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Parte seconda

5. La seconda guerra mondiale e la calma tempestosa dell’Indocina

5.9 Gli statunitens

Il ruolo degli statunitensi nel Pacifico fu cruciale. Gli Stati Uniti d’America erano l’unica forza alleata ad avere coste sia nel Pacifico che nell’Atlantico, l’unica ad essere attaccata così duramente dai giapponesi come a Pearl Harbour (se escludiamo ciò che le armate nipponiche fecero in Cina gli anni passati), l’unica ad avere interessi strategici primari nell’Asia orientale. La Gran Bretagna e l’Unione Sovietica, infatti, pur avendo interessi in Asia Orientale, videro come assolutamente centrale, durante tutta la guerra, lo scacchiere europeo. Gli stessi Stati Uniti, peraltro, consideravano la guerra europea, e la sconfitta di Germania e Italia, prioritaria rispetto alla guerra del Pacifico.

Il ruolo del Presidente Roosevelt nel Pacifico fu predominante. Egli intendeva liberare tutti i paesi dal giogo coloniale, instaurare nuovi rapporti con l’Asia Orientale, e, in questo modo, inaugurare un nuovo periodo nella storia delle relazioni internazionali, basato sulla pari dignità e sulla presenza di alcune superpotenze che fungessero da “poliziotti” internazionali. Tale prospettiva si concretizzò successivamente nella proposta di istituzione delle Nazioni Unite, con quattro “poliziotti” globali, Usa, Urss, Gran Bretagna, e Cina, che avrebbero dovuto garantire la pace globale e intervenire, sia politicamente che militarmente, ove necessario.

Tutta un serie di fattori, durante la seconda guerra mondiale, contribuirono a frenare tale impostazione. Innanzitutto, Roosevelt vedeva in Churchill e nella Gran Bretagna il più importante alleato e, sebbene fermo sui principi, non voleva intervenire sulla politica coloniale britannica. Inoltre, i rapporti con la Cina e la Francia erano soggetti a cambiamento. Se Jiang Jieshi era visto come una pedina fondamentale nella stabilizzazione dell’area, è anche vero che alla lunga l’amministrazione statunitense dovette aprire gli occhi sulla reale capacità del Guomindang di assolvere i compiti assegnatigli. Per quanto riguarda la Francia, invece, Roosevelt rifiutava la prospettiva che essa riprendesse il controllo delle proprie colonie.

Tutti i rapporti diplomatici, politici e militari tra l’amministrazione statunitense e la Francia Libera, l’organizzazione di de Gaulle, furono perciò ipotecati da tale impostazione rooseveltiana. L’amministrazione statunitense, tuttavia, fece pressioni via via più insistenti perché la presidenza cambiasse atteggiamento verso de Gaulle e verso il movimento della Francia Libera. Pare che lo stesso Roosevelt, nelle settimane che precedettero la sua scomparsa, avesse acconsentito ad una inversione di rotta nei rapporti Usa-Francia, ma è un tema discusso110. In ogni caso, la morte di Roosevelt e l’avvento al potere di Harry S. Truman nell’aprile del 1945 segnarono una inversione di rotta nei rapporti tra gli Stati Uniti e la Francia: “Il 7 giugno 1945, Truman decise di appoggiare il ritorno francese in Indovina”111. Tuttavia, a conferma che l’amministrazione e l’esercito statunitense presentano numerose “frizioni”, per usare un termine caro a Carl Von Clausewitz, Tønnesson subito dopo aggiunge: “tuttavia, la politica anti-francese di Roosevelt continuò ad influenzare l’azione di certe agenzie

110 Tønnesson discute ampiamente il problema in tutto il suo libro, e non delinea una conclusione precisa.

È un tipico esempio sia della forza dell’amministrazione statunitense, che talvolta travalica le stesse decisioni del Presidente, in quanto rappresenta gli interessi reali e complessi degli Stati Uniti, sia dell’importanza dei ruoli in sé nella politica, che vanno oltre le convinzioni e le aspirazioni personali dei singoli che tali ruoli ricoprono.

111

“On 7 June 1945, Truman decided to endorse a French return to Indochina”. STEIN TØNNESSON, cit., pag. 255. Traduzione libera

statunitensi, particolarmente in Indocina”112. Infine, il rapporto con l’Unione Sovietica si rivelò ben presto estremamente fragile.

