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Internal rating based approach: la valutazione della relazione bancaria

APPROCCIO FUNZIONALISTA

Riquadro 3.1 – Alcune classificazioni della fiducia

4. Internal rating based approach: la valutazione della relazione bancaria

SOMMARIO:1. Introduzione. – 2. Il rischio di credito negli orientamenti di vigilanza: implicazioni per le banche. – 3. Il rating: aspetti definitori e struttura. – 4. Modelli di elaborazione delle informazioni: criticità nella misurazione del rischio creditizio. – 5. Le problematiche relative alla valutazione della relazione bancaria.

1. Introduzione

L’evoluzione ambientale, la maggiore complessità affrontata dalle banche e i nuovi orientamenti di vigilanza hanno fatto emergere in modo esplicito nuove esigenze gestionali relative alla definizione, alla misurazione e alla complessi- va gestione del rischio di credito. Emerge chiaramente la necessità di evolvere verso una nuova logica di gestione del credito, attraverso il completamento del- la tradizionale gestione creditizia con strumenti meglio aderenti alle possibilità informative e tecnologiche attualmente a disposizione della banca (De Lauren- tis, 2001). In particolare, la gestione del rischio di credito deve abbandonare la mera focalizzazione sul rischio di credito specifico e individuale, gestito attra- verso modelli di valutazione soggettiva, per recepire le potenzialità e i benefici di una logica più ampia di credit risk management. Infatti aumenta la rilevanza dei modelli di gestione di portafoglio per la diversificazione del rischio specifi- co, dell’integrazione con la gestione del patrimonio e dell’attività di pricing per una corretta remunerazione e copertura del rischio. Inoltre, si riconfigurano le attività di selezione e valutazione, superando alcuni limiti tradizionali e ren- dendosi funzionali alle esigenze di diversificazione e di pricing.

Le tre direzioni di sviluppo del credit risk management conducono ad una riflessione sul ruolo attuale e prospettico dell’attività di screening e monitoring e sulle tecniche e modalità di svolgimento con cui esse devono essere organiz-

zate e gestite. All’accelerazione ambientale e competitiva corrisponde il rischio concreto di subire processi di selezione avversa o, forse meglio, di winner’s

curse per le banche meno efficienti nell’attività di selezione e valutazione del

rischio e di pricing. L’inefficienza in queste attività produce il rischio che:

 le imprese di migliore qualità trovino conveniente spostarsi o concen- trare progressivamente i propri affidamenti verso le banche che non at- tuano processi di cross subsidization, a favore dei debitori più rischiosi; infatti, la possibilità di ottenere un pricing coerente con il proprio profi- lo di rischio e con la propria meritevolezza creditizia consente una ridu- zione degli oneri finanziari e incentiva una maggiore continuità di rap- porto che alimenta e consolida il flusso informativo e la credibilità della relazione;

 le imprese di peggiore qualità trovino conveniente spostarsi, progressi- vamente, verso le banche meno capaci di valutare puntualmente il ri- schio di credito e che adottano politiche di pricing standard, ripartendo il premio per il rischio, in misura più o meno eguale, fra tutti i debitori della banca.

I problemi appena citati vengono amplificati dal chiaro orientamento assun- to dalle autorità di vigilanza in tema di controlli per il rischio. Il progressivo al- linearsi degli interessi delle autorità e delle banche e l’individuazione di un’unica modalità gestionale e strategica che supera il tradizionale dualismo fra logica imprenditoriale e logica di adempimento normativo, introducono, da un lato, un forte e netto incentivo ad una corretta gestione dei rischi ai fini del per- seguimento degli equilibri reddituali e patrimoniali, dall’altro creano un’elevata discriminazione per le banche che non sono in grado di ottimizzare tale equilibrio. La logica del controllo dei rischi, l’internal rating based ap-

proach, la migliore coerenza fra allocazione del capitale e Value at Risk del

proprio portafoglio d’impieghi, la progressiva riduzione dell’assorbimento del patrimonio al migliorare della qualità del credito e delle modalità di risk miti-

gation perseguite, comportano una evidente discriminazione delle banche me-

no sensibili alle istanze del risk management, sotto un profilo di efficienza e di costo opportunità.

