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Agli inizi degli anni ‟90 il fallimento del modello centralizzato fondato sulla finanza derivata era ormai sotto gli occhi di tutti. Si avvertiva così la necessità di apportare nuovi correttivi, volti ad assicurare alle Regioni ed agli altri Enti locali entrate certe e a liberarli dalle catene della dipendenza finanziaria dello Stato. Il tutto non poteva avvenire senza metter mano ad una riforma del sistema tributario. Ad invertire la tendenza contribuiva positivamente anche, da un profilo più generale, la legge 7 agosto 1990, n. 241 recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti.” Tale legge riportava tra l‟altro importanti principi in tema di funzionamento delle

sulle imprese minori (redditi sotto i 10 milioni) e per meno dell‟1% sui redditi oltre i 100 milioni”.

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Per un‟indagine più analitica, cfr. G. POLA, La tassazione locale dell‟attività produttiva, Il Mulino, Bologna, 1990.

608

Cfr. F. GALLO, L‟autonomia tributaria degli enti locali, Il Mulino, Bologna, 1979.

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Di questo avviso, tra gli altri, M. REY, Agenda per la riforma della Finanza locale, Fondazione Agnelli, 1979, quaderno 33.

Pubbliche Amministrazioni: quelli di economicità, efficacia ed efficienza già intrinseci nell‟espressione “buon andamento” di cui all‟art. 97 Cost., ma che per troppo tempo erano caduti nel dimenticatoio comune. Anche le Amministrazioni locali erano così chiamate all‟osservanza di un insieme di regole improntate al modello aziendalistico, volte ad assicurare un contenimento ed un monitoraggio continuo sulle spese che dovevano ora essere coperte per lo più con entrate proprie. Ed in base a quell‟orientamento si compiva un primo passo per la conversione del modello accentrato in un modello in cui per gli Enti locali non fosse solo la spesa ad essere autonoma, ma anche il sistema delle entrate, attraverso la creazione di un proprio sistema impositivo.

Ricordiamo le principali tappe di questa inversione di tendenza:

mediante d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 si disponeva la regionalizzazione dei contributi sanitari;

mediante d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 veniva introdotta l‟ICI610;

mediante d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 erano revisionate: la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani611, la tassa per l‟occupazione di spazi ed aree pubbliche612 e l‟imposta sulle pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni613;

610

L‟ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) si configurava come un tributo sul patrimonio. I Comuni, soggetti attivi dell‟ICI, vantavano potere normativo in tema di accertamento, riscossione ed esenzioni, nonché in materia di fissazione dell‟aliquota che poteva variare tra il quattro e il sette per mille. L‟imposta, da versarsi in due rate (giugno e dicembre), aveva come presupposto il possesso di fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli.

611

La TARSU (Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani) vedeva come presupposto l‟occupazione o la detenzione di locali, aree scoperte o unità immobiliari adibite a civile abitazione, con esclusione di quei locali o di quelle aree che non possono produrre rifiuti o per loro natura, o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o ancora perché inutilizzabili. Soggetto attivo del tributo è il Comune.

612

La tassa per l‟occupazione di spazi ed aree pubbliche aveva come presupposto le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province. I Comuni e le Province, soggetti attivi del tributo, potevano prevedere, mediante regolamento, che in luogo della tassa venisse pagato un canone determinato nell‟atto di concessione.

613

L‟imposta sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni vedeva come presupposto la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visiva o acustica in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Soggetto attivo del tributo era il Comune che, in particolari condizioni, poteva disporre, mediante regolamento, che in luogo dell‟imposta venisse pagato un canone in base a tariffa.

mediante d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 si disponeva l‟introduzione dell‟IRAP614

e dell‟addizionale IRPEF. Contestualmente venivano aboliti i seguenti tributi: l‟ILOR, l‟ICIAP, i contributi sanitari (ivi inclusa la cosiddetta “tassa sulla salute”), l‟imposta sul patrimonio netto delle imprese, la tassa di concessione governativa sulla partita IVA, le tasse di concessione comunale;

