DENUNZIA AL TRIBUNALE Testo vigente
1. Delega e decreti di attuazione
2.5. Le gravi irregolarità nella gestione: il fondato sospetto
Significative divergenze tra il vecchio e il nuovo testo dell’art. 2409 c.c. sono concentrate nel 1° co. della disposizione, dove si illustrano le condi- zioni per proporre la denuncia al tribunale.
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Naturalmente, resta intatto il nucleo fondamentale della norma, per il quale non si ravvisano innovazioni.
Resta infatti fermo il presupposto della sussistenza di un fondato so- spetto di gravi irregolarità nell’amministrazione, pur venendo meno il ri- ferimento alle irregolarità nei controlli.
Il codice civile originariamente parlava, nel 1° co. dell’art. 2409 c.c., di «fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci».
Ora quello stesso 1° co. si riferisce al «fondato sospetto che gli ammi- nistratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregola- rità nella gestione».
Per «fondato sospetto» continua ad intendersi che per attivare il tribu- nale, che può disporre l’ispezione dell’amministrazione per andare alla ri- cerca della prova, il ricorrente non deve dimostrare compiutamente l’esi- stenza delle denunciate gravi irregolarità, essendo sufficiente che ne forni- sca indizi obiettivi, tali da rendere verosimile la denuncia. Se il ricorrente fornisce elementi che facciano ragionevolmente e seriamente presumere l’esistenza di fatti costituenti gravi irregolarità, il tribunale potrà dunque disporre, per accertare l’esistenza di tali irregolarità, l’ispezione giudizia- ria, proseguendo così nel procedimento ex art. 2409 c.c. (36). Diversa- mente, la denuncia andrà immediatamente rigettata.
Quanto poi alle espressioni «gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori» e «gravi irregolarità nella gestione», esse paiono sostanzialmente analoghe. Il cambio di terminologia dipende da questo: la vecchia espressione non poteva tenere conto dei nuovi organi amministrativi introdotti dalla riforma, che accanto al modello tradiziona- le, in cui agiscono i classici amministratori, prevede un modello dualistico dove operano i componenti del consiglio di gestione e un modello moni- stico dove l’organo amministrativo è rappresentato dal consiglio di ammi- nistrazione.
Una differenza non spiegabile con ragioni meramente formali sta inve- ce nella circostanza che, mentre nel vecchio testo si faceva riferimento, ol- tre che all’inadempimento degli amministratori, anche all’inadempimento
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(36) Così Trib. Udine, 14 luglio 1990, in Foro it., 1991, I, 1945.
Per App. Lecce, 9 luglio 1990, in Giur. merito, 1990, 927, «il fondato sospetto di gravi irrego- larità nell’amministrazione non può essere basato su mere supposizioni o su indimostrati rilievi critici, bensì su elementi di sicuro affidamento che, pur non assurgendo a livello di prova, abbiano tuttavia riscontri obiettivi che vanno al di là del semplice sospetto». Sul punto cfr., in dottrina, VITRÒ, Controllo giudiziario, cit., 106 ss.; TEDESCHI, op. cit., 190 s.
«dei doveri dei sindaci», nel nuovo art. 2409 c.c. si parla solo di «ammini- stratori» che «abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione», dimen- ticando le irregolarità dei sindaci nel controllare.
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Soprattutto, però, a parte la mancata menzione dell’organismo di control- lo, la formulazione attuale richiede espressamente, a differenza di quanto avveniva in passato, che le gravi irregolarità comportino un danno poten- ziale per la società e contempla la possibilità che la condotta gestoria ina- dempiente sia rilevante non solo se ha ripercussioni negative sulla società amministrata ma anche se i suoi effetti si esplicano su una o più società da questa controllate.
Per la precisione, secondo quanto scrive il legislatore della riforma, le gravi irregolarità nella gestione sono rilevanti ai fini della denuncia se «possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate».
Iniziando dal requisito della potenzialità dannosa nei confronti della società, tutti i comportamenti, commissivi o omissivi, che sono stati rite- nuti configurare l’ipotesi delle gravi irregolarità, vanno ora vagliati alla luce del nuovo criterio.
Ciò, a prima impressione, sembrerebbe restringere molto la possibilità di concretamente azionare il procedimento, che ai fini della sua ammissi- bilità deve oggi avere ad oggetto la denuncia di fatti che, secondo una va- lutazione prognostica, sono fonte di danno per la società. Infatti, una ge- stione contra legem o comunque irregolare, ma profittevole per il patrimo- nio sociale, di per sé non sembrerebbe, a rigore, denunciabile. In partico- lare, non sembrerebbero più denunciabili gran parte delle «irregolarità informative, configurabili nei bilanci di esercizio e nelle situazioni patri- moniali, redatte in occasione di speciali drammatici eventi della vita so- ciale (37), rispetto alle quali la configurabilità di un danno, anche solo po- tenziale per la società, è quanto meno problematica» (38).
