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APPROCCIO FUNZIONALISTA

Riquadro 3.1 – Alcune classificazioni della fiducia

6. La fiducia, il commitment e il rapporto banca-impresa

L’analisi dei fattori che contribuiscono a caratterizzare il modello di intera- zione fra intermediari creditizi e imprese e le valutazioni svolte sugli effetti prodotti dall’esistenza di un rapporto relazionale, permettono di fare alcune ri- flessioni di carattere generale sul rapporto banca-impresa e sul ruolo della fidu- cia e del commitment. Il rapporto fra banca e impresa presenta, per le caratteri- stiche di contesto, strutturali, organizzative ed operative, un livello di incertez- za, sia informativa che comportamentale, difficilmente eliminabile in modo completo. L’incertezza dei soggetti assume livelli distribuiti in maniera etero- genea nel corso della relazione ed evidenzia andamenti altalenanti che espon- gono i partecipanti a situazioni di potere differenti nel tempo. La necessità di conoscere come l’altro agirà durante queste fasi e, soprattutto, di prevedere come utilizzerà il maggiore potere posseduto, introduce la necessità di un

commitment credibile e della fiducia. Il rapporto fra banca e impresa tende ad

essere relazionale, a non esaurirsi in breve tempo e ad influenzare i comporta- menti futuri. L’obiettivo dei partecipanti tende a coincidere con la relazione che nel tempo assicura il raggiungimento dei rispettivi obiettivi attraverso una serie di scambi reciproci e il mantenimento successivo di promesse (Previati, 1997)61. L’interazione fra banca e impresa, in questo senso, può essere definita strategica: ognuno si comporta in virtù di come si aspetta si comporti l’altro, il rischio di opportunismo esiste e l’incertezza è elevata. Infatti, sia la banca che l’impresa ricorrono a tutti i meccanismi in grado di ridurre l’incertezza e, quin- di, il livello di fiducia necessario ma è difficile giungere ad un livello di certez- za che renda inutile la fiducia. Il ricorso a contratti dettagliati, la ricerca di in- centivi in grado di allineare il più possibile gli interessi dei partecipanti, l’individuazione delle penalità e delle sanzioni dei comportamenti devianti, l’utilizzo di garanzie a tutela dei fondi erogati si scontrano con la limitatezza delle capacità previsive, con le difficoltà di enforcement delle clausole, con i

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Previati D., 1997, “L’organizzazione della gestione delle relazioni con la clientela impre- se: profili culturali e cambiamento organizzativo nelle banche italiane” in Baravelli M., (a cura di) “Le strategie competitive nel corporate banking”, Egea, Milano

problemi dei sistemi giudiziari e con la mutata convenienza a comportarsi se- condo quanto stabilito in origine.

Nei principali sistemi finanziari, la non completa efficacia dei meccanismi citati è riconosciuta; tuttavia, a fronte di prassi molto simili, si registrano rispo- ste comportamentali differenti. Dal confronto internazionale, nella relazione bancaria emergono alcune differenze con riferimento ai risultati complessivi e ai comportamenti, soprattutto in tutto ciò che risulta correlato all’esistenza di un commitment incrementale piuttosto che minimalista. Il comportamento tenu- to dalle banche, in alcune fasi della vita aziendale, in alcuni sistemi, è molto differente rispetto quanto avviene nei sistemi market-oriented o multibank-

oriented. Tuttavia, il ricorso a covenants o alle garanzie nei prestiti è sostan-

zialmente analogo. Allo stesso modo, le imprese, pur possedendo rapporti con- tenuti con altri intermediari creditizi e pur sfruttando le pressioni competitive esterne, non abbandonano le relazione e non sostituiscono la banca di riferi- mento. Il valore della relazione mantiene una valenza immutata e il commit-

ment non si riduce. Esistono casi in cui, anche le banche gradiscono la parteci-

pazione di altri intermediari, in grado di ridurre la posizione di rischio com- plessiva. L’osservazione di queste “incongruenze” o dissonanze, fra condizioni simili e comportamenti differenti, può indurre a pensare che, in alcuni tipi di relazione fra banca e impresa, si crea una maggiore dose di fiducia che alimen- ta il commitment e permette il verificarsi di comportamenti migliori. Alla crea- zione di fiducia possono contribuire le istituzioni presenti e la cultura diffusa, ma si ritiene che le azioni dei soggetti coinvolti svolgano il ruolo più importan- te e costituiscano la base fondamentale per la sua formazione.

