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La selezione degli intervistati e la pratica dell'intervista

Dal punto di vista empirico sono state somministrate 24 interviste semi-strutturate a ricercatori e ricercatrici con cittadinanza italiana, che avessero già ottenuto il titolo di dottore di ricerca nel campo delle scienze umane e sociali e che fossero in una qualche forma ancora implicate nel contesto professionale della ricerca scientifica. La scelta degli intervistati è stata anch'essa determinata da un approccio bottom-up, seguendo una dinamica processuale a partire dalle indicazioni che ho ricavato dalle prime interviste somministrate. Da questo punto di vista, infatti, tra le prime cinque interviste che ho sviluppato vi erano tre ricercatori che afferivano all'area di ricerca delle cosiddette humanities e due che invece si collocavano nel campo di ricerca comunemente definito come STEM. Una preliminare e generale analisi del materiale empirico mi ha portato a pensare che, nel contesto di una tesi dottorale che voleva essere di natura qualitativa, le esperienze e le condizioni dei precari della ricerca si mostravano come particolarmente differenziate a seconda delle discipline su cui ogni singolo soggetto si concentrava nella sua pratica professionale. Ad essere particolarmente differenti erano le forme e le modalità con cui il lavoro di ricerca viene riprodotto nella quotidianità e le dimensioni di un possibile sbocco occupazionale al di fuori dell'accademia, che veniva riportato dai soggetti in modi molto differenti a seconda dei temi di ricerca indagati. Nonostante l'idea di sviluppare una comparazione tra questi due modi radicalmente diversi di pensare e praticare la ricerca scientifica permanga a tutt'oggi tra i possibili nuovi sviluppi della presente ricerca, in questo contesto ho deciso di escludere dall'analisi empirica le interviste rivolte ai ricercatori STEM.

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Dal punto di vista del campionamento si è proceduto con la cosiddetta tecnica a palla di neve, ovvero il raggiungimento di nuovi possibili soggetti da intervistare attraverso la mediazione di persone che avevano già rilasciato l'intervista. Inizialmente ho sviluppato quattro interviste a persone di mia conoscenza che rispondevano ai requisiti precedentemente illustrati, eil resto degli intervistati sono stati coinvolti attraverso la mediazione di questi primi contatti. Questo meccanismo si è dimostrato molto efficace in quanto in pochissimo tempo e senza ostacoli ho raggiunto la numerosità che ho considerato sufficiente per sviluppare un'analisi empirica scientificamente coerente.

Per quanto concerne i criteri con cui scegliere i soggetti da intervistare il primo elemento problematico è rintracciabile nella stessa definizione del mestiere del ricercatore. É infatti vero che risulta particolarmente complesso definire precisamente chi oggi è formalmente un ricercatore, date la dimensione di strutturale precarietà ed intermittenza contrattuale con cui oggi i ricercatori attraversano la propria esperienza nel contesto accademico. Ho deciso, di conseguenza, nel momento del primo contatto con i soggetti con cui iniziavo la relazione di ricerca, di domandare in modo esplicito se colui o colei a cui mi stavo rivolgendo si autodefinisse un ricercatore o una ricercatrice e se in quel dato momento stava intrattenendo una qualche tipo di relazione professionale in uno degli ambiti in cui il mestiere del ricercatore si sviluppa. In questo senso, infatti, se la maggioranza dei soggetti intervistati dichiaravano di essere attualmente arruolati in un qualche ateneo nazionale o internazionale come assegnisti di ricerca o post-doc (16 su 24), gli altri soggetti avevano una situazione contrattuale e lavorativa particolare confermando la dimensione opaca su cui si struttura la definizione professionale del ricercatore universitario. Tre dei soggetti intervistati infatti avevano firmato da meno di un mese un contratto come strutturato, dopo un percorso di precarietà contrattuale durato lunghi anni. In quattro, differentemente, al momento dell'intervista erano inoccupati, anche se tutti continuavano a lavorare nell'ambito della ricerca, partecipavano a concorsi per assegni di ricerca o per posizioni da ricercatore o ricercatrice a tempo determinato, e in ogni caso continuavano a lavorare su pubblicazioni da presentare e progetti da cui potenzialmente ricavare una qualche forma di reddito personale. Infine, uno dei soggetti intervistati era formalmente iscritto al suo secondo corso di dottorato. La decisione di integrarlo nella parte empirica della ricerca nasce dalla constatazione che il fenomeno del secondo dottorato, o dottorato di ritorno, sia un fenomeno in costante crescita e che si lega in modo diretto ad alcune delle tattiche salariali che i ricercatori mettono in campo ai tempi dell'università neoliberale. In questo senso, guardando alla mia esperienza, nei tre anni in cui si è svolto il mio dottorato ho visto iscriversi almeno quattro persone che stavano svolgendo o avrebbero svolto il secondo dottorato di ricerca.

