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L’ordine di ispezione sull’amministrazione: la sua reclamabilità

Nel documento Il controllo giudiziario delle società (pagine 139-146)

DENUNZIA AL TRIBUNALE Testo vigente

1. Delega e decreti di attuazione

4.8. L’ordine di ispezione sull’amministrazione: la sua reclamabilità

L’ispezione sull’amministrazione, che rappresenta il provvedimento istruttorio tipico dell’art. 2409 c.c., costituisce uno strumento estrema- mente flessibile ed efficace, dalle caratteristiche chiaramente inquisitorie, capace di accertare i fatti che si sospettano irregolari (140) e di porre a fondamento dei successivi provvedimenti del tribunale anche irregolarità diverse da quelle denunziate (141).

Non sorprende, quindi, che il legislatore della riforma non solo non ha pensato di introdurre la possibilità di nominare ispettori di parte, che avreb- be esposto le società al rischio di ingerenze ispettive eccessive e strumenta- li (142), ma si sia preoccupato di rendere sicuramente reclamabile l’ordine di ispezione dell’amministrazione, come ora viene espressamente disposto

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ranzia per eventuali danni inutilmente cagionatile dalla procedura di controllo e dall’ispezione che si va a disporre.

(140) Così Trib. Cassino, 20 febbraio 1997, cit., che in virtù di queste caratteristiche «inquisi- torie» la distingue dalla consulenza tecnica d’ufficio.

Nel senso che l’ispezione sulla gestione non sia assimilabile alla consulenza tecnica d’ufficio, ma costituisca un mezzo volto anche all’accertamento dei fatti, v. altresì Trib. Roma, 13 luglio 2000, in Giur. it., 2000, 2103, con osservaz. di MAINETTI, che, diversamente da Trib. Cassino, 20 febbraio 1997, cit., ne trae la conseguenza che l’ispettore non deve prestare giuramento.

(141) Per l’orientamento che, dato il carattere inquisitorio del procedimento, il tribunale non sia vincolato ai soli fatti denunciati, ma possa prendere in considerazione pure le ulteriori irregola- rità emerse nel corso del procedimento, normalmente a seguito dell’ispezione, ponendole alla base dei suoi provvedimenti, v. Trib. Roma, 13 luglio 2000, in Giur. it., 2000, 2103 s., con osservaz. di MAINETTI; Trib. Como, 30 ottobre 1998, in Giur. it., 1999, 1887, con nota di BREIDA; App. Milano, 26 ottobre 1979, in Giur. comm., 1980, II, 745, con nota di ALLEGRI.

(142) Secondo quanto deve continuarsi a ritenere, «l’ispezione giudiziale non ha natura di con- sulenza tecnica e pertanto alla medesima i soci non possono partecipare attraverso propri consulen- ti di parte»: così Cass., 20 settembre 2002, n. 13776, in Dir. prat. soc., 2003, 4, 74, con nota di PA- TRONIGRIFFIe BRUNO, che conferma la tesi prevalente nella giurisprudenza di merito. Sulla diver- sità tra ispezione giudiziaria e consulenza tecnica, e conseguentemente per l’affermazione del di- vieto per il socio (e dei suoi consulenti) di partecipare alle operazioni ispettive, tanto più che esse sono di impronta inquisitoria e comportano «l’accesso a documenti ed informazioni sociali travali- canti i limiti normali del controllo da parte del socio», v. anche Trib. Milano, 26 febbraio 1999, in Giur. it., 1999, 1887, con nota di BREIDA; Trib. Cassino, 20 febbraio 1997, cit.

