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Le variabili qualitative: dalle variabili competitive alle variabili comportamental

APPROCCIO FUNZIONALISTA

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2. Le variabili qualitative: dalle variabili competitive alle variabili comportamental

La letteratura bancaria ha, da tempo, riconosciuto l’importanza delle varia- bili qualitative ed esiste una generale e sostanziale condivisione del fatto che esse debbano integrare l’analisi quantitativa, condotta sulla documentazione contabile, a consuntivo o prospettica, sui dati della Centrale dei Rischi e sui da- ti di andamento di rapporto, al fine di completare la valutazione del fabbisogno, la misurazione della capacità di rimborso e la stima del rischio di insolvenza. La maggiore incoerenza viene verificata nella prassi bancaria, dove il peso di queste analisi nella valutazione della clientela è piuttosto limitato a causa delle difficoltà di disporre di metodologie fortemente in grado di quantificare l’intensità dei fenomeni14

. Nella tradizionale istruttoria di fido, sebbene in mo- do non perfettamente strutturato, queste variabili trovavano spazio all’interno delle proposte di fido e all’interno delle relazioni di fido in cui venivano posti in risalto i punti di forza e i punti di debolezza che potevano supportare l’accoglimento della domanda di fido o motivare il suo rigetto. Infatti, all’interno dei modelli analitico-soggettivi, nei commenti dell’analista e nelle valutazioni dei dati, trova spazio, in maniera mediata, la possibilità di qualifica- re i risultati attraverso la considerazione degli aspetti meno quantitativi (Sironi, 2000)15.

L’analisi qualitativa e, più in generale, le variabili qualitative richiedono al- cune specificazioni sia terminologiche che di contenuto, al fine di attribuire un significato definito all’aggettivo qualitativo. Sotto il profilo dei contenuti, viene definita analisi qualitativa la valutazione di tutti gli aspetti dell’impresa e del suo contesto competitivo che determinano la sua performance e il suo fabbiso- gno finanziario. A questo scopo, devono essere considerate quattro grandi am- biti di analisi, l’ambiente, il mercato di riferimento, l’impresa e l’imprenditore- management16 e, quindi:

– le condizioni ambientali, di tipo macroeconomico, congiunturale e so- cio-economico;

– le condizioni di business, più specificamente riferite al mercato di rife- rimento in cui l’impresa opera e, quindi, alla struttura e alle caratteristi-

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Gaeta R., 1985, “L’analisi qualitativa per i fidi bancari: la valutazione delle aree d’affari e della competitività dell’impresa”, in Il Risparmio n. 2.

15

Sironi A., 2000, “La misurazione e la gestione del rischio di credito: approcci alternativi, obiettivi e applicazioni” in Sironi A., Savona P., (a cura di) “La gestione del rischio di credito, esperienza e modelli nelle grandi banche”, Edibank.

16

Per un’analisi sul rapporto e la struttura dell’analisi competitiva e per un compiuto raccor- do con il risultato dell’analisi quantitativa si veda De Laurentis, 1998

che dell’offerta attuale e potenziale, alla struttura e alle caratteristiche della domanda, alla tipologia di prodotto e al grado di intensità concor- renziale e alle dinamiche comportamentali dei concorrenti diretti e indi- retti;

– la “formula imprenditoriale17” che, al di là dello specifico modello, esprime la capacità dell’impresa di creare e/o mantenere il vantaggio competitivo sui concorrenti attraverso l’analisi della coerenza fra le scel- te dell’impresa e il proprio business e attraverso l’analisi della coerenza esistente fra le esigenze del mercato e la caratteristiche interne dell’impresa e della sua organizzazione;

– la qualità del management-imprenditore, indirettamente compresa all’interno del giudizio sulla formula imprenditoriale, e che rappresenta un aspetto importante nella valutazione del sistema di rischi aziendali in un’ottica di non breve termine.

Sotto un profilo terminologico, le variabili quantitative possono essere clas- sificate in oggettive e soggettive, le prime esprimibili attraverso un indicatore, una categoria di giudizio o un parametro, verificabile da differenti soggetti sul- la base di osservazioni fattuali, le seconde strettamente dipendenti dall’interpretazione che il valutatore ha attribuito ad un fenomeno e, quindi scarsamente verificabili da altri soggetti sulla base di riscontri oggettivi.

