4.2. Publish or perish L'economia politica delle pubblicazion
4.2.2. Il significato delle pubblicazion
Guardando all'analisi proposta nell'ultimo paragrafo è possibile dedurre come l'insieme delle strategie che i ricercatori mettono in campo nel relazionarsi al meccanismo delle pubblicazioni siano orientate a massimizzare i risultati della propria produttività scientifica. Il contenuto scientifico del lavoro di ricerca sembra avere una rilevanza minore rispetto all’esigenza di rispondere ai criteri quantitativi attraverso cui le procedure valutative gerarchizzano i diversi capitali umani in competizione. Tuttavia, se questo approccio sembra riguardare la totalità degli intervistati e delle intervistate, da un'analisi approfondita delle elaborazioni proposte questa attitudine non sembra sufficiente per spiegare l'insieme dei significati che i ricercatori precari assegnano ai saperi prodotti e diffusi attraverso il meccanismo della pubblicazione. A proposito di questo aspetto, infatti, era stata inserita nella traccia di intervista una specifica domanda volta a interrogare i ricercatori sui significati che questi attribuivano alle proprie pubblicazioni. In questo senso, è innanzitutto importante ribadire come alcuni soggetti, anche di fronte a una domanda specifica finalizzata a comprendere quale relazione si instaura tra l'imperativo della pubblicazione e i saperi che in questa vengono riprodotti, abbiano ribadito come il proprio approccio fosse sostanzialmente pragmatico, cinico e rivolto a massimizzare i propri sforzi dal punto di vista della valutazione.
"Cioè se mi chiedi se hanno tutte lo stesso valore no, però a un certo punto tu sei portato ad attribuire il valore alla tua pubblicazione in base al peso che ha la rivista dentro la quale pubblichi, banalmente. Cioè se la rivista è pesante la tua pubblicazione è importante. Se la tua rivista non è pesante, non è così, la tua pubblicazione conta un cazzo insomma ecco. Dopodiché ecco, quando io devo scrivere una roba non mi faccio troppi scrupoli, comunque cerco di scrivere qualcosa di significativo quantomeno. Poi un po' mi pento eh, perché ho scritto delle cose che non valgono proprio un cazzo su alcune riviste. Mi dispiace un po' ecco, magari le avrei potute pubblicare su un'altra, in un'altra sede, così." (Intervista a GIUSEPPE) "Il problema è che se io pubblico in una rivista più divulgativa, più accessibile, non mi vale un tubo. Ora, siccome il tempo è poco - purtroppo io sogno le giornate da settantadue ore ma viva Dio sono soltanto da 24 - per cui anche il tempo per la scrittura non è tantissimo, poi soprattutto quando ti devi trovare la
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Il ricercatore al momento dell'intervista era impiegato in un'università di un paese straniero in cui erano stati introdotti gli indicatori bibliometrici per valutare anche le scienze umane e sociali.
191 sopravvivenza per l'anno dopo. Per cui devi partecipare alle varie call eccetera. Cioè, a quel punto, io devo pubblicare, o quantomeno provarci, in quelle riviste che mi permettono di essere riconosciuta, che il mio lavoro venga in qualche modo riconosciuto. E lì devo pubblicare in riviste che sono non dico di fascia A, ma quantomeno scientifiche, riconosciute dal MIUR. E questo è un po' un peccato perché il lavoro divulgativo non vale niente." (Intervista a SILVIA)
Dopodiché, nonostante questa attitudine riguardi tendenzialmente l'insieme dei ricercatori e delle ricercatrici intervistate, è importante notare come per una quota minoritaria di questi il tema delle pubblicazioni si leghi in modo diretto al desiderio di contribuire a sviluppare il dibattito scientifico nel’ambito della propria disciplina. Dai racconti che sono stati forniti nel merito di questa attitudine, la pratica della pubblicazione risulta essere la principale modalità attraverso cui i lavoratori impegnati nel campo della ricerca riescono a condividere i risultati dei propri processi conoscitivi al resto della comunità scientifica di riferimento. Da questo punto di vista i ricercatori sottolineano come approcciarsi a una pubblicazione non solo con l'idea egoistica di migliorare il proprio ranking, ma anche guardando alla rilevanza dei contenuti condivisi, risponda anche alla passione che questi rivolgono al proprio mestiere.
