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Lo scambio finanziario: definizione, caratteristiche e problematiche

APPROCCIO FUNZIONALISTA

DIFFERENZIAZIONE E TIPIZZAZIONE INTERMEDIAR

5. Lo scambio finanziario: definizione, caratteristiche e problematiche

All’interno del sistema finanziario, esistono differenti strutture per organiz- zare e governare gli scambi. Il governo e il controllo degli scambi da parte del mercato, alcune volte non è efficiente in presenza di incertezza del valore di scambio (Coase, 1937) e, tale incertezza, in presenza di determinate e partico- lari condizioni può rendere, addirittura, non utilizzabile il mercato (Arrow, 1969).

La definizione dello scambio finanziario34, delle sue caratteristiche e delle specifiche condizioni ambientali ed individuali in cui si svolge, risultano diffe- renti da quanto ipotizzato per le economie di mercato perfetto. La loro specifi- cazione e comprensione permettono di cogliere ed evidenziare i bisogni che il sistema economico esprime nel momento in cui uno dei suoi elementi, sia esso un’impresa, una famiglia o qualsiasi altro operatore, si trova a perfezionare uno scambio finanziario. Infatti, al variare delle caratteristiche intrinseche dello scambio e delle condizioni in cui si svolge, variano i bisogni espressi dal siste- ma economico e, di conseguenza, si modificano le attività svolte dagli interme- diari finanziari e la loro rilevanza ai fini della conclusione e perfezionamento dello scambio.

Nell’ambito di questo lavoro, lo scambio finanziario, inteso nella sua acce- zione più estesa, si propone di recuperare ed evidenziare, soprattutto, la com- plessità che caratterizza l’interazione “finanziaria” fra i soggetti. L’utilizzo di una definizione di derivazione sociologica permette di illustrare la varietà dei comportamenti e dei bisogni espressi durante lo scambio dagli attori ma, so- prattutto, permette di non modificare le dimensioni di analisi dello scambio quando si passi da una tipologia di scambio isolato verso modalità di scambio a maggiore contenuto relazionale. Lo scambio sociale, relativo a qualsiasi atto

possibile fra due soggetti nell’ambito della loro esistenza non solo economica, è inteso come categoria estesa del processo mediante il quale, due o più sog- getti cedono, reciprocamente, una qualsiasi risorsa (sociale) al fine di derivare una gratificazione e un’utilità intrinseca o estrinseca (Gallino, 1993).

L’estensione dello scambio sociale alla sfera economica impone di considerare

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le finalità dello scambio e come esso debba necessariamente migliorare o au- mentare l’utilità del soggetto (principio dello scambio volontario).

I termini dello scambio riguardano: l’equivalenza, l’equilibrio e l’equità delle risorse scambiate; l’opportunità del momento, del luogo e delle circo- stanze in cui avviene; la condizione di libertà con cui le due parti scambiano, misurata dalla scarsità e dal valore reciproco della risorsa scambiata e dal pote- re reciproco delle parti35. Non si configura come scambio qualunque interazio- ne che non abbia un’equivalenza complessiva delle risorse scambiate, misurata su tutte le dimensioni, materiali e immateriali, rilevanti per i soggetti coinvolti. Allo stesso modo, coloro che partecipano devono giudicare opportune anche le modalità fisiche in cui lo scambio avviene, con riferimento sia al luogo e al momento, sia alle circostanze, oggettive e soggettive, in cui avviene la nego- ziazione e la decisione. Infine, non si può parlare in alcun modo di scambio quando la decisione è viziata, distorta o indotta da una qualsiasi forma di impo- sizione derivante da autorità gerarchica o da stati di necessità. Infatti, lo scam- bio deve avvenire all’interno di situazioni in cui non ci sia un sensibile potere monopolistico di uno dei due partecipanti e la risorsa scambiata non deve avere un valore reciproco asimmetrico (almeno a livello aggregato) per i soggetti coinvolti.

Lo scambio finanziario, in letteratura, viene riferito al trasferimento di risor- se finanziarie fra settori istituzionali o fra unità economiche attraverso l’intervento di un intermediario o direttamente sul mercato. In relazione all’attività finanziaria utilizzata e alle modalità tecniche dello scambio, esso ri- sulta subordinato a particolari discipline e regolamenti. Detta definizione rap- presenta un’accezione ristretta di scambio finanziario poiché risulta focalizzata sul trasferimento di risorse ma non sul ruolo dei soggetti e sul processo d’interazione che ne caratterizza la decisione e il perfezionamento.