In letteratura, si sottolinea l’importanza della numerosità dei referenti ban- cari con cui l’impresa opera, la numerosità delle banche presenti oppure la du- rata del rapporto per spiegare l’effetto della relazione, in particolare sul costo e sulla disponibilità di credito. L’asimmetria informativa rappresenta l’unità di misura della capacità del rapporto di raggiungere livelli di performance supe- riori. Tuttavia, l’informazione sul futuro ha sempre un contenuto di incertezza ed è incompleta; focalizzare l’attenzione sulla riduzione delle informazioni ete- rogenee non supera la razionalità limitata che caratterizza i soggetti e non evita i costi di agenzia e di transazione esistenti. L’informazione ha sempre un con- tenuto passato, la banca ha bisogno di informazione futura. Quando essa non è disponibile, deve impegnarsi a trarre il contenuto futuro dell’informazione pas- sata. Fiducia e commitment possono essere considerati due elementi che, af- fiancati ai normali modelli gestionali del rischio e dell’incertezza, possono mi- gliorare la performance complessiva. Essi richiedono, unicamente, l’assenza nei soggetti di un rigido orientamento di chiusura nei loro confronti e lo svilup- po di maggiore attenzione alle implicazioni dei propri e degli altrui comporta- menti sulla conoscenza reciproca, fondamento della fiducia e dei comporta- menti futuri.

Il rapporto banca-impresa può essere gestito come fosse una serie di scambi temporalmente sequenziali ma isolati fra loro; gestiti in modo indifferenziato e incapaci di creare nulla al di là delle maggiori informazioni, utilizzate unica- mente per coprirsi dal rischio di selezione avversa. La ripetizione degli scambi associata, esclusivamente, ad una clausola di attainment relativa alla restituzio- ne del credito, non permette di gestire meglio neppure il rischio di moral

hazard, a causa degli ended-problem. Il rapporto non riesce a differenziarsi in

nulla: non nei risultati complessivi, non nelle modalità di gestione dell’incertezza e neppure nella creazione di commitment reciproco. L’orizzonte temporale è sempre limitato e coincide con l’ammortamento del finanziamento oppure con la revoca del fido accordato Non si ha alcuna percezione di più am- pio respiro, da parte dei partecipanti, e non si origina alcuna forma di investi- mento o di dipendenza reciproca. In termini operativi, il rapporto banca- impresa si sintetizza nella gestione di alcune operazioni di pagamento, nella apertura di credito in conto corrente a fronte di specifiche garanzie e nella “ne- goziazione distributiva”62 dei principali aspetti del rapporto: prezzo, volume di credito, quantità di garanzie ed eventuali servizi finanziari connessi. Il coinvol- gimento dei soggetti è scarso e le forme contrattuali standardizzate sono decise sulla base del potere contrattuale posseduto. Il modello di interazione si confi- gura come adversarial, seguendo modalità win-loose e focalizzandosi sulle va- riabili quantitative e sull’utilizzo del potere contrattuale, sin dall’inizio. La banca tende a ridurre a zero l’incertezza e, dove non vi riesce, preferisce smet- tere di scambiare, non concedere il finanziamento e non cominciare alcun tipo di rapporto che non abbia caratteri di istantaneità. L’impresa agisce utilizzando la concorrenza esistente sul mercato, limitando le informazioni al minimo e senza creare alcuna base per una continuazione futura del rapporto. Con questo approccio si possono avere forme di sostanziale stabilità finanziaria, legate all’esistenza di rapporti parziali e limitati ad una quota del fabbisogno, che fun- zionano secondo una logica shopping around e che permettono una minore ri- schiosità per la banca e un buffer più immediato di liquidità e credito per l’impresa. La criticità riguarda le cosiddette fasi di discontinuità dell’impresa (Capra, D’Amico, Ferri, Pesaresi, 1994).

