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La qualità delle informazioni, la fiducia e lo scambio relazionale

APPROCCIO FUNZIONALISTA

Riquadro 3.1 – Alcune classificazioni della fiducia

5. La qualità delle informazioni, la fiducia e lo scambio relazionale

Il rapporto esistente fra relazione, fiducia e commitment e il ruolo svolto dalla fiducia all’interno delle interazioni strategiche rappresentano l’aspetto fi- nale e più importante dell’analisi della fiducia. Se non è possibile definire compiutamente la loro relazione, si possono, tuttavia, valutare gli effetti e le funzioni possedute dalla fiducia nei confronti delle relazioni di scambio e dei principali problemi e imperfezioni che le caratterizzano. La cooperazione ne- cessità dell’assenza di opportunismo; affinché non si abbiano tali comporta- menti occorre una motivazione53 dei soggetti coinvolti. Questa motivazione è una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire la cooperazione poi- ché è necessario che la controparte sia informata sull’esistenza di detta motiva- zione e abbia fiducia nella veridicità di essa. Inoltre, anche l’altro individuo

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Per una esaustiva rassegna si veda B. William, (1989) “Strutture formali e realtà sociale” in cui si procede ad una suddivisione fra macromotivazioni e micromotivazioni dell’individuo ad agire, definite tali perché attinenti a caratteristiche generali dell’individuo, del suo compor- tamento normale e del proprio modo di pensare. Esse possono assumere natura egoistica o "al- truistica, le prime fondate su un interesse individuale relativo a situazioni sociali generalizzate (non andare in prigione, non essere oggetto di critica, non essere considerato un elemento mar- ginale della società), le seconde legate a norme etiche, religiose e morali (la propria onestà, il rispetto altrui, il proprio codice etico,...). Williams aggiunge alla macromotivazioni, le micromo- tivazioni che riguardano la circostanza e la situazione contingenti, in cui si distinguono ancora quelle egoistiche, dovute alla convenienza del momento, da quelle altruistiche, legate ai senti- menti provati nei confronti del soggetto con cui si interagisce. Le motivazioni individuate pos- siedono un loro ordine interno che ne fa variare la rilevanza e il peso assunto nei comportamenti provocati.

deve condividere le medesime informazioni e gli stessi interessi. Tutto ciò si- gnifica che occorrono la consapevolezza reciproca e la conoscenza che il sog- getto con cui si interagirà possieda non solo le informazioni e le motivazioni necessarie ma, soprattutto, che queste convinzioni siano reciproche. Sull’esistenza della fiducia giocano favorevolmente le condizioni indicate nel paragrafo precedente e, in particolare, l’esistenza di una certa ripetizione degli scambi e l’esistenza di ripetuti feedback affinché rendano migliore la cono- scenza dell’altro, confermino le opinioni precedenti, contribuiscano alla forma- zione della reputation del trustee e, parallelamente, alla alimentazione- riconferma del bagaglio informativo del trustor.

La reputazione dei soggetti, intesa come l’opinione sulle caratteristiche ca- ratteriali, morali e comportamentali rappresenta una componente essenziale del processo di formazione e consolidamento della cooperazione e della fiducia. Essa si pone alla base della formazione delle aspettative che compongono la fiducia. Il dubbio che sorge riguarda la fonte delle informazioni e le modalità di acquisizione delle stesse. Si deve fare riferimento alle informazioni comunque acquisite o solo alle informazioni personalmente apprese. Come viene risolto il problema della veridicità di quelle apprese da fonti esterne? Come deve essere scontato il grado di distorsione dell’altrui elaborazione delle informazioni? Il problema deve essere distinto ed analizzato su due livelli: uno soggettivo, lega- to alle interazioni continuate e, quindi, alle relazioni già in atto in cui si possie- de una fonte diretta delle informazioni, l’altro, più complesso, legato alle inte- razioni di natura occasionale in cui la fonte informativa è completamente me- diata da mezzi esterni al trustee.