Figura 5.1. – Una tassonomia delle variabili qualitative

Variabili Descrittive Valutative Interpretative

Variabili Oggettive Aspetti tipici dell’impresa Osservabili Misurabili Valutazioni caratteri- stiche dell’impresa Poco Osservabili Poco Misurabili Assenti Variabili Soggettive Assenti Valutazioni su aspetti aziendali Non osservabili Poco misurabili Interpretazione situa- zioni e fenomeni aziendali Non osservabili Non misurabili Grado di asimme-

tria informativa Bassa Asimmetria informativa Alta

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Coda V. “La valutazione della formula imprenditoriale”, in Sviluppo e Organizzazione, n.82 Marzo-Aprile 1984

Questa classificazione (Figura 5.1) può essere integrata da un’ulteriore clas- sificazione che distingue le variabili qualitative sulla base della loro finalità o funzione in: variabili descrittive, variabili valutative e variabili interpretative.

Le variabili descrittive sono legate a specifiche caratteristiche possedute

dall’impresa che si rivelano importanti ai fini della valutazione del merito di credito oppure permettono di qualificare meglio un’altra variabile di tipo valu- tativo o interpretativo. Esse si riferiscono ad elementi semplici, più o meno ca-

ratterizzati da asimmetria informativa ma scarsamente rinvenibili all’interno delle fonti informative pubbliche. Nell’ambito dei sistemi di credit scoring o di rating esse possono essere inserite come variabili categoriche senza inficiare l’oggettività dell’analisi. Le variabile descrittive possono riguardare: alcune ca- ratteristiche della proprietà come l’avvicendamento del socio di maggioranza o la natura di impresa familiare; alcune caratteristiche competitive dell’impresa come la concentrazione dei clienti, oppure l’esistenza di una situazione di fatto di subfornitura oppure l’elevata dipendenza da un’unica fonte di approvvigio- namento che introduce elementi di instabilità nel normale ciclo produttivo; al- cune caratteristiche del management o del decisore dell’impresa come la coin- cidenza con il fondatore o con un particolare socio oppure la presenza di un particolare profilo professionale in una direzione di rilevanza strategica; alcune caratteristiche contingenti che contribuiscono a modificare il merito di credito come la presenza di relazioni sindacali conflittuali, la presenza di reclami da parte dei clienti sulla qualità della merce oppure l’esistenza di piani aziendali della capogruppo che modificano il ruolo attribuito all’impresa nell’economia complessiva del gruppo.

Le variabili valutative sono caratterizzate dalla necessità di una valutazione e di una graduazione del giudizio assegnato ad un aspetto dell’impresa, fina- lizzata alla misurazione della probabilità di default. Queste variabili possiedo-

no una natura soggettiva insita nell’atto di valutazione e, nonostante ci si riferi- sca ad un aspetto ben definito e strutturato, possono divergere in relazione alla percezione del valutatore. Infatti, lo sforzo di individuazione degli elementi ri- levanti ai fini della valutazione compiuto a monte del processo non riesce a compensare la naturale componente di soggettività insita nel momento di clas- sificazione della realtà osservata. Sono ampiamente caratterizzate dalla presen- za di asimmetrie informative per ciò che riguarda gli elementi di valutazione e possono riferirsi all’impresa, al settore e al management. Esse concorrono, so- prattutto, alla valutazione dei punti di forza e di debolezza dell’impresa e dell’adeguatezza alle necessità di competitività richieste dal mercato e dalla concorrenza. Un esempio può essere la valutazione dell’adeguatezza della struttura proprietaria, dell’efficienza produttiva, della capacità distributiva, del- la qualità o dell’immagine aziendale piuttosto che della competenza del mana- gement. Si comprende agevolmente che, stante qualsiasi griglia di valutazione predefinita per ciascuno degli aspetti citati, persiste comunque un margine di

indefinitezza e vaghezza che è legato alla percezione di colui che procede nella formulazione del giudizio e a ciò che ritiene più rilevante.

Le variabili valutative sono critiche e poco standardizzabili poiché, nella realtà bancaria, ogni singolo valutatore sulla base della propria esperienza e del proprio percorso professionale tende ad attribuire maggiore o minore rilevanza ad un aspetto rispetto ad altri. Tuttavia, esse richiedono una conoscenza pun- tuale e approfondita dell’impresa valutata al fine di poter acquisire le informa- zioni necessarie e i riscontri al proprio giudizio.

