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3. Il paradigma coloniale indocinese

3.1 L’economia indocinese

La trasformazione economica in Indocina ha carattere complesso, poiché gli attori che immisero capitali, che organizzarono la presenza economica furono tra loro diversi, seppur convergenti in molte impostazioni e in molte modalità d’azione. Inoltre, le regioni che costituirono l’Indocina sono anch’esse diverse, per conformità fisica e umana e per possibilità di sfruttamento economico. Conseguentemente, gli effetti della presenza francese nel Laos furono diversi da quelli del nord o del sud del Viet Nam o della Cambogia.

Emerse un’economia che i francesi, così come le altre potenze imperialiste, volevano legata e dipendente dalla metropoli17. Un’economia di supporto alle esigenze di Parigi, capace di attirare e mettere a frutto capitali francesi che altrimenti avrebbero avuto ben pochi sbocchi; un’economia capace di fornire materie prime e prodotti agricoli sia alla metropoli sia ai paesi vicini, in modo che i francesi potessero utilizzarne i proventi per rifornirsi di altre merci18.

14 Ul ventesimo secolo cfr. R

AYMOND F.BETTS, Uncertain Dimensions – Western Overseas Empires in

the Twentieth Century, Oxford University Press, Oxford 1985

15

Cfr. DANIEL GEORGE EDWARD HALL,cit., pp. 304-305. Vedi ancheDONALD K. EMERSON (edt.),

Indonesia beyond Suharto: polity, economy, society, transition, Armonk, London 1999

16 Vedi il paragrafo 6.1 17 J

AMES FOREMAN-PECK, A History of the World Economy – International Relations Since 1850¸ Harvester, Great Britain 1995, p. 187-188

18 P

L’autonomia finanziaria, la possibilità cioè di non gravare sui bilanci dello stato metropolitano, da raggiungere attraverso una effettiva amministrazione del territorio e l’imposizione dei monopoli sul sale, l’alcool e l’oppio, fu l’altro aspetto dell’avventura coloniale. Doveva essere una colonizzazione a bon marché. All’interno della nuova organizzazione economica, naturalmente, non dovevano vigere gli standard metropolitani bensì la possibilità di attuare un dumping economico e sociale ante

litteram19. In generale, inoltre, la colonizzazione fu il momento storico in cui l’economia indocinese entrò a far parte dell’economia mondiale moderna: “un bilancio provvisorio mostra che la colonizzazione indocinese è stata portatrice di tre dimensioni dello sviluppo: la crescita quantitativa della produzione […], la modernizzazione delle pratiche economiche, dei modi di pensare e dei rapporti sociali, l’industrializzazione progressiva di una parte della produzione in correlazione con l’intensificazione e la monetarizzazione degli scambi”20.

Il caso di Haiphong è esemplare del carattere coloniale dell’impresa. Prima dell’occupazione francese, il Viet Nam aveva svariati porti, tutti più o meno importanti, e Haiphong, posto in un territorio non favorevole, era un piccolo porto di provincia. I francesi lo trasformarono nell’unico porto del nord Viet Nam, e spostarono il centro dell’economia del Bac Bo da Hanoi a Haiphong, così come gli interessi coloniali determinarono il passaggio del baricentro economico da Nanchino a Shanghai in Cina, da Delhi a Bombay in India, dal Cairo ad Alessandria in Egitto21.

E’ difficile stabilire quale fosse la situazione economica del Viet Nam prima dell’arrivo dei francesi. Alcuni sostengono che il paese, prima del 1858, vivesse meglio delle altre colonie francesi22. Si sa, però, che le gravi turbolenze politiche dei tre secoli precedenti avevano determinato una situazione cronica di insicurezza. Intere regioni erano state abbandonate perché in mano dei ribelli e soggette a continue incursioni da parte di banditi23. Infine, la stessa organizzazione sociale ed economica, di stampo confuciano, non permetteva alcun progresso delle attività commerciali, industriali, di sfruttamento del sottosuolo, non si curava di migliorare la produttività agricola24.

