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La stampa italiana sulla guerra franco-algerina: il punto di vista

La stampa italiana, di pari passo come i vari governi della penisola che si sono succeduti durante gli otto anni di guerra, ha seguito con interesse la crisi nordafricana. La guerra d’Algeria divenne un argomento di interesse nazionale dato che, come spiegato nel paragrafo precedente, si intrecciava con i progetti di politica estera dell’Italia e la sua posizione nello scacchiere internazionale dell’epoca. Un giornale che ha dedicato molto spazio alla vicenda fu «L’Unità», testata del Partito Comunista Italiano, che osservava con attenzione le vicende riguardanti i paesi del Terzo Mondo e in generale agli avvenimenti più importanti della politica internazionale dell’epoca.

Il conflitto franco-algerino divenne un argomento presente nel periodo 1954- 1962, con picchi di indagine in concomitanza con gli eventi più importanti di tale scontro, ad iniziare dall’edizione del 2 Novembre 1954 che da notizia, in prima pagina, dell’insurrezione armata algerina e di nuove truppe dislocate sul suolo algerino, ricordando i precedenti di tali azioni come il massacro di Sétif del Maggio 1945. In aggiunta, il giornalista fa riferimento all’ignobile sfruttamento delle risorse naturali dell’Algeria che ha arricchito i coloni francesi e lasciato in miseria i nativi, costretti ad emigrare in Francia e a lavorare nei campi e nelle fabbriche per stipendi da fame. Nei giorni successivi si critica lo scioglimento del movimento di Messali Hadj, il MTDL, e si da spazio alla prese di posizione in favore dei ribelli algerini, in particolare alla Lega Araba, che prende in carico la questione per sottoporla al più presto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, da parte del governo giordano e del Partito Comunista Francese90. Un interessante editoriale di Alberto Jacoviello ci consente di comprendere ancor di più il punto di vista de «L’Unità» sulle mosse portate avanti dal governo francese in materia coloniale, che viene criticato “per portare avanti l’eccidio di massa, il terrore e la repressione a fronte di una popolazione che nei decenni di colonialismo fu spogliata di tutte le proprie risorse, a

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Anon., Imponenti forze mobilitate per tre mesi per debellare i guerriglieri in Algeria, in «L’Unità», 10 Novembre 1954, p. 1.

cominciare dagli espropri forzati delle terre ai contadini portando alla creazione di tale movimento insurrezionale e la popolazione alla lotta armata”91.

Un evento riporta la vicenda al centro delle attenzioni della testata comunista, la ribellione algerina, ma anche marocchina, del 20 Agosto 1955 in cui una serie di attentati e di attacchi ribelli sconvolge il territorio algerino e di cui si accusa il governatore Soustelle per alcune sue dichiarazioni che proiettano “sugli avvenimenti una luce sinistra: dunque i colonialisti conoscevano lo stato d’animo della popolazione e nonostante ciò, anziché agire nel senso delle rivendicazioni degli algerini – considerati, per una raffinata finzione giuridica, cittadini francesi – hanno scelto la strada della repressione sistematica”92. Nei giorni successivi si continua a mantenere alta l’attenzione sull’argomento, dato che arrivano le prime sconvolgenti testimonianze sulla barbara repressione portata avanti dalle forze francesi nei confronti della popolazione musulmana, in particolare nelle zone a ridosso delle montagne situate nella regione di Costantina. Le dichiarazioni di alcuni giornalisti francesi presenti sul posto, inviati di «Le Monde» e di «L’Humanité», riportano ciò che sta accadendo in Algeria e che viene celato dalle informazioni governative: la repressione sistematica e brutale dei militari con fucilazioni di uomini musulmani e la distruzione dei villaggi che però non riporta la situazione alla normalità nelle città poiché le strade sono deserte e le attività commerciali chiuse. Su «L’Unità» escono anche articoli di un giornalista de «L’Humanité», Robert Lambrotte, autore di un reportage molto duro sulle violenze perpetrate nei confronti degli algerini, documentando con foto e cortometraggi la distruzione sistematica dei villaggi di campagna e le decine di corpi lasciati marcire per le strade, dove gli uomini dopo essere stati fucilati vengono dati alle fiamme, non risparmiando né le donne e né i bambini93. Lo stesso Lambrotte, in un articolo di alcuni giorni più tardi, fa sapere che il prefetto d’Algeria, scoperto il suo lavoro, gli ha diramato un provvedimento di allontanamento dal territorio nordafricano che gli viene notificato dalla forza pubblica che lo accompagna sull’aereo che lo riporta a Parigi, a cui il giornale comunista da spazio per far comprendere ai propri lettori quanto possa essere vigliacco e inquietante il potere coloniale ed imperialista occidentale nei riguardi di

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Alberto Jacoviello, Mendés-France e l’Algeria, in «L’Unità», 12 Novembre 1954, p. 1.