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(37) Il passo citato si intende, probabilmente, riferire alla relazione sulla situazione patrimonia- le della società, che deve essere stilata, ai sensi dell’art. 2446 c.c., in caso di riduzione del capitale per perdite.
(38) SALAFIA, La riforma del controllo giudiziario, cit., 1330; ID., Amministrazione e controllo, cit., 1475, secondo cui saranno escluse dalla denuncia «soprattutto le irregolarità riguardanti, in particolare, il bilancio di esercizio (...), le quali, di norma non sono dannose per la società e le sue controllate, ma se mai preordinate, a suo vantaggio, per occultare situazioni negative o per esporre
Parrebbe quindi divenire assai difficile denunciare ex art. 2409 c.c., co- me era d’uso nel precedente regime (39), l’irregolare tenuta dei libri so- ciali e delle scritture contabili o le irregolarità commesse nella predisposi- zione dei bilanci (40), tali da determinare un’inesatta rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria (41), quali l’illegit- tima ed immotivata rivalutazione delle poste attive del bilancio d’esercizio (42); la mancata inclusione di debiti contestati di importo rilevante (43); l’aver inserito nel conto economico ricavi non ancora realizzati (44); l’a- ver iscritto il disavanzo di fusione, nei bilanci successivi alla stessa, in violazione di corretti principi contabili (45); la notevole divergenza tra la consistenza delle rimanenze indicata in bilancio e quella realmente esi- stente; la mancata indicazione nella nota integrativa del bilancio di acqui- sti di materie prime effettuati; il mancato storno dai cespiti ammortizzabi- li di spese sostenute per la manutenzione degli stessi con conseguente so-
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situazioni positive inesistenti». In questo senso, v. anche AMBROSINI, L’amministrazione e i con- trolli nella società per azioni, in ID. (a cura di), La riforma delle società. Profili, cit., 83 s., ad avvi- so del quale «cessano così di essere suscettibili di censura in base all’art. 2409 c.c. tutte le situazio- ni – irregolare tenuta della contabilità, redazione di un bilancio falso o di una situazione patrimo- niale inveritiera – in rapporto alle quali la configurabilità di un danno potenziale appare problema- tica (la falsità dei documenti contabili, anzi, è di regola preordinata a conseguire un vantaggio, sep- pur illecito, per la società)».
(39) Per una vasta casistica delle irregolarità ritenute denunciabili nel vigore della disciplina previgente, v. TOSI, Oggetto e limiti del controllo giudiziario delle società, in QUATRAROe TOSI, op. cit., 307; MARULLIe SILVETTI, Il controllo giudiziario, in CAVALLI, MARULLIe SILVETTI, op. cit., 1034 ss.; TEDESCHI, op. cit., 201 ss.
(40) App. Firenze, 12 maggio 1997, in Soc., 1997, 1295, con nota di PISELLI, dove si precisa che la pendenza di una impugnativa ex art. 2377 c.c. non esclude la possibilità di proporre una de- nunzia di irregolarità al fine di censurare il modo con il quale il bilancio approvato è stato redatto. Nel senso che la violazione della disciplina sulla corretta formazione del bilancio di esercizio, det- tata con norme imperative finalizzate alla tutela degli interessi dei soci e dei terzi, configuri grave irregolarità, v. anche Trib. Napoli, 10 giugno 1994, in Foro it., 1995, I, 3328, con osservaz. di FOR- TUNATO, e in Riv. dir. sport, 1994, 690, con nota di CHINÈ. Sempre per la denunciabilità delle irre- golarità relative alla redazione del bilancio, v. inoltre App. Catania, 28 marzo 1985, in Soc., 1986, 165, con nota di PROTETTÌ.
Per la non configurabilità dell’irregolare tenuta dei libri sociali quale «grave irregolarità ai sen- si dell’art. 2409 c.c.», v., però, Trib. Velletri, 28 settembre 1993, in Giur. merito, 1995, 274, con no- ta di DIGRAVIO.
