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7. La Spagna

7.3. L‟attuale articolazione dei rapporti finanziari: tra normativa subcostituzionale e

7.3.2. La giurisprudenza costituzionale

Se questo costituisce dunque il quadro normativo afferente ai rapporti finanziari tra i vari livelli di governo, occorre ribadire, come peraltro già accennato, che lo

patrimonio (art. 17); dall‟imposta sulle società (artt. 18-27); dall‟imposta sui redditi dei non residenti (artt. 28-30); dall‟imposta sopra le successioni e donazioni (art. 31); dall‟imposta sul valore aggiunto (artt. 32-34); da ulteriori imposte speciali (art. 35); dall‟imposta sulla vendita al dettaglio di idrocarburi (art. 36); tributi sul gioco (art. 40); tasse (art. 41).

399

Cfr. artt. 42-45, della legge organica n. 3/1979, dai quali, come possibili fonti in entrata, si evincono i gettito promananti da: contributi degli Enti locali minori di riferimento; imposte proprie; trasferimenti del Fondo di Compensazione Interterritoriale o altre assegnazioni a carico del bilancio dello Stato; proprio patrimonio o risorse di diritto privato; prodotti di operazioni di credito, o emissione di debito; ulteriori possibili risorse.

400

Sul punto, cfr. E.G. REGUERA, Esperienza e prospettive del regionalismo in Spagna, cit., pag. 16.

stesso non solo sia stato largamente influenzato, nei suoi contenuti, dalle decisioni progressivamente rese in materia dal Tribunal Constitucional, ma che il medesimo a fortiori continuerà vieppiù ad esserlo, dopo la recente pronuncia da quest‟ultimo assunta in merito allo statuto di autonomia catalano.

Volendo succintamente ripercorrere le principali tappe della giurisprudenza costituzionale edotta, potremmo individuarne i seguenti punti salienti:

 l‟individuazione dell‟affrancamento finanziario quale presupposto per un effettivo affrancamento politico, da cui ne deriva – quale corollario, in relazione agli Enti territoriali più prossimi al cittadino – l‟affermazione del principio di sufficienza, sulla scorta del quale vi è quindi la necessità di garantire ai medesimi un‟adeguata mole di risorse per l‟espletamento delle funzioni cui sono preposti, nell‟ambito di quel regime di autonomia loro costituzionalmente accordato401;

 l‟apprezzamento della circostanza che, poiché la Carta fondamentale spagnola non riconnette espressamente il predetto principio in favore delle Comunità Autonome, l‟autonomia finanziaria da ascriversi a queste ultime sia da intendersi più sul lato della spesa che su quello delle entrate402, laddove invece, relativamente alle altre Amministrazioni locali, il pieno riconoscimento della clausola di sufficienza non può comunque comportare, quale ulteriore conseguenza, la pretesa di queste ultime a disporre di risorse che, oltre ad essere quantitativamente bastevoli, debbano anche considerarsi, qualitativamente, ed integralmente, proprie403;

 ad ostare – in quest‟ottica, e con particolare riferimento alle Municipalità – l‟assenza di una potestà normativa primaria che, in forza della speculare presenza della riserva di legge sulla materia fiscale, per un verso, impedisce loro di istituire tributi o regolarne gli elementi essenziali senza un previo intervento del legislatore404, per l‟altro, non può però al

401

Cfr. Tribunal Constitucional, sent. n. 96/1990.

402

Cfr. Tribunal Constitucional, sent. n. 104/2000.

403

Cfr., nuovamente, Tribunal Constitucional, sent. n. 96/1990.

contempo precludere l‟estroflessione di una potestà regolamentare, peraltro non scevra da vincoli cui doversi conformare405.

Avendo così delineato alcuni tra i più importanti orientamenti giurisprudenziali elaborati dal Tribunal Constitucional in ambito finanziario, non resta ora, come già annunciato, che corredare il tutto con la posizione dal medesimo assunta in merito ad alcuni dei contenuti evincibili dallo statuto catalano406.