Molti rapporti bancari nascono e finiscono senza crescere, senza che i sog- getti vi abbiano attribuito alcuna importanza, soprattutto quando esistono altre possibilità per ottenere il volume di credito necessario (mercato, altre banche). La scarsa lungimiranza delle imprese in questo contesto è giustificabile con la considerazione che non esiste un modello di riferimento migliore con cui fare

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La negoziazione distributiva non crea valore ma distribuisce quanto esistente fra i parteci- panti come fosse un gioco a somma zero. La negoziazione integrativa riesce a creare maggiore valore per i partecipanti. Esistono anche le negoziazioni miste in cui i partecipanti hanno il du- plice problema di aumentare il valore e di distribuirlo. (Grandori, 1992)

un confronto. La conoscenza del possibile sviluppo della relazione è un fatto sconosciuto, l’esperienza che le imprese possiedono riguarda una banca che agisce da sempre in quel modo. La banca, dal canto suo, non riesce ad attivarsi per ingenerare la consapevolezza che la relazione sarebbe in grado di creare va- lore per entrambi e che potrebbero verificarsi situazioni, di crescita o di crisi, in cui una relazione solida con una banca potrebbe rivelarsi fondamentale. Il rap- porto si caratterizza per l’assenza di aspettative di comportamento futuro che non siano definite all’interno del contratto e dell’esperienza.

Il rapporto fra banca e impresa può seguire modelli di sviluppo alternativi a quelli visti poc’anzi. Se la relazione riesce a produrre alcuni effetti positivi visti nel paragrafo precedente, allora sembra razionale cercare di individuare le mo- dalità di gestione al fine di crearla. Una strategia fondata sulla prudente conces- sione di fiducia può contribuire a configurare un rapporto completamente diffe- rente, anche a parità di utilizzo dei meccanismi tradizionali di gestione dell’incertezza. La fiducia è complementare al calcolo, lo semplifica e lo rende flessibile alle situazioni, all’esperienza ed alle informazioni possedute. La sta- bilità della relazione permette di creare una solida informazione esperenziale che può essere sfruttata adeguatamente per migliorare la comprensione dei pro- cessi decisionali dell’altro soggetto e poterne prevedere i comportamenti. La graduale concessione di fiducia sposta il peso della relazione su altre dimensio- ni e permette di concentrare l’attenzione sul risultato complessivo e sui vantag- gi futuri.

Un aspetto molto importante della fiducia è la sua concreta funzione. Quan- to si può fare affidamento sulla fiducia per gestire l’incertezza in un rapporto fra una banca e un’impresa? In linea teorica, la fiducia potrebbe gestire tutti i comportamenti di una relazione. Concretamente, alla fiducia possono essere attribuite tre grandi funzioni all’interno di un rapporto fra banca e impresa:

migliorare il clima e il commitment della relazione, riducendo la perce-

zione che le cose avvengano solo perché esiste un controvalore tangibile ed riducendo la percezione negativa dell’unicità dell’aspetto economico dei comportamenti;

sottrarre un’ampia sfera di comportamenti, scarsamente verificabili, al- la inutile gestione formale dei soggetti, riducendo cosi la complessità

affrontata e rinforzando l’opinione formatasi nel corso del tempo. Ciò si traduce nell’evitare di riconsiderare sempre le stesse eventualità, anche dopo la verifica della bontà e della meritevolezza della controparte, al fine di non focalizzare l’attenzione sugli eventi negativi e di confermare la positività della stima nutrita nei confronti del cliente;

affiancarsi ai tradizionali meccanismi gestionali del rischio e dei credi- ti, introducendovi il fattore apprendimento e superando la standardiz- zazione degli stessi che conducono a replicare i medesimi comporta-

criteri gestionali si arricchiscono di una componente che permette di rendere flessibili alcune procedure e migliora la soddisfazione delle esi- genze dell’impresa e il risultato complessivo della relazione.

