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La violazione contestuale dei divieti

Il S.C. ha di recente affrontato la possibilità che il comportamento del notaio violi simultaneamente i diversi divieti contenuti nell’art. 147 e la risposta è stata positiva, sebbene oggi rimeditata, come si vedrà in chiu-sura del paragrafo.

La motivazione è questa: «la sentenza dev’essere, pertanto, cassata in applicazione del seguente principio di diritto: “l’individuazione della san-zione applicabile all’illecito di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 147, nell’alter-nativa fra la censura e la sospensione deve tenere conto, ai fini dell’esatta sussunzione della fattispecie concreta sotto la previsione normativa, sia della circostanza che detta alternativa dipende dal grado di gravità della violazione, siccome suggerisce il riferimento per la terza sanzione ipotiz-zata, quella della destituzione, ai casi più gravi”, sia della circostanza che la previsione generale della norma è riferita al caso in cui sia posta in essere una sola fra le condotte di cui alle lettere a), b), e c) della norma stessa, di modo che, se si tratti di più condotte, tale pluralità deve necessa-riamente essere considerata ai fini del giudizio di sussunzione per l’indi-viduazione della sanzione»321.

321 Cass. 9.2.2016, n. 2592, la quale aveva premesso che «la Corte avrebbe dovuto – specie nella totale mancanza di motivazione su punto del provvedimento della Com-missione – procedere all’applicazione della norma dell’art. 147, la quale, per non risul-tare una falsa applicazione, esigeva: aa) per un verso il chiarire come il riconoscimento della violazione di tutte e tre le lettere della norma si rapportasse alla previsione della sanzione della censura o della sospensione fino ad un anno e, nei casi più gravi, della destituzione e, quindi, di tre diversi tipi di sanzione, e dunque una valutazione in iure del concetto di maggiore o minore gravità, nell’alternativa fra censura e sospensione, atteso che il riferimento della norma per i casi più gravi alla destituzione nient’altro sottendeva che anche nell’alternativa fra le altre due sanzioni sempre rilevasse il grado gravità della violazione; bb) per altro verso la sottolineatura nella norma che la pre-visione de qua è correlata alla tenuta da parte del notaio anche di una sola delle tre condotte indicate nelle lettere a), b) e c) imponeva, nella formulazione del giudizio in

Dunque nel decidere la sanzione da applicare, la valutazione dovrebbe essere complessiva, riconducendo i fatti alle diverse fattispecie contemplate nell’unica regola, indicazione che a prima lettura pare esatta ma su cui si apre una breccia se tiene presente la necessità di evitare che per lo stesso comportamento siano inflitte più sanzioni, perché una cosa è l’esatta indivi-duazione della gravità dei fatti che vengano sussunti nell’ipotesi contestata e tutt’altra cosa è che per i medesimi fatti si affermi la contestuale violazione delle diverse ipotesi al fine di infliggere più sanzioni, come si dirà infra.

Emerge però in ogni caso anche qui il problema della formula conte-nuta nella lett. a) dell’art. 147: quando il notaio compromette la propria dignità e reputazione e, nel contempo, quello della “classe” notarile, come dicono in forma stereotipata le decisioni, allora il suo comportamento lede due beni distinti ed autonomamente protetti e dunque dovrebbe essere inflitta una sanzione necessariamente più grave del caso in cui si ritenesse che sia stata ad es. compromessa la sola reputazione del notaio e non la dignità della classe.

La contestazione fatta in precedenza alla nozione di classe notarile serve anche a questo: poiché i comportamenti esaminati compromettono sempre la reputazione del singolo notaio, tanto basta a colpirlo, senza necessità di invocare concetti che non hanno spazio nell’ordinamento democratico e sulla cui consistenza si è già detto.

