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La conciliazione stragiudiziale societaria: i regolamenti di attuazione

Nel documento Il controllo giudiziario delle società (pagine 70-74)

ENTRATA IN VIGORE Testo d.lgs 5/

7. La conciliazione stragiudiziale societaria: i regolamenti di attuazione

È infine da ricordare che il legislatore, con il d.m. 23 luglio 2004, n. 222, recante «Determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui all’art. 38, d.lgs. 5/2003» e il d.m. 23 luglio 2004, n. 223, recante «Approvazione delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione a norma dell’art. 39, d.lgs. 5/2003», ha completato la disciplina della conciliazione stragiu- diziale societaria.

È stata così data attuazione, sia pure con ritardo, al disposto degli artt. 38 e 39, d.lgs. 5/2003, con i quali era stato fissato il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della riforma perché il Ministro della giusti- zia, con regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, 3° co., l. 23 agosto 1988, n. 400, determinasse i criteri e le modalità di iscrizione degli organi- smi conciliativi nell’apposito registro volto a certificare la loro abilitazio- ne nonché le indennità da riconoscere a tali organismi per l’espletamento dei tentativi di conciliazione (41).

In particolare, con il d.m. 222/2004, il Ministero della giustizia ha co- stituito il registro ministeriale degli organismi autorizzati a condurre ten- tativi di conciliazione in materia societaria, ha disciplinato i criteri e le modalità per l’iscrizione dei suddetti organismi in tale registro, ha fissato i criteri per la formazione, per la revisione e, più in generale, per la gestione e per la tenuta dell’elenco dei conciliatori (42).

Con il d.m. 223/2004, invece, il Ministero ha disciplinato, fissandone l’ammontare minimo e massimo nonché il criterio di calcolo, le indennità spettanti agli organismi di conciliazione quali gestori del servizio di con- ciliazione nell’ambito delle materie indicate all’art. 1, d.lgs. 5/2003, di- stinguendo peraltro tra organismi pubblici ed organismi privati. Per questi ultimi viene infatti prevista libertà tariffaria ma con il limite della pubbli- cità delle tariffe e del controllo autorizzatorio da parte del responsabile del registro degli organismi di conciliazione.

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(41) In argomento, v. supra, NEGRINI, sub art. 38, par. 1 ss., part. par. 5, e ID., sub art. 39, par. 2. (42) In base alla previsione contenuta all’art. 3, d.m. 222/2004, il Ministero della giustizia ge- stisce, nell’ambito delle risorse umane e strumentali già esistenti presso il Dipartimento per gli af- fari di giustizia, e sotto la guida del direttore generale della giustizia civile, il Registro degli organi- smi autorizzati alla gestione dei tentativi di conciliazione. Tale registro è articolato in due differen- ti sezioni, l’una dedicata agli enti pubblici, l’altra riservata agli organismi privati; entrambe le se- zioni sono corredate dall’elenco dei conciliatori.

8. (Segue): l’espansione verso la materia del franchising, dei patti di famiglia, del risparmio e dei consumatori

La conciliazione stragiudiziale societaria ha inoltre denotato potenzialità espansive.

La l. 6 maggio 2004, n. 129, recante «Norme per la disciplina dell’affi- liazione commerciale», in materia di franchising, ha infatti stabilito, al- l’art. 7, che «per le controversie relative ai contratti di affiliazione com- merciale le parti possono convenire che, prima di adire l’autorità giudizia- ria o ricorrere all’arbitrato, dovrà essere fatto un tentativo di conciliazione presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui territorio ha sede l’affiliato», soggiungendo che «al procedimento di con- ciliazione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 38, 39 e 40», d.lgs. 5/2003, «e successive modificazioni».

Questo significa che nei contratti di franchising può essere inserita una clausola che imponga, in caso di controversia, di esperire preventivamente un tentativo di conciliazione secondo la procedura dettata dagli artt. 38, 39 e 40, d.lgs. 5/2003.

Ciò non è senza conseguenze.

È vero che anche prima nulla vietava di inserire in un contratto di franchi- sing una clausola per il preventivo tentativo di conciliazione; ma, mancando una previsione normativa che consentisse il rinvio agli artt. 38, 39 e 40, d.lgs. 5/2003, non sarebbe stato possibile attribuire efficacia esecutiva ai verbali di conciliazione, che, ai sensi dell’art. 40, 8° co., una volta omologati con decre- to del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo di con- ciliazione, costituiscono titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’e- secuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Né sareb- be stato possibile fare operare le conseguenze previste dall’art. 40, 6° co., d.lgs. 5/2003, in tema di improcedibilità dell’azione dinanzi all’autorità giu- diziaria ordinaria in caso di mancato svolgimento del tentativo di conciliazio- ne convenzionalmente previsto, e quelle di cui al 5° co. del medesimo artico- lo, in tema di rilevanza del comportamento assunto dinanzi all’organo di con- ciliazione ai fini della condanna alle spese nel successivo eventuale processo. Un aggancio alla conciliazione stragiudiziale societaria si rinviene ora anche in materia di trasmissione generazionale dell’azienda da parte del- l’imprenditore ad alcuno dei suoi discendenti, con parallela liquidazione degli altri familiari non continuatori dell’impresa.

