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La Conferenza di Parigi (Aprile-Luglio 1946)

3.2 Il futuro dei possedimenti italiani in Africa (1941-1949)

3.2.4 La Conferenza di Parigi (Aprile-Luglio 1946)

Nelle settimane successive alla Conferenza di Londra, gli esperti coloniali italiani incontrarono alcuni delegati britannici per trovare dei punti in comune sulla questione degli ex possedimenti africani senza arrivare ad un accordo e, già dalla fine dell’Ottobre del 1945, crearono un memorandum da presentare alle grandi potenze. Il documento, diviso in cinque punti, venne inviato alle ambasciate italiane di Mosca, Washington, Parigi, Londra e, per conoscenza, anche a Rio de Janeiro, accompagnato da un telegramma del Ministro De Gasperi che evidenziava la funzione di equilibrio politico delle colonie italiane nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, insisteva sul problema dell’emigrazione italiana e sottolineava l’inopportunità di un’amministrazione fiduciaria collettiva su tali territori. A Londra la documentazione inviata non piacque, a causa del rigetto del trusteeship collettivo e della posizione negativa nei confronti di un ritorno italiano in Africa, come definito da una commissione ministeriale per escludere una sia pur limitata presenza sovietica nelle ex colonie italiane e una più celere indipendenza per la Libia, rispetto al termine dei dieci anni fissato dal progetto americano54.

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Ibid., pp. 153-154.

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In base alle decisioni raggiunte alla Conferenza tripartitica di Mosca (16-26 Dicembre 1945), i delegati supplenti55 si riunirono a Londra nel Gennaio del 1946 per riprendere i lavori relativi all’elaborazione dei trattati di pace sulla base delle intese raggiunte a Londra56. Nel nuovo incontro londinese, i quattro delegati rimasero fermi sulle loro posizioni, a causa della continua richiesta sovietica per un trusteeship sulla Tripolitania e, probabilmente per uscire dallo stallo, il delegato britannico avanzò la proposta di un’amministrazione provvisoria delle ex colonie da parte delle quattro potenze in attesa della decisione finale e di inserire, all’interno del trattato di pace con l’Italia, una clausola affinché quest’ultima rinunci a tutti i suoi diritti sui suoi ex possedimenti africani, preoccupando non poco il governo italiano che si attivò immediatamente, tramite l’ambasciatore Tarchiani, presso il Dipartimento di Stato e il segretario Byrnes insistendo con la tesi del trusteeship singolo all’Italia.

In più, Palazzo Chigi dette istruzioni ai rappresentanti diplomatici nei paesi facenti parte dell’ONU di far pervenire ai suddetti governi tutta la documentazione ufficiale sulla questione delle ex colonie, in vista di un possibile rinvio alle Nazioni Unite di tale questione. Azione senz’altro positiva, in particolar modo nei paesi dell’America Latina, dato che il governo uruguayano si impegnò a proporre in sede ONU, in caso di rinvio della questione coloniale a tale organizzazione, che all’Italia venisse affidato il trusteeship sulle ex colonie57. In vista della seconda sessione del

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Dunn (Stati Uniti), Campbell, poi Gladwyn Jebb (Gran Bretagna), Gusev (Urss), Couve de Murville (Francia).

