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3. Il paradigma coloniale indocinese

3.4 La reazione monarchica

La monarchia vietnamita è un’istituzione che, sconfitta militarmente dalle truppe francesi, non ebbe la forza di elaborare una strategia di risposta e di fuoriuscita nazionale agli inevitabili sconvolgimenti economico-sociali che le potenze coloniali, durante il XIX secolo, imposero a tutta l’Asia orientale e sudorientale80. A differenza dell’élite giapponese, la corte vietnamita non comprese la portata del cambiamento e, almeno per qualche decennio, credette che i francesi sarebbero stati una parentesi dentro l’ampia storia della monarchia di stampo confuciano, la quale poteva essere, anche per lunghi periodi, sottomessa ma, proprio per la sua “centralità” confuciana, non poteva scomparire. La monarchia, infatti, era la garante della pace cosmica.

76 P

HILIPPE DEVILLERS, Histoire du Vietnam du 1940 à 1952, Editions du Seuil, Paris 1952, p. 42

77 C

LAUDE HESSE D’ALZON,cit., p. 25

78

Cfr. RONALD H.SPECTOR, United States Army in Vietnam. Advice and Support: The Early Years, 1941-

1960, Center of Military History U.S. Army, Washington DC 1983, p. 32

79 D

AVID MARR, Vietnamese Traditions on Trial 1920-1945, University of California Press, Berkeley 1981, p. 1

80

Cfr. CHARLES FOURNIAU, Vietnam Domination coloniale et résistance nationale (1858-1914), Les indes savants, Paris 2002. Si tratta di uno dei testi più completi sull’argomento

Nguyen The Anh, nel suo libro Monarchie et fait colonial au Viet-Nam (1875-1925) Le

crépuscule d’un ordre traditionel, critica l’impostazione secondo la quale la monarchia

vietnamita fu, da un punto di vista nazionalistico, un periodo di transizione tra la presenza francese e la costituzione dei partiti moderni, che l’autore fa risalire al 192581. Egli ritiene che l’istituzione monarchica sia il legame tra lo stato dinastico del passato e lo stato nazionale che verrà costruito successivamente.

La monarchia è stata una sovrastruttura che, arrivati i francesi, sopravvisse ad una struttura economico-sociale che, seppur lentamente, stava cambiando. La base sociale del consenso diminuiva di anno in anno, e i continui accomodamenti con le autorità francesi ne riducevano drasticamente l’autorità, intesa come rappresentanza del popolo tutto. Il popolo, infatti, a partire dall’appoggio al can vuong, manifestò il proprio nazionalismo, che andava al di là del realismo monarchico82.

Si trattò, quindi, più di un lento declino, dovuto all’inerzia della storia e alla volontà francese di mantenere in piedi un’istituzione fragile e malleabile quale essa era diventata, che di un legame tra il vecchio e il nuovo stato. La vecchia classe dirigente non fu capace né di chiamare il paese alla lotta contro l’invasore, né di indicare su quali basi costruire il nuovo stato. Si trattava, in altri termini, di una battaglia di retroguardia, la quale non teneva conto delle mutate condizioni internazionali, economiche e tecniche.

Essa tentò di rispondere al nuovo invocando semplicemente il vecchio; al contrario, per esempio, del Giappone.

Tu-Duc, che governava dal 1829, era strettamente legato alla cultura confuciana, e aveva un’alta concezione del proprio ruolo. Grande lavoratore, sapeva come mantenere il potere, e come mettere uno contro l’altro i suoi rivali. Non sapeva però come risollevare le sorti del paese, afflitto da una gravissima crisi economica. Per queste ragioni, firmò il trattato franco-vietnamita del 1874, che riconosceva la sovranità francese sul Nam Bo. La mancata adozione di riforme non era dovuto alla chiusura di Tu-Duc, che anzi non si dimostrò mai ottuso di fronte al nuovo83. Era dovuto alla paura che, con le modernizzazioni, i francesi avrebbero avuto la meglio sui mandarini. Prevalse, quindi, un atteggiamento conservatore, per cui il mantenimento del potere non si collegò alla rinascita economica del paese.

Tu-Duc morì nel 1883. Seguirono due anni di intrighi di corte, mentre la Francia conduceva una guerra vittoriosa contro la Cina nel nord del paese. Nel 1885, quando salì sul trono un re designato dai francesi, i mandarini erano attoniti: la Cina, l’Impero del nord, era stato sconfitto dalla forza che loro si trovavano in casa. Come era possibile resistergli? La corte decise di capitolare, ma il popolo, capeggiati dai letterati ribelli, si oppose. Nacque il can vuong. Esso riprendeva i alcuni caratteri di lungo periodo della storia vietnamita, e precisamente quello per il quale la corte, o una parte di essa, in caso di invasione di una forza straniera, deve chiamare il popolo all’insurrezione e alla resistenza popolare, al fine di cominciare una lotta di popolo.

Il 7 e il 13 luglio 1885 Ham-Nghi, erede al trono lanciò, da una caverna, un appello a prestare assistenza al re (can vuong), affinché il cielo trasformasse il caos in ordine84. Ognuno, letterato, contadino, vecchio, donna, uomo o bambino, doveva fare tutto ciò che poteva per liberare il paese dall’invasore. Iniziò un movimento di massa, che perse quasi subito il sostegno di gran parte della corte reale e dei più alti mandarini, e che

81

NGUYEN THE ANH, Monarchie et fait colonial au Viet-Nam (1875-1925) Le crépuscule d’un ordre

traditionnel, L’Harmattan, Paris 1992.