Tale fonte – approvata, dopo un iter piuttosto travagliato, con legge organica n. 6 del 19 luglio 2006 – è stata in larga parte fatta oggetto di un ricorso di incostituzionalità407 che ha comportato una risoluzione altrettanto tormentata408, giunta solo nel 2010, con la robusta sentenza n. 31 del 28 giugno.

Invero, già da un punto di vista più generale, la fattispecie in disamina può forse essere inquadrata quale stadio finale di un processo di progressivo scadimento dei rapporti tra le maggiori forze politiche rappresentative del Paese. Un processo che – a partire dal 2004, con la vittoria del partito socialista – ha condotto verso una graduale erosione di quel costruttivo clima che, sin dall‟approvazione della nuova Carta fondamentale del 1978, aveva per contro contraddistinto lo svolgimento delle varie vicende politiche, ammantandole in un‟aurea di reciproco coinvolgimento, specie in concomitanza delle maggiori e più delicate decisioni da assumere. Il fenomeno, non certo passato inosservato, ha suscitato vive apprensioni, le quali, prima ancora di incentrarsi sul contenuto del prodotto normativo in via d‟adozione, si sono prioritariamente riversate, in tutto il loro spessore, su di un metodo, quello basato sul sostegno sostanzialmente unilaterale ad intenti di riforma, che, a ben vedere, denotava indubitabili e spiccate analogie

405

Cfr. Tribunal Constitucional, sent. n. 233/1999.

406

Sulla competenza del Tribunale Costituzionale nel giudicare gli statuti autonomici, cfr. art. 161, c. 1, lett. a), della suprema Fonte spagnola, nonché art. 27, c. 2, lett. a), della Ley Orgánica

Tribunal Constitucional, n. 2/1979.

407

Trattasi del ricorso di incostituzionalità n. 8045/2006.

408

Nella quale hanno fatto capolino anche delicate questioni insite allo stesso Tribunale Costituzionale. Su tutte, il riferimento corre al prorogato mancato rinnovo del suo collegio, nonché alla ricusazione di uno dei giudici. Sul punto, per i due aspetti, cfr. J.A. MONTILLA MARTOS, La renovación del Constitucional, in www.iceta.org, 2010 e A.M. RUSSO, Il

“caso” Pérez Tremps e la riforma dello Statuto catalano: un “golpe de mano” della politica nella “batalla campal” per il “controllo” del Constitucional, in Civitas Europa, n. 18/2007,

con tutta la passata esperienza costituzionale iberica e che, per questa ragione, ha fatto tristemente parlare di un vero e proprio “ritorno alle solite”409.

Non è questa la sede per ripercorrere compiutamente l‟intera vicenda, tuttavia, basterà ricordare, molto succintamente, come la stessa prendesse le mosse proprio dall‟elaborazione del nuovo statuto di autonomia catalano, sulla cui definitiva approvazione da parte delle Cortes Generales, il partito socialista aveva assunto precisi impegni in campagna elettorale. Tale statuto, però, conteneva, in netta evidenza, una disciplina che non poteva essergli integralmente propria, la stessa denunciando infatti profili di rango apertamente costituzionale, precipuamente tendenti tanto a determinare condizioni di autonomia sovradimensionate, del tutto incompatibili ed incomparabili rispetto a quella riconosciuta alle altre Comunità Autonome, quanto ad alterare completamente i criteri di ripartizione competenziale con lo Stato centrale, circoscrivendone al massimo i possibili margini di intervento o interferenza410.

409

Così R. L. BLANCO VALDÉS, “Ritornare alle solite”: riforma costituzionale e

cambiamento della Costituzione in Spagna, in S. GAMBINO ‒ G. D‟IGNAZIO (a cura di), La revisione costituzionale e i suoi limiti. Fra teoria costituzionale, diritto interno, esperienze straniere, Giuffrè, Milano, 2007, pagg. 285 ss.