Roosevelt non aveva una idea precisa del futuro dell’Indocina, non sapeva se puntare su tre stati separati, se propendere per una federazione indocinese, o se auspicare la formazione di cinque piccoli stati113. Quest’ignoranza, ed il fatto che gli Usa considerassero lo scenario indocinese secondario rispetto ad altri, permise che funzionari e gli ufficiali che ebbero a che fare con le organizzazioni vietnamite potessero agire con una certa libertà d’azione.

Ciò non significa, però, né che il Viet Minh, a partire dal 1944, non cercasse contatti con gli statunitensi, né che gli statunitensi non compissero nessuna azione contro i giapponesi in Indocina. Nei primi mesi del 1945, per esempio, il pilota di un aereo statunitense abbattuto dai giapponesi venne tratto in salvo dal Viet Minh, e portato sino alla base dove poté incontrare Ho Chi Minh114. Ho Chi Minh, a sua volta, si recò nei primi mesi del 1945 a Kunming per cercare l’appoggio di Claire Chennault, generale statunitense comandante della quattordicesima flotta aerea USA.

Sino al colpo di stato del 9 marzo gli statunitensi non avevano alcuna intenzione di attaccare l’Indocina, poiché avevano scelto una strategia d’attacco che puntava dritta al cuore dell’avversario, cioè alle isole giapponesi. Tuttavia, Roosevelt si adoperò perché sia i francesi che i giapponesi credessero che la marina e l’aviazione stessero preparando un attacco in grande stile verso l’Indocina, con una invasione del delta del Fiume Rosso.

In realtà, solo dopo il 9 marzo 1945 gli americani, e in particolare l’OSS (Office of Strategic Services), si adoperarono per creare delle reti di contatti, sia con i francesi che con le organizzazioni vietnamite presenti sul terreno115. L’OSS venne creato qualche mese prima dell’attacco a Pearl Harbour, ed i suoi compiti erano seguire e organizzare operazioni di spionaggio, sabotaggio, propaganda sommersa, organizzazione della guerriglia ed altre pratiche per conto degli USA116. Essa si occupò solamente a partire dalla fine del 1944 dell’Indocina quando, a differenza dei francesi, decise di stringere rapporti con Ho Chi Minh e con il Viet Minh benché questi fossero comunisti. Questo non significò che l’OSS non stringesse, allo stesso tempo, rapporti con i gollisti, ed in particolare con i soldati francesi che, dopo il colpo di stato, riuscirono a rifugiarsi in Cina.

Progressivamente, i contatti tra OSS e Viet Minh si infittirono, sino a quando il 16 luglio 1945 un intero commando raggiunse il quartier generale Viet Minh, dove trovò Ho Chi Minh in preda ad attacchi di malaria ed epidemie tropicali. Si noti come l’OSS avesse deciso di non stringere rapporti con i nazionalisti, in particolare i nazionalisti del VNQDD, largamente presenti in Cina: probabilmente li considerava non capaci dal punto di vista militare e politico, e non affidabili, o più semplicemente vietnamiti al servizio dei cinesi, per cui conveniva parlare direttamente coi cinesi piuttosto che per interposta persona117.

112 “However, Roosevelt’s anti-French policy continued to influence the action of a certain US agencies,

particularly in Indochina”. Ibidem. Traduzione libera. Molto probabilmente lo stesso Tønnesson faceva riferimento ad Archimedes Patti ed alla sua esperienza al fianco di Ho Chi Minh. Cfr. ARCHIMEDES L. A. PATTI, Why Viet Nam? Prelude to America’s Albatross, California Press, Berkeley 1980

113 S

TUART H.LOORY, “Special introduction”, in GARETH PORTER (edt.), The definitive Documentation of

Human Decisions, Coleman, New Yorkl 1979, p. ii

114 H

OANG VAN HOAN, A drop in the ocean, Foreign Language Press, Beijing 1988, p. 203

115 Idem, p. 309 116 Cfr. R. H

ARRIS SMITH, OSS The Secret History of America’s First Central Intelligence Agency, University of California Press, Berkeley and Los Angeles 1972

117 D

In particolare, l’ufficiale Usa Archimedes L. Patti ebbe a che fare con il Viet Minh, e rimase colpito, ammaliato quasi, da Ho Chi Minh. Fece prendere alla sua organizzazione una posizione molto vicina a quella Viet Minh, anche se la posizione dell’amministrazione americana, come abbiamo visto, stava progressivamente cambiando.

