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La dottrina stoica dei λόγοι σπερματικοί 177

2 Seconda questione: rationes causales, miracolo e natura

3 Terza questione: le fonti della dottrina delle ragioni causali

3.1 La dottrina stoica dei λόγοι σπερματικοί 177

Per comprendere la genesi della dottrina stoica nell’ambito della fisica, all’interno della quale l’idea di un λόγος creatore occupa una posizione di vitale importanza, occorre far brevemente riferimento al dibattito cosmologico del IV secolo a. C. e all’eredità che esso lasciò alle successive generazione di pensatori. Tale dibattito vide affrontarsi due

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Cfr. P. Duhem, Le système du monde. Histoire des doctrines cosmologiques de Platon à Copernic 2, Paris: Hermann & C., 1914, pp. 443-44; Gousmett, “Creation, Order”, cit., pp. 219-20, J. Arnould, “Les rationes seminales”, cit., pp. 431-432.

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Per i riferimenti ai testi stoici utilizzerò l’edizione Stoicorum Veterorum Fragmenta, voll. 4, collegit J. von Arnim (Bibliotheca scriptorum Graecorum Romanorum Teubneriana, in aedibus Teubner, Stutgardiae 1964-1978 (d’ora in poi SVF).

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differenti tendenze in aperto contrasto tra loro: da un lato, la teoria democritea degli atomi, richiamandosi al tentativo operato dalla filosofia ionica di spiegare il mondo sensibile con un principio unitario, quello di φύσις, rappresentò il cardine di una visione del mondo di tipo monistico-materialistica: dall’altro lato, Platone teorizzò rigorosamente una filosofia che ricadeva in una forma di dualismo dissociando nettamente il piano dell’intelligibile da quello del sensibile.

Quest’ultima tendenza fu solo attenuata da Aristotele, il quale, pur considerando la compenetrazione di forma e materia, mantenne come supremo principio la pura forma del Nοῦς che pensa se stesso. Stratone, secondo successore dello Stagirita, avvertendo tale difficoltà, finì con l’abolire tale principio trascendente, facendo dell’universo il risultato dell’operazione di una natura che da sé tutto produce, mentre anche nell’Accademia andava attenuandosi il rigore delle posizioni platoniche.

Questo breve excursus non dovrebbe risultare inutile se si considera che le nuove filosofie di età ellenistica, lo stoicismo in primis, diedero vita a delle forme di reazione contro ogni tipo di idealismo, spingendosi verso concezioni materialistiche del reale.

A tal proposito Max Pohlenz, nella sua opera capitale dedicata al movimento stoico178, offre delle riflessioni molto importanti se si vuole comprendere cosa significhi realmente il termine “materialismo” associato al pensiero stoico, le quali ritorneranno utili in un secondo momento quando ci accosteremo maggiormente al concetto di λόγος creatore.

Secondo l’autore tedesco Zenone avrebbe portato a compimento il tentativo di dedurre da premesse platoniche conclusioni contrastanti con l’idealismo del filosofo: se infatti, come si legge nel Sofista179, ciò che è (τὸ ὄν) si contraddistingue per l’attitudine ad agire (δύναμιν εἰς ποιεῖν) o a patire (δύναμιν εἰς παθεῖν)180, e se d’altro canto l’agire comporta che si dia un contatto corporeo, e l’incorporeo dal canto suo non è capace né di agire né di patire, conseguentemente solo di ciò che possiede estensione corporea è possibile coerentemente affermare l’essere181.

Quest’ultimo principio conosce alcune eccezioni, quali ad esempio i contenuti mentali e verbali (ossia ciò che secondo la terminologia stoica è chiamato τὸ λεκτόν182), i

178 Cfr. M. Pohlenz, Die Stoa: Geschichte einer geistigen Bewegung, Gottingen: Vandernhoek & Ruprecht, 1959 (La Stoa: storia di un movimento spirituale, Firenze: La Nuova Italia, 1967). Si può trovare un approfondimento di tale principio in M. J. White, Stoic Natural Philosophy (Physics and Cosmology) in The Cambridge Companion to the Stoics, edited by B. Inwood, Cambridge: Cambridge University Press, 2003, pp. 124-151, pp. 210-121.