Inoltre, la maggiore aderenza dell’allocazione del patrimonio alla rischiosità degli impieghi e gli ovvi incentivi verso l’affidamento delle imprese di miglio- re qualità provocano una redistribuzione delle imprese fra le banche. A fronte della maggiore convenienza delle imprese di buona qualità a spostarsi verso le banche più efficienti, emerge una parallela maggiore convenienza delle banche ad espellere gradualmente dal proprio portafoglio le imprese che ottengono un

(2002)1 sottolinea l’accrescersi dell’intensità della redistribuzione dei clienti e degli affidamenti all’interno del sistema bancario. I flussi informativi non per- mettono ancora di verificare la natura e la direzione ma potrebbe emergere una tendenza che associa, nel medio termine, i clienti migliori alle banche migliori o di maggiore dimensione (unicamente per le maggiori capacità e risorse con cui presidiare la gestione del rischio di credito) e i clienti con rating più basso alle banche con minori capacità gestionali del rischio di credito.

Le banche, quindi, sono oggetto di molteplici istanze legate: alla necessità di migliorare tutto il processo di risk costing e pricing e all’esigenza di integrare le fasi di gestione del rischio di credito con gli altri rischi e con il processo di allocazione del capitale.

In particolare, esse devono focalizzare l’attenzione sulla necessità di com- piere un passaggio culturale verso l’utilizzo del rating e verso la filosofia ge- stionale correlata. La maggiore puntualità e oggettività di valutazione e misura- zione del rischio di credito introdotta dai rating non modifica l’obiettivo del processo di screening e monitoring. In ogni caso, queste due fasi rimangono mirate alla minimizzazione della perdita attesa dall’attività creditizia attraverso il presidio simultaneo della gestione della probabilità di insolvenza (PD, Pro-

bability of Default) e della quota di credito non recuperabile (LGD, Loss Given Default). All’interno di queste due attività e del più generale processo di selec- tion, occorre verificare il ruolo attribuito alla relazione con i clienti e, in parti-

colare, con i clienti meno standardizzati, che necessitano di una più puntuale verifica dei bisogni e delle esigenze finanziarie. La gestione e lo sviluppo della relazione rappresentano, al tempo stesso, i presupposti e le modalità di comple- tamento della capacità della banca di valutare il rischio di credito in modo più efficace attraverso l’acquisizione di informazioni migliori e più complete. La tendenza verso modelli più standardizzati di misurazione del credito e di natura statistico-finanziaria rischia di ridurre questo vantaggio competitivo delle ban- che. La focalizzazione verso gli indicatori quantitativi del merito creditizio im- pedisce la considerazione compiuta della effettiva situazione dell’impresa e ciò è tanto più vero, quanto più si considera il middle market, caratterizzato da im- prese di dimensioni contenute, con logiche comportamentali non molto evolute e con assetti d’impresa strettamente connessi alla sfera personale dei soci o del fondatore.

Un problema fondamentale è trovare una modalità di congiunzione fra le esigenze del risk management, fondato su criteri finanziari e di natura oggetti- va, e le esigenze relazionali, che vedono nel credito uno dei contenuti principali del rapporto banca-PMI e che fondano anche su valutazioni soggettive dei par- tecipanti alla relazione. In particolare, appare importante trovare uno strumento

1

Intervento G. Carosio (Banca d’Italia) al convegno “Il rischio di credito e le implicazioni di Basilea 2”, Siena, 8-9 marzo 2002

che riesca a contenere la soggettività delle valutazioni del front office del cor-

porate banking senza perdere il valore indicativo, prescrittivo e qualificante

posseduto da tali valutazioni, che riesce a qualificare il rating prodotto su ele- menti più oggettivi ed esterni (Caselli, 2000).

