2. Spazio umano e sociale nel nord Viet Nam
2.4 Potere imperiale, villaggio: la lunga storia del popolo vietnamita
In India, nel sudest asiatico, in Cina, i colonialisti, per spiegare le nuove realtà che si paravano loro davanti, si sono accontentati, nell’analizzare il sistema del potere, di individuare nel villaggio il luogo centrale della vita sociale individuale e collettiva, e di applicare però allo stesso le categorie di proprietà e di rapporto con il potere proprie
32 Cfr. P
IERRE GOUROU, cit., pp. 282-284
33
“Local buying-and-selling of agricultural and industrial goods was handled by peasant women, usually widows. The long-distance trading was often the occupation of wives of officials since these women had more funds with which to purchase larger stocks”. NANCY WIEGERSMA, cit., p. 63
34 Jacques Pezeu-Massabuau da una definizione interessante di estremo oriente: L’Extreme-Orient est le
versant orientale de l’Asie. Depuis l’embouchure du Mékong jusqu’aux rives de l’Amuour, son unitè s’affirme par la même soumission à une commune influence : celle de la civilisation chinoise. […] Pour la géographe, l’unité de cette région provient du rôle capital de la mousson et de la similitude des paysages ruraux traditionnelles où s’affirme la forte parenté culturelle des Chinois, des Coréens, des Vietnamiens et des Japonais : occupation intense des plaines alluviales, rythmes de travail fondé sur le cycle végétatif du riz ou des millets, élevage absent ou maladroit, demeures groupées en villages et édifiées pour tout ou partie de matériaux d’origine végétale, attitude de mépris ou d’impuissance vis-à-vis de la montagne, que celle-ci ait conservé ses forets ou que l’homme l’en ait dénudé". JACQUES PEZEU- MASSABUAU, Pays et paysages d’Extreme-Orient, PUF, Paris 1977, p. 9
35 Si veda V
dell’Occidente36. In questo modo, però, si è deformata la realtà, e la si è piegata alle nostre categorie. In particolare, si utilizza la nostra concezione di proprietà e la nostra concezione di potere a territori che hanno una storia non nostra, altra.
Nel caso del Viet Nam, è giusto individuare nel villaggio il centro della vita sociale, e però, nell’analisi del rapporto con il potere centrale, con l’Impero, bisogna sforzarsi di avviare un’analisi comparata, e non di imporre le nostre categorie a quel territorio. Innanzitutto, il villaggio non è mai stato completamente autonomo, autarchico nella produzione e indipendente nelle scelte. Già le leggende che raccontano come, nella notte dei tempi, si unificò il regno dei Viet nel Viet Nam del nord, parlano di 15 tribù, inizialmente in lotta tra di loro, che si unificano, in nome di una lingua comune, di comuni costumi, e di un destino comune. Il villaggio non è mai da solo.
Tralasciando i villaggi che vivono in funzione degli altri, come i villaggi che producono manufatti, i villaggi flottanti lungo il Fiume Rosso, tutti i villaggi intrattengono rapporti, tendenzialmente vitali, con i vicini37. Oltre ai villaggi vicini, poi, vi sono, da parte dei villaggi del delta, i rapporti che questi intrattengono con i villaggi di montagna e con quelli costieri, la cui ragione principale è lo scambio di prodotti. Infine, vi è una comunità di lingua e di costumi.
Su questo sostrato si inserì, tra il I secolo a.C. e il IX d.C., la dominazione cinese. Il Bac Bo, sottoposto all’occupazione da parte di un popolo che aveva una lingua diversa, e che considerava inferiori i popoli confinanti, acquisì la forma mentis cinese, la adattò alle condizioni locali, facendola convivere con le permanenze pre-cinesi, e, quasi paradossalmente, la utilizzò per costruire uno stato autonomo, imperiale, nazionalista, il “regno del sud”, con a capo un imperatore “cinese” che, proprio in quanto regno del sud, aveva il mandato dal cielo per combattere contro l’invasore straniero. Le unità sociali del potere imperiale non erano i singoli, gli individui, bensì i villaggi. Ogni capovillaggio era responsabile per la riscossione delle imposte, e l’imperatore ad esso faceva riferimento, non al singolo o al gruppo familiare.
Se da una parte, quindi, l’imperatore chiedeva al villaggio il pagamento di un’imposta collettiva, la partecipazione alla guerra di liberazione nazionale in caso di invasione straniera o in caso di difesa di territori strappati ai Champa, e il rispetto delle regole consuetudinarie nel rapporto con gli altri villaggi, dall’altra il villaggio chiedeva all’imperatore l’intervento nel caso di disastri naturali, inondazioni o carestie e nel caso di invasione del proprio territorio. L’imperatore, insieme alla corte, aveva inoltre il fondamentale compito di curare i rapporti con il cielo e le entità sovrannaturali.
Insun Yu, nel suo libro Law and Society in Seventeenth and Eighteenth Century in
Vietnam, dimostra come il Viet Nam non abbia mai applicato, in maniera acritica, come
tanti colonialisti francesi hanno immaginato, i principi, anche giuridici, della civiltà cinese. Al contrario, lo stesso codice Le, che è il primo codice vietnamita che possiamo studiare, poiché è arrivato sino ai nostri giorni, fa sintesi delle consuetudini radicate nella società vietnamita e dei principi del codice cinese Quin, al quale fa chiaro riferimento. In particolare, il codice Le tiene conto del diversa organizzazione della famiglia nella società di villaggio vietnamita, della minore subordinazione della donne, del minore ruolo che la famiglia stessa ha all’interno dell’organizzazione sociale del villaggio.
Insomma, il potere imperiale vietnamita, che pure prende spunto e ricalca quello cinese, è un’originale riproposizione di un modello sociale fortemente gerarchizzato, che riesce a difendere il suoi sottoposti, a garantire ai villaggi gli spazi di autonomia affinché questi possano soddisfare le richieste di vita sociale dei suoi componenti; un sistema che
36 Per il caso indiano cfr. L
OUIS DUMONT, La civiltà indiana e noi, Adelphi, Milano 1986
37 “Cette indépendance des villages est tempérée par des ententes entre villages voisins et parfois entre
villages éloignés ; elles ont pour origine soit un fait de colonisation d’où est né un nouveau village resté étroitement uni au village d’origine, soit un souci de sécurité". PIERRE GOUROU, cit., p. 264
riesce a intervenire in caso di inondazioni e catastrofi naturali, che riesce, proprio in virtù della sua centralizzazione, ad adempiere lavori, come quelli più gravosi riguardanti il controllo degli argini del Fiume Rosso, determinanti per la sopravvivenza e il benessere della popolazione.