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Riguardo alla procedura del trattato di pace con l’Italia, il rapporto finale della Conferenza di Mosca stabiliva: 1. Le condizioni del trattato di pace con l’Italia verranno elaborate dai ministri degli esteri di Regno Unito, Stati Uniti, Unione Sovietica e Francia…2. Completata la stesura dei vari trattati di pace, il Consiglio dei ministri degli Esteri convocherà una conferenza affinché gli esamini. A tale conferenza parteciperanno i 5 membri del Consiglio dei ministri degli Esteri e i rappresentanti delle Nazioni Unite che hanno effettivamente partecipato con importanti forze armante alla guerra contro lo stato europeo nemico e cioè: Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Etiopia, Grecia, India, Jugoslavia, Norvegia (esclusa dal trattato di pace con l’Italia), Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Bielorussia, Ucraina e Unione Sudafricana. La conferenza avrà luogo non più tardi del 1 Maggio 1946. 3. Dopo la conclusione della Conferenza e tenendo conto delle sue raccomandazioni, gli stati firmatari delle condizioni di armistizio con l’Italia…redigeranno il testo finale del trattato di pace. Tale testo sarà firmato dagli Stati rappresentati alla Conferenza in guerra con l’Italia. Esso sarà poi sottoposto alle altre Nazioni Unite in guerra con l’Italia. 5. Il trattato entrerà in vigore subito dopo la ratifica da parte degli Stati firmatari dell’armistizio…Detto trattato sarà soggetto a ratifica da parte dell’Italia; cfr Rossi, L’Africa italiana verso l’indipendenza, cit., pp. 168-169.

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Consiglio dei ministri degli Esteri, fissata a Parigi per la fine di Aprile, Palazzo Chigi redasse un nuovo memorandum, al cui interno si dissertava che la questione coloniale andava inserita nel più vasto quadro dell’assetto globale del Mediterraneo, si tornava sull’importanza delle colonie come sbocco demografico e si invocavano ragioni storiche, sentimentali ed economiche sulle colonie prefasciste, acquisite attraverso pacifiche intese con le maggiori potenze.

Il progetto di trusteeship collettivo per le ex colonie italiane, con la prospettiva dell’indipendenza, preoccupava il governo etiope che interagì con le grandi potenze per l’inopportunità di una soluzione simile per l’Eritrea, ripetendo, ancora una volta, che la miglior soluzione era la cessione all’Etiopia, dovuta a necessità storiche, morali ed economiche. In particolar modo, aumentò il dialogo con Washington, grazie all’anticomunismo della classe politica etiope, mentre continuava l’attrito con la Gran Bretagna, a causa della situazione dell’Ogaden.

Sulla situazione libica si concentrarono gli sforzi sia della Lega araba che, sul piano internazionale, si fece portavoce delle aspirazioni autonomistiche dell’intero paese, mentre a livello interno essa si sforzò di riconciliare i diversi leader e partiti politici, sia dell’Egitto, che insisteva per essere ammesso a presentare direttamente il suo punto di vista ai Ministri degli Esteri. Anche Idris el-Senussi espresse nuovamente il suo punto di vista, restando prudentemente fedele al suo programma e lasciando chiaramente intendere, anche a livello ufficiale, che desiderava strette relazioni con la Gran Bretagna, ma su un piano di completa indipendenza formale58.

Il 25 Aprile 1946, il Consiglio dei Ministri degli Esteri riprese i suoi lavori a Parigi, ed era assai diffuso il timore di vedere le delegazioni dei quattro grandi ancora ferme sulle proprie intenzioni. Ma, al contrario, furono molte le novità emerse durante questa sessione dei lavori, a cominciare dalla riunione del 29 Aprile, nella quale Byrnes insisté sulla validità del progetto statunitense perché conforme all’impegno di non cercare ingrandimenti territoriali assunto dai paesi firmatari della Carta Atlantica. Bidault si richiamò alle sue dichiarazioni precedenti e ribadì l’opportunità di affidare all’Italia il mandato fiduciario sulle sue ex colonie e rinnovò la richiesta francese di rettifiche di confine.

