pre-sentare all'approvazione del sovrano dai deputati ecclesiastici che si recheranno a Torino, oltre le cinque domande concordate con gli altri due Stamenti.
la -
Che essendo 1 ormai inutili le pene ecclesiastiche per impedire la coabita- E c. 125 zione troppo generale de' sposi avanti la celebrazione del matrimonio, dalla quale oltre il grave scandalo, derivano infiniti disordini, si provveda dal brac- cio secolare con qualche pena per sterminarla.2a - Che parimenti il braccio secolare provveda ad impedire tanti matrimoni furtivi, che succedono nelle città, ed oggidì anche nelle ville.
3a - Che i procuratori delle chiese e cause pie, come pure i sagrestani delle chiese parrochiali per esser già addetti al servizio del pubblico, sieno esenti da comandi personali, come lo sono gli ufficiali miliziani, ed i ministri patri- moniali.
48 - Che in tutte le ville vi sia un cursore, o giurato destinato per eseguire gli ordini delle curie ecclesiastiche senza il quale riesce impossibile, attesa la mancanza di posta in tutta la diocesi di Cagliari, ed unite, il far pervenire gli ordini da un luogo all'altro.
58 - Che sia ristretta l'attendenza degli ecclesiastici ai Monti di soccorso alla sola ispezione, ed approvazione dei conti, senza alcuna ingerenza nella custo- dia, distribuzione, e restituzione del denaro, e del grano, e senza alcuna conta- bilità nel caso di mancanza di fondi.
6a - Che spetti a' prelati il giudicare sopra i debiti verso le chiese, e cause pie e siano obbligate le curie a prestare il braccio per l'esecuzione delle loro senten-
ze, come pure per l'osservanza de' noti pregoni concernenti / la santificazione E c. 125v.
delle feste, e l'intervento alla dottrina cristiana.
78 - Che sia permesso l'accrescimento della limosina delle messe sino a reale e mezzo di questa moneta, e la riduzione delle cappellanie, e messe perpetue al- la tassa prescritta da Benedetto XIII nel Concilio romano.
88 - Che per la nomina dell'economo delle vacanti sia permesso al Capitolo di far la terna di tre soggetti coll'assistenza di monsignor arcivescovo, o vescovo rispettivo, acciocché la medesima ricada in soggetti forniti de' lumi necessari per coprire degnamente quest'impiego, e che le instruzioni con cui devono regolarsi gli economi siano fissate da Sua Maestà in stampa per non potersi alterare.
- Che sia dichiarata necessaria per la validità degli atti l'assistenza de' depu- tati del Capitolo all'inventaro, estimo, e vendita dello spoglio dei defonti pre- lati secondo il disposto di San Pio V che in questa parte non fu rivocato dal Pezza n. 28, Proposte dello Stamento ecclesiastico da umiliarsi a Sua Rea] Maestà per mezzo de' deputati] in margine.
breve di Clemente XIII e che per ciò che riguarda il terzo del seminario esclusi i censori diocesani che contro la mente de' citati pontefici vi furono introdotti in qualità di delegati, e l'assistenza de' quali non serve ad altro, che ad aumentare triplicatamente le spese, per le diete loro prefisse; il cano-nico presidente del suddetto seminario, e l'economo pro tempore debbano gratis indispensabilmente intervenirvi, e sía dal governo sentito il parere dei E c. 126 medesimi circa gli oggetti che spettano l'economato, / come quelli che nel vantaggio delle chiese, e del seminario vi hanno il maggiore, ed il più diretto interesse.
1.0a - Che alla morte de' prelati la prima dignità de' Capitoli, o in sua vece il presidente pro tempore insieme col vicario capitolare faccia la separazione del-le scritture, e lasciando presso il vicario suddetto mediante ricevuta queldel-le pezze, che possono condurre al buon regime della diocesi; tutte le altre le ri-ponga in una cassa sigillata, e ben custodita nell'archivio del Capitolo fino al-l'arrivo del futuro prelato, cui dovranno essere consegnate insieme alle cosi-dette pezze lasciate presso l'eletto vicario capitolare; giacché non sembra né decoroso, né giusto, che una persona laica com'è un censore diocesano visiti le scritture di un prelato concernenti per lo più oggetti affatto spirituali, e da tenersi assolutamente segreti, come sono denuncie, fatti di coscienza, ed in-formative della vita, e costumi de' sacerdoti, e simili materie da confidarsi so-lamente al vescovo successore.