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Michele Rago, Quasi mille patrioti uccisi dai colonialisti in Marocco e Algeria, in «L’Unità», 22 Agosto 1955, p. 1.

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Robert Lambrotte, Un giornalista telefona da Costantina: “Fate sapere che il massacro continua”, in «L’Unità», 25 Agosto 1955, p. 1.

chi sta solo portando avanti il proprio lavoro di giornalista, raccontando la scomoda verità che potrebbe portare ad un ulteriore internazionalizzazione del conflitto94.

Negli ultimi mesi del 1955 furono pubblicati altri articoli inerenti al conflitto franco-algerino che però era in concorrenza con le notizie politiche francesi, dato che le elezioni, fissate per il 2 Gennaio 1956, erano imminenti e si cercava di portare avanti le tesi dei partiti di sinistra a cominciare dal Partito Comunista Francese. Le problematiche partitiche francesi portano a molte difficoltà nella creazione di una maggioranza parlamentare stabile che possa appoggiare la formazione di un nuovo governo che, dopo un periodo travagliato, porterà alla fondazione dell’esecutivo Mollet. «L’Unità» comprende subito la sua debolezza già nel suo primo viaggio istituzionale ad Algeri dove, secondo la testata comunista, subisce il condizionamento degli ultra colonialisti e cerca di portare avanti un piano di riforma annacquato, fondato su tre punti: cessate il fuoco, stabilizzazione ed elezione. In aggiunta, durante tutto il 1956 si da ampio spazio alle critiche anticolonialiste e alle inchieste giornalistiche francesi portate avanti da «L’Express» e da «L’Humanitè» su argomenti di primo piano come la tortura e i massacri dell’esercito francese commessi in territorio algerino, i problemi economici derivanti dalla guerra e gli imponenti scioperi organizzati dai sindacati francesi. Sul finire del 1956 si da la notizia del dirottamento del volo su cui erano in viaggio cinque membri del Fronte di Liberazione Nazionale, senza però approfondire la vicenda a causa delle scarse notizie provenienti dalle istituzioni francesi metropolitane ed algerine, e l’attentato in cui rimane ucciso il fervente colonialista Froger, sindaco di Bufarik e presidente della federazione dei sindaci della regione di Algeri, provocando un inatteso inasprimento del conflitto nel Gennaio 1957, che sfocerà nella Battaglia di Algeri.

Il quotidiano comunista, l’8 Gennaio, da la notizia di un cambio al vertice dell’apparato di sicurezza di Algeri che va nelle mani del Generale dei paracadutisti Massu il quale, come primo atto da rappresentante dell’ordine pubblico, ha deciso di rastrellare casa per casa la Casbah, la parte musulmana della città, con 10.000 uomini. L’ufficiale può essere una spina nel fianco per il governo socialista, così come il Ministro residente Lacoste, uomo della destra ultra-colonialista che potrebbe aver voluto svuotare le eventuali concessioni che si apprestava a concedere il

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Robert Lambrotte, “Scaveremo fosse comuni per tutti gli algerini” urlavano i massacratori francesi di Philippeville, in «L’Unità», 29 Agosto 1955, p. 1.