Lo sviluppo agricolo, inoltre, che si basava sostanzialmente su un aumento della quantità coltivabile, non poteva che essere svantaggiato dal grave disordine politico. Tuttavia, l’organizzazione solidaristica del villaggio, dove o si moriva tutti assieme di fame o non moriva nessuno, e l’estrema indigenza che i contadini riuscivano a sopportare, permetteva che nessuno vivesse in condizioni inaccettabili.

La conquista del Viet Nam, della Cambogia e del Laos, cominciata nel 1858, potè trasformarsi in pianificato sfruttamento economico solamente nel 1897. Prima la resistenza popolare all’invasore, appoggiata da vasti strati della vecchia classe dirigente, la scarsa preparazione militare e politica dei francesi e le incertezze di Parigi non permisero lo sviluppo di un coerente piano di sfruttamento e di penetrazione economica. Con l’arrivo a Saigon nel 1897 di Paul Doumer, nuovo governatore generale dell’Indocina, le precedenti operazioni economiche persero la loro estemporaneità per

19 Cfr. J-P. A

UMIPHIN, La présence financière et économique française en Indochine (1859-1939), thèse de 3e cycle, Université de Nice, 1981 (pubblicata in francese e vietnamita nel 1996, da Editions des Statistiques du Vietnam)

20 P

IERRE BROCHEUX,DANIEL HEMERY, cit., p. 113. Traduzione libera

21 Cfr. J

EAN CHESNEAUX, “L’insediamento geografico degli interessi coloniali nel Vietnam e i suoi rapporti con l’economia tradizionale”, in JEAN CHESNEAUX (a cura di), Storia e rivoluzione, Mazzotta, Milano 1971, pag. 79-80. Anche J-P. AUMIPHIN, cit., pp. 158-159

22 J

EAN CHESNEUX, p. 76

23 P

HAM CAO DUONG, Vietnamese peasants under French domination, University Press of America, California 1985, pp. 1-6

24

LE THANH KHOI, Storia del Viet Nam Dalle origini all’occupazione francese, Einaudi, Torino 1979, pp. 384-385

inserirsi in un quadro strategico25. Egli fu l’artefice della mise en valeur della colonia. L’obiettivo divenne sfruttare le possibilità economiche dei vari territori, attraverso l’utilizzo dei capitali metropolitani, supportati da un’amministrazione centrale efficiente che si ponesse al loro servizio, un’amministrazione capace di controllare il territorio e autonoma finanziariamente. Si costruì un sistema che puntava a soddisfare le esigenze del capitale, e che però allo stesso tempo tenesse in considerazione la situazione del paese. “ [Lo sviluppo NdA] si è raggiunto essenzialmente in quattro settori, che sono stati sino alla fine della seconda guerra mondiale i settori propulsivi della nuova economia indocinese: la risicoltura e le culture indigene […] destinate all’esportazione; le infrastrutture di base; le industrie e le agro-industrie; il commercio estero”26. Sino ai primi anni del novecento, infatti, il riso era l’unica risorsa economica indocinese che veniva sfruttata.

Un sistema estensivo e più profondo di sfruttamento aveva bisogno di un maggior controllo del territorio. In quest’ottica si collocò l’atteggiamento del governo verso il villaggio e i notabili che lo controllavano. In un primo periodo, infatti, si mantennero le istituzioni di villaggio, che si cercarono di adeguare alle necessità di pace sociale dell’amministrazione francese. Nel caso dei notabili, si cercò di cooptarli, in modo da avere un numero sufficiente di quadri amministrativi intermedi, da poter essere utilizzati non solo in Viet Nam, ma anche in Cambogia e Laos.