L’interpretazione dello scambio finanziario come categoria estesa del pro-

cesso mediante cui, due o più soggetti cedono, reciprocamente, potere d’acquisto (e servizi direttamente collegati) al fine di aumentare la propria uti- lità intrinseca o estrinseca, permette di recuperare la componente socio-

comportamentale e, altresì, di qualificare meglio la natura dei rapporti esistenti fra i soggetti coinvolti. Infatti, la dimensione processuale slega lo scambio dal singolo atto o, comunque, ne amplia la portata, superando l’unicità del concetto di scambio spot fino a giungere gli scambi relazionali in cui la valutazione del- la singola interazione finanziaria non può essere slegata dalla storia della rela- zione e dalla sua evoluzione attesa. Il rapporto esistente fra banca e cliente non può essere ricondotto semplicemente ad una serie di scambi finanziari distri-

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buiti nel tempo, se non con il rischio di utilizzare una chiave di lettura non ade- guata.

Lo scambio finanziario prevede, in generale, una dazione di potere d’acquisto, anche se incorporato in specifiche tipologie di titoli, e riferito al presente o al futuro. La cessione di potere d’acquisto avviene a fronte di una promessa di restituzione dato che lo scambio di moneta per moneta, di titoli per titoli o di crediti per crediti della stessa natura non ha senso. Il potere d’acquisto scambiato è sempre frutto di scelte di anticipo o di rinvio delle deci- sioni di consumo e di investimento.

Il problema più importante deriva dall’interrogativo riguardante l’opportunità di individuare nel potere di acquisto l’unico oggetto caratterizzan- te lo scambio finanziario. L’attuale evoluzione del sistema finanziario, l’apparire di nuove forme di intermediazione, il consolidarsi delle tradizionali forme di intermediazione “leggera”, lo sviluppo di canali informativi e distribu- tivi innovativi, l’evoluzione delle attività finanziarie, il sempre maggiore grado di complessità e sofisticatezza nel soddisfacimento dei bisogni delle unità eco- nomiche, la crescente componente di servizio che contraddistingue molteplici strumenti finanziari contribuiscono a far apparire troppo severa una simile in- terpretazione. Ruozi (1991) poneva il problema della necessità di modificare la definizione delle modalità organizzative degli scambi finanziari evolvendo da una distinzione fra circuiti diretti e indiretti verso una distinzione fra circuiti autonomi, senza alcun intervento dell’intermediario, e circuiti intermediati, in cui l’intermediario permette di superare i problemi delle asimmetrie informati- ve oppure agisce come “qualitative asset trasformer”.

L’interrogativo consiste nel chiedersi se l’attività dell’intermediario finan- ziario che supporta e rende possibile lo scambio di potere d’acquisto sia da considerarsi anch’essa come scambio finanziario oppure no. La definizione tra- dizionale sembrerebbe escludere questa possibilità dato che non si pone in es- sere una dazione di potere d’acquisto. Tuttavia, l’attività dell’intermediario fi- nanziario ha un effetto diretto sul potere d’acquisto scambiato poiché contri- buisce a ridurre l’incertezza del valore di scambio e, quindi, il rischio caratte- rizzante lo scambio stesso. Una banca che presta denaro ad un cliente, scambia finanziariamente. Una banca che vende una propria obbligazione ad un cliente, scambia finanziariamente. Una banca che fornisce consulenza finanziaria agli investimenti, eroga un servizio di risk management, svolge un’attività di priva- te placement, svolge un’attività di gestione patrimoniale individuale sembre- rebbe non scambiare finanziariamente con il cliente. Tuttavia, tutti questi servi- zi finanziari incidono sul rischio del cliente e, quindi, incidono sul valore com- plessivamente scambiato, anche se con un altro soggetto.

Questa considerazione induce verso un ampliamento dell’oggetto dello scambio finanziario a tutti gli elementi che comportano un effetto sul potere d’acquisto scambiato: sia attraverso un’influenza diretta sul suo ammontare, sia

attraverso una riduzione dei rischi derivanti dalla presenza di asimmetrie in- formative e di altre imperfezioni dello scambio. In questo modo, le molteplici interazioni che caratterizzano una relazione fra clienti ed intermediari finanzia- ri assumono una rilevanza fattiva nel momento in cui determinano un effetto concreto sulle decisioni finanziarie. La relazione può essere naturalmente defi- nita come un insieme di scambi finanziari in grado di generare un surplus ag- giuntivo rispetto all’ipotesi di scambi finanziari ripetuti ma, sostanzialmente, isolati. In questo ambito deve essere contestualizzata la natura processuale in- trodotta nella definizione di scambio finanziario. La realtà ha evidenziato come gli scambi finanziari siano destinati a ripetersi e, molto spesso, ciò avviene fra i medesimi soggetti. La relazione fra intermediario e cliente non rappresenta una sequenza di singoli atti ma, a parere di chi scrive, rappresenta un’unica catego- ria di scambio finanziario, di natura più composita e complessa molto differen- te rispetto gli scambi ripetuti che non possiedono alcun legame o conseguenza fra di loro.

