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I problemi di costituzionalità e le prime valutazioni di opportu nità

Nel documento Il controllo giudiziario delle società (pagine 80-84)

DENUNZIA AL TRIBUNALE Testo vigente

1. Delega e decreti di attuazione

1.3. I problemi di costituzionalità e le prime valutazioni di opportu nità

Come appare evidente già da un sommario esame, il controllo giudiziario disciplinato dall’art. 2409 c.c. ha subito un deciso attacco nel senso della restrizione della sfera di intervento dell’autorità giudiziaria e, conseguen- temente, nel senso di una possibile diminuzione della tutela delle mino- ranze e dei terzi che entrino, a vario titolo, in contatto con la società (7).

© 88-08- 4378 Art. 2409

I problemi di costituzionalità e le prime valutazioni di opportunità 1497

(5) Sul punto, come espressione di un orientamento pacifico nella vigenza della precedente normativa, v. Trib. Vicenza, 21 settembre 1985, in Dir. fall., 1986, II, 380.

(6) Questa impressione trova conferma, oltre che dalla lettura delle riviste e dei massimari di giurisprudenza (dai quali si può ricavare nell’ambito di quale tipo sociale sia stata esercitata l’azio- ne ex art. 2409 c.c.), dalle affermazioni di GALGANO, Diritto commerciale, 2, Le società, 13ª ed., Bologna, 2003, 341, e Il nuovo diritto societario, in ID. (diretto da), Trattato di diritto commercia- le e di diritto pubblico dell’economia, XXIX, Padova, 2003, 304.

(7) Ciò non implica, tuttavia, che l’istituto in esame abbia smarrito la sua componente pubbli- cistica diretta alla tutela (anche) del «generale interesse» alla regolare amministrazione delle so- cietà, di cui parla il n. 985 della Relazione ministeriale al codice civile (oltre alla costante giuri- sprudenza tanto di legittimità quanto di merito: cfr., in proposito, Cass., 27 marzo 1992, n. 3799, in Soc., 1992, 942; Id., 15 gennaio 1985, n. 60, ivi, 1985, 488; App. Venezia, 2 aprile 1992, in Giur. it., 1993, I, 2, 134, con nota di MIGNONE; Trib. Milano, 21 dicembre 1987, ivi, 1988, I, 2, 787) e che l’orientamento dottrinale preferibile tende a riconoscere, ravvisando, da ultimo, nella norma dettata dall’art. 2409 c.c., una delle espressioni nelle quali si concretizza la nozione costi- tuzionale di «ordine pubblico economico»: per questa impostazione, v. GHIRGA, Il procedimento per irregolarità, cit., 37 ss., part. 82 ss., ove anche l’illustrazione delle varie tesi, di impostazione pubblicistica (alle quali adde, in seguito, BONGIORNO, Il procedimento previsto dall’art. 2409 c.c., in Processo civile, cit., 129 ss., e in Riv. trim. dir. proc. civ., cit., 515 ss.) o privatistica, prospetta- te in argomento.

In particolare, non sembra condivisibile l’opinione di chi come CANALE, Il «nuovo» procedi- mento previsto dall’art. 2409 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, suppl. 1, 76 ss., e AMBROSINI, L’amministrazione e i controlli nella società per azioni, in ID. (a cura di), La riforma delle società.

Questo intento è stato perseguito agendo su più fronti: contraendo i po- teri del pubblico ministero e, contemporaneamente, mantenendo sostan- zialmente inalterati i gravosi quorum a cui la precedente legislazione ri- collegava la possibilità dei soci di minoranza di ricorrere direttamente; escludendo dall’ambito di applicazione della norma le società a responsa- bilità limitata o meglio, come si vedrà, le società a responsabilità limitata dove non sia obbligatoria la presenza del collegio sindacale; restringendo, almeno in apparenza, l’area delle irregolarità denunciabili; ammettendo il reclamo contro l’ordine di ispezione; consentendo all’assemblea di impe- dire le ispezioni sull’amministrazione, di sospendere il procedimento di denuncia e di rinunziare alle azioni di responsabilità contro amministrato- ri e sindaci promosse dall’amministratore giudiziario.

Per taluni aspetti, come in tema di legittimazione e di ambito di appli- cazione della disciplina, la riforma ha operato vere innovazioni, mentre per altri versi le modifiche sono in realtà la cristallizzazione normativa di orientamenti emersi in giurisprudenza e resi così irreversibili.

