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Segue: e la lesione della reputazione e della dignità del singolo notaiosingolo notaio

Diversamente da quanto si è appena detto riferendosi alla classe nota-rile, altra è invece, perché prospettabile ed ammissibile, l’ipotesi del notaio che con il proprio comportamento comprometta nella vita pubblica o pri-vata la propria dignità242: le ipotesi che sopra abbiamo negato costituire violazione del prestigio della classe notarile per la ragione che è la classe a non poter essere configurabile, valgono invece di sicuro come violazione della reputazione del notaio e vengono giustamente sanzionate.

A ciò s’aggiunga che nemmeno occorre che vi sia, per questa fattispe-cie, lo strepitus fori243 e dunque non c’è alcuna difficoltà nel condividere

242 Questo è il senso condivisibile di quanto afferma Cass. 13.10.2011, n. 21203, in

Vita notarile, 2012, p. 366, ovvero che «in tema di illeciti disciplinari previsti a carico di

cui esercita la professione notarile, l’art. 147, lett. a) prevede una fattispecie disciplinare a condotta libera, all’interno della quale è punibile ogni comportamento, posto in essere sia nella vita pubblica che nella vita privata, idoneo a compromettere l’interesse tutelato, il che si verifica ogni volta che si ponga in essere una violazione dei principi di deontologia enucleabili dal comune sentire in un determinato momento storico, dovendosi escludere che il verificarsi di un’eco negativa nella comunità integri un elemento costitutivo di tale illecito e che, tanto meno, occorra la prova della sua esistenza (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione immune da vizi, nel ritenere illecita la condotta del notaio consistita nell’aver trattenuto indebitamente docu-menti e denaro appartenenti a terzi, con conseguente compromissione del decoro o del prestigio della classe notarile, aveva altresì fatto riferimento – senza che ciò integrasse un nuovo o diverso episodio di illecito disciplinare – al clamore suscitato dal fatto, in quanto verificatosi in una piccola comunità)». Qui il bene compromesso è proprio la reputazione di quel notaio ed il riferimento alla classe notarile è del tutto fuorviante.

243 Cass. 21.1.2014, n. 1170: la mancata risonanza del fatto non esclude di per sé la configurabilità dell’illecito.

le sanzioni inflitte quando le si riferiscano al notaio che infanga sé stesso perché viola la legge in modo inescusabile e plateale244.

Ciò che emerge di problematico nella lettura della disposizione è sem-mai un possibile conflitto tra il comportamento di un notaio e la valu-tazione negativa che un consiglio notarile ne dia, ritenendolo illegittimo perché produce quella compromissione e su cui la commissione disci-plinare per prima è chiamata a pronunciarsi; in definitiva tra un’idea di libertà di comportamento e l’opposta valutazione di esso rispetto a ciò che il notaio possa fare.

In altre parole il dubbio è se occorra che anche la lesione della dignità e reputazione dello stesso notaio debbano essere connotate dai medesimi requisiti di giudizio universale da parte della categoria, cioè nel senso che sia necessario che il disvalore riferito al singolo sia ritenuto tale da tutti gli altri notai245.

Ora è certamente vero che la conoscibilità ex ante del disvalore della condotta ha la funzione di rendere edotto il singolo notaio dei comporta-menti deontologicamente scorretti, sicché questa valutazione deve essere oggettivamente percepibile prima dei fatti246. Tuttavia una differenza esi-ste: qui non si afferma infatti una nozione collettiva di disvalore, la cui violazione comporti un danno alla collettività in sé, senza che oltre a pre-dicarlo lo si possa anche accertare, ma un comportamento che tocca la reputazione del singolo in quanto tale, che dunque non fa riferimento ad una generalità astratta ma ai riflessi, materialmente verificabili, del fatto individuale.

Si è detto in tal senso che dovrebbe sussistere anche per il singolo la contestuale lesione tanto della dignità quanto della reputazione cui si rife-risce la lett. a), consistendo la reputazione nella rappresentazione che si ha del notaio nella sua collettività e la dignità nella sua condizione di nobiltà morale247.

Ora la compromissione di tali valori appartiene alla situazione concreta e materiale di quel singolo notaio, che può determinarsi senza essere rife-rita a ciò che tutti i notai pensano nel loro insieme – questa è la “classe” – ma

244 È incredibile il caso descritto da App. Bologna 10.12.2010, in Run Notartel, doc. n. 1339, del notaio che viola la legge antiriciclaggio, emette assegni a vuoto, si fa ipo-tecare i beni, tratta affari con un pluripregiudicato e richiesti do notizie dal consiglio distrettuale nega i propri contatti con le società di cui invece è socio.

245 In tal senso Poma, Riflessioni sull’inventario di eredità e sugli articoli 147 lett. a) e

136 l.n., cit., p. 1084.

246 Poma, ibidem.

a quanto il giudice ritenga riferibile a quella persona nel momento storico in cui i fatti ascritti sono avvenuti.

I casi che abbiamo riportato nel paragrafo precedente (escluso quello del verbale d’inventario) dimostrano un comportamento che può essere colpito senza dover indagare un fatto metafisico quale è il sentimento della classe, per la ragione elementare che si può dire concretamente che il notaio che viola clamorosamente la legge macchia se stesso, perché è lui che ha violato la legge e questo è contrario all’art. 1 dei principi di deon-tologia.

Ciò per dire che il notaio che si comporti in modo illecito, si tratti di illeciti amministrativi o, a seconda della gravità, di una violazione occa-sionale ma grave dei principi di deontologia, danneggia sé stesso e di ciò risponde quando comprometta la dignità intesa come correttezza morale del notaio tenuto al rispetto della legge.

Il nucleo del problema attiene semmai a comportamenti non illeciti che si possano o meno ricondurre alla nozione di reputazione come ognuno di noi la intende e che, all’evidenza, ha contenuti assolutamente inconcilia-bili a seconda delle sensiinconcilia-bilità.

In questo conflitto il criterio di soluzione è quello della prevalenza dell’interesse protetto, che per il notaio in tanto rileva a suo favore, in quanto appartenga al novero dei comportamenti che la costituzione garantisca nell’art. 2, così come lo facciano la CEDU ed il Trattato, inclusa la carta di Nizza.

In altre parole, quando un comportamento possa ritenersi esplicativo della personalità del notaio, non potrà dunque essergli vietato, anche se non sia condiviso dagli altri, perché rappresenta pur sempre un suo diritto insopprimibile.

Un caso che riguarda altri soggetti ma pur sempre pubblici ufficiali e che potrebbe valere allora anche per il notaio, è stato quello del travesti-tismo: è stato infatti detto che «rientra nella libertà di espressione e nel diritto alla vita privata la pubblicazione da parte di un appartenente alla polizia di Stato, sul profilo personale all’interno di un social network, l’accesso al quale sia possibile soltanto previa autorizzazione del titolare del profilo, di pose fotografiche in abiti succinti con travestimenti femmi-nili, di guisa che è illegittima la sanzione disciplinare irrogata per questi fatti»248.

Tale comportamento non è affatto frequente e forse ai più appare inde-coroso o bizzarro; tuttavia il problema non è cosa ritengano i più, ma se il

diritto di libertà garantito dalle carte fondamentali possa essere limitato da chi non intenda atteggiarsi nello stesso modo: e la risposta è negativa.

Tuttavia il punto decisivo e condivisibile di quella decisione è che quel poliziotto non offriva un’immagine pubblica ed accessibile a tutti della propria identità, cosa che avrebbe potuto compromettere in concreto la sua credibilità. Diversa è stata infatti la soluzione nel caso di un funzio-nario pubblico che esercitava pubblicamente su un sito internet la pro-stituzione, essendo proprio la pubblicità del comportamento ad incidere sulla sua reputazione249. E se anche è vero che l’attività di prostituzione non è illecita di per sé, ciò che rileva in senso negativo è la disponibilità a concedere il proprio corpo per denaro, che evidentemente mai potrebbe conciliarsi con la necessaria imparzialità del notaio.

Anche l’orientamento sessuale del notaio non può di conseguenza essere posto in discussione, nemmeno se egli decida di manifestare in piazza a favore di un movimento o un altro.

E dunque nello stesso senso andrebbe risolto, se si ponesse, il pro-blema del notaio che copra di tatuaggi evidenti le parti esposte del corpo o che decida di partecipare ad una manifestazione televisiva, ad un gioco a quiz, ad un concorso di bellezza: in tutte queste ipotesi egli manifesta pur sempre la sua personalità e non può essere censurato.

La scarsità di pronunce in questa materia dimostra che, in realtà, par-liamo di ipotesi e non di fatti, ma se un tale fatto venisse in giudizio, la risposta dovrebbe essere necessariamente quella della tutela dell’indivi-duo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove esplica la sua perso-nalità: tutte le volte in cui la sua attività sia lecita, per ciò solo sarà anche legittima dal profilo disciplinare.

In senso del tutto opposto, ovvero per la rilevanza disciplinare, dovrebbe dirsi invece in presenza di comportamenti illegali ovvero se il notaio sia consapevole dell’illiceità del comportamento del cliente che si realizza mediante l’atto che stipula250 o se si appropri delle somme rice-vute dai clienti a titolo di imposta251; qui è indubitabile che egli compro-metterebbe così la propria dignità e la propria reputazione.

Tuttavia, una volta verificato previamente che non si verta in ipotesi di bis in idem, in caso di reato la regola disciplinare specifica esiste già ed è l’art. 142-bis che, rinviando al n. 3 del comma 1 dell’art. 5, copre prati-camente tutte le ipotesi di illecito penale che assumono una consistenza

249 Cass. 22.6.2016, n. 12898, in Foro it., 2016, I, c. 2746. 250 È il caso deciso da Cass. 29.1.2016, n. 1716. 251 È il caso deciso da Cass. 3.3.2016, n. 4206.

minima, giacché si riferisce alla «condanna per un reato non colposo punito con pena non inferiore nel minimo a sei mesi, ancorché sia stata inflitta una pena di durata minore».

In questo frangente, allora, la lett. a) dell’art. 147 potrebbe operare solo in caso di reato per il quale la pena edittale sia inferiore ai sei mesi, giun-gesse al consiglio la notizia di condanna e si dimostrasse che tale con-danna compromette la dignità e la reputazione del notaio e, infine, non si tratti di fattispecie per la quale spetti al giudice penale pronunciare la sospensione dalla professione ai sensi degli artt. 19 e 31 c.p.

Tuttavia l’art. 142-bis richiama, per le sanzioni, l’art. 147 ed anche se non fa menzione della fattispecie, evidentemente il rinvio è alla lett. a) della disposizione, perché la violazione dei principi (che deve essere non occasionale) non dà luogo a reato.

Stando così le cose è quindi necessario concludere per l’impossibilità di ampliare automaticamente la sanzione per i reati anche ai casi meno gravi di quelli indicati dall’art. 142-bis, giacché altrimenti si inciderebbe su una valutazione operata a monte dal legislatore.

Ciò significa che non potrà mai considerarsi la commissione del reato meno grave in sé come fattispecie disciplinarmente rilevante; dovrà invece accertarsi se quel comportamento sia risultato lesivo della reputazione del notaio non in quanto reato ma valutandolo come atteggiamento concreto accaduto nella vita quotidiana.

Lo stesso vale infine per i reati per i quali la legge prevede una pena edittale minima di sei mesi (furto semplice, art. 624 c.p., danneggiamento informatico, art. 635-bis c.p. ecc.) ma punibili a querela di parte: il difetto di querela impedisce il giudizio in sede penale, ma non quello disciplinare e qui appunto ai sensi della lett. a) dell’art. 147.

Vi è poi la c.d. zona grigia dei comportamenti difficili da valutare in astratto e per i quali saranno le modalità concrete di attuazione ad indicare se vi sia davvero compromissione della reputazione o della dignità personale.

Non pare anzitutto che si possa accettare l’idea, propugnata nel pas-sato a carico di un ingegnere, per cui sarebbe «legittimo l’addebito, da parte degli organi professionali titolari del potere disciplinare, di una violazione delle regole di etica della categoria, atteso che, in relazione alle esigenze di tutela dei valori della deontologia professionale, anche il sospetto della consumazione di un illecito, originato da una condotta del professionista suscettibile di essere percepita nell’ambiente, è idoneo a recare offesa al prestigio ed al decoro della categoria»252.

Il sospetto, il dubbio e l’ipotesi sono sentimenti che non sorreggono una condanna: qui il principio di legalità impedisce di dar spazio a simili giu-dizi che si leggono, per stigmatizzarli, nella Storia della colonna infame.

Oggi si deve invece considerare la nuova ipotesi dei c.d. illeciti civili sorti a seguito di una dovuta opera di depenalizzazione (D.Lgs. n. 7/2016), così denominati a dispetto del fatto che la sanzione pecuniaria sia dovuta allo Stato e non al privato, cui spetta il solo risarcimento del danno e che la sanzione superi la soglia della sentenza Nykanen (supra par. 1).

Il notaio che fosse condannato appunto in sede civile per un fatto che un tempo costituiva reato, quale ad es. l’ingiuria o un falso in scrittura privata commesso al di fuori dell’attività professionale, per il solo fatto di vedersi tenuto sia al risarcimento del danno che a quella sanzione, com-promette a nostro modo di vedere la propria reputazione, altro essendo se la sanzione c.d. civile prevista, che può arrivare a 12.000 euro, trascini il problema all’interno del divieto di bis in idem.

Anche il notaio che commettesse atti osceni, pur non compiendo più reato (D.Lgs. n. 8/2016) al pari di quello che circolasse ubriaco per la città (sebbene l’ubriachezza non sia più un reato dal 1999) comprometterebbe la propria dignità; e non ci vuol molto ad aggiungere il notaio che con-sumi notoriamente stupefacenti pur mantenendosi in grado di compiere le proprie funzioni.

