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I progetti inglesi ed americani sul futuro dei territori d’oltremare italian

3.2 Il futuro dei possedimenti italiani in Africa (1941-1949)

3.2.1 I progetti inglesi ed americani sul futuro dei territori d’oltremare italian

I primi progetti britannici relativi alla futura sistemazione degli ex possedimenti italiani in Africa devono farsi risalire all’epoca dell’occupazione militare, in cui si delineano due orientamenti destinati a modificarsi parzialmente in seguito: da un lato, l’opposizione di fondo al possibile ripristino dell’amministrazione italiana e l’incertezza sull’opportunità che la stessa Gran Bretagna assumesse permanentemente le responsabilità amministrativa diretta in quei territori. Un primo documento in tale materia fu la Carta Atlantica, sottoscritta da Churchill e Roosevelt il 12 Agosto del 1941, al cui interno c’erano dei riferimenti al mondo coloniale. In primo luogo, Churchill e Roosevelt non erano interessati ai possedimenti italiani per propri fini nazionali e non desideravano mutamenti territoriali se non liberamente espressi dalle popolazioni, attraverso il principio di autodeterminazione che sarà alla base della futura carta dell’ONU. Il primo punto escludeva la possibilità di dirette responsabilità inglesi nell’amministrazione postbellica delle colonie italiane e ciò condizionò i progetti di Londra28.

Le prime soluzioni proposte dal governo britannico furono formulate tra il 1941 e il 1943, a cominciare dall’idea della grande Somalia, l’ipotesi dell’unificazione di tutti i territori abitati da popolazioni somale29, enunciata la prima volta nell’estate del 1941 da sir Philip Mitchell, capo generale dell’amministrazione del Medio Oriente, su incarico del gen. Wavell, il quale constatava che l’aggressione italiana all’Etiopia era iniziata nel 1882 e non nel biennio 1935-36 e quindi, per restaurare l’indipendenza etiopica e renderla sicura si doveva eliminare una qualsiasi presenza italiana nel Corno d’Africa. Ritornando alla grande Somalia, l’ipotesi di dichiarare un protettorato sull’interno territorio in discussione avrebbe esposto Londra alle accuse di imperialismo e a consistenti oneri finanziari.

Sull’Eritrea, Mitchell suggeriva l’annessione al Sudan della parte settentrionale, perché più economicamente ed etnicamente legata alla provincia di Kassala, mentre il resto del paese sarebbe stato unito all’Etiopia, compreso il porto di Assab. Nell’eventualità in cui la popolazione musulmana della Dancalia avesse

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Gianluigi Rossi, L’Africa italiana verso l’indipendenza (1941-1949), Giuffré Editore, Varese 1980, pp. 1-4.

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L’ipotesi era l’unione della Somalia italiana, del Somaliland britannico e della regione dell’Ogaden, contesa tra la stessa Somalia italiana e l’Etiopia.

manifestato la sua avversione al dominio etiopico, Mitchell raccomandava l’assegnazione di Assab come enclave all’Etiopia, istituendo nel resto del paese un protettorato temporaneo inglese in attesa della riunificazione con l’impero etiope. Era evidente, già dai primissimi programmi, che la sorte degli ex possedimenti in Africa orientale fosse strettamente legata alla politica britannica nei confronti dell’impero etiope, le cui aspirazioni territoriali furono indicate agli inglesi già dal 1941, in particolar modo la contrarietà all’annessione dell’Ogaden alla Somalia per fini amministrativi. Nel 1942, un altro programma del Foreign Office proponeva di spostare verso il basso la frontiera eritreo-sudanese in modo da includere nel Sudan i Beni Amir dell’Eritrea, ricostruire il vecchio regno del Tigré, unificando la parte eritrea ed etiope, e di dar vita a dei piccoli sultanati o sceiccati, analoghi agli stati della penisola araba, per le popolazioni somale e della Dancalia. Questa soluzione era un modo per evitare l’onere finanziario e militare, assai consistente, di amministrare la Somalia secondo criteri coloniali30.

Per quanto riguarda il futuro della Libia, una dichiarazione di grande importanza fu rilasciata dal Ministro degli Esteri britannico Eden alla Camera dei Comuni l’8 Gennaio 1942, dichiarando che il futuro della Cirenaica era rinviato alla fine della guerra, senza precisare quale fosse. Un impegno in favore dell’indipendenza, richiesto da Idris el-Senussi, emiro della Senussia e alleato delle truppe britanniche durante la guerra, fu avanzato un mese dopo ma il Foreign Office non aveva chiare le idee sull’assetto da dare alla Cirenaica e alla Libia in generale alla fine della guerra e ci si trincerò dietro la dichiarazione di Eden del Gennaio 1942.

