4. Nazionalismo, radicalismo e comunismo, tra lotta per l’indipendenza e questione sociale
4.4 La questione femminile
Prima dell’occupazione cinese, e della lenta sinizzazione della popolazione kinh, l’odierno Viet Nam condivideva con gli altri territori del sudest asiatico, sia continentale che marittimo, molti caratteri. Uno di questi era il ruolo che le donne22. Mentre l’uomo, per cacciare o per coltivare, era costretto a lunghi spostamenti, accentuati dall’arretratezza delle tecniche a disposizione, la donna si dedicava ai lavori della casa e alla cura dei terreni più circostanti il villaggio. La vera custode dell’altare familiare, inteso come culto degli antenati, era la donna.
L’invasione e l’occupazione cinese del 111 a.C. non introdusse solamente il confucianesimo, bensì anche il buddismo e il taoismo. Quest’ultimo si fuse, a livello popolare, con la credenze animistiche locali. Il buddismo, inoltre, sino almeno alla conquista dell’indipendenza del 939 d.C., fu la religione e l’ideologia dominante. Solamente a partire dal XIII secolo il confucianesimo, che in quanto filosofia di governo garantiva una maggiore coesione politica rispetto alla religione buddista, si affermò all’interno dell’organizzazione imperiale. Esso prevedeva e prescriveva una forte gerarchizzazione sociale, talmente profonda da coinvolgere anche la sfera familiare, all’interno della quale le donne avevano un ruolo subordinato rispetto alle figure maschili. La donna, infatti, era succube del padre, del marito, del fratello maggiore e, se veniva a mancare il marito, del figlio maggiore e del fratello del marito. All’interno del nucleo familiare, inoltre, spesso v’era anche la suocera, la madre del marito, la quale aveva anch’essa piena libertà nei confronti della nuora.
In realtà, anche nei secoli successivi all’affermazione del confucianesimo quale ideologia dominante la condizione della donna vietnamita non raggiunse i livelli di subordinazione della donna cinese. I codici Le, che furono redatti dalla fine del XVI secolo usando come esempio i codici Quin, sul ruolo delle donne si discostarono dai
21 Cfr. A
NNAMARIA BALDUSSI, Abiti diversi per un nazionalismo vietnamita Storia politica del
caodaismo, Orientalia Karalitana Serie Monografica, Cagliari 2000
22
LE THANH KHOI, Storia del Viet Nam Dalle origini all’occupazione francese, Einaudi, Torino 1979, pp. 66-67
parametri cinesi23. Il matrimonio non fu mai solamente una transazione commerciale, la moglie non venne mai considerata proprietà del marito, e anche se il Codice Le sancì la superiorità dell’uomo rispetto alla donna, tale superiorità spesso era soltanto sulla carta. Nel campo del diritto ereditario, per esempio, la donna aveva quasi gli stessi diritti dell’uomo.
Si noti, inoltre, come il confucianesimo sia penetrato soprattutto tra la popolazione kinh. Le popolazioni delle montagne mantennero le proprie peculiarità, e spesso il tentativo di imporre nuove usanze e costumi alle popolazioni non-kinh risultò nient’altro che in un maggiore spirito d’appartenenza.
Il codice Gia-Long, risultato di un confucianesimo più “ortodosso” e reazionario, venne varato nel XIX secolo e si sovrappose, almeno sino al XX secolo, alle nuove forme di discriminazione e sfruttamento dei primi decenni della colonizzazione.
La storia delle donne vietnamite, insomma, non può essere considerata la storia di una oppressione secolare di stampo confuciano. Che alcuni tra i più amati e studiati personaggi storici siano delle donne, e che la Kim Van Kieu, la Favola di Kieu, opera letteraria nazionale del paese, abbiano per protagonista una donna, ne è la conferma. Le sorelle Trung sono, insieme a Trang Hung Dao, tra i personaggi storici più famosi della storia vietnamita. Tutti gli anticolonialisti vietnamiti hanno fatto continuo riferimento a loro. La loro storia è la storia dell’inizio della ribellione ai cinesi.