Per l’ammissibilità della nomina di «ispettori di parte», nonostante la riconosciuta diversità dalla consulenza tecnica, v., peraltro, Trib. Roma, 12 dicembre 1995, in Foro it., 1996, I, 1046 ss., con nota di NAZZICONE.

dall’ultima parte del nuovo 2° co. dell’art. 2409 c.c., mentre prima l’imme- diata reclamabilità avanti la corte d’appello, ex artt. 739 e 742 bis c.p.c., era controversa (143). Una parte della giurisprudenza sosteneva infatti che i decreti reclamabili alla corte d’appello a norma dell’art. 739 c.p.c. fossero soltanto quelli con cui il tribunale definisce il procedimento, tra i quali non doveva comprendersi la nomina di un ispettore, dato che l’ordine di ispe- zione rimane pur sempre un provvedimento di carattere istruttorio e che il nostro ordinamento non prevede mezzi di reclamo immediato contro prov- vedimenti istruttori disposti da un organo collegiale (144). La giurispru- denza contrapposta, alla quale si è evidentemente ispirato il legislatore del- la riforma del diritto societario, rilevava invece che l’art. 2409 c.c. non po- ne alcuna distinzione tra i provvedimenti conclusivi della procedura e provvedimenti istruttori – da adottarsi tutti in forma di decreto a norma del- l’art. 103 disp. att. c.c. – sicché sarebbe stato arbitrario consentire il recla- mo al giudice superiore dei primi e non dei secondi. Ma soprattutto, tale orientamento metteva l’accento sulla circostanza che l’ordine di ispezione, essendo volto alla ricerca della prova, ha una natura particolarmente incisi- va ed intrusiva nella vita della società, molto maggiore di quella che può essere riconosciuta ad una mera consulenza tecnica d’ufficio, e sottolinea- va quindi come il rilievo delle situazioni inerenti alla disposizione dell’i- spezione dell’amministrazione di una società giustificasse l’immediata re- clamabilità del provvedimento in esame (145).

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(143) Cfr. JANNUZZIe LOREFICE, op. cit., 675 s.; BONGIORNO, Il procedimento previsto dall’art. 2409 c.c., in Processo civile, cit., 166 ss., e in Riv. trim. dir. proc. civ., cit., 547; GHIRGA, Il procedi- mento per irregolarità, cit., 345 ss.; VITRÒ, Controllo giudiziario, cit., 307 s.

(144) Nel senso che, in mancanza di una espressa previsione, il decreto con il quale il tribunale adito ai sensi dell’art. 2409 c.c. avesse disposto l’ispezione dell’amministrazione della società, co- stituendo un provvedimento di natura meramente istruttoria, strumentale rispetto ai provvedimenti conclusivi, non fosse, come tale, autonomamente reclamabile dinanzi alla corte d’appello, v. App. Roma, 16 gennaio 1999 e Id., 28 maggio 1998, in Giur. it., 1999, 1888 s., con nota di BREIDA; Id., 18 maggio 1998, in Impresa, 1998, 1544; App. Salerno, 12 febbraio 1993, in Giur. it., 1994, I, 2, 780, con nota di SPAGNUOLO; App. Milano, 24 maggio 1996, in Riv. dir. comm., 1996, II, 401; App. Salerno, 10 gennaio 1996, in Giur. comm., 1996, II, 483; App. Lecce, 4 marzo 1995, in Soc., 1995, 934, con nota di LOLLI.

(145) In tale direzione si era espressa Cass., 16 marzo 1993, n. 3127, in Giur. comm., 1995, II, 844, con nota di CAMILLETTI. Conformemente all’orientamento espresso dai giudici di legittimità, una parte della giurisprudenza di merito riteneva che il provvedimento di ispezione, adottato ai sensi dell’art. 2409 c.c., pur avendo incontestabile carattere istruttorio, dovesse considerarsi auto- nomamente reclamabile, considerata la sua natura funzionale all’adozione di radicali ed incisivi provvedimenti giudiziali nei confronti degli amministratori della società: cfr., in tale direzione, App. Milano, 6 giugno 1994, in Soc., 1995, 188; App. Cagliari, 30 marzo 1995, in Riv. giur. sarda, 1995, 617, con nota di LOFFREDO; App. Bologna, 21 novembre 1991, in Soc., 1992, 503, con nota di PATELLI, che ha ritenuto l’ordine di ispezione subito reclamabile ex art. 739 c.p.c.; App. Torino,

La legge non precisa chi sia legittimato a reclamare, né si cura di dire se esistano termini entro cui proporre il reclamo e tanto meno spiega da- vanti a chi esso vada proposto.