Lo scambio finanziario avviene all’interno di precise regole e strutture, san- cite e sanzionate legalmente anche quando si perfeziona fra soggetti privati. Le regole e le strutture che supportano e regolamentano lo scambio hanno la fun- zione di aumentarne la certezza. Infatti, una caratteristica frequente dello scambio finanziario deriva dalla eterogeneità della natura dei soggetti coinvolti. Spesso, gli individui si trovano a cedere o ottenere risorse finanziare e negozia- re con soggetti di natura collettiva quali sistemi e organizzazioni. L’eccessiva eterogeneità introduce un elemento di asimmetria contrattuale nella negozia- zione e il rischio che gli individui non siano in grado di valutare in misura pari- taria il valore e la convenienza dello scambio.

Lo scambio finanziario non crea utilità ai soggetti in modo simultaneo. La decisione di rinvio o anticipo di consumo comporta un’utilità anticipata per il prenditore rispetto al datore di fondi che dovrà attendere la conclusione dello scambio per poter aumentare la propria utilità. La dimensione temporale impli- cita nello scambio finanziario e la natura di promessa costituiscono uno degli aspetti più caratteristici e tradizionalmente valutati.

Infine, lo scambio finanziario è, sostanzialmente, “estrinseco” dato che non è mai fine a se stesso ma risulta subordinato al raggiungimento di un fine suc- cessivo, tranne nel caso di approvvigionamento e detenzione di potere d’acquisto per scopi transazionali o precauzionali. Al pari del rapporto fra si- stema finanziario e sistema economico, deve essere letto il rapporto fra scam- bio finanziario e scambio economico in cui il primo rappresenta il mezzo per il perfezionamento del secondo e il raggiungimento di uno scopo ulteriore.

La caratteristiche di maggior interesse sono rinvenibili nella particolarità dei termini dello scambio dove l’equivalenza fra le risorse scambiate risulta media- ta da una specificità dello scambio finanziario legata al differimento di una del- le prestazioni che espone almeno uno dei partecipanti ad un certo grado di insi-

curezza circa l’ottenimento della risorsa attesa. Ciò determina una valutazione attendibile dell’equivalenza dello scambio unicamente al termine dello scam- bio stesso. L’opportunità delle modalità di esecuzione concreta dello scambio può essere considerata una problematica trascurabile data l’attuale varietà e l’ampia discrezionalità con cui le parti possono assumere le proprie decisioni. Al contrario, assume una certa criticità il grado di libertà posseduto dai sogget- ti, legato soprattutto al grado di bisogno-valore (scarsità) correlato all’effettuazione dello scambio e al potere reciproco posseduto che potrebbe, fattivamente alterare le condizioni, nell’ambito di scambi fra soggetti asimme- trici36.

Il portato dell’analisi effettuata giunge a definire lo scambio finanziario, come un atto caratterizzato da elevata incertezza del valore di scambio finale, dovuta , in primo luogo, alla non contestualità della cessione delle risorse (Mottura, 1991) e alle altre caratteristiche di eterogeneità ed estrisecità indivi- duate. Ad aumentare detta incertezza concorrono, inoltre:

le caratteristiche dei soggetti e la razionalità non assoluta (Simon, 1947) che ne limitano le capacità di valutazione reciproca e delle alternative esistenti;

 l’esistenza di informazioni costose e non simmetriche (Stigler, 1961), la cui omogeneità, spesso, non risulta raggiungibile neppure a fronte di un costo;

la possibilità di comportamenti opportunistici volti al perseguimento dell’interesse proprio che possono alterare l’equivalenza dello scambio;

 le altre imperfezioni del mercato e degli scambi che rendono costoso l’uso del mercato o ne impediscono un utilizzo completo (Williamson, 1975).