Nel I secolo d.C. i cinesi volevano trasformare il Gia-Dinh (questo il nome cinese del regno Dai-Viet) da protettorato a vera e propria amministrazione diretta. Tale processo si scontrò con l’opposizione dell’aristocrazia vietnamita che, forte dell’appoggio popolare, si ribellò. La ribellione, guidata dalle due sorelle Trung ebbe successo e nel 20 d.C., dopo aver conquistato sessantacinque piazzeforti, venne proclamata l’indipendenza. Solamente due anni dopo, forti di una migliore organizzazione militare, i cinesi riuscirono a riconquistare il Gia-Dinh. La ribellione, però, non venne dimenticata. Le sorelle Trung divennero oggetto di venerazione, e ogni ribellione che, da allora sino alla liberazione dai cinesi del 939 ebbe luogo, fu compiuta riferendosi a loro.
La Favola di Kieu è l’opera letteraria nazionale vietnamita per eccellenza. La protagonista è una donna, che vive i drammi dell’amore e del rispetto della pietà filiale, in una società meschina e crudele, di cui sarà vittima e nella quale, al termine delle sue disavventure, troverà un equilibrio. Si tratta della storia di Thuy Kieu, la quale, nonostante sia innamorata di Kim Trong, si prostituisce per salvare i genitori. Inizia un calvario che le fa conoscere i lati peggiori della società: la povertà, la violenza, i funzionari corrotti, gli approfittatori, i truffatori, i trafficanti, i bigotti e gli ipocriti. In mezzo alla desolazione, incontrerà anche chi, da solo e sconfitto in partenza, si ribellerà alla meschinità in nome della libertà e dell’indipendenza, e però verrà irrimediabilmente sconfitto. Grazie al suo aiuto, Kieu può lasciare il mondo terribile in cui era stata costretta ad immergersi per tornare dalla sua famiglia; scoprirà che la sorella, nel frattempo, si è sposata con il suo amato, accetterà l’evoluzione della sua esistenza come chi deve accettare il proprio destino perché non può cambiarlo e alcune cose si devono fare al di là del benessere personale.
La favola di Kieu non è solamente la trasposizione letteraria del dramma del suo autore, un mandarino che sentiva di tradire i suoi antenati mettendosi al servizio dei corrotti Gia-Long e Minh-Mang. E’ un affresco pregnante della storia e dei sentimenti più alti che contraddistinguono la società vietnamita, e contemporaneamente la descrizione, cruda e veritiera, della bassezza della società del XIX secolo.
Durante il XIX la condizione femminile subì il doppio giogo della monarchia oscurantista e del colonialismo francese. Essa fu un peggioramento di una situazione di
23
Cfr. INSUN YU, Law and Society in Seventeenth and Eighteenth Century in Vietnam, Asiatic Research Center, Seoul 1990
inferiorità che, seppur non totalizzante come nella società cinese, era comunque presente.
A partire dai primi anni del ventesimo secolo la situazione cambiò: l’apertura di scuole dedicate alle donne, l’apparire di nuove classi sociali i cui elementi femminili godevano di una relativa libertà d’azione, furono i primi segnali24. Alla scuola Dong Kinh Nghia
Thuc vennero ammesse ad insegnare, oltre che a seguire le lezioni, e nel 1919 a Saigon
apparve la prima rivista dedicata alle donne, Nu Gioi Chung (Women’s Bell).
Il primo ad occuparsi del ruolo delle donne nella società vietnamita moderna fu Phan Boi Chau. Egli vide nelle donne una pedina fondamentale nella lotta anticoloniale. Le donne avevano maggiore libertà di movimento, e solamente le donne potevano convincere altre donne ad unirsi per lottare per l’indipendenza. Nel 1911, dal Siam, egli scrisse un dramma sulle sorelle Trung, nel quale, oltre a dare un’immagine assolutamente umana delle protagoniste (le descrisse piangenti che non sapevano come superare le avversità), presentò la loro leadership non come un tributo e una continuazione dell’attività del marito di una delle due, morto per l’indipendenza del paese, bensì come un’azione cosciente, che spazzava via la passività confuciana.