Se dal punto di vista del genere ho diviso gli intervistati esattamente al 50%, contando quindi dodici ricercatori e dodici ricercatrici tra i soggetti con cui ho interagito in sede di intervista, dal punto di vista dell'età non vi erano preclusioni o indicazioni precise. L'età minima individuata è stata di 32 anni, mentre la massima di 46. La media dei soggetti intervistati si aggira attorno ai 37 anni, confermando come il percorso

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professionale all'interno dell'accademia preveda in termini strutturali una dimensione di precarietà che potenzialmente si protrae per lunghi anni, come vedremo successivamente nell'analisi empirica dei dati.

Tabella 1 - Dati degli intervistati

Nome Fittizio Genere Età Posizione occupata In Italia (I) o in un altro paese (A)?

CARLA F 40 Tenure A VERONICA F 46 Assegnista I ELISA F 34 Assegnista I GIOVANNA F 37 Assegnista I CRISTINA F 32 Assegnista I ROBERTA F 40 Inoccupata I ELEONORA F 34 Post-doc A RICCARDO M 42 Tenure A SIMONA F 44 Post-doc A SILVIA F 37 Assegnista I MARCO M 32 Post-doc I CINZIA F 33 Assegnista I GIORGIO M 35 Post-doc A MICHELE M 34 Post-doc A FILIPPO M 38 Phd I DARIO M 42 Inoccupato I IVANA F 32 Post-doc A ALBERTO M 32 Inoccupato I

110 FABIO M 33 Inoccupato I GIANNI M 33 Post-doc A EMILIO M 35 Tenure A MATTIA M 39 Assegnista I GIUSEPPE M 34 Post-doc I STEFANIA F 39 Post-doc A

Le interviste sono state tutte audio registrate e nei giorni successivi trascritte per intero dal sottoscritto. La vicinanza temporale tra la somministrazione dell'intervista e la sua trascrizione mi ha permesso di mettere in atto quasi nell'immediato una generica e preliminare analisi dei dati, mantenendo il più possibile inalterate le sensazioni e le prime deduzioni che io stesso avevo elaborato durante ogni singola somministrazione. Tutte le interviste sono durate dall'ora e mezza alle due ore, a seconda del desiderio dei soggetti di approfondire o meno ogni aspetto o solo una parzialità dello schema interpretativo derivante dalla traccia di intervista che abbiamo già avuto modo di analizzare.

Infine, un ultimo elemento metodologico che a mio avviso è importante condividere, riguarda la decisione di effettuare gran parte delle interviste attraverso Skype o altri programmi di comunicazione audio-video telematici. Questa scelta nasceva da alcune constatazioni di base che riguardavano da un lato la fattibilità pragmatica della ricerca e dall'altro alcuni elementi che riguardano le pratiche quotidiane dei soggetti intervistati. Dal primo punto di vista ad essere al centro del ragionamento riguardava esattamente la possibilità o meno di poter sviluppare la parte empirica della ricerca. Il tema della mobilità accademica, che in questo caso riguardava sia me stesso e sia alcuni dei soggetti che ho intervistato, mi poneva nelle condizioni di essere costretto ad utilizzare questo strumento per raggiungere i soggetti. Considerando che io sono stato fuori dall'Italia per nove mesi durante il mio percorso dottorale e che dieci dei ricercatori e delle ricercatrici intervistate nel momento dell'intervista risiedevano in differenti paesi del mondo, senza la mediazione informatica non avrei potuto raggiungere molte delle persone che, differentemente, attraverso questi strumenti sono riuscito a intercettare. Dal secondo punto di vista, invece, la consapevolezza derivante da quella conoscenza pratica su cui abbiamo precedentemente argomentato, mi ha indotto ad assumere come precondizione l'abitudine dei ricercatori scientifici ad utilizzare questi strumenti di comunicazione. Il lavoro di ricerca oggi, infatti, nella dimensione di spazialità indefinita e tendenzialmente globalizzata in cui si colloca, costringe i soggetti implicati in questo contesto produttivo a maneggiare con una certa destrezza questo tipo di strumenti nell'esercizio quotidiano del mestiere del ricercatore. In questo senso nessuno dei

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soggetti si è interrogato in mia presenza sulla legittimità o meno dell'interazione che si è venuta a creare, attraverso il medium informatico, durante lo sviluppo dell'intervista.