La riforma amministrativa prevedeva una netta centralizzazione dei poteri verso il governatore generale dell’Unione Indocinese, a scapito sia dei protettorati (Tonchino, Annam, Cambogia e Laos), sia della Cocincina, allora unica vera colonia27. Insieme alla centralizzazione, si avviò la formazione di un ampio ceto di funzionari governativi, che saranno la spina dorsale dell’amministrazione. Dal punto di vista del bilancio, il pareggio venne perseguito attraverso un aumento delle imposte indirette e l’imposizione dei monopoli del sale, dell’oppio e dell’alcool28. Le imposta dirette rimanevano a panneggio dei bilanci locali. I coloni europei pagavano molto poco. L’economia coloniale venne fondamentalmente finanziata dai contadini

A sostenere gli investimenti economici intervenne la Banca dell’Indocina, vero e proprio deus ex-machina degli investimenti nella penisola. Fondata con un capitale di otto milioni di franchi nel 1875, sotto l’egida del Comptoir d’Escompte, del Crédit

Lyonnais, del Crédit Industriel e la Banque de Paris et de Pays-Bas, essa ha svolto un

ruolo sia monetario sia finanziario. Dal punto di vista monetario, aveva praticamente privilegio di emissione della piastra indocinese. Dal punto di vista finanziario, le strette relazioni con il potere pubblico, la presenza sul luogo e la conseguente conoscenza della situazione economica locale, le conferirono il ruolo di partner privilegiato per chiunque volesse investire in quelle terre29.

25 A

MAURY LORIN, Paul Doumer gouverneur général de l’Indochine (1897-1902), L’Harmattan, Paris 2004

26

PIERRE BROCHEUX,DANIEL HEMERY, cit., p. 114. Traduzione libera

27 Cfr. F

RANCESCO MONTESSORO, cit., pp. 67-69

28 “Le système fiscal cochinchinois, fondé sur la prépondérance de la fiscalità in direct et sur les

monopoles va etre progressivement étendu à toute l’Indochine: création de la ferme des jeux au Tonkin dès 1886, extension des tarifs douaniers métropolitains à toute l’Indochine en 1887, de la ferme de l’opium au Cambodge en 1884, au Tonkin en 1888, en Annam en 1889, de l’impot sur le sel au Tonkin en 1886, etc. Les recettes fiscales de l’Annam-Tonkin progressent dès lors, bien que lentement, de 2.608.000 piastres en 1886 à 6.700.000 en 1894”. PIERRE BROCHEUX,DANIEL HÉMERY, cit., p. 84

29

Oltre alla Banca d’Indocina, il gruppo Rivaud, che controllava il mercato del caucciù, e il gruppo Rotchild-Wendel erano gli altri attori che monopolizzavano il mercato dei capitali della penisola. “On peut dire sans risque d’erreur que l’économie indochinois était entre les mains de trois groupes financiers : le groupe de la Banque de l’Indochine que était à la fois banque d’affaires et banque d’émission ; le groupe Rivaud qui contrôlait le caoutchoucs ; le groupe Rothschild-Wendel qui contrôlait la partie du nickel, de l’étain, du wolfram et de l’électricité, qui échappa à l’emprise du premier groupe.

L’investimento economico privato, all’89% di origine societaria, è stato sostenuto ma ineguale nel corso del tempo, e concentrato solo in alcuni settori30. Nei primi trent’anni si concentrò verso il settore industriale minerario. Dal 1896 a 1940, invece, circa un terzo dei capitali venne investito nelle colture industriali, principalmente le piantagioni e la gomma, mentre le miniere e le industrie, insieme ai lavori pubblici, assommarono anch’essi a un terzo degli investimenti complessivi31. I privati si dedicarono anche al commercio, anche se in questo campo dominavano i cinesi.

Gli investimenti in agricoltura furono, almeno sino al 1924, bassissimi, e mai nel settore risicolo32. A partire dal 1924, però, gli investimenti agricoli aumentarono sino a rappresentare un terzo del totale. Essi erano concentrati nel settore della gomma, del tè, del caffè, della canna da zucchero e del cotone.

Gli investimenti francesi, quindi, svilupparono la produzione di beni destinati all’esportazione, in zone, economiche e geografiche, prima ai margini del sistema produttivo della penisola. Si pensi al settore minerario, sviluppatosi nelle zone montagnose del Bac Bo, o alle piantagioni di gomma, impiantate nei territori vergini del Nam Bo, o alle piantagioni di caffè degli Altipiani Centrali. Il caso di Haiphong, infine, è stato già citato.