Nel primo caso, la fonte diretta delle informazioni è costituita dalle prece- denti esperienze del trustor. Ciò nonostante, esiste un livello di rischio legato alle distorsioni soggettive del processing delle informazioni ottenute. Tale ri- schio non si concentra nella veridicità di esse ma nelle posizioni precostituite dal trustor che rischia di ridurre l’obiettività della valutazione. In questo senso si verifica una certa viscosità della reputazione alle nuove informazioni, visco- sità non simmetrica nel senso che è più difficile passare da uno stato peggiore a uno migliore rispetto al contrario. Le esperienze precedenti tendono a sedimen- tarsi, esiste un processo di learning che concorre alla formazione delle aspetta- tive future di comportamento e, quindi, alla formazione di fiducia relazionale che rappresenta un “experientially based judgement” (Lorenz-Lazaric, 1996)54.

Con riferimento alle interazioni occasionali, esse sono caratterizzate da un livello di incertezza elevato poiché non esiste una base esperenziale ed occorre affidarsi ad informazioni, comunque acquisite all’esterno, senza riscontri. Oltre

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E.H. Lorenz, N. Lazaric “Trust and organisational learning during inter-firm cooperation” Paper presentato al Convegno “Routinization, learning and the transfer of skill” Trento, Giugno 1996.

ai limiti e alle distorsioni delle proprie valutazioni, si aggiungono i problemi legati alle distorsioni provenienti dalle valutazioni di coloro che forniscono i dati e le informazioni necessarie. Il processo diviene più complesso e si pone il problema della veridicità e della qualità delle informazioni ricevute. Esse po- trebbero essere state opportunisticamente manipolate. Lo sforzo richiesto al

trustor è molto più intenso e la decisione di interagire richiede sia una propen-

sione alla fiducia positiva che l’utilizzo di altri meccanismi per ridurre l’incertezza. Tuttavia, questi episodi non devono essere trascurati, essi costitui- scono momenti potenziali di creazione della fiducia e di possibili relazioni fu- ture e, allo stesso tempo, implicano un rischio che, seppur singolarmente tra- scurabile, può assumere dimensioni rilevanti per la numerosità di tali episodi e per gli effetti indiretti sulla disponibilità e la propensione a concedere fiducia ed a ricercare rapporti relazionali. Ogni atto di fiducia può essere visto come momento di acquisizione di ulteriori informazioni; ogni interazione positiva fornisce una riconferma alla fiducia accordata, rinsaldandola55.

La fiducia sembra essere, quindi, una risorsa instabile e di complessa ge- stione. Essa non è un investimento pianificabile e per questo è molto rischioso (Luhmann, 1979) ma neppure un sottoprodotto casuale di particolari situazioni e comportamenti (Bateson, 1989)56. L’esistenza di un interesse-intenzione ad assumere comportamenti favorevoli e la comunicazione delle proprie intenzio- ni, si è visto, non sono sufficienti a dare vita ad uno scambio senza una dose minimale di fiducia come condizione ex-ante. La fiducia rappresenta un’ottima modalità di governo delle interazioni in presenza di impossibilità di giungere alla completezza contrattuale e alla certezza del valore di scambio e dei conte-

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Garfinkel, 1963 riportato da Good in “Individui, relazioni e fiducia” in D. Gambetta, op. cit. evidenzia con una serie di esperimenti la necessità della relazione Esperienza >>Azio- ne>>Reazione e l’importanza del feed-back fra Reazione e Esperienza come conferma della va- lidità dell’esperienza su cui si è basata l’azione. Se viene a mancare questa relazione o è casuale, l’individuo non ha risposte dal mondo esterno al proprio agire, cessa la sua predittività della so- cietà e si ritrova smarrito in un mondo che gli appare inintellegibile.

