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L’internazionalità dei contratti: La sede d’affari – place of business.

Si cercherà ora di illustrare quali sono le caratteristiche necessarie perchè un contratto sia ritenuto internazionale secondo la disciplina uniforme. Come accennato in precedenza la Convenzione dell’Aja (LUVI) venne fortemente

criticata per il suo caratteristico “erga omnes approach”, ragione che spinse la CISG a ricercare soluzioni diverse 62 per identificare e distinguere ambito

d’applicazione e internazionalità dei contratti secondo la disciplina uniforme; accordi raggiunti e sintetizzati all’articolo 1, 1° comma, lettere a) e b).

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Cfr. Sergio M. CARBONE,MarcoLOPEZ DE GONZALO,Art 1, in Convenzione di Vienna sui Contratti di

Vendita Internazionale di Beni Mobili. p. 4, in cui si afferma: “L’esperienza di totale rifiuto dell’erga omnes approach delle convenzioni dell’Aja del 1964 non ha mancato di influire sulle

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I redattori della Convenzione di Vienna hanno stabilito che l’internazionalità del rapporto contrattuale viene definita secondo un metodo soggettivo, il quale conduce a ritenere internazionale un contratto di compravendita sulla base del place of business dei contraenti o in mancanza della sede d’affari, basandosi sulla residenza abituale delle parti.

Un contratto è ritenuto internazionale anche nel caso in cui la merce non debba passare alcuna frontiera, a condizione che i contraenti abbiano però la propria sede d’affari in Stati diversi. 63 Va inoltre precisato che in virtù dell’articolo 1, 3° comma della CISG, la nazionalità delle parti e il carattere

civile o commerciale di queste o del contratto non sono da prendere in considerazione ai fini dell'applicazione della Convenzione di Vienna. 64 Altro elemento da non dimenticare è che un mutamento di place of business posteriore alla conclusione del contratto non incide sull’internazionalità dell’accordo. 65

Si prenda ora in considerazione un contratto concluso tra due parti per mezzo di un intermediario e ci si chieda se esso sia da considerare un accordo internazionale: un accordo stipulato per mezzo di un rappresentante non è detto che sia per certo internazionale; la regola generale 66 è che un contratto concluso per mezzo di un intermediario è internazionale se colui che è stato rappresentato ha il proprio place of business in uno Stato diverso da quello della controparte, altrimenti è necessario ricorrere al diritto internazionale privato per definire la legge applicabile alla fattispecie.

63Franco FERRARI, La Vendita Internazionale. Applicabilità e Applicazioni della Convenzione delle

Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionali di Beni Mobili.

64 Art 1, 3° comma della CISG: Né la nazionalità delle parti, né il carattere civile o commerciale delle parti o del contratto devono esser presi in considerazione ai fini dell'applicazione della presente Convenzione.

65Rolf HERBER, Beate CZERWENKA, Internationales Kaufrecht. Kommentar zu dem Übereinkommen

der Vereinten Nationen vom 11. April 1980 über Verträge über den Internationalen Warenkauf,

1991, p. 18.

66 Rolf HERBER, Art. 1 in Kommentar zum einheitlichen UN-Kaufrecht, Beck, 1995, p. 52: (“Se il rappresentante agisce in nome del rappresentato e conclude il contratto in modo che questo produca i suoi effetti in capo al rappresentato, allora rileverà soltanto la sede d’affari di quest’ultimo; questo sarà parte contraente”). (Regola valida sia in Italia che in Germania).

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Ricordiamo nuovamente che il requisito fondamentale affinchè la Convenzione di Vienna risulti applicabile a un contratto è che esso sia internazionale; perchè un contratto risulti essere internazionale dunque è necessaria una diversa ubicazione delle sedi d’affari di compratore e venditore.

Il termine sede d’affari – place of business – ètablissement all’interno della Convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionale di Beni Mobili non viene chiarito, 67 ma nonostante ciò è possibile ricavarne una definizione volta per volta in base al rapporto esistente fra attività e organizzazione. 68 In merito a ciò si è espressa anche la giurisprudenza, la quale ha affermato che

Occorre [...] che le parti contraenti abbiano, al momento della conclusione del contratto (pertanto è irrilevante se questa circostanza muta successivamente), la loro sede d'affari, ossia il luogo dal quale viene svolta un’attività commerciale caratterizzata da una certa durata e stabilità nonché da una certa autonomia [...] in Stati diversi. 69

Conseguentemente a quanto affermato i luoghi predisposti da fiere e alberghi per le trattative commerciali non sono da considerare come place of

business. 70

Si prenda ora in considerazione il caso in cui uno dei due contraenti abbia più di una sede d’affari: la questione da risolvere è determinare quale sia il

67 I redattori della Cisg non sono riusciti ad individuare una definizione comune che venisse accettata da tutti i rappresentanti.