410

Per un‟ampia ricostruzione dei contenuti, I. RUGGIU, Il nuovo statuto catalano, in Le

Regioni, n. 2/2007, pagg. 281 ss., tra i quali possono comunque succintamente rammentarsi solo

i maggiori riferimenti: alla nazionalità catalana (preambolo), alla Catalogna come Stato (art. 3), ovvero all‟autogoverno catalano fondato “sui diritti storici del popolo catalano, nelle sue istituzioni secolari e nella tradizione giuridica catalana” (art. 5); all‟utilizzo della lingua catalano non più semplicemente considerato come un diritto, ma come un dovere, nonché ad un suo ricorso privilegiato all‟interno della regione (art. 6), corredato però allo stesso tempo di un diritto a poterlo spendere anche nei riguardi delle Amministrazioni centrali dello Stato e quindi al di fuori della Comunità Autonoma (art. 33); all‟introduzione di un catalogo di diritti, alcuni dei quali delicati e innovativi (v. ad es. il diritto ad affrontare con dignità il processo della morte di cui all‟art. 20) da riconoscersi a coloro che abbiano la residenza all‟interno del territorio catalano (artt. 15-54); al potere riconosciuto al Presidente della Generalità, previa delibera del Governo e sotto sua esclusiva responsabilità, di poter sciogliere il Parlamento (art. 75); al Consiglio delle garanzie statutarie cui, specie nei confronti delle leggi concernenti l‟attuazione di diritti, vengono accordati robusti poteri inibitori (artt. 76-77); al tentativo di federalizzazione di alcuni organi riconducibili al potere giudiziario, potenziando il ruolo del Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna (art. 95), ovvero creando il Consiglio di Giustizia della Catalogna, con prerogative rispettivamente destinate a menomare quelle degli omologhi organi statali (artt. 97-100); ad un corposissimo e dettagliatissimo elenco di competenze, per lo più di matrice esclusiva, di cui la Comunità Autonoma appare depositaria (artt. 110-173), a scapito delle attribuzioni statali, in ispecie di quelle riconducibili all‟ordinamento degli Enti locali minori artt. 151-160); alla tendenziale preferenza di rapporti bilaterali con lo Stato o le altre Comunità Autonome, pur nell‟ambito di un contesto formalmente e obbligatoriamente orientato invece in prevalenza verso la multilateralità (artt. 174-183); alla definizione di un regime finanziario

Non può, a tal proposito, che concordarsi con chi, in questa pratica – precipuamente tendente all‟ampliamento del quadro competenziale e alla sua sovente blindatura, attraverso il ricorso ad una disciplina iperdettagliata – ha scorto nella ricerca di un più robusto quantum di risorse, o, più in generale, di una maggiore autonomia fiscale e finanziaria, il vero, e neanche troppo latente, autentico interesse sotteso411. Il che, come si avrà modo di apprezzare, è in effetti puntualmente avvenuto. Ad ogni modo, i macroscopici elementi di dubbia costituzionalità412 resero non solo impraticabile l‟accoglimento dello statuto nella sua formulazione originaria, ma altresì estremamente difficoltosa la ricerca di un sostegno assembleare nazionale sufficientemente allargato, disposto ad approvarne un testo, peraltro largamente emendato413. Dopo complicate negoziazioni, in cui si spese in prima persona lo stesso Presidente del Governo, si pervenne, ad ogni modo, ad un accordo che,

privilegiato, fortemente asimmetrico e scarsamente solidale, sul quale comunque si avrà modo di tornare (artt. 201-221).

411

Cfr. I. RUGGIU, Testi giuridici e identità. Il caso dei nuovi statuti spagnoli, in Le istituzioni

del federalismo, 2/2007, pagg. 185 ss, la quale in effetti rimarca l‟indissolubile legame

evincibile tra «le affermazioni per cui “senza soldi non ci sono competenze”, ma anche per cui “senza competenze non c‟è titolo per chiedere maggiori risorse finanziarie”».

