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Informazioni nascoste, i rischi di finanziamento e attività degli intermediari finanziar

APPROCCIO FUNZIONALISTA

DIFFERENZIAZIONE E TIPIZZAZIONE INTERMEDIAR

3. Informazioni nascoste, i rischi di finanziamento e attività degli intermediari finanziar

La presenza di informazione asimmetrica e, quindi, il rischio di esistenza di informazione privata rilevante ai fini dello scambio, della determinazione del valore di scambio e del suo grado di certezza, produce il rischio di selezione avversa dei progetti da finanziare. Il rischio di selezione avversa può essere ri- dotto in un unico modo, aumentando la parità informativa e la capacità degli acquirenti di comprendere la qualità reale del bene o, nella fattispecie, del pro- getto per cui si richiedono fondi.

I richiedenti fondi, soprattutto coloro con progetti d’investimento di miglio- re qualità, hanno una convenienza economica ad attivarsi al fine di segnalare il livello effettivo della qualità posseduta ed evitare il fenomeno dell’adverse se-

lection. Il meccanismo di signalling è stato affrontato per varie tipologie di beni

e di mercati, Spence (1973) analizza i segnali nel mercato del lavoro da parte di coloro che offrono lavoro2 oppure Ross (1977)3 analizza i segnali emessi dagli imprenditori e dai manager delle imprese per segnalare la qualità dell’impresa tramite la struttura finanziaria. Leland e Pyle (1977)4 analizzano le possibilità dei possessori di progetti di investimento di segnalarne il valore mediante l’acquisizione di una determinata quota di capitale di rischio in tale progetto. I problemi del superamento delle asimmetrie informative, nel caso di progetti di investimento, risiedono nella capacità di fornire informazioni, nel costo relativo alla produzione e trasferimento delle informazioni e alla credibilità e qualità delle stesse.

Gli imprenditori possono dichiarare esplicitamente la qualità del progetto ai datori di fondi ma il rischio di comportamenti opportunistici o disonesti (moral hazard) riduce l’effetto di tali dichiarazioni a causa dell’assenza di una garanzia di credibilità. Esistono, però, dei comportamenti concludenti che possiedono

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Interessante appare, nel contributo di Spence, la distinzione fra indici e segnali, i primi le- gati a fattori oggettivi non modificabili a discrezione dell’individuo e i segnali, fattori osservabi- li che possono essere modificati dall’individuo.

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Ross S.A., 1977, “The determination of financial structure: the incentive-signalling ap- proach”, The Bell Journal of Economics, n.8.

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Le ipotesi del modello di Leland e Pyle non prevedono assunzioni particolari. Si considera una certa avversione al rischio, la non appartenenza del progetto ad un portafoglio diversificato, la dotazione iniziale di ricchezza, la singolarità del progetto, le ridotte dimensioni del progetto rispetto le dimensioni degli scambi sul mercato, il comportamento razionale (almeno intenzio- nalmente) degli individui orientati alla massimizzazione della propria utilità/funzione obiettivo.

maggiore validità delle dichiarazioni e che l’esame attento del comportamento degli imprenditori è in grado di “dire molto più di quanto facciano le loro stes- se parole” (Leland-Pyle, 1977).

La quantità di capitale proprio investita nel progetto è in grado di segnalare la qualità effettiva del progetto, dato che conferma la fiducia dell’imprenditore nella riuscita del progetto attraverso la sua disponibilità a sostenere un costo e ad affrontare il rischio. La costosità di tale comportamento garantisce la qualità del segnale e la sua efficacia nel trasferire informazioni credibili. Si verifica un circolo virtuoso che correla positivamente la quota di capitale e la disponibilità ad investire nel proprio progetto alla qualità. Ovviamente, rispetto all’equilibrio in condizioni di informazione completa e perfetta, in un equili- brio di segnale l’imprenditore si troverà con una quota maggiore di investimen- to nel progetto.