(41) Così, sintetizzando i risultati di una serie di irregolarità di bilancio (comprendenti l’iscri- zione di partecipazioni sociali per un valore notevolmente superiore a quello loro proprio, di im- mobilizzazioni in realtà rientranti tra i costi di esercizio, di mancata svalutazione di crediti proba- bilmente inesigibili), Trib. Trapani, 10 agosto 2001, in Soc., 2002, 868, con nota di SALAFIA.
(42) App. Trento, 16 febbraio 1996, in Soc., 1996, 900, con nota di BALZARINI.
(43) Trib. Napoli, 10 giugno 1994, in Foro it., 1995, I, 3328, con osservaz. di FORTUNATO, e in Riv. dir. sport, 1994, 690, con nota di CHINÈ.
(44) Trib. Como, 3 febbraio 1994, in Soc., 1994, 669.
pravalutazione dell’attivo patrimoniale (46). Potrebbero insorgere dubbi persino sul fatto che l’assoluta mancanza di redazione del bilancio o l’o- messa convocazione dell’assemblea per l’approvazione dello stesso ai sensi dell’art. 2364 c.c. continui a costituire una ipotesi di illecito in re ipsa rilevante ai fini dell’art. 2409 c.c. (47).
Non basta. Ci si potrebbe domandare dove stia un danno per la società quando gli amministratori omettano, ad esempio, di convocare l’assem- blea su richiesta di soci legittimati ai sensi dell’art. 2367 c.c. (48), ma pri- vi di una maggioranza che consenta l’adozione di delibere. Oppure ci si potrebbe chiedere quale danno subisca la società quando gli amministra- tori non consentano al socio, che lo richieda in base alla previsione del- l’art. 2422 c.c., di ispezionare i libri sociali (49). Ed i fatti penalmente ille- citi commessi in occasione ed a causa dell’ufficio di amministratore, che erano considerati gravi irregolarità capaci di giustificare l’accoglimento della richiesta di ispezione giudiziaria della società e la revoca degli am- ministratori e dei sindaci anche qualora gli effetti immediati dell’illecito fossero risultati di convenienza economica per la società stessa (50), po- trebbero ora risultare di per sé soli non idonei a fondare un procedimento ex art. 2409 c.c. (51). Così anche il compimento da parte dell’amministra- tore di atti estranei all’oggetto sociale (52) o di atti che eccedano i limiti ai
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(46) Per queste ultime ipotesi, v. Trib. Perugia, 21 marzo 1995, in Rass. giur. umbra, 1995, 442. (47) Nel senso che la redazione dei bilanci e la convocazione dell’assemblea attengono agli aspetti minimi ed essenziali della vita della società, sicché la loro mancanza integra non soltanto il sospetto ma, indubbiamente e pienamente, gli estremi di gravi irregolarità amministrative, tali da giustificare l’adozione dei provvedimenti cautelari ai sensi dell’art. 2409 c.c., v. Trib. Milano, 10 gennaio 1990, in Giur. it., 1990, I, 2, 700, con nota di SANZO.
(48) Nel senso che la mancata convocazione dell’assemblea per deliberare sulla proposta di esercizio dell’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci validamente presentata dai soci di minoranza, ex art. 2367 c.c., costituisca grave irregolarità rilevante ai fini dell’art. 2409 c.c., v. Trib. Padova, 24 dicembre 1986, in Foro it., 1987, I, 1283.
(49) Sia per l’omissione della convocazione dell’assemblea, sia per il divieto al socio di con- sultare i libri sociali, MAINETTI, sub art. 2409, in COTTINOet al. (diretto da), Il nuovo diritto socie- tario, cit., 937, parla di irregolarità «neutre» rispetto al patrimonio sociale, che «non integrano (più) la fattispecie prevista dalla norma in esame» e per le quali «sarà quindi inammissibile una de- nuncia».
(50) Così Trib. Milano, 26 novembre 1993, in Soc., 1994, 1215, con nota di PATELLI.
(51) In effetti, secondo SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario. Autonomia privata e norme imperative nei d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 e 6, Milano, 2003, 155, non sarebbero denuncia- bili tutte quelle attività degli amministratori che siano poste in essere con l’obiettivo di non dan- neggiare la società, e magari di favorirla, danneggiando invece i creditori-finanziatori (ad es., pre- sentando in banca un documento contraffatto in relazione al reale indebitamento aziendale, o, si potrebbe aggiungere, una falsa lettera di patronage, allo scopo di ottenere un fido).