412

Si osservino, a tal proposito, le considerazioni proprio di I. RUGGIU, Il nuovo statuto

catalano, pagg. 281 ss., la quale, relativamente al contenuto, ravvisa apertamente che «lo

Statuto catalano inaugura una sorta di fase costituente “a costituzione invariata”, invertendo il rapporto tra revisione costituzionale e revisione statutaria a favore di quest‟ultima». Un‟inversione che poi, come evidenziato dalla stessa Autrice, va inoltre paradossalmente a produrre i suoi effetti anche nei confronti delle leggi organiche, richiedendo, in alcuni ambiti, a queste ultime di conformarsi alle disposizioni statutarie (come nel caso, ad esempio, del Consiglio di Giustizia della Catalogna, la cui effettiva operatività è condizionata ad una previa, conforme ed apposita modifica della legge organica sul potere giudiziario che vada correlativamente a circoscrivere le prerogative dell‟organo nazionale di autogoverno della magistratura, nella misura in cui il suo omologo, a livello locale, vada invece specularmente a dotarsi proprio di tali attribuzioni). Sicché la portata rivoluzionaria dello statuto catalano ne esce dunque parzialmente ridimensionata, almeno nel momento e nella misura in cui imponga “obblighi di facere allo Stato centrale […] ad esempio in tema di potere giudiziario, di accesso della Catalogna alla nomina del Tribunale costituzionale, di partecipazione alle sedute del Consiglio dei Ministri europeo”, non essendo tali intenti coercibili.

Ad ogni modo, e tornando al primo aspetto, sui più o meno mal celati tentativi di porre in essere modifiche costituzionali eludendo i procedimenti all‟uopo previsti, ed in senso apertamente contrario ad una simile “prepotenza” normativa, J. L. CASCAJO CASTRO, La revisione

costituzionale “extra ordinem”: l‟esperienza spagnola in corso, in S. GAMBINO ‒ G. D‟IGNAZIO (a cura di), La revisione costituzionale e i suoi limiti. Fra teoria costituzionale,

diritto interno, esperienze straniere, Giuffrè, Milano, 2007, pag. 281, il quale evidenzia come lo

Statuto di Autonomia “non possa operare come una fonte incontrollata del diritto, né come una

quasi-Costituzione con limiti e funzioni indeterminati”.

413

Vennero infatti modificati più di 150 articoli, così depurandone, dalla versione originaria, le maggiori criticità, ossia: la definizione della Catalogna come nazione; il diritto all‟autodeterminazione; la cooperazione dal carattere prettamente bilaterale; l‟inaugurazione di un federalismo fiscale puro.

seppur non trasversalmente condiviso, consentì comunque alle Cortes Generales di licenziare un testo sul quale, in ogni caso, permanevano forti dubbi di effettiva conformità alla Carta Fondamentale414, tant‟è che fu ben presto presentato ricorso al Tribunale Costituzionale su ben 114 dei suoi 223 articoli415.

Sicché, dal contesto così descritto, per un verso già risultava oltremodo evidente come quest‟ultimo si ritrovasse a soggiacere nella difficile situazione di dover vagliare una fonte di non facile decifrazione416 e sulla quale si era in qualche modo già venuto a consolidare un triplice assenso, accordato dai due predetti organi legislativi417, poi nondimeno confermato dal referendario pronunciamento popolare catalano418; per l‟altro, ed in questo risiedeva la maggiore criticità, sembrava poi altrettanto chiaro che la decisione ultima del Supremo organo di Giustizia costituzionale fosse in tanto più delicata, in quanto da essa sarebbe di fatto potuta discendere la possibile futura approvazione, anche da parte di altre Comunità Autonome, di statuti con analoghe pretese, con conseguenti forti rischi per la complessiva tenuta del sistema istituzionale, della rigidità stessa della Carta Fondamentale ed del ruolo unificante di cui lo Stato avrebbe potuto ancora farsi interprete e protagonista419.

414

Le maggiori doglianze sembrano investire i seguenti aspetti: la pretesa di modificare, mediante semplice legge statutaria numerose disposizioni della Costituzione, nonché leggi organiche dello Stato; l‟alterazione, come detto, del complessivo quadro di ripartizione competenziale, con la conseguente sostanziale compromissione di buona parte delle capacità operative dello Stato ed il contestuale prodursi di eccessive differenziazioni e disarmonie tra la regione catalana e le altre Comunità Autonome, il che a sua volta avrebbe costituito un‟aperta violazione dell‟art. 139 della Carta Fondamentale, al cui primo comma è propugnata l‟uguaglianza di tutti i cittadini nel godimento di pari diritti, indipendentemente dalla regione del territorio del Paese in cui si trovino a risiedere.

