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Segue: la concorrenza illecita per incarico ai procacciatori d’affari; la cessione dello studiod’affari; la cessione dello studio

L’utilizzo di procacciatori di clienti è oggetto di un contrasto tra le rubriche delle regole che lo contemplano: per l’art. 147 è un caso di con-correnza sleale; per i principi notarili, invece, rappresenta un’ipotesi di perdita di imparzialità del notaio, dato che dal 2008 il divieto è traslato appunto dai casi di concorrenza sleale (art. 17, lett. b, principi mod. con deliberazioni 25.3 e 15.4.2004) a questa diversa violazione (attuale art. 31, lett. f).

L’ipotesi dell’incarico – che è cosa ben diversa dall’indicazione di rivol-gersi ad un determinato notaio di fiducia295 – è vietato, secondo la giu-risprudenza, perché potrebbe causare turbamento al «corretto esercizio

293 App. Venezia 18.4.2013, in Run Notartel, doc. n. 10289. 294 Cass. 25.2.2014, n. 4485.

295 La differenza sta nell’incarico di trovargli clienti che il notaio affidi al procaccia-tore (Lops e Placa, in La legge notarile, cit., sub art. 147, pp. 820-821), vietato dai principi perché lo ritiene indice di imparzialità; prima della riforma dei principi, il divieto era ricompreso tra le ipotesi di concorrenza illecita: v. Paolini, voce Procacciatore di affari

della funzione pubblica, alterando il momento della libera scelta del pro-fessionista da parte dei potenziali clienti»296.

La motivazione è francamente incomprensibile: la circostanza che il notaio venga indicato da un procacciatore d’affari non ha nulla a che vedere con l’esercizio della funzione notarile, perché si dovrebbe altri-menti postulare che il notaio suggerito dal procacciatore sia incapace di svolgere il proprio lavoro con imparzialità a causa della designazione.

Tantomeno risulta dimostrato che il cliente sia incapace di scegliersi un notaio diverso, dato che il procacciatore gli parlerà della competenza e convenienza della scelta, convenienza che il cliente può verificare sempre da sé chiedendo preventivi ad altri notai.

L’art. 31 dei principi vieta l’incarico perché lede l’obbligo di imparzia-lità, ma questa presunzione è davvero indimostrata: forse che certamente il notaio favorisca una parte contro l’altra solo perché il cliente gli è stato indirizzato297?

La verità è semmai un’altra e cioè che si vuol impedire che il notaio compensi il procacciatore298, com’è ovvio che accada quando qualcuno procura clienti, dando vita a possibili meccanismi non limpidi di concor-renza tra notai che paghino intermediari e gli altri che non lo facciano.

È dunque questo rapporto che appare illegittimo, in quanto crea una commistione di affari tra il notaio pubblico ufficiale, come tale imparziale e terzo ed il procacciatore, che quasi sempre terzo non è, perché ad es. cura gli interessi di una parte professionale se non è la parte stessa (agen-zie varie).

Anzi, a ben vedere, se il procacciatore fosse in realtà la parte, la violazione non sussisterebbe: il notaio che rogita i mutui concessi dalla stessa banca che lo incarica ripetutamente, appunto non si avvale dell’opera di terzi.

Dunque il procacciatore è anzitutto un soggetto estraneo al rapporto sostanziale oggetto dell’intervento del notaio ed un caso eclatante è stato deciso sanzionando il notaio che aveva aperto lo studio nella sede di una società di intermediazioni, che remunerava per i servizi, della quale uti-lizzava i dipendenti ed assumendone come propria dipendente la socia di maggioranza299.

296 Cass. 24.7.1996, n. 6679, in Vita notarile, 1996, p. 1508.

297 Non è un caso che quando prima del 2008 l’illecito era incluso tra le ipotesi di concorrenza illecita, lo si ritenesse sussistente «anche qualora [il notaio] mantenga il controllo dell’attività notarile», ovvero quando fosse perfettamente imparziale.

298 Lops e Placa, in La legge notarile, cit., sub art. 147, p. 821, che citano Cass. 29.11.1991, n. 12883.

Il problema è però di ben difficile soluzione: che accade se un’agenzia immobiliare abbia fiducia di un notaio, per la sua competenza ed effi-cienza e diriga i propri clienti sempre al medesimo professionista?

Dovrebbe il notaio rifiutare la propria prestazione, violando l’art. 27, per non incorrere nel divieto in esame?

Il confine è quindi nell’esistenza o meno di un accordo tra il notaio ed il terzo, in forza del quale il primo paghi al secondo un qualsiasi compenso per i clienti che il primo gli procuri300: ed è esattamente questo accordo che deve essere dimostrato agli effetti della sanzione, anche presuntivamen-te301, sebbene invece la Cassazione abbia detto che la violazione sussiste anche se il procacciatore non sia remunerato302.