È peraltro da ritenere che, trattandosi di un provvedimento camerale, sia pure interlocutorio e con finalità istruttorie, si debba applicare l’art. 27, d.lgs. 5/2003, in tema di reclamo contro i provvedimenti camerali (146).

Tale disposizione attribuisce la facoltà di reclamo a chi vi sia «interes- sato», fissa «nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento» il lasso di tempo entro cui il reclamo deve essere pro- posto e individua nella corte d’appello, che pronuncia anch’essa in came- ra di consiglio, il giudice competente quando il provvedimento reclamato sia stato pronunciato, come nel caso in esame, dal tribunale in composi- zione collegiale.

Il soggetto «interessato» a reclamare contro un ordine di ispezione sarà, tipicamente, la società, che potrebbe avere interesse ad affidare le in- dagini, di cui riferire al tribunale, a persone di propria fiducia, o, ancor più radicalmente, a che la gestione non sia turbata da atti ispettivi (147), men- tre appare dubbio che amministratori e sindaci possano considerarsi «con- trointeressati» all’ispezione, che potrebbe raccogliere elementi nel senso della correttezza della loro gestione (148).

L’ordine di ispezione sull’amministrazione, avendo come soggetto pas- sivo la società, andrà comunicato a quest’ultima dal tribunale. Risulta così applicabile, anche quando la società non risulti costituita nel procedimen- to ex art. 2409 c.c., la previsione di cui al 1° co. dell’art. 27, secondo cui il reclamo deve essere proposto entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento.

Riguardo poi ai vizi da porre a fondamento del reclamo, sembra possi- bile, in assenza di specifiche indicazioni legislative, contestare sia l’op- portunità che la legittimità dell’ordine di ispezione. Sotto il primo profilo può venire in rilevo l’assenza di seri indizi che rendano fondato il denun-

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16 novembre 1988, in Giur. it., 1989, I, 2, 193; App. Catania, 28 marzo 1985, in Soc., 1986, 165, con nota di PROTETTÌ.

(146) Nello stesso senso, v. CANALE, Il «nuovo» procedimento, cit., 95 ss., part. 97.

(147) È dubbio, invece, che amministratori e sindaci possano considerarsi controinteressati al- l’ispezione, che potrebbe anche dimostrare la correttezza della gestione.

Per l’affermazione che anche gli amministratori e i componenti dei vari organi di controllo possono essere considerati controinteressati, v., però, CANALE, op. ult. cit., 97, part. nota 62.

(148) Nel senso che l’amministratore potrebbe essere pregiudicato direttamente o indiretta- mente dagli effetti dell’ispezione e sia quindi legittimato al reclamo, v., peraltro, App. Torino, 16 novembre 1988, in Giur. it., 1989, I, 2, 193.

ciato sospetto di irregolarità e che quindi suggeriscano una verifica più ap- profondita (149). Mentre sotto l’altro profilo si può pensare ad una ispe- zione disposta nonostante il divieto oggi sancito al 3° co. dell’art. 2409 c.c. e cioè quando l’assemblea abbia nel frattempo sostituito gli ammini- stratori e i sindaci (150).

4.9. (Segue): e il suo divieto nel caso della sostituzione di amministra- tori e sindaci

Come si è anticipato, una tra le innovazioni dovute alla riforma della di- sciplina del controllo giudiziario è costituita dalla circostanza secondo cui, ai sensi del nuovo 3° co. dell’art. 2409 c.c., il tribunale non può ordi- nare l’ispezione «se l’assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, ri- ferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute».

La sostituzione di amministratori e sindaci (151) determina anche l’ef- fetto, sempre ai sensi del nuovo testo dell’art. 2409 c.c., di sospendere per un periodo determinato il procedimento.

