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Le leggi amorose della serie

Lettura della Recherche

3. La fuggitiva Amore e menzogne di Albertine

3.2 Le leggi amorose della serie

Legge di Sansone, dunque, ovvero legge di Sodoma e Gomorra, che l’amore ci ha rivelato dopo la legge della fuga e la legge della menzogna. Così si configura il risultato dell’indagine “verso il basso”, indagando attraverso l’amore le scomposizioni e le disseminazioni del soggetto. Resta ora da compiere un passo ulteriore, e continuare il nostro movimento verticale, stavolta “verso l’alto”, utilizzando l’amore per indagare i fenomeni di spersonalizzazione attraverso la perdita di identità in un’entità più ampia.

Il principio, in questo caso, è di nuovo la serie, in un’accezione diversa da quella sopra esposta. Ancora una volta, è Deleuze617 che meglio di ogni altro ha chiarito il principio della serializzazione come movimento proprio delle relazioni d’amore. Si tratta, qui, non più di vedere come l’amore, un amore, questo amore, sia in realtà una serie eterogenea di amori ricompattati retrospettivamente, ma di

614 E non solo: oltre a questi c’è l’uomo che desidera l’uomo e la donna che desidera la donna. Cfr. ancora G. DELEUZE, Proust e i segni, cit. pp. 121-133.

615 G. DELEUZE, F. GUATTARI, L’Anti-Edipo cit. p. 76.

616 La scena omoerotica che apre Sodoma e Gomorra, quella del rapporto tra Jupien e il barone di Charlus si chiude proprio sull’immagine del fiore e del calabrone. Cfr. SG, p. 41.

vedere come gli amori in realtà costituiscano un’unica serie, nella quale i volti dell’una si confondono con i volti delle altre amate. La specificità dell’altro non potendo essere mai colta, finisce che nella serie degli amori del narratore Gilberte possa confondersi con Albertine, la duchessa di Guermantes con la madre del narratore, Albertine di nuovo con Odette. Ogni nuovo amore introduce una differenza, naturalmente, nella serie (sia in quanto oggetto d’amore che in quanto apporta cambiamenti nell’amante) ma di fatto si trova nella serie perché ne fa parte, perché, al di là di ogni differenza, è ricompressa nella logica di sviluppo della serie.

Nietzsche, misogino e demistificatore, non si è mai spinto tanto avanti nella demolizione dell’amore; anzi, in realtà credeva ad una sorta di essenzialità del legame erotico. Per questo indossava i panni simbolici di Dioniso nel tentativo di rubare una qualche Arianna ad un qualche Teseo (Cosima Wagner a Richard, Lou von Salomé a Paul Rée), con l’intenzione di realizzare una fusione mitica con la donna predestinata. Proust si è spinto molto più avanti: lui, sempre afflitto da laceranti pene d’amore, ha capito che ogni essere della serie amorosa è intercambiabile con l’altro, un qualsiasi altro, e che la presenza stessa di una persona nella serie è puramente casuale, contingente618. È un caso che ci si innamori di una fanciulla piuttosto che di un’altra (anche se poi il nostro amore si fissa su di una persona e non vuol sentire ragione di distaccarsene), è un caso che una persona piuttosto che un’altra dia origine alla serie. M.lle de Stermaria avrebbe potuto prendere il posto di Albertine, anzi, ne aveva molte più chances, ma un appuntamento mancato l’ha in qualche modo eliminata dalla serie (seppure l’ha eliminata del tutto). E poi: chi è che dà origine alla serie? Verrebbe da dire Gilberte, primo grande amore del narratore; ma non sarebbe più giusto rispondere che è la madre (si pensi alla scena del bacio della buonanotte) che dà origine e forma alla serie? O, meglio ancora, Odette, al cui paradigma sembra rifarsi direttamente Albertine? La risposta è ininfluente: la serie fagocita tutti questi esseri, li assorbe, li rende intercambiabili pur nella differenza, li spersonalizza e si fa per di più transpersonale, nella misura in cui ricomprende anche amori che l’artefice della serie ha vissuto in prima persona e che pure vi compaiono come

modello (l’amore di Swann e Odette non è del narratore ma fa ugualmente parte della sua serie).

Ma è possibile andare oltre, al di là della serie stessa, anzitutto verso quell’archetipo che l’ha generata e in cui si riassorbono tutte quelle differenze personali che avevano composto i diversi momenti della serie. Questo archetipo, in cui scompaiono le individualità degli amori, può essere, con Ferraris, individuato proprio in quell’être de fuite che abbiamo indagato in precedenza619. Ma si può andare ancora oltre, verso le due serie primordiali, le due serie maschile e femminile, Sodoma e Gomorra, separate e non comunicanti, in cui ogni essere è ridotto alla propria identità sessuale. E ancora, al di là di queste serie abbiamo individuato il transessuale: tutta la serie amorosa (tutte le serie amorose) sono ricomprese nella transessualità del vegetale. Abbiamo notato come abbondino le metafore vegetali nel rapporto d’amore, e l’esito finale è proprio quello di far scomparire ogni identità, anche sessuale, entro la forma floreale, vegetale: le fanciulle in fiore, Albertine addormentata che diventa uno stelo fiorito620, il rapporto sessuale di Charlus e Jupien che richiama la fecondazione del fiore ad opera del calabrone621, Swann e Odette che chiamano “faire cattleya” (fare catleia, un fiore) il loro rapporto fisico622, le fanciulle di Balbec che ricordano la natura primordiale623, Odette nel ballo finale che si è trasformata in una “rosa sterilizzata”624, e via dicendo. Ogni serie amorosa è assorbita dunque anzitutto dall’archetipo della fuga, in secondo luogo dalle due serie principali (Sodoma e Gomorra, maschile e femminile) e infine dal mondo assolutamente deindividualizzato e incomunicante della vegetalità (la cui radicale innocenza fa da contraltare alla radicale colpevolezza maledetta delle due serie sessuali625).