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Cfr. Sophista, in Platonis Opera, tom. I, tetr. II: Euthyphro, Apologia, Crito, Phaedo, Cratylus, Thaetetus, Sophista, Politicus, recognovit brevique adnotatione critica instruxit J. Burnet (Scriptorum Classicorum Bibliotheca Oxoniensis), e typographeo Clarendoniano, Oxonii 1900, pp. 216-268.

180

Cfr. Soph., 247d.

181 Cfr. Pohlenz, La Stoa, cit., p. 120, prende in considerazione le seguenti testimonianze: SVF II 319-320, 329, 333, 342-343, 367, 387.

182

Sul significato del concetto stoico di λεκτόν rimandiamo a Brunschung, Stoic Metaphysic, in Cambridge Companion, cit., pp. 206-232, pp. 212-227..

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concetti universali nominalisticamente intesi e lo spazio, al cui interno deve essere contenuto l’insieme degli esseri dotati di estensione. Ciò nonostante, tale principio possiede un campo d’azione vastissimo, tanto da richiedere che siano concepite come corporee realtà quali l’anima, la virtù, il sapere, le capacità sensoriali e persino la divinità stessa. Sembra quindi che il pensiero stoico possa a buon diritto essere interpretto come un “materialismo portato alle estreme conseguenze”183.

Tuttavia all’interno della visione stoica bisogna fare attenzione a non operare una sovrapposizione tra i concetti di corpo (σώμα) e di materia (ὔλη). Quest’ultima viene posta sicuramente alla base di ogni essere effettivo, ma necessita dell’azione di un secondo principio che la conduca da uno stato di morte ed immobilità ad una condizione di vitalità dotata di qualità e movimento.

A quest’altezza il materialismo del filosofo di Cizio si trova da un lato a rigettare l’idea secondo cui solo la materia goda di una condizione originaria, differente rispetto a quella dello spirito, considerato “mero prodotto di processi meccanici”, dall’altro si avvicina ai contenuti del pensiero aristotelico riprendendo e rielaborando i concetti di εἶδος e di ὔλη184. Zenone avrebbe quindi postulato l’esistenza di due principi correlati, quello materiale “paziente” e quello informatore “agente”, quest’ultimo espresso attraverso il concetto di φύσις, potenza spirituale capace di plasmare la materia secondo ragione. Essa in ultima istanza non è nient’altro che il λόγος di natura divina, e che per questo può essere chiamato con il nome di Zeus. Secondo il Pohlenz è certamente possibile comprendere la filosofia zenoniana del λόγος alla luce della storia del pensiero, vedendo come essa colga degli elementi risalenti al pensiero eracliteo e sviluppi l’eredità del pensiero peripatetico considerato attraverso le critiche e gli sviluppi apportati da Stratone, anche se tuttavia la sua originalità e la sua portata concettuale devono essere ascritte ad un sentimento di vita profondamente nuovo di cui il filosofo di Cizio si fece sottile interprete.

Si è quindi precisato in quale senso il pensiero stoico possa essere ritenuto “materialista”, ossia compatibilmente con una forte sottolineatura dell’elemento spirituale e razionale, e si è delineato il percorso che conduce all’emergere del concetto di λόγος. Si tratta ora di comprendere quale ruolo quest’ultimo eserciti nella formazione e nella costituzione del cosmo, discorso questo nel quale si inscrive a pieno titolo la trattazione dei λόγοι σπερματικοί.

Innanzitutto il cosmo è secondo gli stoici un continuum interamente compenetrato ed informato razionalmente dall’unica divinità, nel quale ogni singola parte è armonicamente connessa con tutte le altre185. Esso è perciò unico, oltre a dover essere ritenuto un organismo dotato di vita186 e quindi di compattezza interna legata all’azione

183 Cfr. ivi, p. 123. 184 SVF I 98. 185 SVF II 618-20. 186 SVF II 638.

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di quella forza che in gergo stoico viene definita, sulla scorta della tradizione dei medici antichi, “tensione” (τόνος)187. Proprio grazie ad un tale concetto lo Stoicismo riuscì a giustificare non solo il peso dei corpi, ma anche il fatto che il mondo non vagasse attraverso lo spazio perché tenuto fermo dalla pressione prodotta dal convergere di tutti i suoi componenti verso il suo centro188.