Phan Boi Chau, insomma, mentre assumeva delle posizioni assolutamente avanzate riguardo all’emancipazione femminile, le subordinava alla lotta per l’indipendenza. Durante gli anni venti e trenta la questione femminile divenne uno dei nodi intorno ai quali i radicali, la nascente piccola-borghesia e le loro organizzazioni e tutti gli anticolonialisti discussero e si divisero. Le organizzazioni che s’occuparono del tema, tuttavia, per tutti gli anni venti non riuscirono a penetrare a fondo nella società, e rimasero organizzazioni d’élite. Nel 1927, alcune militanti della Women’s League for
Peace and Freedom fecero un tour per il Viet Nam e rimasero molto deluse dal livello
di coinvolgimento delle donne alla vita pubblica. La Cina, dissero, sul tema è molto più avanti25.
Sulla questione femminile si concentrarono le diverse visioni: dai neo-tradizionalisti, che coniugarono la difesa della famiglia tradizionale al collaborazionismo con l’autorità francese (Pham Quynh ne è l’esempio più importante) ai radicali e alle radicali che, partendo dalla critica della famiglia tradizionale, furono costretti, nel corso di anni, a passare da un’impostazione individualista del problema ad un’impostazione nella quale venivano messe in discussione le basi sociali della mancata emancipazione femminile. Su questa falsariga possono essere analizzate alcune tra le esperienze più importanti di quegli anni: la Nu Cong Hoc Hoi, l’Associazione di studio-lavoro delle Donne, di Hue, e la Phu Nu Tan Van, Notizie delle donne, una rivista di Saigon.
La Nu Cong Hoc Hoi, una delle prime organizzazioni femminili del paese, nacque a Hue nel 1926 ad opera di Nguyen Khoa Tung. La cerimonia d’inaugurazione dell’organizzazione si avvalse di un discorso pubblico di Phan Boi Chau, che lodò e sottolineò l’importanza dell’organizzazione, e cercò di stabilire un ponte tra la necessità di emancipazione della componente femminile della società e le caratteristiche della civiltà vietnamita. Il suo tentativo conciliatorio si spinse sino ad affermare che le conquiste dell’Unione Sovietica nel campo della democrazia di genere forse erano “troppo avanzate” per il Viet Nam26. Tale impostazione si sostanziò nella richiesta di una migliore educazione per le donne, ma anche nella difesa del primato della famiglia nella vita femminile. L’organizzazione si estese ben al di là di Hue, sino a Saigon.
24 D
AVID G.MARR, “The 1920s Women’s Rights Debates in Vietnam”, The Journal of Asian Studies, vol. 35, n. 3 (May 1976), pp. 371-389
25 H
UE-TAM HO TAI, cit., p. 203
26
DAVID G. MARR, Vietnamese Tradition on Trial 1920-1945, University of California Press, Berkeley 1981, p. 215
Intorno al 1929, tuttavia, cominciarono a levarsi numerosi voci contrarie all’impostazione dell’associazione, che subordinava la partecipazione delle donne al potere ad una lunga opera d’educazione, che lasciava fondamentalmente intatte sia l’organizzazione sociale che familiare tradizionale. Nel momento in cui tali analisi, che si concentravano sul sistema sociale e sulla vita familiare vietnamita per condannarli come antiquati, apparirono sulla rivista della Nu Cong Hoc Hoi, l’organizzazione venne vietata dai francesi. Si noti come, nello stesso periodo, il figlio della fondatrice della rivista fosse un leader dell’organizzazione clandestina di sinistra Tan Viet, che nel 1930 assunse caratteri marxisti-leninisti27.
Un altro esempio di come la questione femminile fosse lo specchio del travaglio sociale del Viet Nam di quegli anni è il settimanale Phu Nu Van Tan, Notizie di donne, che venne pubblicato a Saigon dal 1929 al 1934. Il pubblico di riferimento non era una ristretta élite, bensì tutte le giovani donne, ma anche uomini, che frequentavano le scuole, e perciò il linguaggio non era particolarmente ricercato, e gli argomenti era tutti quelli più attuali. Il settimanale offriva spazio alla posizioni più differenti, e per i primi anni si limitò a chiedere una maggiore educazione e una maggiore coscienza verso la questione femminile.
