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Il ricercatore e il contesto della ricerca

Coerentemente con quanto fino a qui argomentato, nel descrivere il contesto della ricerca si presenta la necessità di rivolgere lo sguardo al campo di ricerca scelto e, contestualmente, di collocare il ricercatore al suo interno esplicitando le tensioni che si presentano nell'analizzare la relazione che si va strutturando tra soggetto e oggetto della ricerca. In altre parole, l'approccio riflessivo connesso alla produzione epistemologica di un sapere situato e parziale agisce anche nella ricostruzione del contesto entro cui la ricerca si è sviluppata. Questo, tuttavia, non significa rifuggire il tentativo di restituire una ricostruzione il più possibile oggettivata dell'immagine che il campo di ricerca stesso offre al ricercatore sociale. Ribadendo che lo stesso meccanismo di oggettivazione sarà comunque parziale, l'analisi secondaria di alcuni dati statistici si presenta come utile alla comprensione del contesto politico e sociale in cui la ricerca si è sviluppata. Per questo motivo all'interno del presente paragrafo procederò dapprima con l'analizzare alcuni dati di una ricerca che il MIUR ha recentemente reso pubblica dal titolo "Focus - Il personale docente e non docente nel sistema universitario italiano - a.a 2016/2017”48 per poi tentare di esplicitare in che modo il mio sguardo particolare ha ricostruito il contesto della ricerca e su quali elementi e dinamiche si è prevalentemente concentrato (Dal Lago, De Biasi 2002).

Come già sottolineato precedentemente, per fotografare l'immagine del sistema universitario italiano di oggi non si può che partire dalla questione dei finanziamenti e di come questi, dal 2008, abbiano subito un drastico ridimensionamento. Non ci concentreremo qui sulle trasformazioni relative alle modalità di allocazione delle risorse pubbliche destinate ad università e ricerca, nonostante come abbiamo dimostrato in precedenza queste siano fortemente determinanti nel guardare alle dimensioni economiche del sistema accademico italiano49. L'attenzione verrà rivolta invece alla questione complessiva degli investimenti in università e ricerca in relazione alle politiche europee su questo tema e ai differenziali rilevabili rispetto alla situazione di altri paesi. Innanzitutto, come sottolineato precedentemente, è bene ribadire che dal 2008 ad oggi gli investimenti destinati al Fondo di Finanziamento Ordinario sono diminuiti di circa il 20%50. Complessivamente, osservando i fondi destinati alla ricerca in relazione al PIL di ciascuno stato europeo, la situazione italiana si colloca ben al di sotto della media interna all'UE. Se in Italia, infatti, viene destinato al comparto della ricerca circa l'1,2% del PIL, la media europea si attesta attorno al 2% collocando l'Italia tra i

48 http://ustat.miur.it/media/1127/focus-personale-universitario_2016-2017.pdf 49

Su questo tema si veda il paragrafo 1.3.1.1.

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paesi in cui si investe di meno in questo comparto51. In questo senso, interessante osservare come gli investimenti pro capite in ricerca e sviluppo mostrino dei dati particolarmente rilevanti: se la media dei paesi OCSE si attesta in questo senso sui 908 dollari procapite, e la media dei 28 paesi UE risulta essere 700 dollari pro capite, in Italia la spesa raggiunge solamente i 408 dollari procapite52. Volendo disaggregare ulteriormente i dati, si noterebbe come dal 2008 al 2014 la spesa pubblica in ricerca è passata da 4 miliardi a 2,8 miliardi di euro, mentre la spesa per l’università in generale è passata da 8,6 miliardi a 7,8 miliardi di euro.

Un altro punto di vista interessante per osservare le dimensioni del sistema accademico italiano fa riferimento ai dati presentati dal rapporto MIUR del 2018 sul personale docente e di ricerca53. In termini complessivi, al 31 Dicembre 2018 risultano impiegati in Italia come docenti o ricercatori 64321 persone. Al loro interno, la suddivisione gerarchicamente determinata dei ruoli assunti presenta una struttura classicamente piramidale: di questi, infatti, il 18,9% sono professori ordinari, il 29,5 professori associati mentre il 51,6% occupano la posizione di ricercatori a tempo indeterminato, di ricercatori a tempo determinato di tipo A o di tipo B o di assegnisti di ricerca.