mediante legge delega 13 maggio 1999, n. 133, recante “Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale”, successivamente attuata dal Governo con d.lgs. 18 febbraio 2000 n. 56, si era provveduto a conferire maggiore stabilità e forza alle entrate derivanti dai tributi locali, veniva soppressa buona parte della dipendenza dai trasferimenti erariali ed infine venivano creati sistemi di perequazione in ottemperanza al principio di solidarietà. Il tutto era realizzato attraverso: l‟aumento dell‟addizionale IRPEF, dell‟aliquota di compartecipazione della benzina e l‟istituzione di una compartecipazione IVA; la rimozione dei vincoli di destinazione relativi ai gettiti IRAP e addizionale IRPEF; la soppressione della maggior parte dei trasferimenti; la creazione di un fondo perequativo interregionale parametrato ad alcuni indicatori, quali la capacità fiscale relativa ai tributi, o il grado di copertura dei bisogni sanitari; l‟istituzione di un fondo perequativo a livello nazionale alimentato dalla compartecipazione IVA e da quella dell‟accisa sulla benzina.

In seguito a tutti questi interventi, la potestà tributaria degli Enti locali sembrava aver assunto maggiore concretezza e l‟autonomia finanziaria di cui all‟art. 119

614

L‟IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) era un tributo avente quale presupposto lo svolgimento di un‟attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi. L‟imposta era accertata e riscossa dallo Stato, il quale però ne versava il relativo gettito a favore delle Regioni. Soggetti passivi dell‟imposta erano gli imprenditori, i lavoratori autonomi ed anche le Pubbliche Amministrazioni. L‟aliquota del 4,25% poteva essere innalzata di un punto percentuale secondo decisione della Regione. Tale aliquota veniva applicata: per le imprese al valore risultante dalla differenza tra valore e costo della produzione dal quale andavano comunque esclusi il costo del personale e gli oneri finanziari; per i lavoratori autonomi al valore risultante dalla differenza tra la somma dei compensi percepiti e le spese sostenute nel periodo d‟imposta ad esclusione di quelle per i dipendenti, per i collaboratori e per gli interessi; per le Pubbliche Amministrazioni alle spese per gli stipendi.

Cost. non era più solo un miraggio, ma una realtà in via di costruzione. All‟abolizione di alcune imposte e dei trasferimenti statali aveva infatti fatto da

pendant l‟introduzione di tributi il cui gettito era finalmente destinato alle

Regioni, Province e Comuni. Oltre a questi, agli Enti locali venivano messi a disposizione altri strumenti per incamerare risorse, quali ad esempio i canoni o le tariffe imperniati sull‟ottica del criterio del beneficio, cui si affiancavano le addizionali ai tributi erariali. Infine, la possibilità di compartecipazione al gettito dei tributi erariali consentiva di superare la discrasia esistente tra Regioni a statuto speciale e Regioni a statuto ordinario: le prime avevano da sempre potuto godere di questo genere di risorse, mentre le seconde, fin prima della riforma, dovevano fare affidamento e riporre le loro speranze solo sui trasferimenti statali decisi annualmente in sede di approvazione del bilancio.

La strada intrapresa, quella cioè di consentire agli Enti locali di disporre di entrate proprie e di disciplinare i propri tributi, pur nel rispetto della riserva di legge dell‟art. 23 Cost., instillava negli stessi quel senso di responsabilità che era andato perduto ed inoltre consentiva loro l‟attuazione di politiche fiscali volte a modificare l‟assetto economico-sociale all‟interno del proprio territorio. La “gestione” del tributo consentiva inoltre di modellare lo stesso alle particolari esigenze della realtà locale in ossequio al principio di sussidiarietà e di migliorarne la disciplina, decisa nelle linee sostanziali a livello statale, con conseguenti immediati benefici in termini di contrazione del costo dell‟obbedienza fiscale615.

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Così P. BORGHINI, Rapporto tra competenze impositive comunitarie, nazionali e locali,

anche alla luce delle modifiche al Titolo V della Costituzione, Quaderni della facoltà di

economia n. 28/2003, Università dell‟Insubria, pag. 44. Grazie ad un‟accurata disciplina del tributo, il contenimento del costo dell‟obbedienza fiscale si sostanzia nella flessione dell‟evasione e dell‟elusione fiscale, nella semplificazione del procedimento impositivo, nella riduzione del contenzioso e nel miglioramento dei rapporti tra Fisco e contribuente.

CAPITOLO TERZO

L’AUTONOMIA FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI

NEL RINNOVATO CONTESTO COSTITUZIONALE

SOMMARIO: 1. Gli intenti sottesi alle revisioni costituzionali. – 2. Visione panoramica sulla