(52) Nel senso che la violazione da parte dell’amministratore del dovere di perseguire l’inte- resse della società e di rispettare il limite dell’oggetto sociale costituisca grave irregolarità, rilevan-
poteri di gestione o di rappresentanza, nonché il compimento di atti in conflitto di interessi con la società (53), potrebbe ritenersi motivo di de- nuncia al tribunale non automatico, bensì subordinato alla delibazione dell’esistenza, almeno potenziale, di un pregiudizio patrimoniale della so- cietà (54). Pure la violazione di norme tributarie, qualora sia decorso il termine prescrizionale per l’irrogazione delle relative sanzioni, potrebbe considerarsi non rilevante ai fini della denuncia per gravi irregolarità, dal momento che, in tale caso, il comportamento degli amministratori dovreb- be addirittura risultare vantaggioso per il patrimonio della società.
In realtà, però, a ben vedere, il requisito della dannosità per la società dovrà intendersi, per evitare le inaccettabili conclusioni appena prospetta- te, non come se si riferisse solo a danni, in capo alla società, di tipo stret- tamente patrimoniale (55), ma come un semplice rafforzativo del requisito della gravità, che deve connotare le irregolarità denunciate.
Così, non sarà necessario allegare e provare la possibilità di un danno patrimoniale per la società, ma, sarà sufficiente fare riferimento a situazio- ni che mostrino un possibile turbamento dell’ordinato funzionamento, se- condo le norme di legge e di statuto, dei meccanismi di gestione, la cui compromissione rappresenterebbe, per definizione, un danno, di carattere non necessariamente patrimoniale, per la società.
Il danno nei confronti della società può infatti consistere, secondo quanto qui si sostiene, anche solo in un apprezzabile lesione dei principi di regolare amministrazione, che si riflette sempre in un pregiudizio, an- corché non per forza di carattere economico, verso la compagine sociale.
In questo senso, coerentemente con la volontà di impedire l’utilizzo dell’art. 2409 c.c. in chiave strumentale o animata da motivi di mero di-
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te ai sensi dell’art. 2409 c.c. e tale da determinare la revoca degli amministratori e dei sindaci, so- stituiti da un amministratore giudiziario, v. Trib. Vicenza, 2 giugno 1992, in Soc., 1993, 201, con nota di PATELLI; App. Milano, 26 ottobre 1979, in Giur. comm., 1980, II, 745, con nota di ALLEGRI. (53) Per Trib. Firenze, 24 giugno 1993, in Giur. comm., 1993, II, 731, il fondato sospetto del compimento, da parte degli amministratori, di attività in concorrenza e di atti in conflitto di interes- si, è indice di gravi irregolarità e giustifica l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2409 c.c.
(54) Recentemente, Trib. Roma, 13 luglio 2000, in Giur. it., 2000, 2103 s., con osservaz. di MAINETTI, aveva invece affermato, nel vigore del precedente regime, che la violazione del dovere di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata costituisce grave irregolarità de- nunciabile al tribunale indipendentemente dall’esistenza di un danno patrimoniale, attuale o poten- ziale, per la società.
(55) In senso opposto, e cioè per l’opinione che il riferimento al danno alla società evochi «la lesione dell’interesse del gruppo sociale (solo) all’integrità del patrimonio della società», v. DEVI- TIS, sub art. 2409, in SANDULLIe SANTORO(a cura di), La riforma delle società. La società per azioni e la società in accomandita per azioni, Torino, 2003, 606 s.
sturbo da parte dei soci di minoranza, probabilmente sottesa all’intervento riformatore (56), sembra doversi ritenere che non siano denunciabili solo le irregolarità che, per l’entità trascurabile o per la loro episodicità, non appaiano significative e non costituiscano quindi un «pericolo», nel qua- dro del normale svolgimento della vita societaria.
In tal modo, tra l’altro, dovrebbe trovare adeguata sistemazione anche il requisito del pericolo di un danno patrimoniale, che, in questa imposta- zione, costituisce uno dei vari danni la cui possibile realizzazione costitui- sce presupposto della denuncia ex art. 2409 c.c.
Il pericolo di un danno patrimoniale dovrebbe infatti rilevare soprattut- to in quelle ipotesi, al confine con l’area delle scelte discrezionali insinda- cabili, dove il tribunale sia chiamato a valutare congruità e ragionevolezza degli atti di gestione.