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Bateson (1989) argomenta la nascita della fiducia e della cooperazione come un fenomeno evolutivo casuale e naturale. I comportamenti cooperativi migliori si affermerebbero sulla base della superiorità del gruppo rispetto altri. La combinazione casuale delle caratteristiche favore- voli per la cooperazione, diffusa fra i vari componenti del gruppo selezionerebbero la riprodu- zione di tali combinazioni di caratteri e di elementi del gruppo (sistema). La cooperazione si sa- rebbe evoluta poiché coloro che erano in grado di assumere i comportamenti necessari avevano maggiori possibilità di sopravvivere e di riprodursi. Anche Axelrod (1984) con lo studio sui comportamenti cooperativi istauratisi fra i soldati nemici in trincea sosteneva la nascita della cooperazione come un fattore casuale e non voluto, sanzionato positivamente e riprodotto per- ché conduceva ad un maggiore benessere tutti i partecipanti. In questo senso, la fiducia sarebbe un prodotto secondario, ma importante, della cooperazione legata al comportamento razionale volto al miglioramento della propria utilità. La casualità sostituisce il bisogno di fiducia recipro- ca.

nuti della transazione. Essa, quindi, esprime poca utilità negli scambi isolati, assume, invece, un ruolo importante negli scambi ripetuti e nelle relazioni57.

La fiducia ha effetti economici e sociali, produce vantaggi impliciti sotto forma di risparmi di costo e vantaggi espliciti sotto forma di maggiori guada- gni. In molte realtà produttive, essa assicura il raggiungimento-mantenimento del vantaggio competitivo da cui può dipendere l’essere sul mercato. In questo senso, essa può esistere all’interno delle organizzazioni (intra-firm trust), pro- ducendo incrementi di flessibilità e di delega, oltre al raggiungimento di mag- giori dimensioni, e agire all’esterno delle organizzazioni, operando a favore delle relazioni esterne di fornitura e alla creazione di network di imprese (inter-

firm trust). Il metodo migliore per illustrare i vantaggi della fiducia sarebbe de-

finirne i costi associati alla sua completa assenza e alle complicazioni connesse (Fukuyama, 1996). La funzione principale, nei rapporti di scambio, consiste nella più efficiente ed efficace gestione dell’incertezza, legata al rischio non nullo di opportunismo, mediante la semplificazione del calcolo e del processo decisionale. I vantaggi attribuiti all’esistenza di un certo grado di fiducia ri- guardano i risparmi di costi di transazione e di agenzia necessari a concludere diversamente gli scambi. I costi di transazione a cui ci si riferisce riguardano i costi necessari per porre in essere un meccanismo legale in grado di gestire tut- te le liti e i contenziosi che si originerebbero in mancanza di fiducia, i costi di agenzia si riferiscono ai costi necessari per gestire completamente le asimme- trie informative e per dar luogo a contratti il più possibile completi58.

Il rischio che si corre, trattando questi temi, è di giungere a conclusioni che sembrano immediate e, perciò stesso, banali. La fiducia è osservabile nella realtà, noi stessi siamo protagonisti di innumerevoli atti di fiducia durante il nostro agire professionale59. In ambito economico-aziendale, la fiducia mantie-

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Si pensi ai distretti industriali italiani studiati da Brusco (1989)-Becattini (1990), ai rap- porti di sub-appalto della Francia meridionale studiati da Lorenz (1989), alle caratteristiche delle associazioni fra immigrati del Ghana analizzate da Hart (19889, ai risultati della Corea del Sud raggiunti da Hawthorn (1989), alle relazioni create dai commercianti cinesi a Singapore esami- nati da Menkhoff (1992), agli studi sulla commercializzazione della gomma affrontati da Kol- lock (1994), agli esempi sulle aziende giapponesi, tedesche e americane riportati da Fukuyama (1996).

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Per completezza, è stato sostenuto che la fiducia, in un accezione allargata, contribuisce a migliorare l’efficienza allocativa dell’economia poiché riduce i costi transazionali e, nella misu- ra in cui rende più credibile i segnali informativi, dovrebbe indirizzare gli scambi verso gli inve- stimenti migliori (Phelps, 1975).