In termini progressivi risulta particolarmente rilevante come, tra il 2010 e il 2016 il numero complessivo di personale docente e personale di ricerca sia diminuito del 6,3% (MIUR 2018). Guardando alle singole posizioni è possibile osservare delle differenze, le quali sono tuttavia maggiormente comprensibili se comparate alle modificazioni legislative che hanno inciso sull'assetto complessivo del mercato del lavoro accademico. Guardando al personale strutturato, infatti, si nota come il personale docente nello stesso periodo sia diminuito di quasi 20 punti percentuali, dinamica che in tutta probabilità è in relazione diretta con il blocco del turnover definito dalla legge 240/2010. Sempre tra gli strutturati il numero di professori associati è aumentato del 16,7, come probabile conseguenza delle differenti tornate dell'ASN degli ultimi anni. Per quanto riguarda il ruolo del ricercatore, i dati forniti dal MIUR mostrano come la figura del

51 https://www.scienzainrete.it/files/20160210_futuro-ricerca_carra.pdf 52

https://www.scienzainrete.it/files/20160210_futuro-ricerca_carra.pdf

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ricercatore a tempo indeterminato, posta in esaurimento dalla riforma Gelmini, abbia all'oggi un peso ancora rilevante. Se, proprio come conseguenza della cancellazione di questa figura, il numero complessivo di ricercatori è diminuito del 19,5%, è la composizione interna della categoria ricercatore/ricercatrice a mostrare in modo sufficiente chiaro la tendenza che il mercato del lavoro accademico sta assumendo. In questo senso, il numero di ricercatori a tempo determinato è passato dal rappresentare il 3% del totale nell'anno accademico 2010/2011 al 23% nell'anno accademico 2016/2017. La crescita esponenziale di questo tipo di contrattazioni - conseguente anche in questo caso alle modificazioni giuridiche applicate dalla riforma Gelmini - dimostrano la tendenza del mercato del lavoro accademico italiano nell'orientarsi a meccanismi contrattuali flessibili e precari, coerentemente con quanto accade nel mercato del lavoro generalista (Fumagalli 2017). Per quanto riguarda gli assegni di ricerca, i dati affermano come le variazioni della loro incidenza si attestino attorno al +6,1%, passando questi da 12.703 a 13484 assegnisti andando ad incidere in una proporzione pari a 26,5 titolari di assegni di ricerca ogni 100 docenti ordinari. Appare chiaro come la maggiore presenza di ricercatori a tempo determinato e di assegnisti di ricerca non siano comunque sufficienti nel sostituire la figura in esaurimento del ricercatore a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda la questione di genere, le donne in accademia rappresentano complessivamente il 40,1% del personale docente e ricercatore degli atenei statali italiani. Analizzando tuttavia il posizionamento di queste all'interno della gerarchia contrattuale accademica si nota come in Italia persista quello che è stato definito "tetto di cristallo", ovvero "l'invisibile ma invalicabile barriera che impedisce alle minoranze e alle donne di salire ai gradini superiori della scala aziendale, indipendentemente dalle loro qualifiche o dai loro risultati", come lo ha definito la United States Federal Glass Ceiling Commission54. Siamo di fronte alla cosiddetta segregazione verticale (Rosti 2006): partendo dal basso, la presenza femminile tra gli assegnisti di ricerca tocca quota 50,7%, 47% tra i ricercatori (a tempo determinato e indeterminato), e si riduce al 37,2% tra i professori associati e solo al 22,3% tra gli ordinari. Da questo punto di vista, tuttavia, la situazione italiana si presenta simile a quella degli altri paesi dell'Unione Europea che mantiene una media per i professori ordinari che si attesta attorno al 21%55.