La fiducia ha ormai ricevuto consacrazione ufficiale nell’ambito dei rapporti fra imprese non finanziarie. La fiducia è alla base del modello produttivo di- strettuale e fonda il modello produttivo giapponese (lean production). Sebbene il ruolo della fiducia possa apparire meno rischioso a causa dell’esistenza di un bene fisico e di una maggiore, almeno apparente, istantaneità dello scambio, l’incertezza dello scambio e relazionale esiste e si manifesta anche fra imprese produttive, collegata ai comportamenti che modificano la qualità del prodotto finale, il suo costo e i tempi di produzione. Un’indagine empirica, condotta su un campione di imprese inglesi, tedesche e italiane, ha confermato l’importanza della fiducia e ha evidenziato una sostanziale similarità di fattori e comportamenti associati alla fiducia e al suo sviluppo, indipendentemente dal settore di appartenenza (Burchell-Wilkinson, 1996). Nel rapporto fra banche e imprese, il rischio della fiducia potrebbe apparire più elevato per la natura dello scambio finanziario e per l’esistenza di un soggetto che rimane, temporanea- mente, esposto ai comportamenti dell’altro, rischiando una perdita ingente. Questa osservazione sembrerebbe impedire qualsiasi argomentazione a favore delle funzioni della fiducia nel rapporto fra banca e impresa. Tuttavia, il rischio a cui risultano esposti il fornitore e il produttore, legati da una relazione esclu- siva e duratura, non sembrano molto inferiori. I rischi di fermo produttivo, di scarsa qualità, di perdita di immagine e reputazione, di perdita di un cliente, esistenti per il produttore, e il rischio di sovracapacità produttiva e di perdita degli investimenti specifici che grava sul fornitore, non sembrano inferiori al rischio associabile alla relazione fra banca e impresa, tenuto conto dei vincoli e delle garanzie esistenti e utilizzabili in modo complementare. Interi modelli produttivi si fondano sulla capacità di creare e mantenere relazioni stabili, fon- date sulla fiducia, in grado di migliorare la ripartizione dei rischi, di creare flussi di informazioni adeguati, di permettere l’integrazione delle parti su alcu- ni aspetti del processo e aumentare, così, la dipendenza reciproca, sia motiva- zionale che da investimenti.

Il rapporto fra banca e impresa, spesso, non riesce a svilupparsi lungo queste direttrici. L’assenza di fiducia e, molto spesso, l’assenza di una propensione al- la fiducia reciproca bloccano sul nascere una relazione e le sue potenzialità. Un’apertura verso la fiducia permette di qualificare gli altri meccanismi non contrattuali che intervengono nell’ambito della relazione. Infatti, aumenta la credibilità del commitment, incrementando la rilevanza dei benefici futuri in un arco temporale atteso più ampio. Aumenta l’efficacia degli effetti reputazionali poiché aumenta il costo dell’opportunismo, in termini di minore fiducia futura e di minori benefici. Attribuisce dinamicità alla ripetizione dello scambio, che si distacca dagli effetti di attainment per divenire la base dell’informazione

esperenziale che conferma la fiducia riposta. L’esistenza di fiducia permette di migliorare i contenuti della relazione, estendendo l’intervento delle banche ad alcune fasi più a monte della copertura del fabbisogno finale e dell’erogazione di credito. La maggiore integrazione consoliderebbe la relazione, amplierebbe la durata attesa e sposterebbe l’attenzione dalle variabili transazionali, quali prezzo e volumi, alla prestazione complessiva nel tempo, utilizzando modalità di interazione più cooperative e meno fondate sul potere contrattuale. Il risulta- to principale sarebbe la consapevolezza di un commitment reciproco, reso cre- dibile dalla fiducia, dal maggiore controllo sociale, dalla migliore cognizione dei costi di comportamento deviante e, soprattutto, da una esperienza diretta e indiretta sui benefici di una relazione.

L’assenza di fiducia potrebbe costituire una causa di empasse che caratteriz- za il rapporto banca-impresa italiano che ha durata prolungata ma raggiunge un livello di performance ridotta a causa dell’incapacità di evolvere verso intera- zioni di tipo relazionale. Il rapporto che ne scaturisce associa una gestione tipi- ca degli scambi isolati a finalità più ampie rispetto a quelle associate ad uno scambio transazionale. Essi alimentano la diffidenza e la frustrazione dei parte- cipanti, confermando la percezione dell’antagonismo dello scambio. La valuta- zione consuntiva di tali rapporti evidenzia una perdita di surplus da entrambe le parti non giustificabile dalle caratteristiche del rapporto che, sebbene fondato sulla limitatezza dei contenuti e dell’orizzonte temporale atteso, alla fine si ri- vela di lunga durata e più ampio rispetto la variabili negoziate ossia tasso d’interesse e volume di credito.