Patti seguì tutte le fasi della rivoluzione d’agosto, sino alla Dichiarazione d’indipendenza del 2 settembre, dalla posizione privilegiata di compagno di strada di Ho Chi Minh. Ma quando Ho Chi Minh, a fine agosto 1945, gli chiese di fare pressioni perché il suo governo si opponesse al progetto cinese, francese e britannico di smembrare l’Indocina, egli non poté prendere impegni, ma semplicemente registrare gli avvenimenti e adeguarsi al nuovo corso della politica estera statunitense.

5.10 I britannici

La Gran Bretagna non aveva interessi strategici diretti in Indocina. Nell’Asia Orientale, i punti nevralgici per i britannici, entrambi toccati dai giapponesi, erano Singapore e Hong Kong. Nel corso della seconda guerra mondiale, tuttavia, Londra non riuscì a difendere le proprie posizioni in Asia orientale, e solamente nel 1944 le fu chiaro come muoversi in quello scenario118. In particolare, nel 1941 la marina britannica venne clamorosamente presa alla sprovvista dalle operazioni militari di Tokio.

Winston Churchill, primo ministro sino al luglio del 1945, fu il capo della Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale. Pur basando tutta la sua politica su uno stretto rapporto, anche di amicizia, con Roosevelt, il primo ministro britannico non rinunciò mai alle sue posizioni, sostanzialmente imperialiste, sulle colonie. Egli non voleva perdere le colonie britanniche e, più in generale, credeva possibile proseguire una politica coloniale anche dopo la fine della guerra.

L’amministrazione britannica, durante tutto l’arco della guerra, spinse Churchill ad affrontare la questione de Gaulle, e quindi la questione Indocina, con Roosevelt119. Churchill, dal canto suo, decise di non seguire i consigli dei suoi sottoposti, fondamentalmente per non aprire un fronte di dissenso con il presidente statunitense su una questione che considerava secondaria. Ne consegue, come nota Tønnesson, che “tutto ciò rivela un curioso e paralizzante processo decisionale da parte alleata: da una parte, l’OSS, l’SOE, la missione militare di Blaizot e la DGER speravano di sfruttare l’esistenza del regime di Decoux per fornire contatti all’intelligence e per prepararsi a future operazioni. Essi vedevano Decoux come un potenziale alleato, e le proposte della SOE e del governo francese di una partecipazione francese alla guerra in Estremo Oriente incontrava la simpatia sia del British Foreign Office sia del US Department of

State. Ma il Primo Ministro britannico ed il Presidente Usa si opponevano a qualunque

azione che avrebbe loro legato le mani per il futuro, o aumentato il prestigio di de Gaulle. Questi due, perciò, bloccavano continuamente il processo di formazione delle decisioni”120.

118

Cfr. DOUGLAS FORD, “Planning for an Unpredictable War: British Intelligence Assessments and the War against Japan, 1937-45”, in The Journal of Strategic Studies, vol. 27, n. 1, March 2004, pp. 136-167

119 Per Churchill l’appoggio a de Gaulle è strategico perché la Gran Bretagna, dopo la caduta della

Francia, rimase l’unico grande stato capace di fronteggiare, in Europa, l’azione nazista. De Gaulle, inoltre, anche perché esiliato, aveva stretti rapporti con Churchill, e avevano le stesse intenzioni anche riguardo alla politica coloniale

120 “All this reveals a curious and paralysing decisionmaking process on the allied side: on the one hand,

the OSS, the SOE, Blaizot’s military mission and the DGER all wished to exploit the existence of Decoux’s regime for providing the Allies with intelligence and for preparing future operations. They saw Decoux ad an allied asset, and the proposals from the SOE and the French government for French participation in the Far Eastern war met with symphaty both in the British Foreign Office and the US Department of State. But the British Prime Minister and the US President were opposed to any action that would tie their hands in the future or enhance the personal prestige of de Gaulle. These two therefore continuously blocked the decisionmaking process”.STEIN TØNNESSON, cit., p. 65. Traduzione libera

Nel considerare la politica britannica verso l’Indocina, insomma, bisogna sempre tener presente che ogni decisione sulle questioni militari più importanti veniva presa di comune accordo con gli ufficiali statunitensi.