11a - Che scorgendosi chiaramente il pregiudizio recatosi alle chiese cattedra-li colla nuova appcattedra-licazione delle vacanti si stabicattedra-lisca su quest'oggetto un nuo-vo sistema pel ripartimento delle medesime lasciando intatto il terzo spettan-te ai seminari, e degli altri due assegnandone uno alle catspettan-tedrali, e l'altro al vescovo successore.
12a - Che in mancanza de' padri gesuiti che tanto s'affaticavano in questo Re-gno per l'educazione della gioventù, e per l'istruzione del popolo nei doveri E c. 126v. della religione / venga introdotto lo stabilimento dei padri missionari in
que-sta capitale, e possa quindi propagarsi un sì profittevole instituto nelle rima-nenti città del Regno.
13a - Che non potendo più il tribunale dell'Inquisizione già abolito por freno allo spirito d'irreligione, che ormai va a poco a poco serpendo anche nell'in-terno del Regno, ed impedire l'introduzione de' libri, che contengono le mas-sime più perverse contro Dio, i costumi, ed il principe sia almeno permesso ai prelati di far uso senza il menomo ostacolo delle censure ecclesiastiche contro qualunque persona che fosse riconosciuta rea di simili depravate mas-sime, se le amorevoli paterne correzioni non sono sufficienti a farla ravvedere del suo errore; e pel caso che oltre alle dette censure fosse d'uopo di usare al-tri mezzi per contenere sì fatte persone, sia particolarmente incaricato il go-verno di prestare ai prelati l'aiuto necessario.
95/3 [1793 maggio 27, Cagliarti.
Lo Stamento ecclesiastico, poiché non raggiunge un accordo sulla quattor-dicesima domanda da presentare al sovrano, sull'amovibilità dei vicari parroc-chiali decide di consultare le voci dello Stamento, cui fa pervenire il quesito.
Essendosi considerito 1, che il sacro Concilio di Trento non ha prescritto la E c. 126v.
perpetuità de' vicariati, e che la bolla di San Pio V emanata particolarmente per questo Regno non fu messa in esecuzione forse per gl'inconvenienti, che furono fin d'allora preveduti, come rilevasi da un'antica supplica esistente nel-l'archivio di questa cattedrale, e che ora si sono già presentati in pregiudizio delle chiese parrochiali governate da tali vicari, si desidera sentire il parere delle rispettive voci dello Stamento ecclesiastico, se convenga o no proporre la derogazione allo stabilito su questo / punto dall'enciclica Inter multiplices E c. 127
rendendo i suddetti vicari ammovibili a giudizio, ed arbitrio de' prelati.
96 1793 giugno 10, Cagliari (Palazzo arcivescovile).
Gran parte della seduta è occupata nella discussione di questioni di ordine procedurale e regolamentare: viene ripetuta da due membri del Capo settentrio-nale la protesta per l'elezione del canonico Sisternes; viene revocata in dubbio la regolarità dell'attribuzione di un massimo di quattro voti ai procuratori; vie-ne contestata l'esclusiovie-ne della procura dell'abate di Saccargza fatta a suo tempo in capo al fratello don Antonio Paliaccio; si ritiene opportuna una più appro-fondita riflessione sulla questione dell'amovibilità dei vicari parrocchiali.
Intanto il canonico Giovanni Battista Simon esibisce la delega del fratello Gianfrancesco abate di Salvenero speditagli da Torino, mentre il canonico Na-voni comunica che il vicario capitolare di Alghero gli aveva ingiunto per lettera di considerare valida l'elezione del canonico Sisternes, sebbene fosse stata prece-dentemente contrastata dal delegante. Con voti unanimi l'assemblea conferma ancora una volta la regolarità della elezione. Avendo il canonico Giovanni Battista Simon presentato una memoria con alcune altre domande da presentare all'approvazione del sovrano, ad integrazione delle altre già formulate nella sessione precedente, la discussione viene rimandata ad altra sessione.
Sessione venticinquesima il dì 10 giugno 1793. E c. 55v.