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(149) L’ispezione, infatti, come strumento diretto all’accertamento dei fatti, ben potrebbe man- care, perché superflua, in presenza di irregolarità palesi e provate (si pensi ad irregolarità rilevate dal giudice penale o sufficientemente documentate dai denunzianti), ovvero quando la denuncia appaia palesemente infondata, dal momento che il controllo giudiziario può influire pesantemente sulla gestione sociale, tanto che il tribunale, nel disporre l’ispezione, può anche subordinarla al versamento di una cauzione (a garanzia di eventuali danni provocati alla società dal procedimento o dall’ispezione stessa: v. Trib. Cassino, 20 febbraio 1997, in Soc., 1997, 832, con nota di PATELLI) da parte dei soci richiedenti, i quali devono in ogni caso sopportare le spese dell’ispezione, mentre nel caso di attivazione del procedimento da parte dell’organo di controllo interno e del pubblico ministero tali spese sono a carico della società (art. 2409, ult. co., c.c.).

Sui criteri di liquidazione del compenso dell’ispettore, quale ausiliario del giudice, v. Cass., 10 marzo 1997, n. 2141, in Giur. comm., 1999, II, 5, con nota di ALVARO; Id., 2 novembre 1995, n. 11403, in Soc., 1996, 511, con nota di PAOLUCCI; Trib. Milano, 23 luglio 1992, in Soc., 1993, 79. (150) Esempi proposti pure da MAINETTI, sub art. 2409, in COTTINOet al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, cit., 947.

(151) Secondo NAZZICONE, op. cit., 1083, «la nomina di nuovi sindaci potrebbe essere stru- mento pletorico, nel caso concreto, come allorché il precedente organo sindacale non abbia violato nessuna disposizione che ne regola l’agire. Si deve, allora, ritenere che la norma non imponga, al fine di eliminare le irregolarità, la revoca dei sindaci alla società, nonostante la lettera della norma sembri affermare l’opposto».

Per OLIVIERI, I procedimenti camerali plurilaterali (le principali fattispecie), cit., invece, stan- te il tenore letterale della disposizione, è necessario che la sostituzione riguardi (non solo) gli am- ministratori, ma anche i sindaci.

Si tratta, in realtà, di una sospensione impropria, perché durante il tem- po in cui il procedimento di denuncia si arresta, i nuovi amministratori e sindaci sono tenuti ad accertare ed eliminare le violazioni commesse du- rante la precedente gestione.

Di fatto, quindi, più che una sospensione, il procedimento subisce un rinvio e precisamente un rinvio all’udienza (contestualmente fissata, in re- lazione al tempo che il tribunale riterrà di dover concedere ai nuovi ammi- nistratori e sindaci) nella quale i nuovi amministratori dovranno compari- re per riferire «sugli accertamenti e le attività compiute» (152) ed al cui esito il giudice deciderà se proseguire nell’iter processuale.

In argomento, pare interessante ricordare che già in passato si era nega- to che la sostituzione degli amministratori imponesse di chiudere il proce- dimento con una declaratoria di improcedibilità della denunzia (153). Ed in effetti, la sostituzione degli amministratori di per sé non garantisce né la cessazione delle gravi irregolarità, né che ad esse sia posto rimedio, né che sia fatta piena luce sulla gestione precedente. Giustamente, quindi, la

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In pratica, è ragionevole prevedere che, nel timore che il tribunale ritenga non sufficiente la so- stituzione dei soli amministratori, l’assemblea, per essere sicura di impedire l’ispezione, revochi i sindaci anche in mancanza di una reale necessità. Il che, come è stato posto in luce a commento dello schema di decreto del 30 settembre 2002, poi tradotto nel d.lgs. 6/2003, dai redattori delle os- servazioni dell’Istituto di diritto Angelo Sraffa dell’università Bocconi di Milano nonché di quelle di Borsa Italiana s.p.a. (in Riv. soc., 2002, 1527 ss., part. 1531, ed ivi, 1564 ss., part. 1576 e 1586), potrebbe porre il collegio sindacale nell’imbarazzante situazione di denunciare gli amministratori per gravi irregolarità (come ora la legge gli consente), con il rischio di venire sostituiti dall’assem- blea per evitare l’ispezione, o di «contenere il proprio zelo».