Come sottolineato in precedenza, per comprendere in modo esauriente il contesto in cui si è sviluppata la ricerca risulta necessario esplicitare il mio posizionamento all'interno del campo di studi scelto. . Importante è dunque sottolineare innanzitutto come il mio percorso universitario si sia costituito in contemporanea con l'emergere ed il diffondersi di movimenti di massa moltitudinari e radicali, che per lo meno nei primi dieci anni del XXI secolo hanno analizzato, criticato e contestato le trasformazioni in chiave neoliberale che si stavano imponendo all'interno delle istituzioni accademiche italiane e non solo56. L'incontro con questi movimenti mi ha permesso da un lato di leggere in chiave critica i processi sociali che riguardavano la mia

54 https://www.dol.gov/oasam/programs/history/reich/reports/ceiling.pdf

55 She Figures 2015 (https://ec.europa.eu/research/swafs/pdf/pub_gender_equality/she_figures_2015-final.pdf) 56

Per un'analisi approfondita di questi movimenti si veda Alla ricerca dell'Onda (Piazza et al. 2010) e Università Globale (Edufactory 2010).

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vita e il contesto sociale nel quale ero inserito, e dall'altro mi ha fornito degli strumenti teorici e discorsivi che altrimenti non avrei saputo comprendere e utilizzare anche all'interno del percorso di studi che stavo contemporaneamente sviluppando. In secondo luogo, è stato il difficile sentiero che mi ha portato ad ottenere una borsa di dottorato ad aver convinto la mia attenzione sociologica ad osservare le dinamiche sociali e i rapporti di potere che si instaurano all'interno delle università e delle istituzioni accademiche. Se da un lato infatti mi sono confrontato con i nuovi paradigmi su cui si struttura l'università neoliberale (merito, competizione, valutazione), dall'altro la possibilità sempre presente per chi sogna di fare ricerca in Italia di dover emigrare per poter esaudire i propri desideri lavorativi, mi hanno convinto a strutturare le mie ipotesi di ricerca proprio nell'ambito in cui in questo momento ho la fortuna di poter lavorare. Dal punto di vista della pratica sociologica, l'ipotesi di sperimentare un approccio di ricerca legato in modo profondo al tema della riflessività è stata una delle principali motivazioni che mi ha spinto ad interrogare un mondo sociale in cui io stesso sono coinvolto. Il processo che Bourdieu definisce socio autoanalisi mi è parso particolarmente adeguato per rispondere alle domande di oggettivazione in cui, attraverso la stessa pratica della ricerca, poter comprendere nel profondo la relazione tra me stesso, la mia esperienza biografica e il contesto sociale in cui, in questo caso, la mia "professione del sociologo" si sta sviluppando. Inoltre, penso sia necessario affermare, nel tentativo mai risolutivo di esplicitare le dinamiche riflessive che intervengono nella relazione tra ricercatore e spazio sociale indagato, che l'obbiettivo esplicito della presente ricerca è quello di interrogare il campo di studi proposto e le dinamiche sociali che intervengono nelle biografie dei soggetti al centro dell'indagine, individuando, all'interno della condizione materiale che questi vivono, forme di resistenza capaci di trasformare le vite dei ricercatori universitari, le relazioni sociali in cui questi sono inseriti, l'assetto delle istituzioni universitarie e, non da ultimo, lo statuto epistemologico del sapere e della conoscenza. Concludendo, è importante mettere in luce, con le illuminanti parole di Bourdieu mutuate dal suo lavoro

Homo Academicus (2013), una delle sensazioni più incisive che chi scrive ha provato circa le difficoltà che

studiare le dinamiche sociali e i rapporti di potere interni all'accademia portano con sé:

"É ben noto che i gruppi sociali non amano «chi fa la spia», forse soprattutto quando la trasgressione o il tradimento può dirsi che siano tra i loro valori più alti. Gli stessi che non esiterebbero ad acclamare come «coraggioso» o «lucido» il lavoro di oggettivazione quando riferito a gruppi estranei o antagonisti, saranno portati a gettare sospetto sui requisiti di lucidità di chi pensa di essere in grado di analizzare il proprio gruppo. L'apprendista stregone, che decide a suo rischio di interessarsi della stregoneria indigena e ai suoi feticci, invece di andare a cercare in terre lontane le rassicuranti attrazioni di una magia esotica, deve aspettarsi di veder ritorcere contro se stesso la violenza che ha scatenato." (Bourdieu 2013, p.41)