La prova può essere data anche per presunzioni, in quanto non esiste una gerarchia tra le fonti di prova303 e può ritenersi insita, ad es., nel fatto che il notaio stipuli ripetutamente presso gli uffici del procacciatore, giac-ché nulla giustifica ivi la sua presenza non occasionale.

300 Paolini, voce Procacciatore di affari (notaio), cit., p. 759.

301 Come nel caso deciso da App. Roma 23.2.2105, in Run Notartel, doc. n. 10552, dato che la presenza nei locali di terzi e le fatture emesse a questi non attenevano a compensi commisurati alle visure catastali effettivamente svolte.

302 Cass. 30.12.2015, n. 26146: «l’onerosità dell’attività del procacciatore non è un elemento essenziale ai fini della sussistenza della fattispecie, come si desume dalle lett. a) e b) dell’art. 31, comma 3, dei principi di deontologia professionale dei notai, che vietano – perché in contrasto con il dovere di imparzialità del notaio – sia il servirsi “dell’opera di un terzo (procacciatore) che induca persone a sceglierlo”, sia il conferire “al procacciatore l’incarico, anche a titolo non oneroso, di procurargli clienti”. È evi-dente, pertanto, che il rapporto intercorrente tra notaio e un terzo, diretto a favorire, quale che sia la formale qualificazione del rapporto e a prescindere dalla presenza o meno di un corrispettivo, un flusso di affari generato dal terzo a vantaggio del notaio, colloca lo stesso notaio in posizione più prossima alla parte o alle parti che alimentano quel flusso, menomando il principio di imparzialità che esige che il notaio si ponga ed appaia quale ufficiale rogante equidistante rispetto alle parti».

303 Cass. 18.4.2007, n. 9245: in tema di valutazione delle prove, nel nostro ordi-namento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessa-riamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice; da ciò consegue che il convinci-mento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una presunzione, even-tualmente in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che fornisca del convincimento così attinto una giustificazione ade-guata e logicamente non contraddittoria; così anche id. 4.3.2005, n. 4743; id. 3.2.1999, n. 914. Sulla sufficienza del semplice ricorso alle presunzioni v. ex multis Cass. 5.5.2016, n. 8981; id. 30.6.2015, n. 13343; id. 5.2.2014, n. 2632; id. 16.10.2013, n. 23530.

Tuttavia poiché si verte in tema di imparzialità del notaio, il problema ancora non ha soluzione, giacché si rischia in tal modo di confondere la sussistenza di un ufficio secondario non dichiarato con l’accordo per il procacciamento di clienti e poi perché fa equivalere l’incarico al procaccia-tore con la parzialità del notaio.

Un giudice ha pensato di fornire tale spiegazione rilevando che si potrebbe ritenere che il notaio sia «più prossimo a quella o quelle parti che lo avevano contattato tramite una delle predette organizzazioni»304, ma allora anche quando sia una parte a chiedere di rivolgersi al notaio di cui la stessa si fida, si dovrebbe pensare che il notaio sia ben disposto a suo favore: che dire del notaio ripetutamente incaricato da una banca di stipulare i mutui con i propri clienti?

Su quest’ultima equivalenza, francamente, non c’è insomma alcuna dimostrazione del rapporto di consequenzialità; è invece una presunzione dei principi del tutto illogica: o la parzialità si dimostra in concreto oppure bisogna dare una spiegazione diversa, perché quelle fin qui fornite non hanno alcun rigore argomentativo.

Tra i casi di procacciamento d’affari viene poi ricondotta la cessione onerosa dello studio del notaio, vietata dall’art. 31 del principi, ma qui è stato detto che occorre proprio l’onerosità del trasferimento, altrimenti non vi è violazione e quindi il notaio che subentri di fatto nello studio del collega che va in pensione avendo lì aperto lo studio secondario non è sanzionabile se non risulti tale onerosità305: il contrario del procaccia-mento d’affari in senso classico, ma la fattispecie dal profilo economico è uguale.

Altre decisioni sanzionano invece l’ipotesi di procacciamento d’affari da parte del notaio pensionato a favore del notaio in esercizio quando risulti la presenza stabile del primo nello studio del secondo306: dal che probabil-mente si ricava una presunzione per cui vi sia un qualche compenso, men-tre altri parlano più correttamente della perdita di imparzialità del notaio

304 App. Roma 23.2.2105, in Run Notartel, doc. n. 10552.

305 Coredi Sardegna 16.7.2014, in Run Notartel, doc. n. 10684; che l’onerosità possa risultare in concreto è francamente difficile che accada, a meno che i notai lo scrivano espressamente, come in un contratto che ho dimesso nella causa per il mancato pagamento del corrispettivo; l’ordine distrettuale del notaio acquirente cui sono giunti i documenti non ha mosso la penna per attivare il procedimento disciplinare.

306 Senza questa prova il notaio non può essere sanzionato: Coredi Puglia

in esercizio, perché subirebbe l’influenza di quello cessato, diventando un puro esecutore dei suoi atti307.

40. Segue: la concorrenza illecita per pubblicità non

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