Dopo una serie di scambi di vedute tra le autorità britanniche in Egitto e il Foreign Office, si arrivò all’idea di far diventare la Cirenaica una provincia autonoma dell’Egitto, ritenendola una soluzione gradita alle popolazioni locali, e agli interessi militari inglesi nell’area, e questa idea non fu mai abbandonata dalla Gran Bretagna fino al 1945, nonostante non fosse accettata dai Senussi e dallo stesso Eden. L’insistenza manifestata da Idris, in favore della creazione di un Emirato senussita, suggerì ai britannici l’idea di fare della Cirenaica un emirato sotto protezione inglese, come era la Transgiordania, e poneva una soluzione al problema di un probabile ritiro delle truppe dall’Egitto nel dopoguerra, dato che sarebbero state stanziate in Cirenaica, ma tale ipotesi non era ben accolta dal Foreign Office e dal War Cabinet.

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Era dunque prematura una più chiara definizione delle intenzioni di Londra sul futuro dell’intero territorio libico, anche perché restava un interrogativo pesante sul futuro della Tripolitania31.

I primi riferimenti ai problemi postbellici degli ex possedimenti italiani sono da ricollegare ai progetti di trusteeship internazionale, risalenti alla seconda metà del 1942, per risolvere lo status politico di tali territori nel riassetto dell’intero mondo coloniale nel dopoguerra. Questo programma fu il risultato di studi accurati per il futuro trattamento delle popolazioni coloniali e, partiti dall’idea di applicarlo all’interno mondo coloniale, gli Stati Uniti, persuasi dalle resistenze britanniche, si convinsero dell’opportunità di utilizzarlo a poche categorie di territori, tra i quali le ex colonie degli stati sconfitti nel corso della Seconda guerra mondiale.

Durante un incontro anglo-americano, nel corso della Conferenza tenutasi in Quebec nell’Agosto 1943, furono elaborati, da parte del Dipartimento di Stato, una serie di documenti in cui si prospettava un trusteeship internazionale per la Libia, sotto la vigilanza di un Consiglio regionale32 e l’amministrazione della Turchia, in quanto stato musulmano che aveva raggiunto un notevole livello di sviluppo.

Questa soluzione presentava il vantaggio di escludere definitivamente il ripristino dell’amministrazione italiana sul territorio libico, giudicata poco opportuna per la cattiva prova data in passato e per l’evidente passivo economico che aveva rappresentato la Libia per l’Italia. Più incerto era il futuro dell’Eritrea e della Somalia. Un certo favore incontrava l’ipotesi di cedere quest’ultimo territorio alla Gran Bretagna sotto forma di trusteeship, mentre non era acquisita l’idea di cedere l’Eritrea all’Etiopia, pur riconoscendo fondata l’esigenza etiopica di uno sbocco sul Mar Rosso33.

L’idea di amministrazione fiduciaria internazionale sulle ex colonie italiane fu presa in considerazione dal governo di Londra nel corso del 1943, ma il Colonial Office preferiva l’ipotesi di amministrazione diretta della Gran Bretagna in Somalia. Opinione condivisa dal War Office e accolta dalla Commissione interministeriale, costituita nella primavera del 1943, per esaminare la futura politica britannica nei confronti dell’Etiopia. Sull’Eritrea si escludeva a priori la restituzione del territorio all’Italia e si preferiva la divisione tra Etiopia e Sudan, per consentire all’impero

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Ibid., pp. 11-32.

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Formato da: Gran Bretagna, Francia, Spagna, Stati Uniti, Egitto, Turchia ed eventualmente Italia.

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etiope di avere uno sbocco sul mare e compensare la perdita dell’Ogaden. Infine, sul futuro della Libia, il Foreign Office suggeriva due mandati fiduciari distinti per la Cirenaica e la Tripolitania, ma le continue richieste di Idris sulla creazione di un Emirato senusso sull’intero paese non entusiasmavano gli inglesi che non volevano andare oltre la dichiarazione di Eden del Gennaio 1942, dato che il futuro dei territori era al centro delle successive conferenze degli alleati che si tennero alla fine della guerra in Europa34.

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