415

A ciò provvide non solo una componente del Partito Popolare, ma anche il Defensor del

Peublo, nonché alcune Comunità Autonome.

416

Stante la robusta articolazione dello Statuto, nonché la complessità e la delicatezza della materia.

417

Presso il Parlamento catalano riscosse infatti l‟approvazione da parte di una maggioranza di circa il 90% dei voti espressi.

418

Svoltosi il 18 giugno 2006, fece registrare una maggioranza di voti favorevoli, seppure in contesto contraddistinto da una forte astensione popolare.

419

In merito, si osservi la perspicua posizione di A. PACE, I limiti del potere, Jovene, Napoli, 2008, pag. 20, il quale, sebbene in un‟ottica più generale, intravedeva, anche nella realtà spagnola, una certa “crisi [del]la «forma» dello Stato-nazione, in ragione della spinta contrapposta esercitata su di esso dalle autonomie locali da una parte e dell‟Unione europea dall‟altra”.

Nondimeno, tali problematiche investivano, ovviamente, il giudizio che il

Tribunal Constitucional avrebbe dovuto rendere anche nei confronti di quelle

disposizioni dal carattere prettamente finanziario, laddove, invero, lo statuto catalano preordinava chiaramente la propria azione disciplinatrice verso l‟acquisizione del massimo grado di affrancamento tanto dallo Stato, quanto nei confronti delle altre Comunità Autonome: rispetto al primo, la tendenza era volta ad instaurare rapporti di natura bilaterali, atti ad assicurarsi l‟ottenimento di maggiori risorse e di una più ampia autonomia fiscale; rispetto alle seconde, il prioritario intento consisteva, invece, nel tentativo di sciogliersi il più possibile da qualsiasi istanza solidaristica.

Per perseguire i suddetti obiettivi lo statuto prevedeva:  l‟ampliamento della quota dei tributi erariali ceduti420

;

 l‟assicurazione nel tempo421 di ingenti e crescenti investimenti infrastrutturali da parte dello Stato, gli stessi, al netto del Fondo di Compensazione Interterritoriale, dovendo parametrarsi al Pil della Catalogna, in relazione a quello della Spagna nel suo complesso422;  l‟istituzione di un‟Agenzia tributaria della Catalogna per la gestione

amministrativa dei tributi propri della Comunità, nonché di quelli erariali integralmente ceduti e rispetto ai quali avesse ricevuto apposita delega423;

420

Nelle pieghe delle Disposizioni Integrative VII-X dello statuto catalano si fa infatti riferimento a richieste di cessione dell‟ordine: del 50% per l‟imposta sul reddito delle persone fisiche e per quella sul valore aggiunto; del 58% per le imposte speciali. Tali istanze, come visto, sono poi state accolte, ma nei confronti di tutte le Comunità Autonome, dalla LOFCA 2009.

421

Per un periodo di sette anni.

422

Cfr. la III Disposizione Integrativa dello statuto catalano. Ora, è evidente che, essendo la Catalogna la regione economicamente più sviluppata del Paese, una simile tipologia di parametrazione avrebbe comportato il dirottamento, in suo favore, di una mole sempre più robusta di risorse, a discapito delle altre Comunità Autonome, ed in aperta violazione del principio solidaristico. Il che, ha poi di riflesso spinto altre Comunità Autonome ad elaborare pretese simili, benché ancorate a parametri di diversa natura. Così, come opportunamente rilevato da I. RUGGIU, Testi giuridici e identità. Il caso dei nuovi statuti spagnoli, cit., pagg. 187-188, “l‟Andalusia, non potendo addurre il primato della ricchezza, ne ha trovato un altro, quello di regione più popolosa della Spagna, ed ha introdotto una norma che obbliga lo Stato ad investimenti proporzionali al suo peso demografico; Castiglia Leòn, in risposta, ha trovato nella propria estensione spaziale l‟elemento per allocare le risorse statali; le Canarie li hanno subordinati al proprio carattere ultraperiferico”.