A differenza della Nu Cong Hoc Hoi, l’eredità confuciana venne prevalentemente condannata, come il mezzo attraverso il quale si perpetuava l’oppressione delle donne. Le donne dovevano godere degli stessi diritti e delle stesse possibilità degli uomini. A partire dal 1933, complice l’aggravarsi della situazione economica, i problemi interni alla redazione, anche di tipo finanziario, e la stanchezza di coloro che avevano diretto il giornale nei suoi primi anni, la Phu Nu Van Tan assunse toni sempre più anticoloniali. Fece la sua apparizione il materialismo dialettico, la lotta al fascismo, l’analisi sociologica della prostituzione, l’attacco al femminismo borghese, capace di guardare solamente alla superficie e non alla profondità dei problemi. Il settimanale venne chiuso nel 1934.
La sua importanza risiedette nel vasto pubblico, che per la prima volta si interessò delle questioni di genere, anche se la Phu Nu Van Tan non divenne mai un veicolo per le rivendicazioni delle donne delle classi meno abbienti. Non è un caso che in quegli anni il concorrente editoriale di Thanh Nien, Gioventù, la rivista dell’omonima organizzazione creata nel 1925 da Ngueyn Ai Quoc, sia stato a Saigon proprio la Phu
Nu Van Tan28.
Nel Bac Bo la partecipazione femminile e il dibattito sulle questioni di genere fu ugualmente un fenomeno nuovo e influente sullo scenario politico e sociale. In occasione della morte di Phan Chu Trinh le ragazze della Girls’ School di Ha Noi, incuranti del divieto del governatore generale Varenne, scioperarono per dimostrare la loro vicinanza rispetto al nazionalista vietnamita29.
I comunisti affrontarono la questione femminile sin dal 1930, anno della fondazione del PCI30. Anzi, già la Thanh Nien, attraverso la sua stampa, diede ampio risalto all’emancipazione femminile e alla partecipazione femminile alla lotta anticoloniale. Le donne aderirono al movimento comunista vietnamita, come gli uomini, per diverse ragioni. La volontà d’emancipazione dallo sfruttamento coloniale e dalla condizione di servitù che vivevano all’interno della mura domestiche portò molte di loro ad aderire attraverso una militanza totalizzante al movimento comunista. Il partito sostituì la famiglia, anche perché per una donna si rivelò molto più difficile che per un uomo 27 Idem, p. 216 28 H UE-TAM HO TAI, cit., pp. 206-209 29 Idem, p. 159 30
Cfr. MAI THI TU, LE THI NHAM TUYET, Women in Viet Nam, Foreign Languages Publighing House, Hanoi 1978, e ARLENE EISEN BERGMAN, Women and revolution, Peoples Press, San Francisco 1974
coniugare militanza e vita privata31. Anche per questa ragione, quasi tutte le più alte dirigenti comuniste si sposarono con i quadri dell’organizzazione.
Tra il 1925 e il 1930 la Thanh Nien, soprattutto al Sud, fu in concorrenza sia con la VNQDD sia, sulle questioni di genere, con la Phu Nu Van Tan. Quest’ultima addirittura pubblicò a più riprese la foto di Alexandra Kollontai, la femminista sovietica, e notò sempre come, tra i membri della Thanh Nien e della VNQDD arrestati, ci fossero anche delle donne.
La Thanh Nien non si concentrò solamente sulla lotta per la distruzione della società tradizionale, nemico dell’emancipazione femminile. L’imperialismo, internazionale e nella sua diramazione locale vietnamita, divenne l’altro grande obiettivo rispetto al quale le donne si dovevano mobilitare. Lotta esterna contro i francesi e lotta interna, contro il tradizionalismo.