Parallelamente all’attività di signalling dei richiedenti fondi, i datori di fondi pongono in essere comportamenti volti alla acquisizione di informazioni rile- vanti alla comprensione della qualità effettiva del progetto e si attivano per in- dividuare eventuali informazioni nascoste e comportamenti opportunistici, fi- nalizzati all’occultamento o alla falsificazione delle informazioni fornite e all’alterazione della qualità evidenziata e del rischio sotteso. Tuttavia, questa attività risente delle capacità cognitive dei datori di fondi e della loro capacità di decifrazione dei segnali emessi dalle imprese. Non tutti coloro che hanno ri- sorse finanziarie in eccesso, sono in grado di comprendere i segnali emessi da- gli imprenditori. L’attività di selezione risulta costosa, in modo proporzionale al grado di approfondimento dell’analisi che, comunque, rimane subordinato al grado d’accessibilità di alcune informazioni, non sempre ottenibili a fronte di un costo (Bhattacharya-Thakor, 1993). Il rischio di selezione avversa e il timo- re di non riuscire ad interpretare i segnali provenienti dagli imprenditori deter- minano, come vedremo, la convenienza dell’intervento degli intermediari fi- nanziari come interpreti specializzati dei segnali e valutatori dei differenti pro- getti esistenti e disponibili per gli investitori.

Boyd e Prescott (1986) analizzano il ruolo dell’attività di screening nella gestione del rischio di selezione avversa, quale la ragione d’essere della forma- zione e esistenza degli intermediari finanziari. Nel modello, si analizza come un’attività di screening totalizzante, in grado di assicurare la valutazione costo- sa di tutti i progetti e la produzione dell’informazione relativa le caratteristiche di rischio-rendimento, assicuri il ritiro dal mercato dei progetti di scarsa qualità e la canalizzazione delle dotazioni di ricchezza dei possessori di progetti bad verso i progetti di migliore qualità. L’attività di screening ha un costo che ren- de onerosa l’attività di valutazione di progetti cattivi che non verranno affidati e per i quali non vi sarà un recupero dei costi sostenuti attraverso il rendimento dell’investimento.

Le due direzioni percorribili per ridurre i rischi di selezione avversa e di mo-

ral hazard pre-contrattuale, dal lato della domanda, avvengono mediante la

produzione di segnali credibili relativi alla qualità, e dal lato dell’offerta, attra- verso un processo di valutazione e selezione dei progetti disponibili. Tali attivi- tà determinano un costo per entrambi i soggetti coinvolti nello scambio che, peraltro, non li garantisce completamente dal verificarsi di alcuni effetti perver- si legati all’informazione mai completamente pubblica e alla incertezza di scambio. L’analisi limitata a scambi finanziari isolati (spot) permette di evi- denziare le modalità elementari d’intervento degli intermediari, i presupposti e la necessità di migliorare la produzione di informazioni, sottolineando conte- stualmente le attività attraverso cui gli intermediari migliorano la qualità e la completezza delle informazioni e delle valutazioni.

Gli intermediari rendono più efficiente lo scambio per entrambe le parti coinvolte e, quindi, per l’intero sistema. L’intermediazione finanziaria svolge un duplice ruolo nei confronti del rischio di selezione avversa e delle conse- guenze derivanti dall’esistenza d’informazione privata pre-contrattuale. Gli in- termediari svolgono:

 un’attività di selezione dei progetti, che riduce le difficoltà derivanti dalle limitate capacità degli operatori e, soprattutto, rende più efficiente e meno costoso l’intero processo di screening e di decisione e perfezio- namento dello scambio;

un ruolo di produttori di informazione (information producer) per il si- stema economico, migliorando la capacità di segnalazione degli im- prenditori e la qualità dell’informazione.

L’intervento degli intermediari finanziari nel processo di scambio, oltre alla produzione di una maggiore quantità di informazioni, permette il miglioramen- to della qualità dell’informazione a cui attribuisce una maggiore credibilità e trasparenza. La produzione di informazioni riduce il rischio di adverse selec- tion, mentre il miglioramento dell’attendibilità aiuta a superare il rischio di su- bire comportamenti opportunistici o, addirittura, sleali. Tuttavia, la produzione d’informazione da parte degli intermediari, sebbene più efficiente e meno pro- blematica, non rimane immune dal rischio di moral hazard legato a comporta- menti faziosi dello stesso intermediario.

La credibilità delle informazioni prodotte dall’intermediario può essere ga- rantita in due modi: mediante un’attività di controllo diretto oppure mediante l’individuazione degli incentivi adeguati che rendano economicamente conve- niente la produzione di informazioni di buona qualità. L’attività di controllo di- retto risulta una soluzione scarsamente perseguibile, data la difficoltà di porre in essere le azioni necessarie all’osservazione dell’operato degli intermediari. Molto più efficace risulta l’indirizzo dei comportamenti mediante l’allineamento degli interessi dell’intermediario con quelli dei soggetti meno informati e l’individuazione degli incentivi corretti. In questo senso,

l’internalizzazione del rischio conseguente alle attività di produzione dell’informazione rappresenta un’accettabile soluzione e un sufficiente deter- rente per eventuali comportamenti opportunistici dell’intermediario. Un ulte- riore aspetto che riduce il moral hazard, è legato al costo del deterioramento dell’immagine e della reputazione dell’intermediario professionale. Tuttavia, occorre spostarsi da un’ottica uniperiodale ad un contesto multiperiodale di scambi ripetuti affinché questa soluzione sia utilizzabile e la reputazione costi- tuisca un meccanismo valido.