governo Mollet95. Quest’ultimo viene continuamente criticato da «L’Unità» perché ha lasciato ogni velleità di accordo per confermare nuovamente, in linea con i predecessori, che L’Algerie c’est la France, aggravando la situazione ad Algeri dove i patrioti algerini continuano a seminare attentati contro obiettivi strategici, come il comando generare delle forze di pubblica sicurezza, “il colpo più audace che sia mai stato effettuato dall’inizio della guerra d’Algeria perché avvenuto in pieno centro della città e nel palazzo più sorvegliato d’Algeri”96. Un punto a favore dei rivoltosi nella Battaglia di Algeri, secondo il giornalista Augusto Pancaldi, viene dallo sciopero indetto dal FLN per otto giorni per reclamare l’indipendenza del territorio in cui, “le autorità francesi avevano mobilitato da venti giorni le loro forze migliori, messo in campo i più duri mezzi intimidatori, effettuato rastrellamenti senza fine nella speranza di vincere fin dall’inizio la battaglia d’Algeri: se dobbiamo giudicare da questa prima giornata, la vittoria è del FLN. Impiegati, ferrovieri, portuali, operai, commercianti, addetti ai trasporti pubblici e alle poste, su tutto il vasto territorio algerino e in Francia, hanno risposto compatti alla parola d’ordine dell’organizzazione nazionale, per nulla intimiditi dalle infinite violenze messe in atto dalle autorità civili e militari…..lo sciopero era totale nelle grandi città dell’Algeria e del 70 per cento fra i lavoratori nord-africani impiegati in Francia”97.

Nei giorni successivi si rimarca la durezza degli interventi militari francesi in Algeria per stoppare lo sciopero generale, attraverso rastrellamenti su vasta scala e obbligando gli uomini a uscire dalle case e a salire su camion militari per essere trasportati sui luoghi di lavoro mentre contro i commercianti si utilizzano i mandati di cattura e si sospendono le licenze per mesi, impoverendo migliaia di persone. I giornalisti continuano a dare notizia della forza dimostrata dai patrioti algerini che, nonostante le violenze subite, concludono compatti lo sciopero generale di otto giorni indetto dal FLN, segnando una vittoria nei confronti dei francesi. Tra il successo di questa iniziativa e la creazione del Governo provvisorio della repubblica algerina nel Settembre 1958, «L’Unità» continua a pubblicare articoli in cui si critica continuamente l’atteggiamento delle istituzioni francesi a livello internazionale ed

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Augusto Pancaldi, 10000 francesi rastrellano la Casbah alla vigilia della dichiarazione di Mollet, in «L’Unità», 9 Gennaio 1957, p. 1.

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Augusto Pancaldi, I commercianti di Orano scioperano sfidando gli ordini del Gen. Massu, in «L’Unità», 18 Gennaio 1957, p. 8.

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Augusto Pancaldi, L’Algeria e Parigi sconvolte dallo sciopero proclamato dal “Fronte di Liberazione”, in «L’Unità», 29 Gennaio 1957, p. 1.

interno, dando spazio a chi disapprova tali scelte, come il documento a firma di centinaia di intellettuali affinché si concluda questa assurda guerra, consegnato al presidente della repubblica Coty e manifestazioni contrarie al conflitto come quella degli insegnanti per far comprendere che c’è una buona fetta di popolazione francese che non è d’accordo con l’esecutivo transalpino. Molti servizi, in particolar modo dal mese di Aprile del 1958, sono stati dedicati alla fine della Quarta Repubblica francese e al ritorno sulla scena politica del gen. De Gaulle, definito reazionario e pericoloso per la tenuta democratica francese, dato il suo disegno politico che contemplava il completo cambiamento dell’architettura costituzionale della Francia, accentrando il potere nelle mani del Presidente della Repubblica.

Sulla costituzione del GPRA, «L’Unità» da ampia notizia il 20 Settembre 1958 con un grande articolo in prima pagina intitolato: Costituito il libero governo di

Algeria che si considera in guerra con la Francia al cui interno si fa presente come

molti stati arabi ed africani abbiano subito riconosciuto il nuovo governo, al contrario degli stati occidentali che si trincerano dietro l’aggettivo illegale. Molto interessante è l’editoriale di Giancarlo Pajetta, giornalista e politico, che fa un avvincente parallelo tra la situazione della Francia durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il governo legittimo non esisteva più se non rappresentato in alcune colonie e sostituito da un governo fantoccio in mano alle forze nazi-fasciste, con il governo provvisorio algerino che è rappresentante delle istanze della popolazione e di un movimento che le rappresenta in pieno. “Noi, come allora, siamo dalla parte della libertà e della storia. Siamo consapevoli come allora, che la libertà di un popolo è inscindibile da quella degli altri popoli e che il fascismo e la guerra imperialista appaiono sempre più strettamente legati. Per la libertà della Francia e dell’Algeria e per la pace, noi riconosciamo quindi nel nuovo governo algerino una forza di libertà e di pace”98. Il 27 Settembre, si da notizia delle prime azioni del GPRA nei confronti delle autorità francesi per arrivare ad un accordo, che non ci sarà se non si accetterà l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia, continuando nell’azione armata che viene portata avanti da quasi quattro anni.