Il bilancio dell’Unione veniva assorbito per il 50% circa dalle spese per l’amministrazione, e nei bilanci locali la percentuale era ancora più alta. Per i lavori pubblici la spesa era, viceversa, molto bassa. In una regione agricola come l’Indocina, nella quale il risparmio privato era minimo e le infrastrutture economiche e sociali estremamente carenti, l’investimento pubblico volto a sostenere le infrastrutture sarebbe invece dovuto essere consistente. Dal 1896 al 1940 gli investimenti pubblici furono due volte più bassi degli investimenti privati33. Ci si concentrò sulle infrastrutture ferroviarie, per le quali si spese circa la metà dei fondi destinati alle opera pubbliche, e sulle infrastrutture stradali. Venne costruita prima la linea ferroviaria che collegava Hanoi e Haiphong allo Yunnan, poi la “transindocinese” tra Hanoi e Saigon. La rete stradale ebbe un carattere ancora più capillare, e raggiunse quasi i 24.000 chilometri nel 192434. Gli investimenti diretti destinati al miglioramento delle infrastrutture agricole furono solamente il 20% del budget destinato ai lavori pubblici35. Nel caso delle ferrovie, la necessità di impiegare ingenti quantità di capitali presenti sul mercato francese e legati ai prodotti siderurgici, e l’obiettivo politico-militare del controllo del territorio e del possibile rapido spostamento delle truppe in caso di necessità sembrano essere la ragioni per le quali si preferirono le vie ferrate. Nel caso delle strade, le ragioni strategiche-militari ebbero il sopravvento. Divise in strade coloniali, locali, nel Nam Bo anche in strade provinciali, e dal 1922 anche le strade di penetrazione, esse contribuirono alla trasformazione della penisola in una realtà economica e politica più omogenea. Anche in questo caso, però, ci si dimenticò dei canali, autoctoni mezzi di trasporto delle merci, che in parte continuarono a venire usati per il trasporto e si posero in oggettivo contrasto rispetto al sistema stradale, in parte caddero in disuso36.

Ces trois groupes totalisaient à eux seuls 85% des capitaux privés en Indochine. Les 15% restants étaient détenus par les petites sociétés et la bourgeoisie indochinoise. Cette dernière ne possédait que 5% des capitaux privés". J-P. AUMIPHIN, cit , pp. 104-105

30

Idem, p. 62

31 Ibidem. Si noti come la totalità degli investimenti legati alle miniere si dirigessero verso il Bac Bo,

regione ricca di carbone e di altri prodotti minerari

32 “Le paradoxe est frappant : pays essentiellement agricole, le secteur primaire ‘Agriculture et peche’ a

été délaissé complètement : 10% du volume totale, c’est bien peu". Idem, p. 68

33 J-P. A

UMIPHIN, cit , p. 119

34 F

RANCESCO MONTESSORO, Vietnam, un secolo di storia, Franco Angeli, Milano 2000, p. 82

35 J-P. A

UMIPHIN, cit., p. 148

36

JEAN CHESNEAUX, “L’insediamento geografico degli interessi coloniali nel Vietnam e i suoi rapporti con l’economia tradizionale”, in JEAN CHESNEAUX, Storia e rivoluzione, Mazzotta, Milano 1971, p. 82

La transizione da un’economia autarchica, agricola, statica, ad un’economia coloniale, duale, nel quale il settore che si sviluppa è legato al mercato delle esportazioni e il settore tradizionale viene solo indirettamente colpito dalle nuove condizioni economiche, ebbe pesanti effetti anche sulla popolazione che lavorava nel settore tradizionale. Il concetto di economia duale, infatti, è una convenzione che non rende conto della contemporaneità spaziale e temporale delle due economie, che rispondono ad uno stesso controllo politico. Noi esamineremo solamente due questioni, per capire come le condizioni di vita di chi è rimasto nel settore tradizionale dell’economia cambiarono: l’agricoltura e i monopoli.

