo stesso Agostino, dell’Antico Testamento29. Il Dio veterotestamentario infatti veniva considerato come un dio crudele, ben lontano dal vero Dio e dipinto ad immagine degli uomini mediante espressioni spiccatamente antropomorfiche. Come se non bastasse, l’Antico Testamento esaltava la santità di figure, come quelle dei patriarchi, che per certi versi apparivano invece estremamente immorali e colpevoli di atteggiamenti profondamente contrari alla vera legge di Dio. Il manicheismo si opponeva dunque a quello che il vescovo Fausto chiamava “semi-cristianesimo”30 cattolico e tradizionalista vestendo i panni di un cristianesimo della sola ragione, nuovo e spirituale31. Esso si proponeva di condurre a un possesso pieno del vero32, di per sé privo di ambiguità, e soprattutto si proponeva di farlo senza costringere alcuno a credere, non avendo prima discusso e visto chiaramente la verità33. Questo aspetto di razionalità dell’insegnamento manicheo spiega quindi in buona parte e in maniera logica34 le motivazioni soggiacenti all’adesione a tale movimento religioso da parte di Agostino, desideroso di raggiungere la pienezza del vero e la beatitudine della sapienza.

28

Cfr. conf. V, x, 19.

29 Cfr. ivi III, vii, 12.

30 Cfr. c. Faust. I, 2-3.

31

Brown, Augustine d’Ippona, cit., pp. 29-30: «Un ambiente così opprimente aveva sempre provocato reazioni estreme fra alcuni cristiani africani. Alla pesante aderenza alla lettera della Chiesa tradizionale si era sempre opposta una forte corrente ispirata ad un cristianesimo “nuovo” e “spirituale”. Questo “nuovo” cristianesimo si era sbarazzato del Vecchio Testamento, ritenuto non spirituale e disgustoso: Cristo non aveva bisogno della testimonianza dei profeti ebrei, parlava da sé, direttamente, all’anima mediante il suo elevato messaggio, la sua sapienza ed i suoi miracoli».

32

Cfr. c. ep. Man. XII, 14.

33

Cfr. util. cred. i, 2 (CSEL 25/1, p. 4, xiv-xix): «Quid enim me aliud cogebat, annos fere novem, spreta religione quae mihi puerulo a parentibus insita erat, homines illos sequi ac diligenter audire; nisi quod nos superstitione terreri, et fidem nobis ante rationem imperari dicerent, se autem nullum premere ad fidem, nisi prius discussa et enodata veritate?».

34 Vannier, “Creatio”, “conversio”,“formatio”, cit., p. 47: «[…] rechercher la vérité par ses seules forces, obtenir le salut par la connaissance, en d’autres termes: être et demeurer autonome. Le choix de la gnose apparaît dès lors comme la conséquence logique d’une recherche de la vérité qui se veut auto-suffisante, qui refuse, au profit du savoir, la croyance».

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