(152) Per un’opinione analoga, cfr. OLIVIERI, I procedimenti camerali plurilaterali (le princi- pali fattispecie), cit., secondo cui la sospensione prevista dal 3° co. dell’art. 2409 c.c. non può es- sere assimilata alla sospensione concordata ex art. 296 c.p.c., che «renderebbe necessaria la rias- sunzione (nel termine semestrale), con i conseguenti dubbi interpretativi sulle conseguenze del ri- tardo o addirittura della mancanza dell’atto d’impulso (ad es., possibilità o meno di rilievo d’uffi- cio dell’estinzione, sul paradigma dell’art. 412 bis, 5° co., c.p.c.)»; CANALE, Il «nuovo» procedi- mento, cit., 97 s., part. 98, a cui avviso «si tratta di un caso di atecnicismo, nel quale si indica con il termine «sospensione» una situazione nella quale il tribunale dovrà semplicemente soprassedere sulla decisione interinale e istruttoria e fissare una nuova udienza, alla quale dovranno comparire i nuovi amministratori per riferire sugli accertamenti e sulle attività compiute».

(153) In questo senso, v. Trib. S.M. Capua Vetere, 4 maggio 2001, in Soc., 2002, 69, con nota di MAINETTI, secondo cui la sostituzione degli amministratori, da parte dell’assemblea, nel corso del procedimento di controllo giudiziario non rende la procedura improseguibile, qualora gli effet- ti delle irregolarità denunciate siano ancora attuali; Trib. Roma, 13 luglio 2000, in Giur. it., 2000, 2103, con osservaz. di MAINETTI; Trib. Lecco, 19 febbraio 1999, in Soc., 1999, 859, con nota di FI- CO; Trib. Roma, 17 luglio 1998, in Giur. it., 1999, 1458, con nota di MAINETTI; Trib. Milano, 15-27 novembre 1995, ivi, 1996, I, 2, 1, con osservaz. di ABRIANI, e in Foro it., 1996, I, 227, con osservaz. di RORDORF; Trib. Milano, 7-11 luglio 1995, in Giur. it., 1995, I, 2, 593, e in Foro it., 1996, I, 2227; Trib. Napoli, 3 marzo 1994, in Gius, 1994, 18, 73; App. Firenze, 2 dicembre 1989, in Dir. fall., 1990, II, 1093, con nota di DIGRAVIO.

giurisprudenza stabiliva che la rinnovazione degli organi amministrativi e di controllo da parte dell’assemblea della società, deliberata nell’immi- nenza dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 2409 c.c., non va- nificasse il ricorso, ma potesse semmai indurre a verificare se l’operata sostituzione fosse idonea ad eliminare le irregolarità della pregressa ge- stione. A tal fine, si riteneva che il tribunale avesse la facoltà di invitare i nuovi amministratori a presentare una relazione sull’attività da loro svolta (154). Qualora poi i nuovi amministratori si fossero dimostrati incapaci di accertare e rimuovere le irregolarità, il tribunale avrebbe dovuto procedere ad adottare gli opportuni provvedimenti ispettivi e gestori (155).

Il nuovo dettato legislativo irrigidisce tale assetto giurisprudenziale. Se infatti, in assenza di una espressa regolamentazione, nel vecchio re- gime nessuna precisa disposizione obbligava il giudice a concedere una apertura di credito verso il nuovo organo gestorio e quindi ad attendere i risultati della sostituzione per decidere se nominare un proprio ispettore o comunque proseguire nell’iter giudiziario, ora, ai sensi della riforma, è inequivocabile che, in conseguenza della nomina di nuovi amministratori e sindaci dotati di adeguata professionalità (156), sorga il dovere del tribu-

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(154) Così Trib. Milano, 7-11 luglio 1995, cit. (solo in motivazione su Giur. it. ed anche in massima sul Foro it.).

(155) Così Trib. Milano, 15-27 novembre 1995, cit.

(156) Non è chiaro in cosa consista la «adeguata professionalità» richiesta.