All’interno di questo pendolo non era facile muoversi, per difetto d’iniziativa politica e per limiti legati alla conformazione sociale della Thanh Nien prima e del PCI dopo. I comunisti, infatti, avevano come principale asse d’azione la lotta per il cambiamento sociale; le questioni legate ai rapporti interpersonali non furono mai una priorità. Le classi sociali a cui si faceva riferimento, inoltre, vivevano in una tale indigenza che era difficile anche solo pensare alla modificazione radicale dei rapporti familiari.
Nel caso, per esempio, che in una famiglia lo spirito rivoluzionario fosse comune a tutti i membri, era normale che si dedicasse all’attività rivoluzionaria l’uomo, e che la donna, seppur rivoluzionaria, rimanesse a casa, magari a procurare il sostentamento per il “rivoluzionario di professione”. Il maschilismo, infine, non poteva essere eliminato con un articolo, fosse anche di Nguyen Ai Quoc, e rimase, seppur non espresso, quale elemento caratteriale in tanti militanti del PCI32.
Nonostante ciò, la Thanh Nien prima, il PCI dopo e il Viet Minh durante la seconda guerra mondiale si dedicarono largamente alla propaganda e all’organizzazione del partito tra le donne. Esse, ritenute meno pericolose dai francesi, avevano maggiori possibilità di spostamento, potevano scambiare informazioni e materiale con minore rischio rispetto agli uomini.
La più alta dirigente comunista degli anni trenta fu Nguyen Thi Minh Khai (1910- 1941). Studentessa dello Nghe An, grazie ai suoi insegnanti e alla copertura fornitagli dal padre, si dedicò sin da giovanissima all’attività clandestina antifrancese. Nel 1930 si emancipò, abbandonò la famiglia e decise di diventare una rivoluzionaria di professione.
Arrestata nel 1931 in Cina e rilasciata nel 1934, nell’agosto del 1935 prese la parola al VII congresso del Comintern, durante il quale sottolineò l’oppressione delle donne, sia lavoratrici che contadine, nella società coloniali e semi-coloniali, e incitò ad una maggiore azione riguardo alla questione femminile. Al ritorno in Viet Nam, entrò a far parte del Comitato Regionale del Nam Bo, e dal 1939 segretaria della zona Saigon- Cholon. Catturata nel 1940 e accusata di attività anticoloniale, fu assassinata dai francesi il 28 agosto 1941.
La parabola di vita di Nguyen Thi Minh Khai è esemplare della parabola di vita di tante dirigenti del PCI, che abbandonarono la famiglia tradizionale per dedicarsi ad una nuova famiglia, nella quale il senso di appartenenza era anch’esso alto, e che terminarono presto la loro esistenza, falcidiate dalle sentenze dei tribunali, dalle brutture delle carceri o dagli scontri armati.
31
Ecco ciò che Nguyen Thi Minh Khai scriveva nel marzo del 1933 a proposito delle relazioni personali: “But marriage is absurd, a bore, a burden […] Now everything is broken and I am no longer haunted by the idea of marriage or motherhood […]. Let’s not speak of the past! My only husband is the Communist Revolution”. SOPHIE QUINN-JUDGE, “Women in the early Vietnamese Communist movement: sex, lies, and liberation”, South East Asia Research, 2001, 9, 3, p. 260
Ugualmente rappresentativa della militanza al femminile nel partito fu Nguyen Thi Nghia. Nata in una famiglia relativamente benestante, che le consentì di studiare, scelse di diventare una rivoluzionaria di professione, e nel 1930 fu il collegamento tra il Comitato Centrale del PCI e la ragione dello Nghe-Tinh. Catturata nel dicembre del 1930, morì senza tradire i compagni qualche mese dopo a causa delle torture subite. Durante la ribellione dello Nghe-Tinh per la prima volta le donne, per lo più contadine, furono protagoniste delle rivolta33.
Ma la svolta del 1930-31 non riguardò solamente le donne. Interessò tutto il movimento anticoloniale. Il centro dell’attenzione, dell’attività, si spostò definitivamente dall’individuale al sociale, al collettivo. I contadini, gli operai e i semi-proletari entrarono, da protagonisti, dentro la storia.