Se invece si vuol insistere in quella strada, allora o si infligge la san-zione in relasan-zione alla duplice violasan-zione, il che porta a conseguenze sanzionatorie esagerate perché diverrebbe impossibile applicare la sola censura oppure si arriva necessariamente a dire che la formula contiene in definitiva una fattispecie che, pur riferendosi a due beni protetti diversi, comporta un’unica sanzione senza poter distinguere.

iure di sussunzione sotto la norma, la valutazione della circostanza che nella specie

il notaio si era reso responsabile di tutte e tre le condotte di cui a dette lettere. Sic-ché, ipotizzare come ha fatto la Corte bolognese – nell’assenza di motivazione della Commissione – che quest’ultima avesse individuato la sanzione nella censura e non nella sospensione (pagina 6 della motivazione della sentenza impugnata) come pre-supposto per procedere all’applicazione dell’art. 144, avrebbe richiesto lo svolgimento di motivazione in iure su come e perché nelle circostanze del caso il triplice illecito potesse giustificare la censura e non la sospensione.

La Corte territoriale ha compiuto, dunque, il giudizio di sussunzione della vicenda sotto la norma dell’art. 147, ai fini dell’individuazione della sanzione base per poi procedere all’individuazione del se potevano ricorrente le condizioni per applicare l’art. 144, senza assumere la norma dell’art. 147 nel senso in cui deve essere assunta ai fini della graduazione della sanzione».

Si può poi notare che non si sono davvero viste, fino ad oggi, con-testazioni che escludano che il notaio abbia leso la dignità della classe notarile macchiando solo la propria reputazione, perché le due ipotesi nelle motivazioni alla fine vengono fatte coincidere: il che dimostra la totale inutilità del richiamo ad un concetto di cui si può fare tranquilla-mente a meno.

A parte questo, occorre infine rilevare che la possibilità del concorso delle violazioni dei tre precetti dell’art. 147, laddove configurabile, deve essere effettivo e non apparente, nel senso che se un comportamento è totalmente assorbito in un caso, allora il notaio non può venir punito due volte se non perfino tre.

Tipica è l’ipotesi dei comportamenti che rientrano nella lett. c), che potrebbe indurre a contestare nel contempo anche la violazione della lett. a), assumendo la compromissione della dignità del notaio e pure la lett. b) per la violazione dei principi cui il comportamento ossa essere ricondotto.

Questo non è però possibile perché il concorso è solo apparente, come ha detto di recente il S.C. con una giustissima sentenza: «qualora al notaio sia contestata, ai sensi dell’art. 147, lett. c) legge notarile, la illecita concor-renza – compiuta attraverso la reiterata emissione di fatture irregolari a fronte di anticipazioni di spese inesistenti – la condotta contestata rien-tra in una delle specifiche previsioni descritte dal citato art. 14 del codice deontologico, per cui l’ipotesi di cui all’art. 147, lett. c), comprende ed assorbe la condotta sanzionata dall’art. 147, lett. b), in relazione all’art. 14 cod. deontologico, che è integrata, come detto, dalla non occasionale ma ripetuta violazione delle norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato; pertanto, si versa in una ipotesi di concorso appa-rente di norme, avendo le disposizioni, di legge e deontologica, ad oggetto il medesimo fatto»322.

In tal senso la possibilità enunciata nella sentenza indicata in aper-tura di paragrafo, per cui si può astrattamente configurare la violazione delle diverse ipotesi della disposizione in commento, viene messa in crisi: perché la violazione della lett. c) può non coincidere (assorbendola) con quella della lett. b), se la violazione dei principi sia occasionale; ma in realtà darà sempre luogo alla violazione della lett. a) come applicata con-cretamente, perché di sicuro si dovrà dire che il notaio abbia quantomeno leso la propria dignità con questi comportamenti.

Quindi delle due l’una: o, come preferiamo noi, vi è assorbimento nel senso appena esaminato e quindi non si potrà infliggere una sanzione più

grave perché altrimenti vi sarebbe un giudizio sul fatto assorbito, che pure va giudicato all’interno di una sola ipotesi, così come l’omicida non può essere sanzionato anche per lesioni gravi e poi gravissime se la morte non sia stata istantanea.

Oppure l’assorbimento è più apparente del concorso apparente, perché lascia spazio alla violazione della regola assorbita, il che ci pare una con-traddizione insanabile.

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