L’incertezza del valore di scambio

L’incertezza del valore definitivo dello scambio finanziario deriva dalla non istantaneità dello scambio e deve essere riferita, in primo luogo, all’impossibilità di conoscere quali stati di natura si verificheranno, al fine di associare il comportamento adeguato e conoscere il valore finale della decisio- ne.

La teoria economica classica non considerava l’incertezza, poiché il deciso- re-operatore economico era supposto in grado di conoscere tutti gli aspetti del problema, cioè le situazioni, le alternative, le conseguenze, le preferenze e la

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Si consideri che lo scambio finanziario può verificarsi fra soggetti asimmetrici, dotati di caratteristiche molto differenti: l’intermediario creditizio, l’investitore istituzionale, l’individuo, l’impresa di differenti dimensioni, lo Stato, ecc.

scala delle preferenze. In queste condizioni, l’operatore, attraverso il calcolo, era in grado di decidere e scambiare-agire37, concludendo gli scambi che ne massimizzavano l’utilità attesa. L’introduzione dell’incertezza, intesa come non conoscenza dello stato di natura futuro, ha reso più complicato il calcolo, legandolo alla non perfetta conoscenza delle condizioni che influiscono sulla propensione a scambiare e sul desiderio a scambiare con quegli “stessi termini del contratto” (Arrow, 1974)38

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Occorre inoltre, definire la differenza fra il concetto di rischio e il concetto di incertezza, funzionale alla comprensione dei comportamenti nei confronti dello scambio e della scelta effettuata. Tale differenza riguarda le modalità d’individuazione della distribuzione di probabilità e alle informazioni disponi- bili associate ad una “situazione di rischio” e ad una “situazione d’incertezza”39

, in cui, molto spesso, ricade uno scambio finanziario. La ge- stione dell’incertezza richiede l’utilizzo di alcune componenti che si legano all’osservazione soggettiva di variabili soprattutto comportamentali. Nell’ambito della gestione di un prestito o di un portafoglio prestiti,

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Simon (1955) evidenzia come esistano dei fattori di forte oggettività, soprattutto nella co- struzione di una scala delle preferenze di tipo cardinale, difficilmente conciliabili con la natura umana e le caratteristiche della realtà.

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L’utilizzo di contratti condizionali e la creazione del concetto di bene contingente e di mercato contingente hanno consentito di riportare il processo di scelta e di scambio all’impianto logico-matematico delle scelte in condizioni di certezza, ampliando il numero di mercati neces- sari e introducendo un meccanismo di prezzi contingenti in luogo dei prezzi fissi. Arrow, (1974) enuncia in modo completo ed esaustivo, le motivazioni sulla difficoltà reale del funzionamento di un simile meccanismo di prezzi. Per una formalizzazione matematica delle ipotesi e delle condizioni delle scelte in presenza di incertezza si veda Saltari, (1997).

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La situazione caratterizzata da rischio è associabile a una distribuzione di probabilità delle conseguenze calcolata su base frequentista, cioè sulla frequenza con cui una particolare situa- zione si è verificata nel corso del tempo. Va da sé che un tale metodo necessità di un periodo di osservazione sufficientemente lungo, una serie storica da cui inferire la distribuzione.

Le situazioni caratterizzate da incertezza, non possiedono un periodo di osservazione signi- ficativo, dato che si tratta di eventi piuttosto isolati, la cui valutazione degli eventuali relativi precedenti storici non sarebbe significativa e, molto spesso, possibile. La valutazione della pro- babilità avviene, in questi casi, su base soggettiva, e viene definita come il grado di fiducia che un individuo coerente (leggi razionale) attribuisce, sulla base delle sue convinzioni, opinioni e informazioni, al verificarsi di una particolare situazione o evento (Saltari, 1997). In situazioni del genere può verificarsi la circostanza che non sia possibile avere informazioni sufficienti ad associare alcun grado di fiducia nell’avverarsi di particolari stati di natura (Faccipieri, 1989).

Per un’applicazione più specifica al contesto finanziario e, nella fattispecie alla valutazione del rischio di credito nel finanziamento d’impresa da parte degli intermediari, si può vedere Ec- chia S. (1996), “Valutazione e gestione del rischio d’insolvenza”, in Ecchia S. (a cura di), “Il rischio di credito. Metodologie avanzate di previsione delle insolvenze”, Giappichelli Editore, Torino.