Le variabili interpretative presentano una duplice componente di soggettivi- tà poiché richiedono non solo una valutazione di un fenomeno ma anche l’interpretazione dei suoi effetti. Le variabili interpretative rappresentano un

momento di sintesi di una serie di osservazioni e valutazioni, precedenti o con- testuali, che concorrono a specificare il fenomeno e che ne determinano l’effettiva interpretazione e valutazione. Per esempio, la valutazione del grado di correttezza di un imprenditore necessita della considerazione di una serie di variabili descrittive che contestualizzino l’imprenditore, richiede la considera- zione di una serie di giudizi e valutazioni sull’operato dell’imprenditore nell’ambito della conduzione dell’impresa nei rapporti con dipendenti, fornito- ri, sindacati, clienti ecc., ma richiede anche la considerazione di una serie di valutazioni dirette emerse nel corso della relazione e che costituiscono le in- formazioni esperenziali su cui si fonda il giudizio riguardante la correttezza. In questo caso non vi è solo la necessità di misurare e attribuire un giudizio bensì l’esigenza di interpretare una serie di valutazioni e percezioni possedute per giungere ad un giudizio finale.

In alcuni casi, il medesimo fenomeno può assumere un significato differente e richiede una profonda conoscenza dell’impresa e della caratteristiche sia del business che dell’imprenditore. Queste variabili risentono in modo rilevante delle asimmetrie informative e richiedono uno sforzo da parte della banca, non solo legato all’acquisizione delle informazioni ma, anche e soprattutto, alla ve- rifica della loro credibilità e alla valutazione del loro significato in termini di comportamento atteso e di effetti sull’incertezza futura.

Nell’analisi qualitativa, l’ambiente e il settore, costituiscono due aree di va- lutazione dei principali aspetti macroeconomici e dell’evoluzione congiuntura- le che caratterizzano l’economia e, in particolare, l’ambito competitivo dell’impresa. L’analisi del settore risulta funzionale a due obiettivi: la valuta- zione delle prospettive reddituali dell’impresa e la comprensione delle specifi- cità e dei fattori critici di successo su cui valutare l’impresa. Ciò rappresenta una premessa indispensabile alla valutazione qualitativa condotta a livello d’impresa non solo perché la validità della strategia portata avanti dal mana- gement può essere valutata solamente alla luce del contesto in cui esso opera ma anche perché dall’analisi settoriale si ottengono importanti elementi di raf- fronto dei risultati ottenuti. Molto importante risultano l’effettiva individuazio-

ne dell’area strategica d’affari su cui insiste l’impresa18

, la valutazione del gra- do di intensità concorrenziale presente e il grado di concorrenza potenziale esercitato da aree affini e da prodotti che soddisfano lo stesso bisogno (Gaeta, 1985)19, al fine di individuare le effettive prospettive di sviluppo dell’impresa alla luce delle strategie adottate. L’obiettivo dell’analisi congiunta del ciclo di vita del settore, delle tendenze macro-ambientali e dello scenario competitivo consente, inoltre, alle banche di pervenire ad una valutazione della capacità del settore di generare una domanda di credito congrua con le proprie politiche di investimento. Queste finalità hanno condotto a localizzare la valutazione setto- riale presso unità organizzative centralizzate della banca oppure a rivolgersi presso fonti esterne specializzate, almeno per i settori ritenuti più importanti in relazione all’area geografica e alla tipologia d’imprese di riferimento (Bisoni, Landi, 1999). Inoltre, le variabili osservate non sono caratterizzate da problemi di asimmetria informativa, dato che hanno natura descrittiva o valutativa ogget- tiva per cui non si riscontra la necessità di un’attività fondante di acquisizione di indicazioni e informazioni.

La valutazione del posizionamento competitivo dell’impresa, della formula imprenditoriale e della coerenza fra strategie perseguite e competenze e orga- nizzazione aziendale rappresenta un aspetto critico poiché possiede elevate im- plicazioni previsionali20 ma richiede competenze tecniche e uno sforzo valuta- tivo elevato. Essa richiede una valutazione delle principali aree aziendali, delle strategie di prezzo e di marketing, dell’adeguatezza dei prodotti alle esigenze della domanda e del grado di differenziazione posseduto, dei rapporti con gli stakeholders, della congruità della quota di mercato, della capacità commercia- le e di tutti gli aspetti che direttamente o indirettamente contribuiscono a veri- ficare la capacità dell’impresa di competere nella propria area di business. Il suo confronto con la performance economico-reddituale permette di verificare la sostenibilità e la continuità dei risultati raggiunti21. Molto spesso, il risultato di queste analisi, incrociato con le indicazioni ricavate dall’analisi settoriale, può fornire importanti indicazioni e conferme a quanto emerso nel corso

18

Sotto questo profilo è importante verificare la fase del ciclo di vita attraversata poiché questa costituisce una delle determinanti più significative per la previsione della capacità del settore di generare/assorbire flussi monetari; infatti il ciclo di vita del business produce un effet- to diretto sul tasso di sviluppo delle vendite e sull’intensità di capitale. Si veda Petrocchi M. “L’analisi qualitativa nelle valutazioni d’azienda”, IPSOA, 1990.

