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1.3. Genealogia delle riforme del sistema accademico italiano

1.3.1. La Riforma Gelmini e i suoi prolungament

1.3.1.1. Razionalizzazione/competizione

La discussione pubblica e politica sviluppatasi attorno all'iter parlamentare della legge 240/2010 si colloca nel contesto di una delle crisi globali più radicali mai attraversate dal capitalismo dal dopoguerra in avanti. In un contesto di profonde difficoltà del capitalismo finanziario nel determinare alti livelli di redditività, l'Unione Europea iniziò ad attuare quelle politiche di austerity che caratterizzeranno le retoriche e l'azione governativa, nazionale e transnazionale, del decennio successivo. L'approvazione della Riforma Gelmini avvenne dunque in questo quadro e le retoriche che la legittimarono e incoraggiarono fanno riferimento proprio agli stessi paradigmi che hanno informato la gestione pubblica della crisi: razionalizzazione e

spending review. A dire il vero, dal punto di vista delle quote di finanziamento pubblico destinate al sistema

universitario italiano è rintracciabile una sostanziale continuità nel ridurre costantemente le spese ad esso destinate, dalla già nominata riforma Ruberti del 1990 fino alla Riforma Gelmini del 2010, ultima legge che ridefinisce complessivamente forme e governance dell'accademia italiana. Tuttavia, i tagli previsti da quest'ultima sono radicalmente maggiori:

“Il fondo per il finanziamento ordinario delle università, è ridotto di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.”27

Nella seguente tabella, che schematizza i finanziamenti profusi dal Miur al sistema universitario e al sostegno degli studenti e al diritto allo studio mostra con chiarezza la traiettoria discendente delle quote complessive destinate dallo stato al comparto universitario:

27 L. 6 agosto 2008, n. 133, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,

recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione

della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, art. 66, comma 13. Sebbene questa legge sia stata promulgata dal ministro dell'economia Renato Brunetta, la legge 133/2008 viene convenzionalmente considerata come parte integrante della Riforma Gelmini.

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Come sottolineato precedentemente, la trasformazione in chiave neoliberale delle università è maggiormente visibile rivolgendo l'attenzione non solo alla dimensione macroeconomica e monetaria, ma soprattutto alle trasformazioni organizzative che le istituzioni andavano via via incorporando. In questo senso, in relazione al tema della razionalizzazione e dei finanziamenti, è interessante guardare a come si sono strutturati i nuovi meccanismi di distribuzione degli stessi dopo l'approvazione della riforma Gelmini. Da questo punto di vista sono due meccanismi complementari a fornirci una lente particolarmente interessante per comprendere la trasformazioni che stiamo descrivendo. In primo luogo, la razionalizzazione è passata dalla composizione a torta dei finanziamenti. In breve, l'idea è che a partire da una cifra complessiva che il governo stanzia alle università del paese, i finanziamenti verranno divisi in termini percentuali tra gli atenei attraverso meccanismi valutativi che analizzeranno la capacità di razionalizzazione (spending review) di ciascun ateneo e dei suoi livelli di produttività scientifica. É chiaro che, in questo quadro, se un ateneo riesce a conquistare una buona valutazione rispetto agli altri, i maggiori finanziamenti che gli spettano saranno sottratti ad altri. Questa dinamica, come vedremo, introduce i paradigmi della premialità e della punizione che genereranno una competizione sfrenata tra atenei e anche tra singoli dipartimenti per aggiudicarsi la maggior quota di finanziamenti possibile.

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In secondo luogo, è l'introduzione del calcolo del "costo standard" per definire le quote di finanziamenti destinati ad ogni singolo ateneo a rappresentare una innovazione radicale sulle modalità con cui elargire i fondi pubblici per la ricerca. Il "costo standard", modalità previsionale delle spese che una organizzazione dovrebbe sostenere sulla base di un calcolo preventivo, è stato lo strumento per superare i finanziamenti "a pioggia", i quali erano determinati a partire da un calcolo retroattivo sullo storico delle spese sostenute da ciascun ateneo. In questo senso, il calcolo finanziario delle spese necessarie per la riproduzione di ogni singola università viene centralizzato e immediatamente determinato dall'idea della razionalizzazione dei costi propria delle politiche di Spending Review che caratterizzano l'approccio del NPM.

Se, come dicevamo, la riforma Gelmini è stata l'ultimo processo complessivo di trasformazione del sistema universitario, negli anni seguenti sono state apportate delle modifiche alla stessa legge, senza tuttavia metterne in discussione i paradigmi e, anzi, implementandoli in senso meritocratico.

Nel 2014, infatti, è stato promulgato dal Ministero dell'Università e della Ricerca un decreto ministeriale dal titolo "Decreto criteri di Ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università per l'anno 2014". In questo atto si assume definitivamente come parte dell'FFO debba essere ripartito sulla base della "qualità" del singolo ateneo e inserendo quindi un criterio premiale nell'accesso ai finanziamenti pubblici. La quota premiale in questo senso dovrà da questo momento corrispondere al 18% del FFO e sarà basata su tre parametri: il 70% in base ai risultati ottenuti dalla Valutazione della qualità della ricerca (VQR 2004-2010); il 20% dalla Valutazione delle politiche di reclutamento; 10% in base ai risultati della Valutazione della didattica con riferimento alla componente internazionale28.

Questi ultimi passaggi dimostrano come una delle trasformazioni più incisive rispetto alla forma delle istituzioni pubbliche accademiche stia proprio nella costituzione di un sistema di accesso alle risorse pubbliche basato sulle performance finanziarie e produttive di ogni singolo ateneo. Tuttavia, come già sottolineato, per immaginare la possibilità di riformulare la relazione tra finanziamento pubblico e istituzione universitaria c'era la necessità di costruire dei meccanismi valutativi in grado di misurare quelle stesse performance. É da questa necessità che, contestualmente ai processi di razionalizzazione, è stata istituita la VQR (Valutazione qualità della ricerca) e che contemporaneamente si costituisce l'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR).