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La lettera b): la violazione non occasionale dei principi di deontologiadeontologia

Per lungo tempo si è discusso del fondamento e della legittimazione degli ordini professionali ad individuare regole deontologiche; da un lato il principio di legalità poneva seri dubbi ad una codificazione di matrice non statuale della disciplina; dall’altro si diceva che la deontologia non è creata ma trovata, come se fosse in definitiva una sorta di common law pro-fessionale256; in altri casi si riteneva che il potere di autoregolamentazione spettasse comunque agli ordini, anche se non regolavano in tal modo se stessi ma gli iscritti257; infine i richiami delle leggi professionali alla deon-tologia sono sembrati legittimarne l’esistenza258, al di là del problema di legittimarne anche la consistenza.

Tale questioni non hanno più senso: ormai le regole deontologiche sono scritte quasi tutte integralmente ed analiticamente, salve quelle a trama aperta di cui si è detto nel par. precedente e non è questo il profilo che ha senso porre in discussione oggi.

D’altro canto se la legge richiama i principi di deontologia per sanzio-narne la violazione, è ovvio che li legittima senz’altro avere da discutere259.

256 Ad es. secondo Cass. SS. UU., 23.7.1993, n. 8239, nei giudizi disciplinari nei con-fronti di ingegneri e architetti, l’individuazione delle regole della deontologia profes-sionale e la loro applicazione nella valutazione degli addebiti attengono al merito del procedimento e sono insindacabili in sede di legittimità, se congruamente motivate, perché si riferiscono a precetti extragiuridici ovvero a regole interne alla categoria e non già ad attività normativa; id. 23.12.1996, n. 11488.

257 Sul potere degli ordini professionali di emanare, nell’esercizio delle proprie attribuzioni di autoregolamentazione, norme interne di deontologia vincolanti per gli iscritti v. ad es. Cass. 22.6.1990, n. 6312; id. 9.7.1991, n. 7543 o id. 11.11.2003, n. 16943.

258 V. ad es. per gli architetti Cass. 6.4.2001, n. 5156; per i medici id. 29.5.2003, n. 8639; per gli avvocati Cass. SS. UU., 3.5.2005, n. 9097.

259 Va ricordato, per amor di cronaca, che il comma 3 dell’art. 2, L. n. 248/2006 aveva imposto l’adeguamento delle norme deontologiche di tutte le professioni alle nuove regola sulla concorrenza, così ribadendone da un lato la legittimità e dall’altro sottoli-neando il diritto alla concorrenza anche tra le professioni: è da questa legge che è poi discesa la formulazione attuale dei principi di deontologia notarile.

Non si tratta insomma di verificare se le regole di deontologia possano esistere, ma quale sia il loro rapporto con le altre fonti del diritto e tra que-ste, in special modo, quelle comunitarie.

Il punto di partenza è quello, ormai pacifico nel diritto comunitario, per cui agli effetti della concorrenza i professionisti sono equiparati alle imprese260, come anche per il diritto interno261; gli ordini sono perciò asso-ciazioni di imprese262; le regole provenienti dagli ordini professionali costituiscono accordi tra imprese263.

Donde la necessità che rispettino, oltre ai diritti fondamentali della persona se mai il caso si ponesse, appunto anche la disciplina della con-correnza264.

260 V. ad es. la raccomandazione 2003/361 UE, il cui terzo “considerando” indica che «occorre precisare che, conformemente agli articoli 48, 81 e 82 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee si deve considerare impresa qualsiasi entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che svolga un’attività economica, incluse in particolare le entità che svolgono un’attività artigia-nale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associa-zioni che svolgono regolarmente un’attività economica». Secondo Trib. I grado CE 4.3.2003, causa T-319/99 «la nozione di impresa, nell’ambito del diritto comunitario della concorrenza, abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a pre-scindere dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento; per attività eco-nomica si intende l’offerta di beni o servizi sul mercato, anche se non viene perseguito uno scopo di lucro»; v. anche Corte CE 22.1.2002, causa C-218/00, entrambe in Foro it., 2003, IV, c. 331.

261 Per il diritto interno cfr. il D.Lgs. n. 30/2006, contenente la «ricognizione dei princìpi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della l. 5.6.2003, n. 131», il cui art. 3 indica che «l’attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo è equiparata all’attività d’impresa ai fini della concorrenza di cui agli arti-coli 81, 82 e 86 (ex artiarti-coli 85, 86 e 90) del Trattato CE, salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali». Su questa disciplina v. Sicchiero,

Professione ed impresa dal codice civile al diritto comunitario, in Studi in onore di Giorgio Cian, Padova, 2010, vol. II, p. 2327 ss.

262 Cass. 5.5.2016, n. 9041: «può quindi in astratto convenirsi che i consigli notarili distrettuali, in quanto enti rappresentativi di imprese che offrono sul mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi professionali, sono associazioni di imprese, che possono perciò rendersi promotrici di intese restrittive della libertà di concorrenza, ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 2, comma 1».

263 Corte UE 18.7.2013, n. 136/12, in Foro it., 2014, IV, 154; id. 28.2.2013, n. 1/12, in

Foro amm. Cons. Stato, 2013, p. 316; id. 19.2.2002, n. 309/99, in Foro it., 2002, IV, c. 186.

264 Corte UE 18.7.2013, n. 136/12, cit.: le regole come quelle previste dal codice deontologico relativo all’esercizio della professione di geologo in Italia, approvato dal consiglio nazionale dei geologi il 19.12.2006 e modificato da ultimo il 24.3.2010, che pre-vedono come criteri di commisurazione delle parcelle dei geologi, oltre alla qualità e all’importanza della prestazione del servizio, la dignità della professione, costituiscono

In questa chiave di lettura, che verrà poi utilizzata per esaminare taluni principi, si dovrà quindi valutare preventivamente in che misura si possa o meno limitare, ad es., il diritto di pubblicità, di avvalersi della colla-borazione di altre imprese, di fare concorrenza, di esercitare liberamente nel tempo e nello spazio la propria attività: ipotesi rispetto alle quali le restrizioni si possono ammettere ma a patto che rispondano ad interessi superiori265, che non sono quelli di spartirsi in anticipo il mercato, perché questi sono certamente vietati dalla disciplina comunitaria266.

L’interesse in linea generale per il punto b) riguarda allora il presup-posto che la violazione sia “non occasionale”, mentre si è detto nel par. prec. che la violazione occasionale può semmai rilevare ai sensi della lett. a) ove ne ricorrano quegli specifici presupposti267 oppure (par. 6. La

una decisione di un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 101, par. 1, TFUE, che può avere effetti restrittivi della concorrenza nel mercato interno; spetta al giudice del rin-vio valutare, alla luce del contesto globale in cui tale codice deontologico dispiega i suoi effetti, compreso l’ordinamento giuridico nazionale nonché la prassi applicativa di detto codice da parte dell’ordine nazionale dei geologi, se i predetti effetti si pro-ducano nel caso di specie; tale giudice deve anche verificare se, alla luce di tutti gli elementi rilevanti di cui dispone, le regole del medesimo codice, in particolare nella parte in cui fanno riferimento al criterio relativo alla dignità della professione, pos-sano essere considerate necessarie al conseguimento dell’obiettivo legittimo collegato a garanzie accordate ai consumatori dei servizi dei geologi. E di seguito Cons. Stato 22.1.2015, n. 238, in Riv. notariato, 2015, p. 571: le regole deontologiche secondo cui a garanzia della qualità delle prestazioni il geologo deve sempre commisurare il com-penso al decoro professionale sono restrittive della concorrenza e non possono essere considerate necessarie al perseguimento di legittimi obiettivi collegati alla tutela del consumatore.

265 Lo ha detto Cass. 19.6.2015, n. 12732: «né sotto altro profilo la natura libero-professionale dell’attività notarile, per come intesa dalla giurisprudenza comunitaria, implica il superamento dei criteri eteronomi di ripartizione dei notai sul territorio, come dimostra il punto 87 della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea C-50/08, Commissione Europea c. Repubblica francese, in tema di libertà di stabili-mento, secondo cui i singoli paesi membri possono organizzare sul territorio nazio-nale la professione notarile secondo le proprie specificità, quali l’inquadramento di cui sono oggetto i notai per effetto delle procedure di selezione che sono loro applicate, la limitazione del loro numero e delle loro competenze territoriali o ancora il regime loro applicato relativo a remunerazione, indipendenza, incompatibilità e inamovibi-lità, purché dette restrizioni permettano di conseguire tali obiettivi e siano a ciò neces-sarie». Il problema è dunque questo: a patto davvero che tali restrizioni permettano di conseguire tali obiettivi e siano a ciò necessarie.

266 In tal senso è davvero singolare che esista una regola come l’art. 4, comma 1, evidentemente mai esaminata da alcun organo comunitario.

tassatività attenuata degli illeciti disciplinari) per irrogare la sanzione

dell’avvertimento.

Non occasionale, dal profilo letterale, è ciò che si ripete: una seconda violazione non è più una violazione occasionale; la giurisprudenza ha detto però che «l’espressione “non occasionale” va interpretata nel senso che è sanzionabile la sistematica violazione delle norme deonto-logiche de quibus e non certamente una isolata violazione»268, come pure si era tentato di dire interpretando il “non occasionale” come “acciden-tale”269.

Tra sistematica ed isolata c’è però troppo spazio; ora ben può accedersi all’idea che una violazione ripetuta resti occasionale se tra un caso e l’altro passi del tempo, ma se la violazione si ripete tre volte in un mese è diffi-cile dire che sia occasionale, anche se non pare potersi qualificare come sistematica.

D’altro canto può sussistere una violazione che riguardi uno spe-cifico precetto ma che si consumi in quanto sistematica: ad es. il man-cato raggiungimento dei crediti formativi rappresenta la violazione del precetto di maturarne tanti quanti ne occorrano nell’anno solare: la violazione è singola – i crediti formativi dell’anno – ma sistematica – occorre far passare inutilmente tutto l’anno –. Ora per le commissioni di disciplina la violazione è pacifica e riguarda l’art. 2 dei principi, ma per ritenerla non occasionale occorre che il requisito sia inteso in relazione alla sistematicità dei comportamenti270, pur essendo singola la violazione.

C’è poi e nello stesso senso il caso quasi incredibile del notaio che riceve un testamento in fotocopia e poi sulla base della fotocopia stipula successivamente altri atti.

268 Cass. 21.6.2013, n. 10474 che richiama anche Cass. 18.7.2008, n. 19927; v. anche

id. 20.12.2007, n. 26961, in Vita notarile, 2008, p. 350, per la quale ai fini della

configura-bilità come illecito disciplinare, da parte del notaio, dell’illecita concorrenza praticata mediante riduzione di onorari e diritti accessori, occorre che i relativi comportamenti siano caratterizzati da ripetitività e continuità.

269 Questo tentativo, rimasto isolato, è stato fatto da App. Milano 30.3.2011, in Run Notartel, doc. n. 1225 proprio per evitare che le violazioni isolate dei principi non siano sanzionate, come invece ha voluto il legislatore. In senso contrario v. ad es. App. Venezia 17.4.2013, in Run Notartel, doc. n. 10079, che pur avendo affermato che la violazione deve essere ripetuta, ugualmente ha ridotto la sanzione da censura ad avvertimento pur essendo il fatto isolato!

270 La sanzione è comminata pacificamente dalle commissioni, ma v. ad es. su que-sto punto Coredi Lombardia 12.4.2010, in Run Notartel, doc. n. 932.

Qui l’occasionalità della violazione è stata esclusa poiché la violazione «appare inserirsi quasi in una sorta di “procedimento complesso”: il deposito della fotocopia del testamento olografo, l’inserimento del pre-detto documento nel registro delle successioni, l’accettazione dell’eredità ed infine la stipula dell’atto di donazione»271.

Non è però ancora tutto: quando il notaio ripeta la medesima viola-zione cadendo sempre nel medesimo errore, la violaviola-zione può ritenersi occasionale?

Non c’è dubbio che qui la colpa sia sempre la stessa mentre i fatti no; se valesse quanto prevede l’art. 8-bis, L. n. 689/1981 si dovrebbe accedere ad una valutazione unitaria del comportamento agli effetti sanzionatori, ma questo è escluso dall’art. 12 della medesima legge, che rende inapplicabile la regola ai procedimenti disciplinari.

Questa possibilità è formalmente precorribile solo per la medesima violazione effettuata nella compilazione del medesimo atto (art. 135 ultimo comma), ma tale limitazione è davvero aberrante se ad es. il notaio la commetta lo stesso giorno mentre forma due atti consecutivi, cadendo ovviamente nello stesso errore.

Tale meccanismo dà infatti vita al cumulo materiale delle sanzioni che aveva indotto il legislatore ad introdurre la figura del reato conti-nuato nell’art. 81 c.p. e poi dell’illecito conticonti-nuato nel ricordato art. 8-bis, L. n. 689/1981. Colpire il notaio con tale cumulo appare quindi irragione-vole quantomeno tutte le volte che la concentrazione dei fatti in un ridotto spazio di tempo dimostri l’unicità e contestualità dell’errore: si veda la condanna “disciplinare” di ammontare inaudito di cui si è fatta menzione nel primo paragrafo di questo lavoro.

Il senso da attribuire alla “non occasionalità” può rimediare a tale pro-blema; a tal fine l’atteggiamento psicologico del notaio che, pur ripetendo una violazione, la commetta in forza del medesimo errore è sempre lo stesso, sicché occasionale non sarebbe più, secondo questa accezione, il fatto materiale commesso, che ovviamente si ripete, ma l’atteggiamento psicologico del notaio, che appunto ricade nello stesso errore perché sba-glia sempre allo stesso modo.

Ovviamente in tanto può rilevare questa lettura in quanto si tratti di errore che non derivi da colpa grave; in fondo la regola contenuta nell’art. 2236 c.c., che vale sì agli effetti della responsabilità per inadempi-mento, qui aiuta nondimeno a comprendere che di fronte ai casi difficili la colpa lieve è accettata dall’ordinamento, per rendere pur possibile la

prestazione che, diversamente, rischierebbe di essere rifiutata: accettata quindi anche agli effetti disciplinari.

Inoltre l’errore deve essere pur sempre lo stesso, a conferma del fatto che si è trattato della convinzione di far bene ciò che poi risulta invece in violazione della stessa disposizione: da questo profilo si può parlare allora di occasionalità.

Quanto all’accennato profilo soggettivo, la disposizione, al pari di quelle precedenti, tace e quindi non è chiaro se la violazione rilevante sia solo quella dolosa.

Depone in tal senso – sebbene riferita ai reati – la previsione dell’art. 5 richiamato dall’art. 142-bis, che appunto sanziona in sede disciplinare le ipotesi dolose ivi indicate; anche il n. 4 dell’art. 142 si riferisce alla omessa conservazione dolosa di atti e repertori.

Depone invece in senso contrario il comma 4 dell’art. 135, che prevede l’ipotesi della violazione, nella formazione dello stesso atto, di una mede-sima disposizione, facendo così ipotizzare la sufficienza della semplice colpa.

La soluzione nasce dall’esame delle fattispecie sanzionate, da cui risulta essere escluso che rilevino solo i comportamenti dolosi, perché altrimenti si consentirebbe la totale incuria nelle modalità di tenuta e com-pilazione dei repertori e dei registri e l’inosservanza delle regole di forma-zione dell’atto di cui all’art. 51. Insomma le regole sanforma-zionerebbero solo il notaio propenso a delinquere, laddove invece l’obiettivo è di spingerlo alla massima accuratezza e diligenza, come impone tra l’altro il capoverso dell’art. 1176 c.c.

Dunque la violazione dei principi rileva anche se colposa, salve le ipotesi in cui la specifica struttura della regola presupponga la coscienza e la volontà della violazione ed è violazione non occasionale quando sia ripetuta.

37. Segue: i rapporti tra le fattispecie tipizzate dalla legge ed i

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