Può poi accadere che vi sia la violazione dei principi: questa, per rile-vare ai sensi della lett. b), deve essere non occasionale, ma non può esclu-dersi l’ipotesi di violazione che, sebbene occasionale, abbia in concreto leso la reputazione del notaio253.

Gli avvocati conoscono in tal senso l’inadempimento della promessa fatta, che è stata considerata illecito disciplinare anche se la promessa non sia vincolante, perché crea affidamento nel suo comportamento254: le ragioni sono le stesse e può ritenersi che un tale comportamento possa

253 Cass. 31.1.2017, n. 2527, in Giur. it., 2017, p. 1042; già Cass. 23.5.2006, n. 12113, in Vita

notarile, 2006, p. 1513 afferma ad es. che l’ipotesi della lett. a) «è fattispecie di illecito

disci-plinare a condotta libera, all’interno della quale è punibile ogni condotta, posta in essere sia nella vita pubblica che nella vita privata, idonea a compromettere l’interesse tutelato il che si verifica ogni volta che si pone in essere una violazione dei principi i deontologia enucleabili dal comune sentire in un determinato momento storico, nonché dei «principi di deontologia professionale dei notai» emanati dal consiglio nazionale del notariato».

254 Cass. SS. UU., 12.12.2001, n. 15713: configura un illecito disciplinare per vio-lazione dei doveri di lealtà e probità professionale la condotta dell’avvocato che, nei rapporti con un collega, non rispetti promesse fatte in ordine alla conduzione di opera-zioni relative all’esercizio del proprio ministero, senza che rilevi l’inettitudine di detta

appunto valere ai sensi della lett. a), per quanto appunto occasionale, in relazione all’art. 19 dei principi se le circostanze concrete siano tali da dimostrare il discredito che il notaio bugiardo abbia gettato su di sé.

In questi casi non viene infatti in rilievo la volontà di non rispettare le regole deontologiche di comportamento, ma la macchia sulla dignità personale, che necessita di una considerazione separata perché diverso è l’oggetto della tutela.

Ciò che però va sempre valutato è il comportamento intenzionale del notaio, che può avere delle scusanti dal profilo disciplinare per le vicende eccezionali ed imprevedibili della vita di tutti i giorni, purché tali davvero siano, senza ovviamente escludere la responsabilità civile.

Si pensi a ciò che alcuni notai hanno subito, cioè il mancato pagamento di debiti contratti prima che la crisi abbattesse i redditi, quando era cioè imprevedibile che il mercato immobiliare si bloccasse e, con esso, per qual-cuno la gran parte dell’attività professionale: è una colpa che consenta di sanzionare il notaio che, al pari di tutti, non si aspettava un tale tracollo?

Qui la risposta sembra dover essere negativa, mentre altra è quella del notaio che si indebiti al gioco d’azzardo dato che nella prima ipotesi vi è un inadempimento civile derivante da un fatto eccezionale ed imprevedi-bile, mentre qui c’è un comportamento cosciente e volontario del notaio.

La deontologia medica vieta di chiedere prestiti ai propri clienti255 ed è fuori di dubbio che del pari il notaio non possa farlo finché sia in essere il rapporto professionale, perché questo inciderebbe sul suo dovere di imparzialità ed indipendenza.

Tuttavia questo giudizio di assolutezza non pare adeguato quando si pensi ai casi normali della vita, che valgono anche per il notaio: come rite-nerlo scorretto se ad es. abbia in essere un mutuo con la banca a favore della quale stipuli dei mutui?

promessa ad integrare un valido ed efficace atto di disposizione per mancanza della relativa legittimazione.

255 La deontologia medica ritiene che «il comportamento di un medico che con-tragga un debito con la vedova di un proprio paziente non si concili con il decoro e la correttezza che un sanitario è tenuto a mantenere, dovendo in generale ritenersi che sia il paziente sia la sua famiglia nei rapporti con il medico curante si trovino in una comprensibile situazione di sudditanza psicologica dovuta innanzitutto alla fiducia che l’assistito ripone nel proprio medico e in secondo luogo ad un naturale sentimento di gratitudine nei confronti di colui al quale si fa ricorso nei casi di bisogno; conseguen-temente è legittimo il provvedimento disciplinare che ritiene detto comportamento passibile della sanzione della sospensione di mesi uno dall’esercizio professionale»: Comm. centr. eserc. profess. sanit. 7.5.1983, n. 3, in Rass. amm. san., 1983, p. 199.

Vi sono infine comportamenti che sembrano ormai comunemente accettati sebbene astrattamente difformi dalla legge, ma che non toccano certo la reputazione dei notai: quante sono le targhe affisse fuori degli studi notarili che rispettino esattamente le prescrizioni dell’art. 48, reg. n. 1326/1914, in entrambi i commi?

36. La lettera b): la violazione non occasionale dei principi di

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