Ma il dato su cui riflettere è soprattutto che il d.lgs. 6/2003 sia andato in direzione contraria rispetto alla tendenza a rafforzare i controlli giudi- ziari, che ancora recentemente, nell’ambito della riforma delle società quotate in borsa, il Governo, con il d.lgs. 58/1998, aveva invece coltivato, innestando sul tronco di un riconfermato art. 2409 c.c. l’estensione al col- legio sindacale della legittimazione al ricorso in tribunale.

Eugenio Dalmotto © 88-08- 4378

Denunzia al tribunale

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Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, 84 s., nonché, in misura meno accentuata, MAINETTI, sub art. 2409, in COTTINOet al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, 926 ss., ri- tiene, raggiungendo conclusioni capaci di offrire la base concettuale per la soluzione in un’ottica «privatistica» di parecchie dibattute questioni in tema di disciplina del procedimento di denuncia, che la nuova disciplina dell’art. 2409 c.c. sposti il baricentro del sistema dalla tutela dell’interesse generale all’appropriato funzionamento della società verso l’interesse privato dei soci.

Se infatti è vero che la nuova legislazione limita le gravi irregolarità rilevanti ai sensi dell’art. 2409 c.c. esclusivamente a quelle «che possono arrecare danno alla società» e restringe la legittima- zione del pubblico ministero alle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è però altresì vero, come meglio si vedrà proseguendo nella trattazione, che il «danno alla società» a cui si riferisce il nuovo dettato di legge può consistere anche nella sua irregolare gestione, indipen- dentemente dalla sussistenza di un pregiudizio economico per i soci, ed identificarsi quindi nell’inte- resse generale a che le società siano correttamente amministrate secondo le norme di legge e di statu- to. Né, d’altra parte, può essere enfatizzata la circostanza del venire meno della legittimazione del pubblico ministero a proporre la denuncia quando la società non faccia ricorso al mercato del capita- le di rischio. Questo se non altro perché (a parte l’irrazionalità e la probabile illegittimità costituzio- nale di aver ignorato che talune società chiuse possono avere un peso economico e un impatto sugli interessi dei soggetti che entrano in relazione con esse non inferiore a quello di parecchie società aperte) la svalutazione dell’elemento pubblicistico dovrebbe operare solo con riguardo al controllo giudiziario di un tipo di società e non in termini valevoli anche per l’altro tipo.

Sulla legittimità costituzionale della svolta operata dal legislatore dele- gato possono nutrirsi seri dubbi.

La l. delega 366/2001 per la riforma del diritto societario non prevede- va, infatti, alcun principio o criterio direttivo sull’art. 2409 c.c. che con- sentisse il ridimensionamento della denunzia al tribunale.

L’intenzione del legislatore delegato era semmai nel senso di rafforzare il controllo giudiziario.

Riguardo a ciò, pare significativo ricordare che gli unici due passi della l. 366/2001 in cui il controllo giudiziario viene menzionato si preoccupa- vano di ampliare la legittimazione a proporre la denuncia, riconoscendola ai sindaci e agli altri organi endosocietari di controllo, nonché di estende- re l’art. 2409 c.c. alle società cooperative.

In particolare, devono essere presi in considerazione gli artt. 4 e 5 della legge delega.

L’art. 4, 2° co., n. 4, disponeva, per le società per azioni operanti sul mercato del capitale di rischio, che nel caso di gravi irregolarità nell’a- dempimento dei doveri degli amministratori dovesse essere prevista la de- nunzia al tribunale anche da parte dei sindaci ovvero da parte dei compo- nenti di altro organo di controllo interno nelle ipotesi di cui all’8° co., lett. d), nn. 2 e 3, ossia quando, anziché scegliere il modello tradizionale, si fosse adottato il nuovo modello monistico ovvero quello dualistico, dove il controllo è affidato, rispettivamente, al comitato per il controllo sulla gestione e al consiglio di sorveglianza.

L’art. 5, 2° co., lett. g), stabiliva che la riforma dovesse prevedere an- che per le società cooperative diverse da quelle costituzionalmente ricono- sciute – e cioè che, ai sensi del 1° co. lett. b), svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci o che comunque si avvalgono, nello svolgimento della propria attività, prevalentemente delle prestazioni lavo- rative dei soci – il controllo giudiziario disciplinato dall’art. 2409 c.c., sal- vo quanto previsto, in materia bancaria, dall’art. 70, 7° co., t.u.b., di cui al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385.

Dunque, il legislatore delegante imponeva l’attribuzione anche ai sin- daci, o agli organi di controllo alternativamente previsti, del potere di de- nuncia al tribunale delle irregolarità amministrative e, consapevole del di- battito sull’applicabilità della norma alle cooperative, aveva inteso chiude- re la discussione, incaricando espressamente il Governo di estendere l’ap- plicazione del vigente art. 2409 c.c., sia pure in misura limitata, alle so- cietà cooperative, eccettuate quelle bancarie.