Nel corso della prima parte sono stati analizzati, seguendo uno schema fun- zionalista, i problemi e i bisogni posti in essere dalle asimmetrie informative ai partecipanti dello scambio e, progressivamente, al rapporto creditizio banca- impresa. In particolare, l’attenzione si è concentrata sull’incertezza comporta- mentale e sul rischio di opportunismo nella fase successiva alla concessione del credito attraverso la valutazione dei meccanismi contrattuali disponibili e delle possibili attività delle banche per limitarne sia l’intensità che gli effetti. La considerazione della ripetizione degli scambi e della continuità del rapporto fi- nanziario e creditizio hanno, infine, introdotto nell’analisi la relazione e la ne- cessità di considerare l’effetto e il costo futuro dei comportamenti attuali. L’impossibilità di ricorrere a contratti stato-contingenti completi, l’inutilità del tentativo di limitare unicamente l’incertezza, la progressiva rilevanza della componente implicita degli accordi e dei meccanismi reputazionali hanno in- trodotto una nuova dimensione di analisi del comportamento dei partecipanti al rapporto banca-impresa: la fiducia relazionale, quale aspettativa credibile di comportamento corretto e meccanismo di riduzione dell’incertezza comporta- mentale.

L’analisi delle condizioni che favoriscono la creazione di fiducia, l’esame dei fattori strutturali che caratterizzano il rapporto banca-impresa e gli effetti degli scambi continuati hanno posto in evidenza una dimensione processuale di creazione della fiducia, di mutual commitment e, conseguentemente, di valore della relazione inteso sia come maggiore risultato, sia come riduzione dell’incertezza comportamentale. Un corollario di ciò è costituito da un circolo vizioso o virtuoso legato alla disponibilità di informazioni: le informazioni so- no necessarie allo sviluppo del rapporto, la continuità e ripetizione del rapporto producono ulteriori informazioni necessarie alla concessione di fiducia, la fidu- cia sviluppa il commitment, il commitment migliora il rapporto, trasformando- lo in una relazione, la relazione permette una migliore performance e una mi- gliore valutazione dei comportamenti; i migliori risultati costituiscono un flus- so informativo che conferma la qualità della relazione e consolida la fiducia.

La maggiore coerenza degli interessi, il valore della relazione, il costo del commitment svolgono, quindi, due importanti effetti ai fini della valutazione e gestione del rischio di credito:

– producono informazioni di natura esperenziale, migliorano e rendono credibili quelle già esistenti, qualificano e specificano le informazioni quantitative utilizzate nella valutazione del merito creditizio; le informa- zioni a cui ci si riferisce riguardano la correttezza, le caratteristiche e la qualità comportamentale dell’imprenditore; esse hanno natura qualitati-

va e, specificamente, soggettiva ma rappresentano una componente fon- damentale del patrimonio informativo della banca;

– incentivano comportamenti più corretti, riducono l’incertezza compor- tamentale e i problemi di relationship risk sharing e di time inconsisten-

cy degli interessi e della convenienza soggettivi.

Il capitolo affronta le necessità che provengono dall’introduzione di una lo- gica basata sul rating e dalle correlate implicazioni sulle logiche gestionali del rischio di credito. L’analisi si articola in quattro punti inerenti a:

– i driver esterni e normativi della maggiore sensibilità e attenzione rivolta al rischio di credito negli ultimi tempi, con particolare riferimento al Nuovo Accordo di Basilea e alle filosofie gestionali e di Credit Risk

Management;

– l’introduzione delle problematiche che caratterizzano il processo di ra-

ting, legate alla definizione degli elementi che lo compongono (numero

classi, significato di default, definizione e ruolo delle classi pass e fail, orizzonte temporale di riferimento, ecc.);

– le modalità di elaborazione e valutazione delle informazioni quantitative e qualitative e la struttura del processo di rating assignment;

– la criticità della valutazione della relazione con il cliente e la gestione della partecipazione al processo del front office della banca; questi due aspetti costituiscono un problema fondamentale e di complessa soluzio- ne a causa della natura soggettiva che caratterizza quest’area di giudizio.

2. Il rischio di credito negli orientamenti di vigilanza:

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