Concludendo, ricostruita l'impostazione teorica, l'attitudine epistemologica e l'approccio metodologico utilizzati, nei prossimi capitoli ci immergeremo nell'analisi sociologica del materiale empirico raccolto durante lo sviluppo della presente ricerca.

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3. Il lavoro di ricerca nell'università neoliberale

Dopo aver ripercorso le traiettorie teoriche e l'impostazione metodologica che hanno sostenuto e sostanziato questo lavoro di ricerca, attraverso il presente capitolo ci inoltreremo nell'analisi empirica delle informazioni, dei dati e di alcuni eventi che, attraverso uno sguardo etnografico, ho avuto modo di osservare durante lo sviluppo della ricerca stessa. In questo senso, come abbiamo sottolineato in precedenza, l'utilizzo di diversi approcci metodologici legati da un lato alla somministrazione di 24 interviste semi-strutturate e dall'altro alla comparazione di queste con i Curriculum Vitae che ciascun intervistato mi ha fornito prima dello svolgimento dell'intervista, si intreccia in modo radicale alle esperienze che io stesso ho vissuto durante il mio percorso dottorale determinando, di fatto, una prospettiva etnografica che ha contribuito a sostanziare e, in alcuni casi, a mettere in discussione alcune delle prospettive teoriche che ho presentato nei capitoli precedenti.

Come sostenuto da Mariano Longo, il processo di ricerca sociologica ed etnografica si configura come un gioco di specchi, in cui le immagini, le informazioni e le esperienze che il ricercatore vive durante la pratica empirica della ricerca si riflettono e compenetrano, facendo emergere in ultima istanza un quadro coerente al suo sguardo ma contemporaneamente offuscando l'individuazione di quale strumento metodologico abbia determinato uno specifico processo di oggettivazione che il soggetto che sviluppa la ricerca assume e restituisce attraverso la scrittura (Longo 2006). Allo stesso livello ma da un punto di vista differente, anche i temi e le questioni che verranno analizzate in questo lavoro dal punto di vista empirico si rincorrono e richiamano reciprocamente. In questo senso non sarà possibile analizzare le forme entro cui si riproduce la pratica del lavoro di ricerca senza tenere in considerazione l'azione performante della valutazione e delle retoriche del merito, così come non sarà possibile non tenere legata quest'ultima questione ai processi di internazionalizzazione e alle dinamiche di mobilità affrontate dai soggetti al centro dell'indagine. Tutte queste dimensioni, poi, agiscono nella strutturazione del Curriculum Vitae del ricercatore accademico, che abbiamo assunto come capace di fornire uno sguardo privilegiato per comprendere forme e significati che questi soggetti assegnano alle proprie esperienze. Da questo punto di vista, dunque, nonostante si sia cercato di sistematizzare quanto più possibile la restituzione dei differenti temi emersi nel corso della ricerca, con una certa frequenza verranno costruiti richiami e rimandi ad altre dimensioni che, analizzate in profondità in altri frammenti del presente testo, saranno utili per comprendere la complessità delle dimensioni biopolitiche che intervengono nel dare una certa forma alle soggettività protagoniste della presente ricerca.

Assunta questa premessa, nel presente capitolo analizzeremo il materiale empirico e le informazioni etnografiche raccolte nel corso della ricerca a partire dalle esperienze e dai significati che i ricercatori precari intervistati esprimono in relazione alle dinamiche e ai processi, insieme materiali ed emotivi, che questi vivono nello svolgere attività di ricerca all'interno dell'università neoliberale. Coerentemente con la ricostruzione teorica proposta nel primo capitolo, sarà in primo luogo analizzata la precarietà, insieme lavorativa ed esistenziale, che attraversa le esperienze dei soggetti al centro dell'indagine. In secondo luogo ci concentreremo sui significati che gli stessi soggetti assegnano al proprio lavoro, concentrandoci

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principalmente sui temi della passione, della promessa e di come la questione dell'incertezza prodotta dalla precarietà strutturale sia profondamente legata al desiderio di svolgere questo lavoro particolare. Infine, indagheremo quali sono gli elementi che intervengono nel dare una determinata forma alle relazioni sociali all'interno delle strutture accademiche.