68 Gian Alberto FERRETTI, Art 10, in Convenzione di Vienna sui Contratti di Vendita Internazionale di Beni Mobili. p. 43, (“Il frequentissimo uso della dizione “place of business”, già nel comma 1°

dell’art. 1 della Convenzione e poi via via nei successivi articoli, ci induce a sostare un attimo su tale locuzione, tradotta dai commentatori nelle più svariate maniere. [...] Tale problema è sempre di difficile soluzione quando è necessario stabilire quel minimo di organizzazione atto ad individuare l’impresa, ritengo che non possa essere individuato in astratto, ma piuttosto valutato in concreto in base a due elementi, quello della attività e quello della organizzazione, e, più precisamente, nel rapporto esistente tra questi”).

69 Cit. Tribunale di Padova, 25 febbraio 2004, Testo completo disponibile alla pagina web: http://www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=972&step=FullText. Pagina visitata il 14 aprile 2012.

70 Arthur ROSETT, Critical Reflections on the United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods, in Ohio State Law Journal, 1984, p. 279, secondo il quale una sede

d’affari “Neither having a hotel room or a rented office in a city nor engaging in sales transactions on repeated occasions in the nation appear to suffice”. Testo completo dell’articolo disponibile alla pagina web: http://cisgw3.law.pace.edu/cisg/biblio/rossett.html, visitata il giorno 19 aprile 2012.

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place of business di quel contraente per poter stabilire se il contratto

stipulato tra le parti sia internazionale.

Esistevano due correnti di pensiero: una parte della dottrina sosteneva che la sede d’affari cui si doveva far riferimento era la sede principale, mentre l’altra parte affermava che la questione andava risolta facendo riferimento alla sede con la relazione più stretta al contratto e alla sua esecuzione. Mentre la Convenzione dell’Aja non andava a regolare in alcun modo tale fattispecie, la Convenzione di Vienna decise di trattare la problematica della pluralità di sedi d’affari all’articolo 10:

Articolo 10

Ai fini della presente Convenzione:

a) Se una parte ha più di una sede d’affari, la sede d’affari da prendere in considerazione è quella che è in più stretta relazione con il contratto e la sua esecuzione, avuto riguardo alle circostanze conosciute o contemplate dalle parti in un qualsiasi momento anteriore o al momento della conclusione del contratto;

b) Se una parte non ha sede d’affari, si deve far riferimento alla sua dimora

abituale. 71

Inizialmente l’idea dei redattori della Convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionale di Beni Mobili era quella di prendere come riferimento la sede principale dell’azienda al fine di stabilire l’internazionalità del contratto. 72 In seguito tale proposta venne abbandonata e sostituita dalla lettera a) dall’art. 10, secondo cui anche le

71Per la traduzione italiana del decimo articolo si è fatto riferimento alla traduzione presente in: Gian Alberto FERRETTI, Art 10, in Convenzione di Vienna sui Contratti di Vendita Internazionale di

Beni Mobili. p. 43.

72 Per approfondire tale argomento si faccia riferimento a United Nations Commission on International Trade Law Yearbook, 1971, ove viene riportata la proposta di prendere come

riferimento la sede principale dell’azienda al fine di stabilire l’internazionalità del contratto: “where a party has place of business in more than one State, his place of business shall be his principal place of business”.

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succursali possono essere considerate sedi d’affari, respingendo la “teoria della sede principale”. 73

Purtroppo una questione lasciata irrisolta dalla CISG è se la sede rilevante ai

fini dell’internazionalità del contratto sia quella dove esso viene stipulato o dove avvenga la sua esecuzione. Nonostante ciò all’articolo 10, lettera a), viene affermato che è nesessario aver “avuto riguardo alle circostanze conosciute o contemplate dalle parti in un qualsiasi momento anteriore o al momento della conclusione del contratto”; 74 in merito a quanto detto è importante ricordare che l’autonomia delle parti gioca sempre un ruolo chiave: le parti hanno ampia autonomia contrattuale e possono stabilire ciò che meglio si addice alle loro necessità.

In conclusione, però, va affermato che si considera principale la sede d’affari ove il contratto viene eseguito. 75

Nel caso in cui invece una parte non abbia sede d’affari, la Convenzione di Vienna stabilisce che è necessario far riferimento alla residenza abituale della parte in questione.

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