Secondo Pham Cao Duong, che cita a sua volta Hanry e de Visna, la quota di riso annuale necessaria per sopravvivere è di 337 chilogrammi di paddy all’anno, o 223 chilogrammi di riso37. La quota dei contadini vietnamiti, nel periodo compreso tra il 1900 e il 1937 diminuì drasticamente, passando da 262 chilogrammi nel 1900 a 226 nel 1913, sino a 182 nel 193738. Ciò significherebbe che, a fronte di un grande aumento della quantità prodotta, frutto della messa a coltura di nuove terre e del miglioramento della produttività, di tale miglioramento non beneficiò la popolazione locale39.

Si noti che la messa a coltura di nuove terre ebbe luogo quasi esclusivamente nel Nam Bo. Il metodo usato dai francesi per modificare e sfruttare il terreno fu quello delle concessioni40. Nonostante un atteggiamento favorevole e compiacente, soprattutto nei primi decenni, verso il villaggio, l’amministrazione si sostituì all’imperatore, e cioè al popolo, nella sovranità sulla terra e, in nome di tale sovranità, consegnò ai coloni tutte le terre libere, magari abbandonate da mandarini che si erano uniti ai movimenti di resistenza contro l’invasore. Tale fenomeno incontrò oggettive difficoltà nel Trung Bo e nel Bac Bo, dove quasi tutte le terre coltivabili erano, a causa della sovrappopolazione, già utilizzate. Tuttavia, anche nel Bac Bo vennero date in concessione delle terre, magari quelle collinose vicino al Fiume Rosso o alcune lasciate libere da famiglie che avevano cambiato villaggio o erano emigrate a sud. Nel solo 1898, per esempio, furono erogate, nel Bac Bo, 65 concessioni per un totale di 78215 ettari41. I concessionari, attraverso politiche usuraie e sfruttando la loro condizione di superiorità, riuscivano a far lavorare a lungo e con salari irrisori i mezzadri e i contadini ai quali affidavano la cura del terreno. Inoltre, quando non interveniva direttamente il colono straniero, ci pensava l’intermediario, quasi sempre cinese, a gabbare il contadino vietnamita pagando una somma irrisoria per il riso al momento del raccolto.

Il riso, che era allo stesso tempo il principale, se non l’unico, alimento per la grande maggioranza della popolazione vietnamita, e il secondo prodotto di esportazione dopo il

37 Il termine paddy deriva dal termine malay padi, che significa riso, e sta ad indicare il riso che si

produce in risaie che necessitano una gran quantità di acqua, e che spesso sono in contatto con fiumi o canali. Sta ad indicare il riso appena raccolto, cioè non lavorato.

38 P

HAM CAO DUONG, cit., p. 125. E’ molto difficile indicare dei dati precisi. Irene Norlund, nel suo lavoro sui problemi delle società asiatiche risicole, si concentra sul Bac Bo prima della seconda guerra mondiale e riconosce che la quantità di riso pro-capite è diminuita, ma non da le cifre che da Pham Cao Dung. Pierre Gourou, pur riconoscendo che la produzione del Tonkino riesce a malapena a non far morire di fame la popolazione, e pur sottolineando come in alcuni villaggi ci si nutra di prodotti altri rispetto al riso, non da delle cifre precise sul consumo di riso pro-capite. Cfr. IRENE NORLUND, SVEN CEDERROTH, INGELA GERDIN (edts.), Rice societies: asian problems and prospects, Curzon Press, London 1986 e PIERRE GOUROU, cit.