Per i sindaci, dovrà essere rispettato, come minimo, il requisito dettato dal 2° co. del nuovo art. 2397 c.c., su cui v. CERA, sub art. 2397, in SANDULLIe SANTORO(a cura di), La riforma delle so- cietà. La società per azioni, cit., 517-524. Quindi almeno un membro effettivo ed uno supplente del collegio sindacale dovrà essere scelto «tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito pres- so il Ministero della giustizia» e i restanti membri, se non iscritti in tale registro, dovranno essere scelti «fra gli iscritti negli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche» (la norma trova un anteceden- te nell’art. 148 t.u.f., e nel collegato d.m. 30 marzo 2000, n. 162, sui requisiti di professionalità e onorabilità dei membri del collegio sindacale delle società quotate: sulla disposizione del t.u.f. e sul suo decreto di attuazione, v. SALAFIA, I requisiti professionali per l’assunzione dell’ufficio sindacale nelle società quotate, in Soc., 2000, 913 ss.). Ma per gli amministratori, nessun requisito minimale sembra agevolmente richiamabile, anche se qualche spunto potrà trarsi dall’elaborazione destinata a formarsi sul nuovo art. 2387 c.c., laddove prevede che lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipen- denza, ponendo così il problema di attribuire concreto contenuto a questi concetti.

È pertanto da ritenere che al giudice sia lasciato un ampio margine discrezionale nel valutare la sussistenza dell’«adeguata professionalità» in capo ai nuovi amministratori e sindaci e di conse- guenza nel concedere o negare l’effetto impeditivo dell’ispezione e sospensivo del procedimento di denuncia.

La discrezionalità della valutazione trova peraltro un temperamento nella riconosciuta possibi- lità di reclamare contro l’ordine di ispezione: un apprezzamento eccessivamente rigoroso del tribu- nale circa l’«adeguata professionalità» potrà essere subito corretto dalla corte d’appello.

nale di non ordinare l’ispezione e di sospendere per un periodo determina- to il procedimento (157). Qualora poi i nuovi amministratori e sindaci, al- la scadenza del termine giudizialmente fissato, durante il quale il procedi- mento ex art. 2409 c.c. è sospeso, abbiano ripristinato la corretta gestione, il tribunale dichiarerà esaurito il procedimento ex art. 2409 c.c. innanzi a sé incardinato, essendo venuta meno la ragione di procedere (158), allo- cando le spese secondo il criterio della soccombenza virtuale (159). Qua- lora invece gli accertamenti e le attività compiute dai nuovi amministrato- ri e sindaci dovessero risultare insufficienti ad eliminare le irregolarità, il tribunale potrà riannodare le fila del procedimento ed adottare i richiesti provvedimenti, ivi compreso quello di nomina dell’amministratore giudi-

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(157) Nel senso che «il dato testuale esclude ogni discrezionalità, sicché, in presenza dell’indi- cato presupposto, non può essere nominato l’ispettore giudiziario» e il procedimento deve essere sospeso, v. anche OLIVIERI, I procedimenti camerali plurilaterali (le principali fattispecie), cit.; MAINETTI, sub art. 2409, in COTTINOet al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, cit., 949.

La conseguenza di ciò può essere resa efficacemente con le parole di AMBROSINI, L’ammini- strazione e i controlli nella società per azioni, in ID. (a cura di), La riforma delle società. Profili, cit., 83 s., secondo cui così «si offre alla maggioranza assembleare, se non proprio un commodus discessus, un modo sicuro di evitare, almeno per qualche tempo, l’adozione, da parte del tribunale, di ogni altro provvedimento». Ed in effetti, in un’ottica di protezione delle minoranze, il legislato- re avrebbe potuto quanto meno accogliere il suggerimento contenuto nelle osservazioni dell’Istitu- to di diritto Angelo Sraffa dell’università Bocconi di Milano (in Riv. soc., 2002, 1527 ss., part. 1531 s.), dove, commentando lo schema di decreto del 30 settembre 2002, poi trasfuso nel d.lgs. 6/2003, si rilevava che «per salvare l’esigenza di continuità ed efficienza della gestione, con quella altrettanto rilevante di tutela delle minoranze, potrebbe essere previsto che la delibera di sostituzio- ne degli amministratori possa impedire l’ispezione solamente nel caso in cui non vi sia il voto con-

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