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La destituzione ex art. 147

La destituzione ai sensi dell’art. 147 è ipotesi diversa da quella commi-nata per i casi indicati dall’art. 142; si tratta della sanzione più radicale e si giustifica sull’accertata incapacità del notaio di attenersi alle regole della legge notarile.

Perché sia comminata occorre una terza condanna che segua, entro dieci anni, due condanne per violazione dell’art. 147 con irrogazione della sospensione: qui la recidiva specifica è particolare, in quanto vede come requisiti sia la violazione dell’art. 147, sia la gravità della sanzione già inflitta, appunto la sospensione.

Va da sé che la terza condanna sarà direttamente la destituzione, non avendo senso che sia applicata anche la sospensione e non potendo invece applicare sanzioni diverse perché queste non comportano la destituzione (salvo si tratti di violazione che comporta di per sé la destituzione mede-sima, ma allora non esiste alcun problema).

La destituzione è comminata anche se la precedente condanna per sospensione si sia prescritta ai sensi del comma 4 dell’art. 146, in quanto ciò che rileva è la reiterazione dell’illecito; inoltre la destituzione è dispo-sta quando vi sia la terza condanna nei dieci anni, senza che sia dispo-stato asse-gnato rilievo all’espiazione della condanna stessa.

Il problema più rilevante è se i dieci anni dalla prima condanna decorrano da quando questa sia inflitta o da quando sia passata in giudicato l’ultima decisione che la riguardi, potendo trascorrere anni, ad es., dalla decisione della commissione e dalla sua conferma da parte della Corte d’Appello e poi della Cassazione se non addirittura in sede di giudizio di rinvio.

Anticipando quanto si dirà a proposito della recidiva (infra par. 47. La

recidiva), ciò che conta è la prima condanna, non la sua conferma, essendo

peraltro ovvio che, in caso di successiva riforma del provvedimento, il venir meno della condanna elimina il presupposto per la destituzione e che questa, quando comminata, può essere inflitta solo se la decisione passi in giudicato.

In dieci anni il primo giudizio è però già consolidato.

La funzione della disposizione è di costituire un deterrente avverso la ripetuta violazione dell’art. 147 con comportamenti talmente gravi da rendere necessaria la sospensione del notaio.

Il fatto che il notaio impugni la decisione di sospensione è esercizio di un suo diritto potestativo, relativamente ad una sua diversa interpreta-zione della legge ed è incensurabile; ma nel contempo la scelta di reiterare comportamenti altamente negativi e per i quali ha subito una prima san-zione, costituisce un rischio che il notaio deve imputare solo a se mede-simo, senza ribaltare sulla collettività il proprio modo di intendere un comportamento specchiato.

Inoltre la circostanza che la condanna, agli effetti della destituzione, debba essere la terza è indice di un comportamento altamente indifferente al rispetto delle regole, che non è venuto meno né alla prima condanna né alla seconda.

Quindi è la condanna di per sé e non il suo necessario successivo pas-saggio in giudicato a fungere da monito perché il notaio si astenga da ulteriori comportamenti illegittimi.

Tuttavia, agli effetti della destituzione, la seconda condanna, quando i fatti oggetto di giudizio siano i medesimi, rileva solo se quelli accertati la seconda volta siano successivi alla comunicazione del precedente capo di incolpazione, essendo tale atto a costituire lo spartiacque tra comporta-menti censurabili o meno.

Non sarebbe infatti accettabile, per la gravità rappresentata dalla destituzione, che ad es. un consiglio attivasse un procedimento discipli-nare in relazione ai fatti appresi da un’ispezione limitata ad un periodo temporale e poi, dopo la prima condanna con sospensione, procedesse la seconda volta ad altro capo di incolpazione per fatti successivi ai primi ma anteriori al primo capo di incolpazione: l’obiettivo non è infatti di creare i presupposti per destituire il notaio ma di ammonirlo dal desistere dai comportamenti vietati e colpirlo solo se egli non receda.

Quando un consiglio rilevi la violazione di un fatto, dovrà allora esten-dere gli accertamenti a tutto il periodo temporale successivo e chieesten-dere un’unica incolpazione per tutti gli stessi comportamenti: perché le ragioni che hanno indotto la giurisprudenza a ritenere inammissibile in sede pro-cessuale il frazionamento del credito, sono le stesse che possono invocarsi qui per ritenere illegittimo un atteggiamento che possa condurre perfino alla destituzione del notaio e che può facilmente evitarsi – comportandosi in buona fede, in virtù del principio di solidarietà costituzionale (art. 2 Cost.) – mediante accorgimenti di nessun peso, appunto l’estensione degli accertamenti ispettivi.

In mancanza di tali accertamenti dovrà allora ritenersi che il secondo procedimento disciplinare, cui si voglia dar corso in questo inaccettabile modo, sia improponibile, proprio come è improponibile la domanda giu-diziaria in cui il credito sia frazionato in più richieste laddove si tratti di credito unitario323.

Quanto detto ora vale invece limitatamente quando i fatti che por-tino alla triplice condanna di sospensione siano diversi: qui non si tratta di ammonire il notaio dal cessare nell’errore che continui a ripetere, ma all’evidenza di un notaio che viola ripetutamente e gravemente regole diverse.

Quindi laddove ad una prima verifica emergano le violazioni destinate a portare alla prima sospensione e l’estensione temporale degli accerta-menti diretti a verificare se proprio i medesimi fatti si siano ripetuti non sia idonea a far emergere ulteriori identiche violazioni, allora non vi sarà ostacolo ai successivi procedimenti.

Basterà esaminare la casistica riportata nei paragrafi precedenti per accertarsi che non sempre una violazione emerge in presenza di un’altra.

Dunque per le violazioni diverse da quelle anteriormente accertate e non verificabili nello stesso procedimento, sarà possibile un autonomo giudizio disciplinare, che darà vita al presupposto per la destituzione se gli ultimi comportamenti si siano avverati nel decennio successivo alla seconda sospensione.

Insomma, tutte le volte che emergano fatti diversi rispetto alle precedenti sanzioni, che non fossero accertabili contestualmente – nel senso che non si può sottoporre il notaio ad una verifica su ogni fatto della sua vita professio-nale –, si potrà giungere alla destituzione per la triplice sospensione.

Decorsi tre anni dalla destituzione ex art. 147 è possibile chiedere la riabilitazione (art. 159, lett. b).

323 In quel campo la regola è ricordata da Cass. 19.3.2015, n. 5491: «secondo alcune pronunce è improponibile, ovvero inammissibile, la domanda avente ad oggetto una frazione soltanto dell’unico credito perché la scissione strumentale del contenuto dell’obbligazione si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede che con il principio del giusto processo; secondo un diverso orientamento, ferma restando la natura abusiva del frazionamento del credito, la sanzione non può consistere nella inammissibilità delle domande giudiziali essendo illegittimo non lo strumento adot-tato ma la modalità della sua utilizzazione; il rimedio deve pertanto individuarsi vuoi nella riunione delle cause, vuoi sul piano della liquidazione delle spese di lite, senza escludere una possibile responsabilità disciplinare a carico dell’unico difensore; que-sta conclusione si impone solo allorché le diverse domande afferiscano ad un unitario rapporto obbligatorio e non ad una pluralità di rapporti distinti».

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