Avendo un interlocutore con cui iniziare i colloqui per arrivare ad una soluzione politica e diplomatica, De Gaulle, divenuto primo Presidente della Quinta Repubblica, fa un passo in avanti, rispetto ai suoi predecessori, nel discorso alla nazione del 16 Settembre 1959, in cui pone alcune condizioni affinché si giunga alla

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normalizzazione della situazione algerina. «L’Unità» del 17 Settembre spiega come l’ambiguità dei mesi precedenti ha lasciato spazio alla decisione di arrivare alla resa del FLN, poiché “i punti-chiave del disegno che De Gaulle ha illustrato nelle sue dichiarazioni sono ancora meno avanzati e contengono molte sfumature equivoche in più di quanto si potevano attendere gli osservatori più cauti….Il Presidente ha poi elencato le premesse che egli ritiene necessarie perché si possa giungere a questa «libera scelta»: sono condizioni pesanti e lontane nell’avvenire che non appariranno domani meno chimeriche di quanto non siano apparse fino ad oggi”99. Nel proseguo dell’articolo viene minuziosamente descritto il piano di De Gaulle per l’Algeria e si portano le dichiarazioni di Jacques Duclos, deputato del Partito Comunista Francese, secondo cui “il generale De Gaulle ha parlato una volta di più del proseguimento della pacificazione, che egli pensa dover essere di lunga durata. Questo non significa altro che la continuazione della guerra”.

“Dopo il rifiuto categorico di ogni trattativa politica con gli algerini contro cui combatte, il generale De Gaulle chiude la porta alla conclusione di una pace negoziata….la promessa di autodeterminazione quattro anni dopo la fine della guerra, da cui da altra parte non si vede la uscita, appare semplicemente come una manovra destinata a guadagnare tempo ingannando l’ONU, tentando di ottenere con l’inganno, la confusione e la corruzione ciò che non può essere imposto con la forza”100. Il giorno successivo, il giornalista Saverio Tutino cerca di fare il punto della situazione sulle reazioni al progetto di De Gaulle, in cui si parla dello scontato appoggio di Eisenhower e del governo di Londra, così come della maggioranza che sostiene il generale all’Assemblea Nazionale, ad eccezione dell’opposizione di sinistra che mantiene l’idea di arrivare ad una pace negoziata e degli “ultras” che continuano a protestare e voler continuare con l’Algeria francese. Inoltre, in sede ONU, rimane scontato il no degli ex protettorati Marocco e Tunisia riguardo al progetto francese di “finta autodeterminazione” poiché, come viene spiegato nel continuo del servizio, “la pace dei coraggiosi innanzitutto, significa semplicemente la resa: resa onorevole, forse, ma comunque un gesto tale da non poter mai essere compiuto da parte di chi combatte per un obiettivo totale come l’indipendenza. Se tuttavia De Gaulle insiste su questo punto e rifiuta più seccamente che mai di aderire

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Saverio Tutino, De Gaulle promette l’indipendenza 4 anni dopo la normalizzazione, in «L’Unità», 17 Settembre 1959, p. 9.