L’attività di selezione dei progetti conseguente al rischio di adverse selec- tion viene indicata come una delle attività che legittimano l’esistenza dell’intermediazione finanziaria (Boyd-Prescott, 1986).

Le economie di scala derivanti dalla dimensione, la possibilità di condivi- sione e riutilizzo delle informazioni, la specializzazione professionale e, soprat- tutto, la selezione più efficiente dei progetti di investimento da finanziare costi- tuiscono le ragioni della maggiore efficienza dello scambio intermediato rispet- to allo scambio diretto. Il minore costo di screening permette di raggiungere una migliore allocazione delle risorse verso i progetti più profittevoli, poiché consente di valutare e selezionare una quantità di progetti notevolmente più elevata rispetto quelli valutabili da ogni singolo operatore5.

Gli intermediari finanziari possono agire come produttori di informazione, specializzati nell’attività di acquisizione, garanzia e vendita-trasmissione dell’informazione rilevante per il processo di scelta dei progetti da finanziare. Infatti, il meccanismo di segnalazione diretto, posto in essere dagli imprendito- ri attraverso l’investimento di risorse proprie nel progetto, sebbene formalmen- te corretto, può incontrare due ordini di problemi che ne vanificano il significa- to: l’incapacità d’interpretazione dei segnali da parte dei destinatari e l’eccessiva onerosità del meccanismo.

L’intermediario finanziario può intervenire a miglioramento di entrambe le fasi del processo di scambio finanziario, agendo sui costi, sulla credibilità dell’informazione e sulla capacità d’interpretazione degli investitori. La pre- senza di economie di scala permette la riduzione dei costi di acquisizione, ela- borazione, garanzia e vendita dell’informazione.

Il problema della qualità delle informazioni prodotte dall’intermediario, viene risolto attraverso il medesimo meccanismo di signalling proposto per le imprese, questa volta riferito alla struttura finanziaria e alla qualità del portafo- glio dell’intermediario. Infine, la credibilità delle informazioni viene garantita dal determinarsi di un circolo virtuoso dovuto alla tendenza degli imprenditori

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a farsi selezionare ed entrare nei portafogli degli intermediari più efficienti, se- gnale ancora più forte della qualità del progetto6.

La credibilità dell’informazione può essere controllata:

 attraverso un’attività di confronto diretto fra costo dell’informazione e prezzo di vendita in modo da determinare la convenienza a produrre in- formazioni false;

 attraverso l’osservazione dell’investimento di ricchezza propria nell’intermediario, quale garanzia della buona qualità e della credibilità dell’informazione prodotta e che viene utilizzata anche per i propri in- vestimenti (Kracaw-Campbell, 1980)7.

L’attività di raccolta, elaborazione e trasmissione-produzione d’informazioni costituisce l’attività caratteristica dell’intermediario per la mi- gliore capacità di garantire l’affidabilità dell’informazione prodotta (Ramakri- shnan-Thakor, 1984). Egli assume il ruolo di produttore d’informazione per conto dell’impresa richiedente fondi che, incapace di segnalare da se stessa la propria qualità, ricorre ad una fonte d’informazione reputata attendibile dal mercato8 e meno costosa rispetto ad un’attività di signalling propria. Si fa rife- rimento ad un intermediario che non assume alcun tipo di rischio e che inter- viene nel processo di scambio unicamente come produttore di informazioni al solo scopo di rivenderle sul mercato9.

L’attività di produzione e trasmissione delle informazioni può costituire il

core business dell’intermediario nell’ipotesi d’intermediazione leggera, in cui

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La concessione di credito da parte degli intermediari creditizi produce un segnale positivo, riflesso dall’andamento del valore delle azioni dell’impresa sul mercato, molto più forte dell’emissione e collocamento di un prestito obbligazionario sul mercato, (James, 1987).