In proposito, l’art. 768 octies c.c., introdotto dalla l. 14 febbraio 2006, n. 55, recante «Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia»,

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Entrata in vigore

dispone che le relative controversie «sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall’art. 38, d.lgs. 5/2003».

Non è poi da trascurare il d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179, recante «Istitu- zione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori in attuazione dell’art. 27, 1° e 2° co., legge 28 dicembre 2005, n. 262», che ha istituito una Ca- mera di conciliazione e arbitrato presso la Consob per l’amministrazione dei procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzio- ne di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la viola- zione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e tra- sparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori.

Pure in questo caso si assiste al richiamo della conciliazione stragiudi- ziale societaria, con l’aggiunta anche di un richiamo alle disposizioni sul- l’arbitrato societario.

Quanto alla conciliazione stragiudiziale, la Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso la Consob può infatti valersi, ai sensi dell’art. 2, 4° co., d.lgs. 179/2007, «di organismi di conciliazione iscritti nel registro pre- visto dall’art. 38, 2° co., d.lgs. 5/2003». Ed inoltre ad essa si applica, ai sensi dell’art. 4, 5° co., d.lgs. 179/2007, l’art. 39, 1° e 2° co., d.lgs. 5/2003, in tema di parziale esenzione da imposte e spese, e l’art. 40, 2°, 3°, 4°, 5°, 6° e 8° co., d.lgs. 5/2003, in tema, per menzionare le previsioni più impor- tanti, di efficacia esecutiva dei verbali di conciliazione, di improcedibilità dell’azione giudiziaria in caso di omissione del tentativo di conciliazione, di rilevanza del contegno tenuto avanti all’organo di conciliazione nella prospettiva della ripartizione delle spese nel successivo eventuale processo. Quanto invece all’arbitrato, il regolamento arbitrale adottato dalla Con- sob dovrà tenere conto, secondo quanto dispone l’art. 5, 1° co., d.lgs. 179/2007, «degli artt. 34, 35, 36, d.lgs. 5/2003, in quanto applicabili», nonché, ovviamente, degli artt. 806 ss. c.p.c., fermo in ogni caso il rispet- to del contraddittorio.

Infine bisogna ricordare che, nell’ambito della disciplina dell’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori inserita nel d.lgs. 6 settem- bre 2005, n. 206, vale a dire nel codice del consumo dall’art. 2, 446° co., l. 24 dicembre 2007, n. 244 (la Legge Finanziaria del 2008), è stata previ- sta una fase conciliativa, che espressamente si richiama alla conciliazione di cui al d.lgs. 5/2003, per la liquidazione del danno precedentemente ac- certato in via generica dall’autorità giudiziaria.

Sul punto, il nuovo art. 140 bis, 4° co., c.cons. prevede che, se accoglie la domanda proposta con l’azione collettiva, «il giudice determina i criteri

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in base ai quali liquidare la somma da corrispondere o da restituire ai sin- goli consumatori o utenti che hanno aderito all’azione collettiva o che so- no intervenuti nel giudizio» e «nei sessanta giorni successivi alla notifica- zione della sentenza, l’impresa propone il pagamento di una somma, con atto sottoscritto, comunicato a ciascun avente diritto e depositato in can- celleria».

Qualora la parte rimasta soccombente non comunichi la proposta nei prescritti sessanta giorni o la proposta non sia stata accettata nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, il presidente del tribu- nale competente dovrà, ai sensi dell’art. 140 bis, 6° co., c.cons., costituire una camera di conciliazione, presieduta da un avvocato cassazionista no- minato dal presidente del tribunale, nonché «composta da un avvocato in- dicato dai soggetti che hanno proposto l’azione collettiva e da un avvoca- to indicato dall’impresa convenuta». Ma «in alternativa, su concorde ri- chiesta del promotore dell’azione collettiva e dell’impresa convenuta», il presidente del tribunale potrà disporre «che la composizione non conten- ziosa abbia luogo presso uno degli organismi di conciliazione di cui al- l’art. 38, d.lgs. 5/2003, e successive modificazioni, operante presso il co- mune in cui ha sede il tribunale».

In ogni caso, come precisa l’ultima parte dell’art. 140 bis, 6° co., c.cons., indipendentemente dall’organo innanzi al quale si svolga, alla procedura di conciliazione si applicano «in quanto compatibili, le disposi- zioni degli articoli 39 e 40 del citato d.lgs. 5/2003, e successive modifica- zioni».

Dunque, la normativa sulla conciliazione di cui al d.lgs. 5/2003 è previ- sto che rilevi, nel campo delle azioni collettive, sotto un duplice profilo: da un lato per la possibilità per le parti di avvalersi degli organismi di con- ciliazione costituiti ex art. 38, d.lgs. 5/2003; e dall’altro, per l’operatività, comunque, con il limite della compatibilità, delle norme contenute negli artt. 39 e 40, d.lgs. 5/2003, con ciò che ne consegue ad esempio riguardo a imposte e spese, al valore di titolo esecutivo dei verbali di conciliazione, al rilievo dell’attività svolta avanti all’organo di conciliazione ai fini della condanna giudiziale alle spese qualora il tentativo di conciliazione fallisca e si debba quindi adire il giudice, alla improcedibilità dell’azione dinanzi all’autorità giudiziaria qualora la conciliazione non sia stata tentata.

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Entrata in vigore

Articolo 2409

DENUNZIA AL TRIBUNALE

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