La prima svolta fu sovietica, con Molotov che dichiarò la rinuncia di trusteeship singolo sulla Tripolitania, avanzando la proposta di un’amministrazione di due paesi per ciascuna colonia con un amministratore alleato e un vice italiano,

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una via di mezzo tra la proposta statunitense e francese che segnò l’inizio di un atteggiamento favorevole all’Italia da parte della delegazione sovietica. Questa proposta suscitò malumori all’interno della delegazione britannica che, il giorno successivo, presentò un suo memorandum al Consiglio che proponeva la rinuncia italiana sulle sue ex colonie africane, un preventivo ascolto delle richieste etiopi sulla questione eritrea e un trusteeship britannico sulla Somalia. Era il primo, preciso e articolato progetto in materia coloniale presentato dalla delegazione britannica in Consiglio, con l’unica novità che riguardava la sorte della Libia mentre il resto corrispondeva ai progetti britannici risalenti all’estate del 194559. Il progetto inglese non venne accolto positivamente dalle altre delegazioni, in particolar modo da quella sovietica e da quella francese, mentre Byrnes colse l’occasione offertagli dalla divergenza tra le delegazioni per ribadire la validità e la logicità della sua soluzione.

Nella riunione del 6 Maggio, aumentarono le divergenze tra le delegazioni a causa dell’idea di Molotov di abbinare la questione coloniale a quella della Venezia Giulia, con ritorno italiano in Africa e cessione di quest’ultima alla Jugoslavia, che non venne accettata dalla delegazione britannica, interessata al futuro dei possedimenti coloniali e contraria al ritorno dell’Italia in Africa. Byrnes, invece, propose, come chiesto anche dalla delegazione inglese, di inserire nel trattato una clausola di rinuncia da parte dell’Italia dato che le quattro delegazioni si erano trovate d’accordo sul principio di trusteeship ma non sul paese o i paesi a cui affidarlo, trovando l’opposizione di Molotov e di Bidault.

In relazione agli sviluppi parigini, il Presidente del Consiglio De Gasperi aveva sondato le varie delegazione dato che, il 2 Maggio, si era recato a Parigi per essere ascoltato dal Consiglio sulla questione della Venezia Giulia, ribadendo l’importanza delle colonie ma il problema di Trieste, per il governo italiano, aveva la priorità. Più concretamente, De Gasperi inviò ai quattro Ministri degli Esteri un promemoria che suggeriva la restituzione integrale all’Italia della Tripolitania e della Somalia, il rinvio della decisione per la Cirenaica ad un possibile accordo tra l’Italia e gli altri interessati e ristabilimento in Eritrea dell’amministrazione italiana sotto il controllo di una commissione internazionale per un dato periodo60.

Un passo in avanti verso una soluzione comune venne fatto dalla delegazione sovietica il 10 Maggio, quando Molotov si dichiarò favorevole ad aderire al progetto

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Ibid., pp. 189-196.

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francese di trusteeship singolo all’Italia per un periodo di tempo determinato, provocando reazioni positive da parte statunitense e francese, su cui divergevano soltanto i tempi di amministrazione fiduciaria. Non restava a Bevin altra scelta se non quella di modificare le proposte contenute nel memorandum britannico del 30 Aprile, dichiarando di non essere contrario ad un trusteeship italiano in Tripolitania, se fosse stata affidata agli inglesi la Cirenaica, con rettifiche di frontiera per includere il maggior numero di Senussi, ma non era d’accordo ad un mandato fiduciario italiano in Eritrea e Somalia, restando fedele alle proposte precedenti.

Mai come a questo punto le posizioni dei quattro grandi apparivano così vicine, dato che rimanevano solo due le questioni da risolvere: la durata del trusteeship e la richiesta di amministrazione fiduciaria britannica sulla Cirenaica. Fu proprio in questa fase delle discussioni che tornò a farsi strada l’idea di rinviare la soluzione del problema coloniale e, nella riunione del 13 Maggio, allo scopo di superare il punto morto, Byrnes presentò un memorandum che riassumeva tutte le opinioni espresse fino a quel momento dalle delegazioni e prevedeva: la rinuncia di sovranità da parte dell’Italia; il rinvio della questione all’esame dei quattro Grandi, da effettuarsi entro un anno; il rinvio della questione al Consiglio di tutela dell’ONU, in caso di mancato accordo. Anche in questo caso nacquero dissidi tra i Ministri degli Esteri e non restò che rinviare la questione all’esame dei delegati supplenti perché preparassero un rapporto da presentare nella successiva sessione del Consiglio fissata per il 15 Giugno61.