19

Gaeta R. “L’analisi qualitativa per i fidi bancari: la valutazione delle aree d’affari e della competitività dell’impresa”, in Il Risparmio, n. 2/1985.

20

Per una classificazione delle situazioni relative al mantenimento della coerenza fra sistema competitivo e formula imprenditoriale dell’impresa si veda De Laurentis (2001) pagg. 212-214

21

Su questo punto si veda Coda V. “La valutazione della formula imprenditoriale”, in Svi- luppo e Organizzazione, n.82 Marzo-Aprile 1984.

dell’analisi quantitativa. La valutazione della posizione competitiva, pur essen- do strutturata sulla base di modelli analitici consolidati nella letteratura di mar- keting e strategia, rappresenta un’area che pone delle difficoltà alla banca per due ordini di problemi. In primo luogo, deve essere ricordata la ridotta diffu- sione delle competenze necessarie, alquanto distanti dalle competenze specifi- che e distintive della banca, in secondo luogo, non deve essere trascurato il grado di asimmetria informativa che caratterizza queste variabili di natura valu- tativa e interpretativa e lo sforzo del valutatore volto a ottenere le informazioni, verificarle, valutarle e, in alcuni casi, interpretarle. Queste attività possono es- sere svolte unicamente dal gestore della relazione in grado di ottenere gli ele- menti necessari all’analisi oppure delle proxies rappresentative di aspetti poco verificabili dall’esterno.

L’analisi qualitativa non può tralasciare gli elementi di ordine personale e comportamentale che riguardano un’impresa e, in particolar modo, il soggetto che effettivamente la gestisce e in grado di decidere della sua evoluzione. In questi elementi rientra il giudizio sulla qualità e l’adeguatezza del management e del decisore (Coda, 1983)22, sulle motivazioni professionali e imprenditoriali, sul grado di correttezza, sulla sua adeguatezza all’attività svolta, sulla sua pro- fessionalità, sull’onestà e sul grado di moralità dimostrato, sull’importanza at- tribuita all’impresa e sul suo comportamento nei confronti dell’impresa, sul grado di impegno profuso nell’ambito imprenditoriale, soprattutto in chiave evolutiva. Infatti, queste valutazioni hanno un carattere prettamente relazionale e risultano funzionali non solo ad una conferma della competitività e della so- stenibilità del vantaggio competitivo posseduto, quanto ad una valutazione pro- spettica del comportamento atteso che si rivela importante nella valutazione della probabilità d’insolvenza e, per alcuni versi, per la stima della perdita atte- sa in caso di crisi aziendale e insolvenza. Quest’area comprende molteplici aspetti della teoria finanziaria relativi agli effetti del moral hazard sul valore di scambio e, più specificamente, sull’incertezza comportamentale subita dal fi- nanziatore.

Appare immediato che la maggior parte degli aspetti indagati sono costituiti da variabili interpretative, sul cui giudizio gravano le caratteristiche personali, gli episodi capitalizzati nel corso della relazione e, in particolare,

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Nell’analisi della capacità di credito, la banca non potrà prescindere da giudizi circa l’adeguatezza del management la cui valutazione potrebbe anche essere riscontrata sulla base dei tradizionali indicatori di successo reddituale e competitivo avendo l’accortezza di considera- re archi temporali non brevi per consentire di cogliere i ritardi temporali con cui si manifestano gli effetti delle scelte gestionali operate.Coda (1983) “Adeguate appaiono quelle direzioni aziendali che sono preoccupate di fondare la vita delle imprese su basi durature e sono capaci di realizzare solide formule imprenditoriali di successo, sia nello sviluppo di nuove iniziative, sia nel rinnovamento più o meno profondo di quelle esistenti”. Coda V. “Crisi e risanamenti azien- dali”, in Sviluppo e Organizzazione, n.75 Gennaio-Febbraio 1983

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