Tuttavia i britannici offrirono supporto, per lo più logistico e informativo, alle truppe della Francia Libera, tanto che alcune vennero inquadrate nelle forze britanniche121. Questa operazione avvenne attraverso l’SOE (Special Operations Executive), un ufficio che nacque nel luglio del 1940 ed ebbe una esistenza abbastanza travagliata, poiché non era chiaro se dovesse rispondere al livello politico o militare, ed il grado di autonomia che esso avrebbe avuto rispetto a questi nei vari territori122. Il compito della SOE era organizzare e favorire la resistenza e la propaganda contro il nemico nei suoi territori, o nei territori da lui occupati. Inizialmente, tra il 1940 ed il 1941, le deboli operazioni che si concretizzarono in Indocina, dove non si sapeva esattamente se ci si dovesse posizionare contro i giapponesi o contro i francesi di Vichy, non portarono alcun tipo di risultato. Nel 1943, quando i britannici tentarono di impiegare truppe francesi, addestrate ad Algiers, sugli scenari estremo orientali, ed in particolare in Indocina, tale operazione venne bloccata dal veto di Roosevelt123.

Tuttavia, Calcutta continuò ad aiutare i francesi per tutto il 1944, e nel luglio e nel novembre 1944 François de Langlande, diventato il punto di riferimento per de Gaulle in queste operazioni, venne paracadutato in Indocina, dove entrò in contatto con Mordant, dandogli l’ordine di mantenere un basso profilo. Si moltiplicarono anche i lanci di materiale: a fine dicembre 13 stazioni radio, capaci di comunicare con Calcutta, erano in uso. Nel gennaio 1945 furono paracadutati 27 agenti, e a febbraio il numero delle zone di lancio era salito a 50, con 21 radio attive. Il movimento di resistenza era stato rifornito di 3,400 Sten, con circa un milione di colpi, 6.000 granate, 800 pistole, e altro materiale, e vennero infiltrati in tutto una sessantina di uomini124. Tutti questi sforzi furono vanificati dal colpo di stato del 9 marzo, al quale la resistenza, anche per difetti propri, non seppe opporre nessuna risposta credibile. Dal punto di vista dei rapporti britannico-statunitensi, in particolare, ben presto emerse un contrasto tra l’Ammiraglio Lord Louis Mountbatten, Comandante Supremo britannico dell’Asia del sudest, e il Generale Wedemeyer, che rappresentava gli americani (questi lavorò prima con Mountabatten e, successivamente, con Jiang Jieshi). Il contrasto atteneva alla collocazione dell’Indocina nelle sfere d’azione alleate, se cioè facesse parte dello scacchiere sudest-asiatico (di competenza britannica) o est- asiatico, di competenza statunitense. Infatti, v’erano per l’area due diversi piani, uno franco-britannico e uno sino-americano125.

In realtà, l’Indocina era vista come un settore secondario e, avendo i britannici e gli americani interessi non coincidenti, si permise che ognuno agisse nella maniera desiderata, così da non creare nessuna crisi, o, quantomeno, nessuna crisi di ragguardevole importanza.

Dopo il 9 marzo, sebbene i contatti tra i francesi e gli statunitensi stessero ricominciando, la disputa su chi dovesse occuparsi dell’Indocina continuò, sino a che

121 “Still Mountabatten authorized Force 136 of the Special Operational Executive (SOE) to set up a

French DGER in Calcutta, with regular radio contact to French military authorities inside Indochina, for convenience called a ‘Resistance Movement’. Although they wore British uniforms, the DGER officers were not keen to keep Mountbatten informed of their activities. […] Force 136 even arranged for de Gaulle’s representative, François de Langlande, to be parachuted twice into Tonkin for talks with colonial officers”. Idem, pag. 157

122 C

HARLES CRUICKSHANK, SOE (Special Operations Executive) in the Far East, Oxford University Press, Oxford 1983

123 Idem, pp. 122-123 124

Idem, p. 130

125 S

“dalla fine di luglio si raggiunse un compromesso: l’Indocina venne divisa in due, con la metà settentrionale di competenza di Jiang Jieshi, e la metà meridionale trasferito alla competenza di Mountbatten”126. Conseguentemente, la Conferenza di Potsdam stabilì che, nel caso di sconfitta giapponese dell’area, le truppe britanniche sarebbero avanzate sino all’altezza del 16° parallelo, cosa che effettivamente accadde, ma notevolmente in ritardo rispetto al previsto127.