La rinuncia sovietica alle rivendicazioni sulla Tripolitania, accompagnata dall’adesione al progetto francese, offriva al governo italiano la possibilità di esercitare una più efficace pressione sul Dipartimento di Stato, giocando sulla considerazione che mentre l’Unione Sovietica aveva in sostanza accolto la soluzione auspicata dall’Italia in materia coloniale, questa veniva osteggiata proprio dagli anglo-americani che si protestavano amici dell’Italia e che avevano in più occasioni promesso il loro appoggio per un trattato di pace non troppo duro. Gli sforzi effettuati dalla diplomazia italiana, esercitati dagli ambasciatori a Washington, per far aderire al progetto franco-russo Byrnes, e Londra, per dimostrare la compatibilità di una presenza italiana in Cirenaica con gli interessi strategici britannici, non ebbero alcuna influenza sull’evoluzione della questione62.

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Ibid., pp. 204-211.

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Il 20 Giugno 1946, i ministri degli Esteri tornarono a discutere la questione coloniale, con Byrnes che riconfermò la sua proposta originaria, rinunciando al termine dei dieci anni, in considerazione delle obiezioni francesi, e propose che dopo un decennio il Consiglio per le amministrazioni fiduciarie esaminasse la situazione per accertare se la Libia fosse matura per l’indipendenza. Tale dichiarazione serviva per smuovere la situazione ed indurre i sovietici ad abbandonare la loro politica dilatoria. Bevin si dichiarò pronto a ritirare la proposta relativa alla grande Somalia e chiese di nuovo che venissero considerate le richieste del governo etiopico, mentre un ulteriore passo indietro fu quello di Molotov che, se ribadì il suo appoggio alla tesi francese, si richiamò alla proposta di trusteeship sovietico, aggiungendo che l’idea di Byrnes di rinviare la questione gli sembrava accettabile data la complessità del problema. Il riaffiorare di proposte ormai superate indusse i Ministri degli Esteri a rinviare l’esame del problema ad una speciale commissione composta da Jebb, Vishinski, Couve de Mourville e Ben Cohen, con il compito di rielaborare soltanto nel linguaggio il progetto americano63.

Il 1 Luglio, la delegazione britannica sottoponeva al Consiglio il seguente progetto di articolo con allegato un progetto di dichiarazione:

«A) Progetto di articolo da inserire nel trattato, proposto dalla delegazione del

Regno Unito.

1) L’Italia rinuncia a ogni diritto e titolo sui possedimenti territoriali italiani in Africa.

2) I detti possedimenti continueranno sotto l’attuale amministrazione, finché non sarà decisa la loro sorte definitiva.

3) La sorte definitiva di detti possedimenti sarà decisa di comune accordo dalle quattro principali potenze alleate entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato e secondo i termini della dichiarazione comune odierna fatta dalle quattro principali potenze alleate.

B) Progetto di dichiarazione da essere sottoscritta dai rappresentanti delle quattro

potenze.

1) Il Consiglio dei ministri degli Esteri dei Governi degli Stati Uniti, del Regno Unito, dell’Unione Sovietica e della Francia, convengono di decidere di comune accordo, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato con l’Italia, che porta la data

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odierna, della sorte definitiva dei possedimenti territoriali italiani in Africa, sui quali l’Italia, in base al detto trattato, rinuncia ad ogni diritto e titolo.