82 F

RANCESCO MONTESSORO, cit., pp. 50-54

83 N

GUYEN THE ANH, cit., p. 32-33. Sull’argomento vedi anche DANIEL GEORGE EDWARD HALL,cit., pp.

790-791, che da un giudizio diverso su Tu-Duc

però ottenne il consenso di larghe fasce della popolazione in tutte le aree del Viet Nam85. Esso fu favorito, oltre che da una presenza militare francese ancora non estesa, da un’insurrezione in Cambogia che viene organizzata da un avversario del re Norodom. Esso riuscì a creare un governo parallelo in tre aree del paese: le province settentrionali del Trung Bo (Thanh Hoa e Nghe An); le province meridionali del Trung Bo (Quang Nam e Quang Ngai), ed il delta del Fiume Rosso (gli epicentri erano Bai Say, tra Hanoi e Hung Yen, e le montagne intorno al delta). Quasi sempre lo stadio del confronto rimase al livello della guerriglia locale. In alcuni casi, si arrivò alla costruzione di alcuni castelli fortificati, segno di un salto di qualità militare. La fortezza di Ba Dinh, nel cuore della provincia di Thanh Hoa, arrivò ad essere difesa da circa 3.000 uomini, la maggioranza dei quali erano contadini.

Sino al 1891 l’esercito coloniale, che conta circa 42.000 effettivi, rimase vittima della ribellione. Tuttavia, il can vuong venne progressivamente sconfitto. A causa di una scarsa visione strategica, sia militare che politica, i ribelli vennero circondati, eliminati, e la popolazione terrorizzata. L’appello al realismo, infatti, non di dimostrò abbastanza. Non si indicava né come sconfiggere militarmente i francesi né come si voleva ricostruire lo stato. Il movimento venne sostenuto da migliaia di letterati e da decine di migliaia di contadini, giovani, donne, e però la mancanza di un gruppo dirigente determinò innanzitutto la frammentazione del movimento in atti insurrezionali di tipo regionale, tra loro scoordinati dal punto di vista temporale, e infine la sconfitta ad opera della preponderante forza militare francese86.

I francesi, consci del rischio di una crescente opposizione nazionalista all’occupazione coloniale, divennero i difensori della monarchia. Emerse così l’oscillazione di atteggiamenti nei confronti della monarchia che caratterizzò tutta l’esperienza coloniale: da una parte si cercava la gestione diretta dello stato (per esempio sulle questioni finanziarie), e la creazione di una nuova classe dirigente francesizzata assolutamente succube di Parigi, e dall’altra ci si appoggiò alla monarchia e al suo ruolo tradizionale affinché questa fungesse da paravento verso il popolo, così da limitarne l’attitudine alla ribellione. La monarchia, inoltre, aveva un apparato talmente ramificato che le permetteva di esercitare un certo controllo sino ai livelli più bassi dello stato, controllo che non riusciva ai francesi.

La resistenza sviluppò un realismo ambiguo e idealizzato87. Da una parte, i mandarini vedevano i monarchi capitolare di fronte al potere francese e negoziare condizioni favorevoli solamente al mantenimento di una superiorità nominale e materiale del monarca sui suoi sudditi. Dall’altra, il realismo venne usato per creare consenso intorno alla resistenza e alla lotta contro l’invasione. Esso dovette però trasformarsi in un realismo idealizzato, cioè non legato al presente, bensì legato ad un passato non ben identificato che veniva individuato nella tradizione. In questo modo, anche se il re in quel momento assiso al trono non era favorevole alla resistenza, non c’era problema. Progressivamente però, a causa della subordinazione di Hue a Parigi e a causa dell’irruzione di nuove realtà economiche e sociali, il popolo perse fiducia nella monarchia. Nacquero i movimenti nazionalisti, rappresentati da Phan Chu Trinh e Phan Boi Chau. La corte non riuscì ad elaborare una risposta all’altezza.

I monarchi, eredi di un’organizzazione di stampo confuciano che non poteva sopportare l’insubordinazione ai francesi, furono protagonisti di atti tanto sorprendenti quanto effimeri.

Oltre al can vuong lanciato da Ham-Nghi, Duy Tan, re succeduto a Dong-Khan, nel maggio del 1916 scappò per mettersi alla testa di un movimento di ribellione. Voleva

85 P

IERRE BROCHEUX,DANIEL HEMERY, cit., p. 56

86

Idem, p. 58

87 D

beneficiare del difficile momento della Francia, causato dalla guerra mondiale, per innescare una ribellione, per poi ottenere una revisione del trattato del 188488.

Si ricordi, infine, anche l’atteggiamento del “francese” Bao Dai che, il 25 agosto 1945, al momento del passaggio dei poteri al Presidente della Repubblica Democratica del Viet Nam, Ho Chi Minh, affermò che era meglio vivere da cittadino semplice di un paese indipendente che da re in un paese soggiogato89.

La monarchia fu, nel Trung Bo e nel Bac Bo, la maschera sempre più incolore del colonialismo francese. Costruita per poter governare altre situazioni economiche, è stata una sovrastruttura che ha continuato, per inerzia, a sopravvivere, salvo trasformarsi sempre più in un istituzione autoreferenziale e senza consenso popolare. I rapporti di forza sui quali si basava, infatti, erano stati irrimediabilmente sconfitti dall’imperialismo francese.

Mentre i monarchi e i mandarini vietnamiti elaboravano una strategia di risposta che nasceva dalle umiliazioni subite dal colonialismo, la corte di Phnom Penh e i regni lao continuarono a vivere in un universo ideale e immaginario pre-politico, che non permetteva loro di pensare, progettare e attuare una risposta credibile ed efficace alle sfide di fine XIX e inizio XX secolo90. Questa situazione si protrasse sino alla seconda guerra mondiale.