© 88-08- 4378 Art. 2409

Non si prevedeva, invece, alcuna restrizione della legittimazione del pubblico ministero.

Non si prevedeva di attribuire all’assemblea il potere di evitare le ispe- zioni sull’amministrazione, di paralizzare il procedimento di denuncia o di rinunciare alle azioni di responsabilità contro amministratori e sindaci intentate dall’amministratore giudiziario.

Né si prevedeva che le irregolarità denunciabili fossero solo quelle po- tenzialmente dannose per la società.

Tanto meno, poi, si prevedeva di sottrarre al controllo giudiziario le so- cietà a responsabilità limitata.

La circostanza che il legislatore delegato abbia provveduto a modifiche dell’art. 2409 c.c. non previste dalla l. 366/2001 (se non addirittura in con- trasto con l’intenzione del legislatore delegante, ricavabile dalle poche norme dettate in argomento, di rafforzare l’istituto) induce quindi a ritene- re che il Governo abbia introdotto innovazioni eccedenti il mandato parla- mentare, violando così l’art. 76 Cost., che impone al potere esecutivo il ri- spetto dei principi e criteri direttivi dettati dalla legge delega (8).

Ma al di là della questione del rispetto della legge delega (9), quel che lascia più perplessi è la scarsa opportunità della «parziale eliminazione di un controllo che, nonostante lo stato comatoso in cui versa la giustizia ci- vile in Italia, è stato in passato svolto dai tribunali efficacemente, anche in termini di tempestività» (10).

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Denunzia al tribunale

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(8) Nel senso che a configurare l’eccesso di delega è sufficiente che «la norma delegata scon- fini dal fisiologico «riempimento» della norma delegante», v. C. Cost., 3 giugno 1998, n. 198, in Foro it., 1998, I, 3026 ss. Sui problemi di costituzionalità suscitati dai rapporti tra legge delega e decreto legislativo, v., in generale, tra gli altri, RUGGERIe SPADARO, Lineamenti di giustizia costi- tuzionale, 2ª ed., Torino, 2001, 111 ss.; CERRI, voce «Delega legislativa», in Enc. Giur., X, Roma, 1988.

(9) Per rilevi sulla difformità tra legge delega e testo delegato, v. anche SALAFIA, La riforma del controllo giudiziario previsto dall’art. 2409 c.c., in Soc., 2002, 1329-1331, passim; ID., Ammini- strazione e controllo delle società di capitali nella recente riforma societaria, ivi, 2002, 1475, se- condo cui «il controllo giudiziario sulla regolarità dell’amministrazione, già regolato dall’art. 2409 c.c., ha costituito oggetto di radicale riforma, sebbene la legge delega, a mio parere, non lo consen- tisse».

(10) SALAFIA, La riforma del controllo giudiziario, cit. 1331. In senso fortemente critico verso la rivisitazione restrittiva della denunzia al tribunale ex art. 2409 (oltre che del nuovo sistema delle invalidità delle deliberazioni assembleari), v. anche FORTUNATO, I «controlli» nella riforma del di- ritto societario, in CENTRONAZIONALE DIPREVENZIONE EDIFESASOCIALE(a cura di), La riforma del diritto societario, Atti del convegno di Courmayeur, 27-28 settembre 2002, Milano, 2003, 179 ss., e ID., I controlli nella riforma delle società, in Soc., 2003, 322, secondo cui la nuova disciplina del controllo giudiziario «fornisce una chiave di lettura complessiva della riforma nella direzione verticistica e di sostanziale arretramento delle tutele apprestate agli interessi dei singoli azionisti a tutto vantaggio di una maggiore stabilità delle scelte gestionali e di una più difficile messa in di-

Di certo, nel quadro delineato dalla riforma, di complessivo incremen- to dell’autonomia gestionale delle società, reso possibile dall’offerta di nuovi modelli legislativi di amministrazione e controllo nonché dal rico- noscimento di una maggiore flessibilità statutaria, ci si sarebbe dovuti orientare, per assicurare la tutela degli interessi della società, dei soci e dei terzi, verso un maggior rigore dei controlli esterni e non verso un loro am- morbidimento. Per equilibrare l’accentuata autonomia societaria si sareb- be dovuto, in poche parole, rinforzare, anziché alleggerire, il contrappeso costituito dal controllo giudiziario (11).

2. Oggetto

Nel documento Il controllo giudiziario delle società (pagine 80-84)

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