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ai negoziati, vuol dire che egli conta in qualche modo su di un indebolimento delle posizioni avversarie”101. Si cita una fonte giornalistica francese che riporta alcune crepe all’interno del GPRA, al cui interno quattro ministri sarebbero favorevoli a tale piano così come qualche titubanza c’è nel pensiero di Ferhat Abbas, ma Tutino si fa una domanda molto importante: che cosa avverrebbe se i ribelli accettassero la resa ? I capi della resistenza, così come le migliaia di ribelli, non avrebbero altra scelta se non quella di chinare la testa di fronte alle autorità francesi, e se ciò avvenisse “quali sono le probabilità che effettivamente tra quattro anni si possa liberamente votare in Algeria ? E quante le probabilità che il voto stesso sanzionerà il distacco dell’Algeria dalla Francia ? Come si configurerebbe, secondo il piano di De Gaulle, tale distacco ?” Domande molti importanti e pertinenti dato che nelle dichiarazioni del generale possono essere intese quelle mosse che impedirebbero la secessione, come l’attuazione del piano di Costantina in base al quale “centinaia di migliaia di francesi si preparano a calare, nel prossimo anno, in Algeria non soltanto come volontari per la guerra, essi si installeranno nei depositi chiave ma anche in qualità di tecnici, funzionari ed operai. E saranno scelti in base alla loro opinione politica. Con un simile programma, quattro anni sono sufficienti per mutare la configurazione etnica di qualsiasi dipartimento algerino”102. Un altro punto interessante che viene sottolineato nell’articolo riguarda la consultazione che si dovrà tenere nei dodici dipartimenti, una precisazione che contiene un messaggio: anche nell’ipotesi dell’indipendenza, le istituzioni francesi dividerebbero l’Algeria prendendo possesso delle zone ad interesse economico europeo e cercando di unire tutti coloro che vogliono rimanere francesi in quest’ultime aree, staccando i dipartimenti che a maggioranza voterebbero a favore della secessione. Nei giorni successivi ci si interroga su quale possa essere la risposta del governo provvisorio algerino al piano De Gaulle e vengono date anticipazioni sul responso dei ribelli algerini secondo cui accetterebbero solamente il principio di autodeterminazione, respingendo al mittente tutti gli altri punti, così come viene accertato il 29 Settembre nella risposta ufficiale del GPRA al programma del Generale senza però chiudere definitivamente all’opportunità di accordi con le istituzioni francesi. Per l’inviato a Parigi per «L’Unità», Saverio Tutino, “due elementi appaiono particolarmente

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Saverio Tutino, Previsto un secco no del F.L.N. algerino alle proposte del presidente De Gaulle, in «L’Unità», 18 Settembre 1959, p. 8.

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importanti in questa dichiarazione: prima di tutto il fatto che essa si inserisca chiaramente nel nuovo corso della politica internazionale, riferendosi in maniera esplicita al grande movimento verso la pace, inaugurato dal dialogo fra URSS e Stati Uniti. In secondo luogo risalta in essa la fermezza e la forza di una giusta causa che il FLN non solo non abbandona, offrendo una pace immediata, ma promette di difendere su posizioni ancor più salde, anche di fronte all’opinione internazionale….La dichiarazione offre un altro elemento interessante da considerare: laddove si dice che «l’indipendenza faciliterà l’edificazione del Maghreb». Questo sembrerebbe indicare che la partecipazione di Bourguiba e Maometto V all’elaborazione del documento ha indotto il governo algerino ad accettare formalmente, come prospettiva generale, quella di una futura federazione maghrebina dei tre stati del nordafricani: Tunisia, Marocco e Algeria. È la prima volta che questa soluzione viene vista in prospettiva, in un documento di tanta importanza”103.

Alberto Jacoviello, in un suo editoriale sulla questione, scrive che “la risposta del GPRA non permette più alle forze colonialiste di nascondersi dietro alla vergogna della «pacificazione» e nello stesso tempo obbliga il generale ad una scelta che…lo metterebbe in contrasto violento con i partigiani della guerra ad oltranza, gli integrazionisti accaniti, gli autori della tortura, del massacro, della repressione indiscriminata. Di qui viene il problema più grosso che chiarisce tutti gli altri. La risposta del governo provvisorio algerino dimostra in modo inoppugnabile che la soluzione del conflitto e la pace nel Nord Africa sono strettamente connessi al problema della democrazia in Francia, dimostra cioè che solo un governo che non sia l’espressione delle classi più reazionarie e conservatrici…ma un governo che rompa con queste stesse classi può avere la capacità di cogliere l’occasione alla trattativa offerta, con coraggiosa fermezza, dai dirigenti del popolo algerino”104. Per la reazione ufficiale del governo francese alla risposta algerina al piano De Gaulle si dovette aspettare il 13 Ottobre, quando il primo Ministro Debré aprì il dibattito sulla politica estera all’Assemblea Nazionale francese, il cui discorso “ha avuto soprattutto lo scopo di limitare il più possibile le conseguenze positive che si sono potute trarre o

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Saverio Tutino, Non è possibile la pace in Algeria senza accordo col Fronte di Liberazione, in «L’Unità», 29 Settembre 1959, p. 10.

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