39 Cfr. F

RANCESCO MONTESSORO, cit., pp. 77-81, PHAM CAO DUNG, cit., pagg. 21-22, IRENE NORLUND, SVEN CEDERROTH, INGELA GERDIN, cit., p. 217

40

Questi dati riguardano le piantagioni: “Les surfaces exploitées par les planteurs européens, qui étaient passées de 11.390 hectares répartis entre 116 exploitation, principalement cochinchinois, vers 1890 à 322.000 hectares, don’t 198.000 au Tonkin, en 1900, vont atteindre 1 million d’hectares en 1937, don’t 110.000 au Tonkin et 610.000 en Cochinchine; 400.000 hectares sont alors effectivement mis en valeur”. Cfr. PIERRE BROCHEUX,DANIEL HÉMERY, op. cit., p. 121

41 P

carbone, è esemplare di un aumento della produzione che non porta alcun beneficio alla popolazione.

I monopoli rappresentavano circa il 70% del bilancio dell’Unione42. Tutti e tre contribuirono a deprimere e ad annientare l’economia locale di villaggio. Nel caso dell’alcool, esso veniva in precedenza prodotto in maniera artigianale nei singoli villaggi, con alcuni che si specializzavano, e veniva usato anche per le cerimonie sacre e per i riti funebri. Il suo monopolio venne subito percepito come ingiusto, impopolare e immorale.

L’oppio, dal canto suo, arrivò a rappresentare, nel 1918, il 42% delle entrate totali dell’Indocina. “L’oppiomania in Indocina fu un fenomeno negativo, sotto il profilo sociale, ma non determinò gli effetti devastanti imputabili alle apparentemente meno pericolose regies dell’alcool e del sale”43. La produzione e la commercializzazione del sale, così come dell’alcool, era una delle attività artigianali proprie del villaggio vietnamita che venne completamente cancellata dall’azione francese.

L’equilibrio coloniale venne minato permanentemente dalla crisi del 1929. Sebbene alcuni indicatori economici avessero cominciato a peggiorare prima del 1929, solamente dal 1929 in poi il castello coloniale costruito dai francesi si sgretolò44. Il prezzo del riso scese da 11,58 piastre per quintale nel 1929 a 3,26 piastre per quintale nel 1934. Anche se le esportazioni, a parte lo zucchero, non diminuirono, le entrate statali diminuirono drasticamente45. Le bancarotte tra i commercianti cinesi di Cholon ebbero un’impennata. I contadini, che venivano pagati in natura, non potevano più rivendere il loro riso perché non aveva valore. L’Unione Indocinese fu costretta, per non dichiarare bancarotta, a chiedere un prestito alla madrepatria. Finì per sempre la possibilità dell’autonomia finanziaria. Il governo decise di assistere finanziariamente tutte le più grandi imprese, creando una fitta rete di legami economici tra pubblico e privato, il cui fulcro fu la Banca d’Indocina, unica istituzione che uscì rafforzata dalla crisi. I piccoli proprietari e commercianti, viceversa, furono lasciati a se stessi e al loro inevitabile depauperamento.

La ripresa economica cominciò solamente a partire dal 1934. Ma le risposte che la mano pubblica e quella privata offrirono non furono sufficienti. Nel 1937 nel Bac Bo l’area coltivabile era 1.300.000 ettari, sui quali potevano trovare occupazione 2.600.000 agricoltori. Se si aggiungono 400.000 persone necessarie per altre attività, quali estrazione minerarie, commercio, trasporto etc., si arriva a 3.000.000. Dato che la popolazione in età lavorativa allora era 4.500.000, rimanevano un milione e mezzo di persone senza la possibilità di procurarsi da vivere46.

42 J-P. A

UMIPHIN, cit., p. 49

43 F

RANCESCO MONTESSORO, cit., p. 73

44

“Difficulties in some branches of the economy preceded the fateful date of 1929. Between 1925 and 1928, the world price of rubber declined from 73 cents a pound to 22 cents. The price fell to a mere 3 cents in 1932”. PIERRE BROCHEUX, “The State and the 1930s Depression in French Indo-China”, in PETER BOOMGARD, IAN BROWN, Weathering the storm – The economies of Southeast Asia in the 1930s

Depression, Institute of Sutheast Asian Studies, Singapore 2000, p. 251

45 Idem, p. 253

46 “In 1937, in the delta of Tonkin, the total effectively cultivated land area was 1,300,000 hectares. With