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Il curriculum come campo spazio-temporale

1.5. Scrivere di sé: il Curriculum Vitae come esame neoliberale

1.5.3. Il curriculum come campo spazio-temporale

Come abbiamo già sottolineato precedentemente, osservare il campo strutturato dalla pratica del dar conto di sé attraverso la scrittura di un curriculum permette di comprendere con una certa evidenza il passaggio dalla società disciplinare di matrice foucaultiana a quella che Deleuze ha definito società del controllo. In questo quadro, il CV produce uno sguardo oggettivato sul soggetto, prodotto autoriflessivamente dal soggetto stesso. Sarà lui ad adottare delle strategie per dimostrare al potere che lo osserva che la soggettività che viene qui rappresentata sia adeguata alle forme che questa deve possedere per competere nell'arena del mercato globale. Nello specifico, facendo riferimento al particolare campo su cui la ricerca empirica si è sviluppata, vi sono alcune direttrici entro cui questa dinamica precipita e diviene visibile. Queste direttrici fanno riferimento da un lato alla questione della temporalità e dall'altra alla questione della spazialità.

Dal primo punto di vista, in un curriculum accademico riveste una particolare rilevanza ricostruire una rappresentazione della propria esperienza formativa e professionale attraverso una storia asintoticamente ascendente. Non è funzionale alla rappresentazione di un "buon accademico" mostrare che nel proprio percorso sia possibile rintracciare cancellazioni, spazi bianchi, congedi o, in generale, mostrare che ci sono stati dei momenti in cui si è investito in modo discontinuo nella strutturazione del proprio capitale umano. É interessante ragionare attorno a questa dimensione a partire, ancora una volta, da una delle analisi che Foucault presenta nel suo testo La società punitiva (2016) in cui l'autore, anticipando alcune riflessioni che poi svilupperà in Sorvegliare e Punire (1976), si interroga circa l'emergere della società di mercato e, più specificatamente, sulla funzione esercitata in questa processualità dal regime del salario, su cui abbiamo già precedentemente argomentato. Attraverso il metodo genealogico che caratterizza gran parte delle sue opere principali, Foucault dimostra in modo limpido come vi sia una stretta correlazione tra la forma prigione e la forma salario, essendo entrambe originate da una comune modalità di gestire il tempo in quanto dimensione quantificabile e oggetto di scambio.

"Proprio come il salario retribuisce il tempo durante il quale la forza lavoro è stata comprata da qualcuno, la pena risponde all’infrazione non in termini di risarcimento o aggiustamento esatto, ma in termini di quantità di tempo di libertà." (Foucault 2016, p. 83).

In un passaggio particolarmente denso del testo, Foucault si interroga sulle forme che il concetto di

illegalismo incorpora all'interno della società di mercato. In ultima sintesi, il filosofo francese definisce

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precetto giuridico definito dal diritto, ma considera e include in questo concetto quell'insieme di condotte che mettono in discussione l'intenzione della nascente società di mercato di formare individui da immettere nel sistema di produzione. Foucault mostra come, nell’arco temporale da lui preso in considerazione, gli illegalismi popolari abbiano subito una modificazione: se dapprima essi si presentavano come depredamento della proprietà, successivamente si sono sempre più definiti come comportamenti dissipativi. La dissipazione consiste nel non far funzionare il proprio corpo come forza lavoro e ridefinisce gli illegalismi popolari nei comportamenti di sottrazione, dispersione, spreco e rifiuto (Foucault 2016). Se, come abbiamo visto, Foucault definisce società disciplinare il momento storico in cui il potere comincia ad agire intervenendo sulle condotte in modo sempre più sottile e pervasivo ed assume l'esame come «prova ininterrotta, graduale, cumulativa, che permette un controllo e una pressione in ogni istante, di seguire l’individuo in ogni suo passo, di verificare se è regolare o irregolare, allineato o dissipato, normale o anormale» (Foucault 1976, p. 213), allora è possibile comprendere quale sia la forza governamentale che agisce dentro la dimensione temporale su cui viene organizzato il curriculum come esame neoliberale. Come abbiamo visto, innanzitutto le discipline hanno lasciato spazio alla dimensione di un controllo interiorizzato e riprodotto dal soggetto. In secondo luogo, ad essere oggetto delle prassi governamentali non sono più solo i corpi dei soggetti, ma anche le loro anime, “gabbie del corpo”. Terzo, nel paradigma del capitalismo cognitivo e del capitale umano il soggetto che deve competere non subirà più la forza disciplinante delle istituzioni sociali deputate a questa funzione, ma sarà lui stesso ad introiettare la strutturazione del proprio capitale umano come prassi esperienziale e biografica. Nonostante ciò, è possibile affermare come, all'interno della dimensione temporale asintotica su cui si struttura la forma CV, l'imperativo di dover rappresentare una continuità strutturale, senza spazi bianchi e senza retrocessioni, potrebbe essere riconosciuto come un meccanismo fortemente disciplinante che, anche se prodotto dal soggetto stesso, impone un rapporto con il tempo volto a scongiurare comportamenti dissipativi. Questi comportamenti dissipativi, se nel regime industriale o disciplinare si riferivano ad una produzione localizzata sia in termini di tempo che di spazio, nell'era del capitalismo cognitivo e del capitale umano fanno riferimento all'esperienza biografica del soggetto nel suo complesso.