All’interno del cosmo vige quindi il principio in base al quale la sostanza, globalmente intesa, non nasce né perisce e non è soggetta ad aumento o diminuzione, dal momento che tutte queste categorie sono attribuibili solamente alle singole parti189. Quest’ultima chiosa trova la propria ragion d’essere nel fatto che l’immutabilità dello stato globale della sostanza non sembrava essere conforme all’esperienza attestante il carattere perituro di ogni essere inserito nello stato attuale del mondo (διακόσμησις). Tenendo conto della convinzione secondo la quale la capacità informatrice del λόγος non avrebbe potuto limitarsi alla conservazione ed al rinnovamento di un medesimo stato di cose, ma avrebbe anzi dovuto porsi una certa volta a suo fondamento, il pensiero stoico ammette una successione di periodi cosmici coincidenti con l’intervallo temporale, il “grande anno cosmico”, intercorrente tra la nascita del mondo dalla sostanza prima ed il suo ritorno ad essa190.

Il primo principio dal quale trae origine il mondo è la sostanza totalmente ignea, la ὔλη che ha ricevuto la propria qualificazione dal λόγος, e da esso comincia il ciclo della trasformazione graduale del fuoco negli altri elementi e da questi di nuovo al primo191. Secondo Zenone l’accento deve essere posto non su l processo meccanico, ma sull’azione del λόγος: quest’ultimo altro non è che il fuoco primordiale, il quale può di per sé essere considerato il “seme del mondo”192. Esso tuttavia dispiega in massimo grado la propria potenza creativa nel momento in cui avviene il passaggio dall’elemento igneo a quello umido.

A questo livello avviene - e questo è un notevole passo in avanti del pensiero zenoniano rispetto a quello eracliteo - una frammentazione dell’unico λόγος in una pluralità di λόγοι σπερματικοί, i quali conducono all’essere la molteplicità dei singoli enti. Essi sono “forze generative” che operano il dispiegarsi della creatività posseduta dall’unico λόγος: in quanto semi essi rendono possibile la suddetta formazione dei singoli esseri, in quanto invece ragioni veicolano le norme della legge naturale universale, determinando lo sviluppo degli enti in precedenza formati193. I λόγοι σπερματικοί

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SVF I 497.

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Sul concetto di τόνος nello Stoicismo M. Isnardi Parente, Introduzione a lo Stoicismo Ellenistico, Bari: Laterza, 1993, pp. 42-43.

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SVF I 87, I 88, II 597, II 599; sulla natura ciclica della vicenda cosmica White, Stoic Natural Philosophy, in Cambridge Companion, cit., pp. 133-138.

190 SVF I 107, I 497, I 512, II 596-632. 191 SVF I 98-102, I 497, II 579-584, etc.,. 192 SVF I 98, II 580, II 596, II 618-620,II 1027, etc.,. 193 SVF I 102, I 497, II 638, II 713, II 739, II 780, II 1027, II 1074, II 1133, III 141, etc.,.

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contenuti nella materia non solo provvedono quindi alla costituzione dei primi esseri di ogni specie, compresa quella umana, i quali non avrebbero potuto derivare da esemplari ad essi precedenti194, ma regolano la loro riproduzione spermatica che nel corso del tempo rende possibile il passaggio da una generazione a quella successiva garantendo la trasmissione di alcuni caratteri dal generante al generato195. Così facendo, è importante ribadirlo, i λόγοι σπερματικόι sono in grado di regolare lo sviluppo degli esseri in modo razionale secondo natura. Nonostante non abbondino testimonianze esplicite in questo senso, è lecito concludere, coerentemente con il carattere “materialistico” del pensiero stoico, che anche i λόγοι σπερματικοί, pur possedendo le funzioni formatrice e regolatrice sopra ricordate, devono essere qualificati come sostanze dotate di estensione materiale196.

In ultima analisi, essi costituiscono una trasposizione dell’εἶδος197 aristotelico all’interno di una concezione di tipo monistico, secondo cui la materia ed il principio razionale informatore costituiscono le due parti di un’unica sostanza, che deve essere considerata non come morta unione di due principi, ma come forza intrinsecamente dotata di vita ed attività198.