2) Le quattro potenze decideranno della sorte definitiva dei territori in questione in armonia con una o qualsiasi combinazione delle seguenti soluzioni, siano esse applicabili a tutta o ad una parte dei territori in questione come può apparire opportuno tenendo conto delle aspirazioni degli abitanti e dei pareri degli altri Governi interessati:

1- Indipendenza;

2- Incorporazione in un territorio confinante;

3- Trusteeship da essere esercitato o dalle Nazioni Unite nel loro complesso o da una delle Nazioni Unite singolarmente,

3) Nel caso in cui le quattro potenze non possano mettersi d’accordo su una o l’altra soluzione o una combinazione, la questione verrà sottoposta all’Assemblea generale dell’ONU per una raccomandazione, e le quattro potenze convengono di accettare la raccomandazione e di prendere le misure del caso, per darvi esecuzione, tenendo conto delle promesse fatte ai Senussi dal Governo di S.M. del Regno Unito durante la guerra.

4) I sostituti dei ministri degli Esteri continueranno l’esame della questione della sorte delle ex colonie italiane in Africa e possono inviare Commissioni di inchiesta in qualsiasi delle ex colonie al fine di accertare le vedute delle popolazioni locali e di sottoporre ai sostituti i dati necessari su cui basare una raccomandazione al Consiglio dei ministri degli Esteri circa la soluzione definitiva della questione».

Due giorni dopo, Molotov propose che il Consiglio accettasse come base di accordo la proposta francese con le modifiche suggerite dalla delegazione americana e con l’aggiunta del seguente paragrafo: «Verranno istituiti nelle colonie italiane Consiglio consultivi o d’inchiesta composti di rappresentanti delle quattro potenze con il compito di presentare raccomandazioni su richiesta del comando alleato o ai loro rispettivi Governi». Questa proposta incontrò il dissenso di Bevin, che accettò solamente le commissioni d’inchiesta perché già presenti nel progetto di dichiarazione presentato dalla propria delegazione. Una volta adottata la sezione A del documento britannico e raggiunta un’intesa di massima sul progetto di dichiarazione, si decise di incaricare la Commissione coloniale di dare la stesura definitiva al testo e, nella riunione del 12 Luglio, i Ministri degli Esteri fecero rapidamente le loro osservazioni sul progetto del testo da inserire nel trattato di pace

concordato il giorno prima dalla Commissione per le colonie sulla base del memorandum britannico64.

In conclusione, il testo definitivo del progetto di dichiarazione risultò così formulato:

«1) I Governi dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e della Francia, convergono di decidere di comune accordo, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato di pace con l’Italia, che porta la data…, della sorte definitiva dei possedimenti territoriali italiani in Africa, sui quali l’Italia, in base all’articolo… del trattato, rinuncia ad ogni diritto e titolo. 2) Le quattro potenze decideranno della sorte definitiva dei territori in questione e procederanno alle opportune modifiche dei confini dei territori stessi, tenendo conto delle aspirazioni e del benessere degli abitanti, oltre che delle esigenze della pace e della sicurezza, prendendo in considerazione i pareri degli altri Governi interessati. 3) Se le quattro potenze non possono mettersi d’accordo sulla sorte di uno qualunque dei detti territori, entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato, la questione sarà sottoposta all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una raccomandazione e le quattro potenze convengono di accettare la raccomandazione stessa e di prendere le misure del caso, per darvi esecuzione.

4) I sostituti dei ministri degli Esteri continueranno l’esame della questione della sorte delle ex colonie italiane, allo scopo di sottoporre al Consiglio dei ministri degli Esteri le loro raccomandazioni a riguardo. Essi invieranno inoltre commissioni d’inchiesta in qualsiasi delle ex colonie italiane, perché raccolgano e sottopongano ai sostituti stessi le necessarie informazioni sull’argomento ed accertino le vedute delle popolazioni locali».

“Mentre il progetto di articolo veniva automaticamente inserito nel progetto di trattato come art. 17, il contenuto della dichiarazione quadripartita veniva reso noto attraverso un comunicato emanato al termine della riunione del 12 Luglio, senza che il testo venisse incluso nel progetto di trattato presentato dalle quattro potenze alla Conferenza di pace”65.

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Ibid., pp. 239-240.

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