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Kracaw e Campbell (1980) analizzano gli intermediari come produttori di informazione, tuttavia, essi si discostano dalle conclusioni di Leland-Pyle poiché non ritengono che l’intermediario possa essere legittimato, nella sua esistenza, unicamente dall’attività di produ- zione di informazioni. Essi propongono una teoria dell’intermediazione “eclettica”, individuan- do molteplici cause all’esistenza degli intermediari e differenti variegate attività svolte dagli stessi per il sistema economico, in grado di giustificare l’esistenza degli intermediari.

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La credibilità dell’informazione prodotta viene a dipendere dalla capacità di controllo in- terno all’intermediario, oltre che dal mantenimento di un’immagine esterna di serietà e affidabi- lità. Le economie di scala nella produzione di informazioni sembrano incontrare, nelle ipotesi di Ramakrishnan-Thakor, un limite nell’eccessiva complessità dimensionale che, oltre determinati limiti, aumenterebbe il rischio di free riding e ridurrebbe l’efficacia del monitoring interno, in grado di assicurare la qualità delle informazioni (Benassi, 1992). L’ipotesi degli autori conduce all’affermazione che, nonostante l’assenza o la non dimostrabilità delle economie di scala, la presenza degli intermediari migliora la qualità e l’attendibilità delle informazioni, fondandosi sulla capacità di ridurre il moral hazard interno mediante meccanismi di controllo sociale inter- no e mediante la divisione dei rischi.

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l’intermediario si configura come un semplice broker, oppure essere un effetto collaterale dell’intermediazione pesante, effettuata nel caso di intermediari che svolgono un’attività di asset qualitative transformation (Greenbaum-Thakor, 1995). Nei modelli considerati, gli intermediari non sono immediatamente in- dividuabili in forme di intermediazione specifiche. Questo filone di letteratura, fonda la propria analisi su modelli uniperiodali e su modalità di scambio isola- te. Il focus riguarda l’esistenza dell’intermediario, le attività svolte e l’efficienza con cui dette attività migliorano il processo di scambio.

Sorgono alcuni interrogativi inerenti le modalità con cui l’intermediario rie- sce a migliorare la qualità dell’informazione e la stessa quantità di informazio- ne. Lo scambio isolato fra intermediario e richiedente fondi non riesce a pro- durre un’informazione approfondita e certa poiché, al di là di tutto, non riesce a possedere quelle dimensioni di analisi che permettono una valutazione effettiva delle variabili comportamentali e del rischio di moral hazard. In queste condi- zioni, l’intermediario mette a disposizione le proprie competenze per una valu- tazione quali-quantitativa del progetto ma non permette assolutamente alcuna valutazione ulteriore sulla variabilità del rischio misurato. Il moral hazard, seb- bene in misura più ridotta, può distorcere e alterare anche le analisi svolte dagli intermediari, sebbene esse risultino migliori e più efficaci di quelle svolte sin- golarmente dai prestatori finali.

Gli intermediari finanziari e, in particolare, le banche hanno una migliore capacità di produzione e segnalazione nell’ambito di un’intermediazione di ti- po “pesante”. La banche ottengono informazioni migliori; l’utilizzo ai fini di investimento è un ottimo segnale di fiducia nelle imprese (Fama, 1985).

James (1987) verifica gli effetti positivi derivanti dalla concessione di un prestito sul valore delle azioni, quale segnale informativo esplicito della qualità dell’impresa. In questa direzione, Lummer-McConnell (1989) giungono a dif- ferenziare fra gli effetti positivi derivanti dal rinnovamento dei crediti rispetto ad un nuovo affidamento da parte di una banca. In questo senso, la capacità in- formativa e di segnalazione degli intermediari risulta confermata, ma se si spo- sta l’attenzione sulle modalità valutative e sui driver conoscitivi, ci si rende immediatamente conto che non si parla più di scambi isolati ma, quantomeno, di scambi ripetuti. Infatti, l’ottenimento e la sedimentazione di specifiche in- formazioni, cosi come la possibilità di riutilizzo delle informazioni che deter- mina una delle principali cause delle economie di scala informative, derivano direttamente da una conoscenza fra intermediari e imprenditori che presuppone un certo periodo di osservazione. L’interpretazione e la valutazione dei segnali delle imprese e dei molteplici comportamenti concludenti posti in essere dall’imprenditore deve essere reiterata affinché riduca il margine di errore e ri- sulti di migliore qualità sia per la segnalazione e la vendita al mercato che per l’attività di screening svolta a supporto dei partecipanti allo scambio finanzia- rio.

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