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Parte seconda

5. La seconda guerra mondiale e la calma tempestosa dell’Indocina

5.1 Le relazioni internazionali all’alba della seconda guerra mondiale

5.1.3 L’instabilità dello scenario cinese

Il colonialismo e l’imperialismo in Cina conobbe, a causa dei caratteri geografici e storici del paese, una evoluzione unica. Nessuna potenza riuscì ad occupare il paese, poiché immenso e, quindi, difficilmente governabile22. Nessuna potenza, ad eccezione del Giappone, si arrischiò in un tale progetto anche perché le controparti non l’avrebbero permesso.

Il sistema imperiale rimase in piedi sino al 1911, quando venne proclamata la repubblica, il cui presidente venne individuato nella figura di Yuan Shikai, uomo appoggiato dagli occidentali, il quale ben presto dovette confrontarsi con il fenomeno dei “signori della guerra”, che si sviluppò in tutta la sua forza solamente dopo il 1916, anno della morte di Yuan e dell’inizio del decennio del caos (1916-1926). Nel 1927, con la marcia verso Nord, sarà l’astro nascente del nazionalismo cinese, Jiang Jieshi, ad unificare, seppur in maniera estremamente fragile, il paese.

Prima della prima mondiale, la presenza geopolitica ed economica straniera era numerosa: i russi a nord nel Liao-tung, i giapponesi idem, i francesi a sud nello Yunnan, i tedeschi nello Shandong, i britannici ovunque, così come gli statunitensi, che furono coloro che maggiormente si avvalsero del principio della porta aperta23. La conferenza di Versailles e tutti gli altri rivolgimenti legati alla al conflitto mondiale modificarono questo scenario: i russi, presto sovietici, rinunciarono alle loro mire espansionistiche e, seppur attenti alle questioni cinesi (appoggiarono in vario modo sia il Guomindang che i comunisti cinesi), ebbero per tutti gli anni venti e trenta altre priorità. I tedeschi, usciti sconfitti dalla Conferenza di Versailles, dovettero rinunciare allo Shandong e, almeno sino alla seconda metà degli anni trenta, ad una influenza

20 Cfr. R

UTH BENEDICT, Il crisantesimo e la spada Modelli di cultura giapponese, Dedalo, Bari 1968

21 F

RANCO GATTI, cit., p. 194. Dal punto di vista delle relazioni internazionali, le divergenze interne all’élite giapponese si dipanò attraverso il contrasto sulle diverse opzioni strategiche. Una prima che premeva per l’espansione militare per una politica estera aggressiva, ed una seconda che predicava prudenza e riservatezza. Con la crisi economica e i fatti del 1931 ebbe la meglio la prima impostazione. Cfr. PIERRE RENOUVIN, cit., pp. 38-39

22 Come scrisse Renouvin, non era possibile controllare la Cina con il solo uso della forza. C’era bisogno

d’altro. Cfr. PIERRE RENOUVIN, Le crisi del secolo XX 1914.1929, Vallecchi, Firenze 1961

23 Gli statunitensi non avevano una tradizione ed un’esperienza coloniale. Il loro imperialismo fu da

subito un imperialismo finanziario, che non subiva i retaggi del periodo militarista dell’imperialismo, fomentato anche dalla forza che, all’interno di ciascun paese coloniale, era stato acquisito dagli ambienti militari sul livello politico. JÜRGEN OSTERHAMMEL, Storia della Cina moderna: secoli 18.-20, Einaudi, Torino 1992, pp. 311-314. Vedi anche VALERIA FIORANI PIACENTINI, cit., p. 47

degna di nota nell’area. I francesi, stremati dalla guerra, preferirono dedicarsi all’Indocina, per il cui governo Parigi dovette spendere sempre di più, e si limitò perciò a gestire ciò che già possedeva.

Le potenze attive, quindi, rimasero il Giappone, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. La loro penetrazione divenne sempre più finanziaria, nonostante, dal punto di vista militare, esse partecipassero al grande business delle armi e avessero un numero considerevole di truppe dislocato nell’area24.

L’altro grande elemento che contribuì a modellare la storia cinese del periodo fu la nascita del Partito Comunista. Fondato nel 1921 a Shanghai, con una platea congressuale composta da 21 delegati, il PCC visse sin da subito una evoluzione travagliata ed esaltante, che passò per una notevole elaborazione ideologico-politica, un radicamento inizialmente urbano e operaio e successivamente rurale e contadino che può essere considerato uno dei più importanti momenti di creazione di “egemonia” nella storia del XX secolo, e un’esperienza militare che raggiunse, con la Lunga Marcia del 1934, caratteri di epicità.

Jiang Jieshi, legato ideologicamente alle elaborazioni di Sun Yat-sen, riuscì, anche a causa della crisi economica mondiale che cominciò a farsi sentire nel 1931 e che costrinse la nascente borghesia cinese a stringersi intorno allo stato e allo stato chiedere di intervenire per risollevare la loro condizione, a tra il 1930 e il 1935 costruire un apparato politico-militare capace di controllare in maniera sostanziale il territorio25. Il governo di Nanjing, però, fu continuamente sotto la pressione della minaccia giapponese. Nonostante ciò, l’obiettivo principale militare di Jiang Jieshi fu di sterminare i comunisti. Essi venivano visti come il primo cancro da eliminare, perché interno. Per i giapponesi, si disse, la questione era diversa, perché erano un nemico esterno.

In realtà, la situazione si rivelò più complicata del previsto, perché a periodi di alleanza PCC- Guomindang, benedetta da Mosca e dalla III Internazionale, si alternarono scontri accesissimi tra truppe nazionaliste e forze organizzate dai comunisti. Tale situazione andò avanti sino al 1937, data d’inizio della seconda guerra mondiale in Asia.

In seguito all’incidente del ponte Marco Polo a Pechino del 7 luglio 1937, il Giappone entrò in guerra con la Cina. Cominciò una guerra che avrebbe provocato decine di milioni di morti. Nonostante l’ottimismo dei generali nazionalisti e la prudenza di settori importanti dell’esercito nipponico, già il 12 novembre 1937 cadde Shanghai, il 12 dicembre Nanchino, ex-capitale del governo, che si rifugiò a Chongqing. L’azione militare giapponese era volta allo sterminio e alla distruzione, non alla costruzione di un governo duraturo. Dopo la conquista di Wuhan e Canton nell’ottobre 1938, vi fu un periodo di stallo militare, che durò sino ai fatti di Pearl Harbor del dicembre 1941. Nel frattempo, il regime di Jiang Jieshi perse ogni parvenza di efficienza e di equità.

La situazione civile, sociale e politica in Cina durante i primi anni quaranta, quindi, era caratterizzata dall’incertezza e dall’instabilità: in parte occupata dai giapponesi, in parte sotto il controllo dei nazionalisti (divisi al loro interno), in parte dai comunisti, che costruivano nuove relazioni sociali e di potere nei territori liberati. Le frontiere erano vaghe, permeabili, passavano materiali e persone. La propaganda e l’organizzazione comunista superava i confini dei propri territori, la resistenza in territorio giapponese era attiva, la corruzione del regime di Jiang Jieshi permetteva che

24 La questione cinese venne affrontata dal “trattato delle nove potenze”, che venne firmato il 6 febbraio

1922. I contraenti si impegnarono a rispettare “la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e amministrativa dello Stato cinese, ed anche il principio della porta aperta dal punto di vista economico”. PIERRE RENOUVIN, cit.. p. 361

Chongqing diventasse un covo di spie, provenienti da tutto il mondo, nel quale ognuno faceva il proprio gioco.