La situazione descritta conduce a deprimere la formazione di commitment credibile di entrambi e a concentrare la negoziazione sugli aspetti formali dello scambio, lasciando in ombra l’interesse comune ad evolvere verso forme più complesse di coordinamento ed integrazione, sia negli obiettivi che nei com- portamenti. Le responsabilità di tali comportamenti sono equamente divise fra banche e imprese. Le banche solo negli ultimi tempi hanno cominciato a diffe- renziare il proprio approccio e ad investire sulle relazioni, implementando si- stemi capaci di gestire l’interdipendenza reciproca che scaturisce dalla parteci- pazione attiva dell’impresa e dalla relazione e distaccandosi dalla gestione dei meccanismi formali. Le imprese, arroccate nelle loro valutazioni di breve ter- mine e nella scarsa apertura verso le banche, si caratterizzano per una scarsa trasparenza informativa sostanziale e per alcuni comportamenti gestionali63 po- co funzionali alla riduzione dell’incertezza. Questo contribuisce ad aumentare il livello di fiducia necessario e ad incentivare il ricorso alla formalizzazione

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Si pensi alle complesse operazioni infragruppo, al fatturato sommerso o all’evasione fisca- le che conduce a fornire informazioni poco attendibili alle banche e a deteriorare la base di og- gettività su cui le banche possono fondare le proprie valutazioni e la concessione di fiducia.

dello scambio e ai tradizionali meccanismi di limitazione della fiducia: garan- zie e contratti di breve termine.

La fiducia non può essere creata discrezionalmente ma può essere favorita scientemente e ricercata dalle parti. Questo richiede la conoscenza delle condi- zioni che ne favoriscono la formazione, la conoscenza dei modi in cui può crearsi e i benefici che la fiducia è in grado di produrre. In alcuni sistemi finan- ziari, il percorso di sviluppo, la cultura dominante, i valori etico-morali diffusi, le istituzioni e i modelli strutturali presenti rendono più facile la formazione di fiducia. In altri sistemi, storicamente non si sono create le condizioni per la formazione di un “capitale sociale” in grado di favorire la fiducia (Fukuyama, 1996). Può accadere che esistano ambiti tradizionalmente caratterizzati da scar- si contenuti fiduciari e da logiche comportamentali slegate dal dettato delle in- terazioni relazionali. Le differenze del rapporto fra banca e impresa nei diffe- renti sistemi finanziari e nei diversi contesti nazionali possono essere ascritte, parzialmente, anche ai fattori evidenziati e al livello di fiducia istituzionale e soggettiva presente. Questo potrebbe dare un’interpretazione, ceteris paribus, delle differenze comportamentali emerse e permettere di individuare una diret- trice verso cui far muovere gli interventi di riqualificazioni sia a livello istitu- zionale che di singola banca.

Infine, l’approfondimento del significato e del ruolo della fiducia consente di completare e specificare il valore della relazione nella teoria dell’intermediazione creditizia e del commitment. L’esistenza di reputazione e la durata assicurano il rispetto dei contratti impliciti e creano un certo livello di

commitment in un rapporto fra banca e impresa. Detto rapporto è definibile

come una serie di scambi ripetuti di tipo bilaterale, in una situazione di mag- giore o minore esclusività, dove la reputazione è una grandezza (misurata dal suo valore economico) necessaria a rendere credibile alcuni comportamenti fu- turi della controparte, in una corrispondenza di tipo quasi meccanico. L’introduzione della fiducia permette di qualificare l’interazione finanziaria esistente fra banca e impresa, rendendo possibile e credibile un livello di mu-

tual commitment. L’esistenza di fiducia e di commitment credibile permette di

definire relazione il rapporto banca-impresa in cui la reputazione è funzionale alla fiducia, la fiducia è condizione del commitment e il commitment è condi- zione della migliore efficacia ed efficienza della relazione. La banca può, quin- di, essere spiegata per la sua capacità di scambiare con le imprese secondo lo- giche relazionali, cioè per la sua capacità di creare fiducia, commitment e, quindi, per la sua capacità di ridurre i costi di agenzia e di migliorare l’efficienza allocativa.

L’analisi delle caratteristiche della relazione, delle differenze esistenti fra scambio ripetuto e relazione, del concetto di commitment e della fiducia, delle condizioni microeconomiche e soggettive che contraddistinguono uno scambio relazionale da un’interazione sequenziale e ripetuta permettono di individuare

meglio la dinamica e i fattori che definiscono l’opportunismo e il rischio di moral hazard successivo al finanziamento o, in generale, allo scambio finanzia- rio. Nell’analisi del rischio di credito, come si è più volte accennato, diviene rilevante la valutazione della relazione e del commitment esistente ma, nello stesso tempo, non è efficace formulare un giudizio diretto. Occorre sistematiz- zare tutti gli aspetti introdotti, relativi ai comportamenti dell’impresa, al com- mitment, alle condizioni della fiducia ma anche ai comportamenti della banca, in modo da ottenere delle proxy di giudizio osservabili che consentano una va-

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