"Allora, una buona parte delle mie pubblicazioni sono recensioni. Che è una cosa che io scrivo sempre con molto piacere, di solito scrivo recensioni di libri che appunto mi hanno coinvolto. Cioè,visto che sono una mia libera iniziativa, a parte uno che mi è stato un po' commissionato, ma gli altri sono libri che tendenzialmente mi sono interessati e piaciuti e quindi mi fa piacere scriverle perché mi sembra in quel senso di stare dentro un po' a un dibattito e anche di svolgere un servizio, anche se minimo. Perché poi non è che le riviste accademiche siano dei best seller, però di divulgazione di temi, di autrici, di modi di scrivere che mi sembrano significativi. E questo è un po' il senso in generale delle pubblicazioni, cioè stare dentro al dibattito. Poi che molte siano una mia libera iniziativa significa anche spesso provare a portare dei temi dentro a degli ambiti che magari quei temi non li attraverserebbero e hanno anche una funzione un po' appunto di trovare interlocutori, più interlocutori, che possano dire qualcosa su quei temi." (Intervista a CRISTINA)
"La pubblicazione per me è dove metti comunque i risultati della ricerca che fai. É un po' il discorso che facevo anche nelle domande che mi facevi all'inizio. Per me la pubblicazione è il modo che ti permette di trasmettere i risultati della tua ricerca ai potenziali lettori insomma. Non mi piace pensarla riguardo alla parte del lavoro di pagato o meno. Fa parte del mio lavoro perché mi piace scrivere e mi piace comunque diffondere i risultati della mia ricerca. Cioè, non credo che servano a nessuno perché non credo che comunque la readership di un articolo su una rivista accademica sia così ampia da avere chissà che tipo di impatto, però insomma è comunque sempre importante quando hai raggiunto dei risultati trasmetterli attraverso le pubblicazioni." (Intervista a RICCARDO)
In entrambi gli stralci riportati viene evocata una dimensione relativa agli articoli scientifici che in altre interviste è stata posta in modo esplicito. É infatti vero che quando la prima intervistata afferma che "le riviste accademiche non sono dei best seller", o quando il secondo sottolinea come una pubblicazione "non serva a nessuno" in quanto la readership di un articolo non è molto ampia, viene portata alla luce una questione in questo senso particolarmente rilevante. Nel 2008 è stato pubblicato uno studio in cui si connettevano l'analisi di un database in cui erano stati raccolti circa 34 milioni di articoli scientifici con il numero di download effettuati per ciascun articolo (Meho 2006). I risultati di questo studio affermano che di questi 34 milioni di articoli per lo meno la metà erano stati letti esclusivamente dall'autore, dai referee e dagli editori della rivista in cui questi erano stati pubblicati, e che il 90% di questi articoli non è stato mai citato da
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nessun altro (Lokman, Meho 2007). Sembra dunque confermarsi la percezione condivisa da molti dei ricercatori precari che hanno partecipato all'indagine. Una ricercatrice in particolare si è concentrata lungamente su questo aspetto, esplicitando come per lei le pubblicazioni non siano utili per divulgare le conoscenze sviluppate nel contesto dell'università neoliberale, aggiungendo che, a suo parere, se un soggetto ritiene che questo sia un aspetto importante deve adoperarsi per condividere i propri lavori in modi differenti.