619 Cfr.MAURIZIO FERRARIS, Ermeneutica di Proust, Guerini e associati, Milano 1987, p. 63. Ci sono passi (oltre alla scena del bacio della buonanotte, si veda per esempio JF 268) in cui la madre stessa è percepita come “essere in fuga”.

620 Cfr. P, p. 70. 621 Cfr. SG, p. 41. 622 Cfr. CS, p. 284. 623 Cfr. JF, p. 579 624 Cfr. TR, p. 314.

625 Molto interessanti per quanto riguarda il nesso tra vizio e virtù e tra colpevolezza e innocenza (ma anche tra verità e menzogna) le pagine che Georges Bataille dedica a Proust nel suo La

In campo minore può essere utile, attraverso l’analisi della petite bande, vedere come anche qui si dia un esempio da una parte dell’inessenzialità della persona amata, dall’altra del suo inevitabile scomparire in un gruppo (il che è ovviamente differente dalla serie). La banda, di cui fa parte Albertine, che il narratore vede a Balbec, rimanendone incantato, è un insieme solido, collettivo, non scomponibile. Le identità che lo compongono si rivelano ad un primo contatto inconoscibili (ma sarebbe meglio dire insignificanti). È significativo che esse si presentino come passanti in fuga626, inafferrabili, forse solo di passaggio, forse già scomparse all’indomani (il che ovviamente le rende infinitamente più preziose agli occhi del narratore); ma è a maggior ragione significativo che il narratore attribuisca al gruppo un’esistenza autonoma e collettiva627, al punto da giungere ad innamorarsi non di ciascuna di esse, ma di tutte assieme. Solo successivamente, quando le conoscerà, comincerà (con un processo estremamente lento) ad individuarle, ma ancora il suo amore sarà fluttuante, si poserà ora sull’una, ora sull’altra, fino a giungere a fermarsi su Albertine. Solo qui, per un breve momento, questo processo che parte dalla nebulosa iniziale, dall’“insieme statistico”628, attraverso una distribuzione casuale delle singolarità, e poi grazie alla loro fissazione, sembra concludersi nella (aspirazione ad una) conoscenza e nell’amore per una persona che si configuri come un individuo. Presto del resto l’ulteriore avvicinamento costringerà il narratore a prendere atto della natura fittizia di quella unità, e a discendere ulteriormente lungo la linea della dissoluzione, esemplificata più sopra dalla scena del primo bacio.

È senz’altro ora possibile rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio del presente paragrafo: se l’amore comporta una forma di conoscenza effettiva (oltre all’apprendimento e alla pratica del metodo decifrativo), ma al contempo rivolge i suoi sforzi a conoscere qualcosa che si dimostra inafferrabile, di quale conoscenza effettiva si fa latore il rapporto amoroso?

La risposta è questa, e su questa dovremo tornare: per Proust solo il generale è conoscibile, e ciò diviene chiaro proprio attraverso l’analisi della passione

626 Cfr. JF, p. 449. 627 Cfr. JF, p. 489.

amorosa. Si è parlato a tal proposito (dopo lungo parlare di platonismo estetico di Proust) di un aristotelismo629 gnoseologico (ma anche estetico, si badi) proustiano. Si conosce e si insegna solo ciò che è universale: il lungo apprendistato d’amore ha riconfermato che l’individuo non è suscettibile né di conoscenza né di espressione: solo l’idea (dirà Proust nel Tempo ritrovato alla luce di quanto imparato lungo il processo di apprentissage) esiste realmente e pertanto può essere comunicata630. Non a caso l’analisi dei rapporti d’amore ci ha portati a conoscere non gli universi che l’altro porta in sé, ma piuttosto alcune leggi generali, prime e sovraindividuali, alle quali gli esseri umani non possono che sottostare. Così l’universale di cui l’amore ci ha portato a conoscenza sono proprio alcune leggi umane, e nello specifico le leggi che abbiamo via via scoperto nel nostro percorso: la legge della fuga, la legge della menzogna, la legge di Sodoma e Gomorra (che conduce fino al transessuale), e la legge della serie.

629 Cfr. M. FERRARIS, Ermeneutica di Proust, cit., p. 63. 630 Cfr. TR, p. 265.

4. “Molte anime mortali”

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. L’individuo molteplice di