Dal punto di vista della dimensione spaziale, si è già messo in luce come la dimensione della mobilità si presenti come un imperativo morale all'interno delle dimensioni governamentali delle accademie (Raffini 2017). Da questo punto di vista, il profilo internazionalizzato del soggetto appare come uno degli elementi costitutivi di una buona rappresentazione di sé all'interno di un curriculum accademico. Dimostrare di aver partecipato a diverse conferenze e diversi convegni internazionali, avere prodotto delle pubblicazioni in inglese o dimostrare di aver lavorato nel settore della ricerca scientifica anche in altri contesti nazionali si presentano tutti come elementi che moltiplicano la forza di uno specifico curriculum e dimostrano di aver assunto il mercato globale come spazio di movimento e di azione delle soggettività accademiche. L'imporsi di un mercato globale della ricerca ha inciso profondamente nello strutturare dunque una determinata forma alle soggettività accademiche ed è in grado di illuminare e chiarire le specifiche modalità di governo delle

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migrazioni in atto nel regime produttivo neoliberale. Da questo punto di vista, infatti, quando precedentemente abbiamo definito le dimensioni su cui si inscrivono i processi di mobilità attraversati dalle soggettività accademiche come Spatial reflexivity intendevamo sottolineare come siano gli stessi soggetti a performare l'imperativo della mobilità nel contesto neoliberale. Guardando alla dimensione del CV e della dimensione riflessiva su cui si gioca la sua produzione, emerge con una certa chiarezza come da questo punto di vista queste dinamiche si affermino come tautologiche: per essere un "buon accademico" occorre dimostrare una certa capacità di affrontare processi di mobilità radicali, i quali tuttavia mostrano una dimensione strutturale e perpetua che costringe il soggetto a non abbandonare mai l'imperativo della mobilità. Nel contesto di un mercato del lavoro compiutamente globale come quello accademico, nella dimensione di trasformazione in chiave neoliberale dei sistemi universitari globali con tutte le sue caratteristiche legate alla precarietà e alla flessibilizzazione del lavoro, la mobilità dei ricercatori scientifici prende la forma di un moto browniano che induce a riflettere su come la mobilità venga governata attraverso la mobilità stessa (Tazzioli 2017). In altre parole, mentre il dibattito scientifico racconta di come i processi di mobilità, e più in generale i processi migratori, vengano governati a partire dalla chiusura o l'apertura della possibilità degli ingressi in un determinato stato nazionale, l'idea della mobilità governata attraverso la mobilità sottolinea come nel contesto di un economia globale in cui il movimento perpetuo di capitali, merci e persone rappresenta una delle sue caratteristiche principali, la mobilità diviene un'azione sociale non da reprimere ma da controllare, indirizzare, e governare attraverso quella che Mezzadra e Neilson definiscono inclusione differenziale (Mezzadra, Neilson 2013). Nel caso delle migrazioni accademiche questa dimensione risulta evidente: mentre la mobilità viene elogiata e invocata come sinonimo di internazionalizzazione, vi sono una serie di meccanismi governamentali che tentano di indirizzarne traiettorie e processualità, a volte riuscendoci e a volte scontrandosi con l'agency conflittuale e strategica delle soggettività che si muovono. Trovare delle strategie attraverso cui rappresentare nel Curriculum questa disponibilità ad assecondare l'elogio alla mobilità che il discorso neoliberale produce e dissemina è uno degli interrogativi che indagheremo nella parte empirica della ricerca.

Un ultimo elemento particolarmente rilevante che permette di assumere il CV come metafora del campo fa riferimento a un tema che abbiamo già evocato nei paragrafi precedenti. Nella pratica del dar conto di sé attraverso la stesura di un CV il soggetto si confronta con una duplice necessità: da un lato la sua narrazione deve essere omogenea e deve rispondere alla standardizzazione generalizzata della forma CV e dei contenuti che questo deve esprimere; dall'altro deve trovare la specifica differenza che valorizzi lui e lui soltanto. Questa dimensione tra un'omogeneità complessiva e una particolarità da esplicitare e valorizzare rimanda a un concetto che Michael Foucault propone nel testo Sicurezza, territorio, popolazione in cui sono raccolti i testi delle lezioni che il filosofo francese ha sviluppato nel biennio 77-78 al College de France: si tratta della locuzione Omnes et singulatim, che nell'economia del discorso foucaultiano si riferiva alle forme e ai modi attraverso cui il potere pastorale esprimeva la propria forma di governo (Foucault 2005). Questo concetto, ripreso in un duplice intervento magistrale che Foucault propose alla Standford University il 10 e il 16

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Ottobre 1979, intitolato "Omnes et Singulatim: Towards a criticism of "Political Reason"", raccontava di come il potere pastorale, di cui l'autore rintraccia il momento di emersione nella cultura Mediorientale egizia e mesopotamica e ne individua alcune delle principali caratteristiche nelle elaborazioni della cultura ebraica e successivamente cristiana, venisse utilizzato come una sorta di metafora per raccontare come il rapporto tra governo e popolazione si strutturi in modo simile del rapporto tra pastore e gregge, richiamando alcune metafore presenti nei testi sacri delle religioni sopracitate. Il pastore, ci dice Foucault, deve contemporaneamente guardare alla sopravvivenza e al benessere del gregge nel suo complesso così come osservare e prendersi carico della cura di ogni singola pecora che lo compone. Questa metafora, posta in relazione con la ricostruzione genealogica di quello che il filosofo definisce appunto potere pastorale, permette di comprendere le trasformazioni delle tecnologie del potere nel corso della storia dell'uomo. É in questa relazione tra il gregge - Omnes - e ogni singola pecora - Singulatim - che le tecniche di governo disciplinari si sono sviluppate e riprodotte. Mettendo in relazione queste proposte teoriche con lo strumento Curriculum, appare con una certa evidenza come all'interno di un processo omologante prodotto dalla standardizzazione della forma CV la necessità di esprimere la propria differenza peculiare, la propria Singolarità, si ponga come una necessità che racconta molto della transizione delle società disciplinari analizzate da Foucault nelle deleuziane società del controllo.

Inquadrate in modo parziale alcune delle tensioni che agiscono nel CV, è possibile condividere alcune considerazioni finali. L'insieme della tematiche analizzate in questo paragrafo ci vengono in aiuto per comprendere come il Curriculum possa essere assunto come un punto di osservazione particolarmente rilevante per osservare il modo in cui oggi il potere governamentale trovi il proprio innesco nelle strategie esperienziali del soggetto stesso, all'interno di un contesto tuttavia estremamente determinato da un potere oggettivato invisibile ma sempre presente. Osservare come dal punto di vista temporale e spaziale sia lo stesso soggetto a rappresentare se stesso in termini strumentali e strategici in modo coerente e adeguato rispetto alle parole d'ordine su cui si muove il mercato del lavoro accademico, così come osservare come all'interno del CV si giochino strategie legate ad una rappresentazione di sé contemporaneamente omologata ma differente, è una pratica che consente di comprendere da un lato come agisce la specifica tecnologia del potere analizzata da Foucault, dall'altro le dinamiche che intervengono nel dare una certa forma alle soggettività contemporanee.

Concludendo, e connettendoci allo sviluppo empirico della ricerca, è necessario riprendere una affermazione esplicitata precedentemente in questo stesso paragrafo. Abbiamo dimostrato in queste ultime righe come le forme attraverso cui il potere agisce sul soggetto si siano trasformate profondamente nel corso del tempo. Interrogando i lavori di Foucault e Deleuze, si è analizzato il processo per cui il potere neoliberale agisce a partire dalla stessa esperienza del soggetto, il quale perseguendo costantemente l'obbiettivo di accrescere il proprio capitale umano autodefinisce la propria soggettività attraverso precetti che il potere non afferma in modo esplicito, bensì naturalizza nelle forme organizzative dei vari contesti biografici in cui il soggetto vive

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e si relaziona agli altri. Se, dunque, il Curriculum rappresenta un punto di osservazione attraverso cui questa dimensione di assoggettamento autoindotto è particolarmente visibile, allora potremmo affermare che il CV possa essere definito come lo sguardo del potere performato dal soggetto stesso nel contesto della società del controllo. Se è vero questo, tuttavia, se attraverso uno sguardo empirico rivolto al CV si può cogliere come agisce il controllo attraverso il soggetto, questo stesso sguardo non è sufficiente per comprendere quali strategie di resistenza lo stesso soggetto agisce per conquistare spazi di libertà e di autodeterminazione. In altri termini, se il CV rappresenta lo sguardo del potere, per comprendere come il soggetto resiste e mette in campo la propria forza è necessario ascoltare anche la voce del soggetto. É su questa doppia dimensione, questo doppio sguardo, che lo sviluppo empirico della ricerca si concentrerà.

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2. Metodologia della ricerca