"Però il grande tema per me è come restituire il tuo lavoro. E non credo che le pubblicazioni scientifiche siano adatte, almeno che tu poi non trovi il modo di tradurle. Tradurle sia in termini economici, cioè che le diffondi in altro modo, sia in termini di linguaggio. Cioè l'obbiettivo in generale per me è che la pubblicazione non sia la restituzione del tuo lavoro, un po' perché mi mette un'ansia infinita pensare che quella sia l'unica cosa, e un po' perché so che se la leggeranno in pochissimi. Qualche tempo fa girava una ricerca in cui si diceva che le pubblicazioni più citate vengono lette da una media di venti persone, cioè una cosa che tu dici "ma come?". Quelle più citate, per cui per me il tema rispetto alle pubblicazioni è veramente un po' "se dobbiamo farla, facciamo questa roba qua". Che è più un esercizio, non so come dire, di imparare a fare come si scrive un paper. E poi però c'è tutto il tema della restituzione delle ricerche che è un'altra roba, su cui o si apre una questione su l'open access e la questione dei diritti, oppure si cerca di animare sempre di più ambiti di discussione che possono avere appunto piacere di avere come risorse per la discussione il lavoro che stai facendo tu. Però la pubblicazione per me, non lo so, forse perché non ho ancora avuto ... cioè, per il mio livello non mi è mai successo di avere una discussione particolarmente illuminante a partire da una mia pubblicazione." (Intervista a ELISA)
Il tema della divulgazione delle conoscenze prodotte viene affrontato da alcuni intervistati in modo differente, concentrandosi sul desiderio di restituire agli attori sociali che hanno partecipato a una ricerca specifica i risultati finali di questo processo. Da questo punto di vista, le elaborazioni di alcuni ricercatori e alcune ricercatrici sottolineano come la forma e il linguaggio che viene usato per raggiungere questo obiettivo debbano essere necessariamente diversi da quelli utilizzati per scrivere un articolo scientifico. In questo senso, alcuni soggetti sottolineano come questa dimensione venga valorizzata anche di fronte al fatto che nelle gerarchie della valutazione, ad esempio, scrivere un libro abbia un peso minore del pubblicare in una rivista prestigiosa. Questa attitudine mette implicitamente in discussione gli obbiettivi efficientisti su cui si struttura oggi l'università globale.
"Poi comunque sto cercando anche di pubblicare qualcosa sulla tesi di dottorato. In realtà adesso a Febbraio è uscito addirittura il libro in italiano con una parte della tesi di dottorato, e quella per me è stata una pubblicazione a cui tenevo tantissimo e mi sono spremuta veramente tanto perché l'ho scritta davvero nei ritagli di tempo nel fine settimana. Ma perché volevo che queste organizzazioni che io ho coinvolto nella tesi di dottorato, queste donne che io ho intervistato e che mi hanno chiesto in diverse circostanze appunto di leggere e di avere la tesi. venissero ricmpensate Però la tesi era in inglese quindi era un po' problematico. Ecco, io c'ho tenuto tanto a scrivere questo libro, infatti l'ho scritto in italiano, non l'ho scritto in inglese, perché volevo, sentivo veramente questa questa spinta a confezionare qualcosa che per loro fosse un ritorno rispetto al tempo che mi avevano dedicato, a quello che mi avevano detto. E anche qualcosa di utile rispetto alle piccole grandi battaglie che loro stanno portando avanti. Quindi quella è stata una pubblicazione sicuramente importante. Diciamo che le pubblicazioni che sono più importanti per me, come nel caso del libro, e spero che ce ne siano altre in futuro, sono quelle che poi possono avere un impatto non solo per il mio curriculum e per gli index o le citazioni, ma per le persone con cui lavoro." (Intervista a IVANA)
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In alcuni casi, poi, il significato di una pubblicazione assume un certo valore nel momento in cui questa presenta contenuti particolarmente rilevanti per i soggetti che la producono. In questo senso, le tematiche affrontate assumono una importanza privilegiata rispetto alle forme attraverso cui queste vengono restituite. In molte narrazioni, questa dimensione, connessa immediatamente alla qualità dei saperi prodotti, viene rappresentata come quello che dovrebbe essere il vero obbiettivo da perseguire nell'approcciarsi al meccanismo delle pubblicazioni scientifiche.