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Tutte le situazioni in cui non si dispone delle stesse informazioni e delle stesse capacità valutative della controparte, noi ricorriamo alla fiducia. Dalla situazione banale del meccanico, dell’aver dimenticato il portafogli in ufficio durante la pausa pranzo, del poter telefonare in ban- ca per ottenere un’informazione, al credito che riceviamo da chi ci conosce, all’essere assunti

ne lo stesso ruolo, permette il consolidarsi di relazioni e di rapporti di scambio continuati e si rinforza all’interno degli stessi, permettendo di affrontare la li- bertà altrui senza incapsularla completamente all’interno di un contratto e di rigidi vincoli. Il concetto riguarda la consapevolezza che una volta creata, essa permette di agire e promuovere la cooperazione in modo più flessibile ed effi- cace rispetto al ricorso continuato alle covenants iniziali ed aumentando il va- lore relazionale creato. Il ruolo della fiducia non si esprime negli scambi spot ma emerge durante le fasi intermedie del rapporto di scambio. Essa, progressi- vamente, riduce e sostituisce il ruolo degli incentive devices durante la fase processuale dell’interazione, agendo sulle dimensioni della relazione che per- mettono di migliorarne i contenuti e di aumentare il surplus relazionale. L’oggetto della relazione tende ad allargarsi, fino a ricomprendere aspetti, me- no diretti, che contribuiscono a migliorare e completare le finalità perseguite. Si modificano e si articolano i criteri di valutazione della relazione, estenden- dosi verso forme più complete e meno legate al prezzo. L’interdipendenza da gestire diviene più complessa e si modificano i meccanismi di governo e di coordinamento utilizzati, aumentando la partecipazione necessaria. Anche la gestione dei conflitti e delle situazioni critiche segue logiche nuove rispetto agli scambi isolati e di mercato; essa è meno fondata sull’utilizzo del potere posse- duto e sulla soluzione exit e più protesa all’adeguamento reciproco e alla voice-

strategy.

Le riflessioni sulle condizioni della fiducia e sui processi che possono de- terminarla ne attribuiscono un carattere spontaneo. Tuttavia, ciò non significa dire che la fiducia non possa essere favorita e razionalmente cercata. Se nessun individuo può dire di essere in grado di creare la fiducia di un altro soggetto a propria discrezione, appare verosimile l’affermazione riguardante la propria strategia atta a favorire le condizioni che possono creare fiducia60. Nella ge- stione di un rapporto di scambio e, più in generale, nell’agire economico pos- sono essere utilizzate due strategie di base: la strategia della fiducia e la strate- gia dell’economia della fiducia. Esse possono essere definite uno spirito di fon-

dopo un periodo di prova, a tutte le situazioni in cui qualcuno non si preoccupa di assicurarsi da tutte le eventualità possibili, la fiducia sta svolgendo il suo ruolo.

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L’esistenza di comportamenti corretti e di modalità di interazione particolari possono fa- vorire la fiducia agendo sui fattori e sulle condizioni su cui fonda. Una buona reputazione, l’onestà nell’agire, la tendenza verso pochi e duraturi rapporti, il non approfittare degli interstizi informativi, la ricerca del consenso piuttosto che dell’imposizione, l’equilibrato ricorso ai mec- canismi che limitano il bisogno di fiducia ma che, spesso, ne limitano la formazione, l’esasperata ricerca di garanzie collaterali, la predisposizione di buoni canali informativi, il coinvolgimento graduale della controparte, sono comportamenti che, sebbene non diano garan- zie della creazione di fiducia, sicuramente contribuiscono a favorirla e a ridurre la percezione antagonistica dell’interazione.

do che caratterizza l’agire degli individui, inducendoli, rispettivamente, all’apertura verso la considerazione del valore della fiducia oppure alla ricerca della certezza e alla limitazione del grado di fiducia necessario per una decisio- ne di comportamento.

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