423

Cfr. art. 204 dello statuto catalano, il quale prevede inoltre che le necessarie attività di coordinamento tra tale Agenzia e quella omologa centrale possano essere demandate ad un

 l‟istituzione della Commissione mista per gli Affari economici e fiscali Stato-Governo catalano, destinata a soppiantare il Consiglio di politica fiscale e finanziaria, quale sede di contrattazione bilaterale per l‟aggiornamento quinquennale degli accordi in tema di finanziamento e per la determinazione delle condizioni di partecipazione ai meccanismi di riequilibrio di natura solidaristica424;

 la richiesta di una garanzia specifica allo Stato, affinché quest‟ultimo assicurasse che l‟applicazione dei meccanismi di livellamento non andasse in nessun caso ad alterare la posizione della Catalogna all‟interno del ranking dei redditi pro capite tra le Comunità Autonome, preesistente al predetto intervento di livellamento425;

 la precisazione che la Generalitat avrebbe contribuito, con le proprie risorse tributarie, all‟alimentazione del sistema statale di finanziamento dei meccanismi di livellamento e solidarietà alle altre Comunità Autonome, ma solo a condizione di reciprocità, ossia solo allorquando queste ultime si fossero accollate anch‟esse uno sforzo fiscale analogo426;  la riconduzione, in capo alla stessa Generalitat della prerogativa – conformemente a quanto previsto dalla Costituzione e dalla normativa statale – di poter stabilire e disciplinare i tributi propri degli Enti territoriali locali di sua appartenenza, ivi inclusa la possibilità di sancire le metodologie per la distribuzione delle partecipazioni al gettito della

Generalitat medesima427.

Chiamato a far luce su questo intricato e delicato scenario, il Tribunal

Consitucional, a distanza di quattro anni dall‟approvazione dello statuto catalano,

apposito Consorzio equivalente, da costituirsi entro due anni, cui parteciperanno, in via paritaria, la Comunità Autonoma e lo Stato.

424

Cfr. artt. 208 e 210 dello statuto catalano.

425

Cfr. art. 206, c. 5 dello statuto catalano.

426

Cfr. art. 206, c. 3 dello statuto catalano. Si noti come, anche in questo caso, il fenomeno imitativo è verificabile avendo riguardo all‟art. 175 dello statuto dell‟Andalusia, laddove la garanzia al finanziamento dei servizi sociali essenziali, in ordine ad una loro erogazione in condizioni analoghe a quanto avviene nel resto dello Stato, è subordinata alla condizione che anche altrove “si ponga in essere uno sforzo fiscale simile”.

427

è quindi giunto a rendere la sua articolata pronuncia428. In essa, si scorge innanzitutto la definitiva chiarificazione, dal punto di vista dottrinale, dell‟inquadramento giuridico di fonti di tal fatta, le stesse consistendo in leggi organiche, come tali subordinate alla Costituzione429. Sembra così venir meno buona parte di quella natura complementare che, stando ad una precedente pronuncia dello stesso organo di giustizia costituzionale, gli statuti autonomici avrebbero denotato nei confronti della stessa Carta fondamentale430, ed in forza della quale i medesimi potevano così giungere ad integrare il blocco di costituzionalità, ossia l‟insieme dei parametri sussumibili dal Tribunale Costituzionale per la definizione ultima del giudizio431.

Senza poterci in questa sede particolarmente addentrare nelle decisioni assunte circa ogni profilo edotto in contestazione432, per quel che a noi ora strettamente

428

Ben 881 pagine, nondimeno comprensive delle argomentazioni riconducibili alle dissenting

opinions, nelle quali: un solo articolo viene dichiarato incostituzionale; di altri 13,

l‟incostituzionalità ha meramente riguardato alcuni loro precetti; di altri 27 è stata infine imposta una interpretazione costituzionalmente orientata.

429

Cfr. Tribunal Constitucional, sent. n. 31/2010, fundamentos jurídicos n. 3.