In proposito, la giurisprudenza, pur sottolineando che il tribunale viene chiamato, in linea di principio, ad un giudizio di mera legittimità, attinen- te al rispetto delle disposizioni legislative e statutarie che regolano l’ope- rato degli amministratori e dei sindaci, senza che ciò possa investire il me- rito dell’attività gestoria, ossia l’opportunità e la convenienza economica delle operazioni poste in essere dagli amministratori (57), non si è ad ogni modo sottratta al compito di valutare se l’amministrazione sia stata im-
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(56) Per TRICOMI, Confini operativi più netti per la verifica giudiziaria, in Guida dir., 2003, dossier 2, 108, l’introduzione del requisito del danno potenziale «risponde anche al probabile in- tento di evitare che la denuncia ex art. 2409 c.c. possa essere – come a volte è accaduto – un artifi- cioso strumento di tensione all’interno della società». Nel senso che la precisazione secondo cui la situazione o il fatto denunciato debbano essere, almeno potenzialmente, dannosi per la società de- nota l’intento legislativo di «precludere denunzie strumentali o dettate da motivi di mero disturbo da parte dei soci di minoranza», v. anche ASSOCIAZIONEDISIANOPREITE(a cura di), op. cit., 171.
(57) Nel senso che oggetto di denunzia ex art. 2409 c.c. sono solo le gravi irregolarità gestiona- li consistenti nel mancato rispetto delle disposizioni di legge e dello statuto che regolano l’operato degli amministratori e dei sindaci, e non censure di merito sull’opportunità o convenienza econo- mica delle operazioni compiute, che rientrano nell’ambito della discrezionalità delle scelte impren- ditoriali, v. App. Brescia, 8 febbraio 2001, in Foro it., 2001, I, 3383; Trib. Brescia, 17 luglio 2000, in Foro it., 2001, 3384; Trib. Como, 30 ottobre 1998, in Giur. it., 1999, 1887, con nota di BREIDA; Trib. Como, 6 luglio 1998, in Giur. it., 1999, 1459, con nota di MAINETTI; Trib. Vicenza, 2 giugno 1992, in Soc., 1993, 201, con nota di PATELLI. Analogamente, secondo Trib. Velletri, 28 settembre 1993, in Giur. merito, 1995, 274, con nota di DIGRAVIO, per «gravi irregolarità», che consentono l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 2409 c.c., devono intendersi fatti e deficienze che concretino violazioni di leggi o dello statuto, senza che possa considerarsi tale la gestione con cri- teri personali ed antieconomici della società, e per App. Milano, 4 marzo 1992, in Giur. it., 1992, I, 2, 593, l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2409 c.c. non può essere giustificata unicamen- te sulla base di valutazioni concernenti l’andamento economico dell’impresa sociale, rilevando so- lo la violazione di norme giuridiche. Per l’inammissibilità di censure di merito, v. per tutti, in dot- trina, GALGANO, Diritto commerciale, 2, 13ª ed., cit., 341, e Il nuovo diritto societario, cit., 305.
prontata a regole di prudenza ed avvedutezza (58). Questa valutazione è stata operata sia perché la mancata osservanza di tali regole integra una violazione dell’obbligo di diligenza gravante sugli amministratori e quindi costituisce una grave irregolarità rilevante nel procedimento dell’art. 2409 c.c. (59), sia perché una gestione anomala può costituire un serio indizio del perseguimento da parte degli amministratori di interessi estranei alla società o addirittura di interessi personali in contrasto con l’interesse so- ciale (60). Ma, per non invadere il campo della discrezionalità gestionale degli amministratori, e perché eserciti con la dovuta prudenza il proprio sindacato (61), appare opportuno che il tribunale, come prescrive il nuovo testo dell’art. 2409 c.c., esamini il «merito» degli atti di gestione solo qua- lora da essi derivi un pericolo di danno (62), da intendere, qui, innanzitut- to come pericolo di danno al patrimonio della società.
2.7. (Segue): o per le società controllate
Quasi a controbilanciare la restrizione dei margini per proporre la denun- cia (senz’altro più difficile, nonostante la proposta interpretativa qui sopra appena formulata) dopo l’introduzione del requisito della potenzialità dannosa delle irregolarità, e come se si volesse sopperire al venire meno nelle società chiuse della legittimazione del pubblico ministero, il 1° co. del nuovo art. 2409 c.c. ora prevede che siano denunciabili anche le gravi irregolarità gestionali incidenti sulle società controllate.
Diventano infatti denunciabili non solo le gravi irregolarità che posso- no arrecare danno alla società, ma pure quelle che possono arrecare danno «a una o più società controllate».
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(58) Per es., secondo Trib. Venezia, 30 novembre 2001, in Soc., 2002, 346, con nota di SALAFIA, le operazioni di investimento del capitale sociale, pur essendo, in linea di principio, affidate alle scelte discrezionali degli amministratori, sono censurabili, in sede di controllo giudiziario, se viene provata l’assunzione da parte della società di rischi che superano i limiti della ragionevolezza.