l’incertezza ha una diretta influenza sul rischio di credito, collegandosi più spe- cificamente al rischio specifico che caratterizza un rapporto di finanziamento. Infatti, la sua gestione viene attuata a livello di singolo finanziamento e gestita attraverso la valutazione delle caratteristiche quantitative e qualitative del sog- getto affidato. Le prime possono essere gestite attraverso tecniche più oggettive e standardizzate, che possono riferirsi a imprese differenti, gli aspetti qualitati- vi, legati alla qualità dell’imprenditore, alla moralità e all’etica comportamen- tale, alle sue capacità organizzative e strategiche, non riescono a prescindere dall’esistenza di una qualche forma di rapporto che riesca a ridurre l’asimmetria informativa e a creare delle aspettative fondate di comportamento in relazione a specifiche situazioni future. Sotto questo profilo, l’incertezza ri- sulta legata ad altri due fattori che caratterizzano lo scambio: l’informazione e le caratteristiche delle capacità dell’individuo. L’incertezza, quindi, si presenta all’interno dello scambio finanziario sotto tre componenti:

l’incertezza ambientale, legata all’evoluzione futura del contesto am-

bientale, di mercato e macroeconomico all’interno del quale si svolge lo scambio e che produce effetti sul valore previsto;

l’incertezza comportamentale, legata all’agire degli altri soggetti coin-

volti nello scambio e che ne altera ex post il valore attraverso compor- tamenti differenti da quelli dichiarati nella fase decisionale e di perfe- zionamento;

l’incertezza cognitiva o computazionale, derivante dall’assenza di con-

sapevolezza sulla precisione e sulla correttezza delle valutazioni di con- venienza eseguite e sulla completezza degli aspetti analizzati per la de- cisione di scambio e per le determinazione del valore di scambio.

La razionalità limitata

Gli individui non possiedono la razionalità assoluta e globale ipotizzata per l’uomo economico, essi presentano limitate conoscenze e limitate capacità pre- visive, di apprendimento e di calcolo. Queste caratteristiche fanno parte dell’individuo, gli costano fatica e gli procurano insuccessi nel cogliere gli obiettivi assegnatigli dalla teoria economica. Simon afferma che gli individui agiscono e, quindi, affrontano un processo di scambio con le proprie capacità, sono costretti a tentare di ridurre la complessità e l’incertezza esistente ma, seppur risultano coerenti nelle intenzioni, non riescono a giungere a risultati ot- timizzanti, a causa delle semplificazioni del mondo che sono costretti ad utiliz- zare e che introducono delle discrepanze con la realtà (Simon, 1955).

Le capacità degli individui, inoltre, risentono delle risorse possedute e della convenienza di investire tali risorse nella valutazione dello scambio, introdu- cendo la possibilità che gli individui, supposti intenzionalmente razionali, af-

frontino un problema di convenienza economica fra il tentativo di ottimizzare la decisione e le risorse necessarie a tale scopo.

La letteratura finanziaria ha mantenuto un’impostazione neoclassica in que- sto ambito, trattando alcune conseguenze di queste limitazioni come attività economiche. L’informazione è stata considerata una attività economica, carat- terizzata da scarsità e costo (Stigler, 1961; Muth, 1961), essa è entrata a far par- te della funzione di produzione per cui, come osserva Simon (1978), invece di “alleviare” i problemi computazionali e di elaborazione del soggetto parteci- pante allo scambio, né ha aumentato la complicatezza di calcolo.

Simon (1978) è estremamente critico sulla capacità di trattare il fenomeno dell’incertezza attraverso la considerazione del costo delle informazioni40

, dato che occorrono altri elementi, affinché si riduca la complessità affrontata dall’individuo durante lo scambio finanziario. Il problema dell’informazione, limitata, incompleta o costosa, ha rilevanza nell’ipotesi di un individuo in gra- do di gestire l’informazione sufficiente all’ottimizzazione dello scambio, in as- senza di vincoli, di natura non solo economica, all’accesso a particolari infor- mazioni e in presenza di un comportamento attivo nei confronti dell’incertezza. Questo punto segna il passaggio dall’economia dell’incertezza all’economia dell’informazione. La prima è intesa come assenza di certezza sugli stati di na- tura futuri, come esistenza d’informazione omogenea, incompleta e non miglio- rabile da nessuno e come comportamento adattivo degli individui a tale incom- pletezza41 La seconda focalizza l’attenzione sull’esistenza di informazione ete- rogenea e distribuita in modo non simmetrico e sul comportamento attivo degli operatori che, per quanto nelle loro possibilità e capacità, si attivano per ridurre tale asimmetria (Saltari, 1990)42. La differenza sostanziale consiste nel passare da un’idea di informazione esogena ad un concetto di informazione endogena

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