"Beh, ogni tanto, cioè nelle occasioni più virtuose, hanno il significato che dovrebbero avere. Cioè secondo me quello di unire un tuo interesse di ricerca, un tuo interesse che poi sconfina anche oltre la ricerca, a delle tue capacità di lettura di quelle cose che sono costruite perché attraverso un tuo background teorico, di conoscenza eccetera, e soprattutto attraverso la tua capacità poi di calarti in quei contesti riesci ad analizzarle e a restituirle." (Intervista a MATTIA)
"Mah, io ti dico, anche lì, il valore di una pubblicazione cosa lo determina? La rivista? Cosa lo determina il valore? Allora, se mi chiedi a me, ci sono delle pubblicazioni a cui sono molto affezionata ma che magari da un punto di vista ANVUR valgono meno. Pubblicazioni che magari ho sentito di più mentre le scrivevo perché era un tema che magari mi era molto vicino, o perché erano la conclusione di un percorso." (Intervista a SILVIA)
"Ma anche perché dipende dalle tematiche. Cioè, nel senso che ci sono degli articoli che per esempio sto scrivendo adesso a cui tengo molto perché so che sono degli articoli anche politicamente importanti. Quindi, aldilà del contributo accademico, un po' di portare degli elementi sul tavolo che sono importanti. Cioè, questo sicuramente." (Intervista a ELEONORA)
Un ultimo elemento che emerge dall'analisi delle interviste nel merito delle pubblicazioni è legato al riconoscimento che i ricercatori sentono di avere nel momento in cui una determinata pubblicazione stimola il dibattito all'interno della propria disciplina. In questo caso, il significato che una pubblicazione assume non si lega dunque agli indicatori attraverso i quali viene valutata, ma al contrario ai contenuti e alla rilevanza scientifica che questa riesce a trasmettere alla propria comunità scientifica di riferimento. Alcune persone condividono inoltre il fatto che, quando una pubblicazione riesce a raggiungere questo obbiettivo, in loro si genera una tensione che potremmo definire "egocentrica". Il soggetto, in questo senso, ritrova un certo grado di soddisfazione personale e di appagamento nell'aver individuato domande di ricerca innovative e particolarmente interessanti, e nell'essere riconosciuto come un ricercatore che riesce ad alimentare il dibattito in quel determinato campo di studi attraverso il proprio lavoro intellettuale. Il riconoscimento, dunque, così come la passione, si presenta come uno dei fattori che contribuisce maggiormente a convincere i ricercatori precari a continuare il proprio percorso professionale all'interno dell'accademia.
"Allora, se vogliamo c'è una parte di soddisfazione personale nell'uscire su una buona rivista, ma come dicevo prima non è tanto per seguire i criteri formali che evidentemente non solo non riconosco ma rifiuto, ma perché magari passo un processo referaggio serio e magari, se ha dei contenuti complicati e critici, quando poi viene pubblicata vuol dire che, cazzo, cioè ti viene riconosciuto un lavoro teorico ed empirico importante. Quindi è una soddisfazione intellettuale forte, e c'è anche una sorta se vuoi, non tanto di narcisismo, però oh, cioè ti deve dare anche soddisfazione, c'è una parte di te là dentro no? Quindi anche una sfida. Cioè ti metti alla prova e se va bene, va bene. Finora non mi hanno mai rifiutato un articolo. [...]. Oppure anche quando viene pubblicato un capitolo di libro, in un collettaneo dove ci sono anche un sacco di colleghe e colleghi, e quel libro lì è frutto di un lavoro politico e di ricerca
194 collettivo di fatto, di cui poi tu ti sei preso una parte e ognuno ha fatto la sua. Però che nell'insieme diventa un vettore importante di dibattito critico, cioè questa è una cosa importantissima. Il libro che abbiamo scritto, per me, con tutti i limiti del caso se vuoi, perché ce ne sono, però sono orgogliosa di aver scritto là dentro, di aver contribuito a due pezzi di quel libro lì, perché sento di far parte di un percorso super critico, super innovativo, che ha spinto in avanti in un sacco di categorie, di teorizzazioni, e che è unico oggi in Italia. É un network, di fatto quello è un laboratorio ed è una delle cose di cui sono più orgogliosa." (Intervista a ROBERTA)
Se potremmo affermare che quelle che abbiamo analizzato fino a qui siano dimensioni che si concentrano sui significati epistemologici e riflessivi che i ricercatori precari assegnano al tema delle pubblicazioni, nel prossimo paragrafo interrogheremo i soggetti dal punto di vista delle difficoltà, delle contraddizioni e degli elementi di critica che questi rivolgono alla pratica materiale della scrittura di un prodotto scientifico.