Essendosi diferita a richiesta di vari membri la giunta / fissata nella preceden- E c. 56
te sessione pel dì 3 del corrente, si radunò previo avviso della prima voce nel-la mattina del soprascritto giorno alle ore dieci nelnel-la forma solita, e nel luogo consueto. Non concorsero però alla medesima oltre monsignor vescovo d'A-
' Pezza n. 29, Articolo sull'ammovíbilità de' parochi detti vicari perpetui] in margine.
les don Michele Aymerich, che si trasferì alla sua diocesi per alcuni giorni, l'illu-strissimi, e molto reverendi canonici don Carlo Falqui, Giovanni Antonio Ma-rini, e dottore Giuseppe Sevellin, i quali fecero sentire all'adunanza per mezzo del signor canonico Navoni, che essi non erano più in grado di intervenire al-le giunte per quanto avevano già scritto nella scorsa posta a' loro rispettivi co-stituenti, che nominassero, e deputassero un altro procuratore in loro vece, mentre per motivi ad essi ben visti non erano più in circostanze di ritenere le procure commesseli, e di assistere in tal qualità alle congreghe dello Stamento.
E quindi il suddetto signor canonico Navoni presentò la qui unita procura ri-messa in suo capo dall'illustrissimo, e molto reverendo vicario capitolare di Alghero, la quale fu ricevuta dall'adunanza, mentre dei vicari capitolari si fa particolare menzione dal Dexart ne' capitoli di corte, e sono stati sempre rice-vuti nello Stamento ecclesiastico, ed hanno in esso occupato il posto imme-diato a' vescovi; motivo per cui fu pure accordata al mentovato signor canoni-co Navoni la preferenza del posto, canoni-come procuratore del prelodato signor vi-cario capitolare a' signori procuratori de' Capitoli.
Nell'aprire la sessione l'illustrissimo, e molto reverendo signor don Salvatore
E c. 56v. Roig decano del Capitolo turritano, significò, che avendo / ricevuto i riscon-tri, che attendeva sulla deputazione del signor canonico don Pietro Sisternes, in forza de' quali doveva di bel nuovo ed in ogni miglior maniera protestarsi, che il suo Capitolo costituente non intendeva in modo alcuno approvare tale deputazione, non già per far torto al merito del soggetto, di cui è pienamente convinto, ma bensì per la circostanza di non essere il medesimo del Capo di Sassari, come lo propose il signor decano protestante al tempo della elezione del suddetto deputato, e richiedeva il riflesso di convenienza, ad esempio de-gli altri due Stamenti; onde instava di divenirsi ad una nuova elezione riguar-do al prelodato seconriguar-do deputato in un soggetto dell'altro Capo, e qualora ciò non seguisse, dichiarava espressamente nella miglior forma, che fosse d'uopo di non voler obbligare a veruna contribuzione né al concorso delle spese per la destinata deputazione alla real corte, anzi si protestava di tenere per nulli gli atti dello Stamento fatti, e da farsi, perché i Capitoli non potevano spedire i mandati di procura a soggetti che non fossero del loro Capo, e perché un pro-curatore non poteva avere più di un mandato, e qualora un soggetto compa-risse a nome proprio, non poteva allo stesso tempo far la figura di procurato-re; in pruova di che produsse due pezze una contenente due regole di ciò, che si osservava in Catalogna sulla celebrazione delle Corti; e l'altra una nota de' soggetti ecclesiastici, che intervennero alle Corti celebrate nell'anno 1642 sot-
E c. 57 to il duca d'Avellano, / e nell'anno 1649 sotto il conte di Lemos l.
Fu confermata questa protesta dall'illustrissimo, e molto reverendo signor ca-nonico don Giambattista Simon, il quale a nome dell'illustrissimo, e molto re-verendo signor abate di Saccargia disse di doversi uniformare a quanto aveva
i Vedi le pezze n. 30 e 311 in margine. Cfr. docc. 96/3 e 96/4.
esposto il prelodato signor decano, e ciò anche a nome dell'illustrissimo, e molto reverendo signor teologo don Giovanni Francesco Simon suo fratello abate di San Michele di Salvenero, e di Santa Maria di Sea, di cui aveva rice-vuto la procura, e l'avea già presentata a monsignor arcivescovo prima voce dello Stamento.
Udite ambidue queste proteste, si fece leggere la surriferita procura del signor abate di Salvenero, e dopoché unitamente convennero gli altri membri dello Stamento di doversi la medesima ammettere, non ostante che il prelodato si-gnor abate fosse al presente fuori Regno perché la pratica, e l'osservanza di non convocare i membri assenti dal Regno non esclude questo caso, e si ritro-va negli atti de' precedenti Stamenti l'esempio di monsignor Rovero arcive-scovo di Sassari, il quale ritrovandosi in Torino trasmise spontaneamente le sue procure, e furono ricevute dallo Stamento, fu consegnata la succennata procura all'infrascritto segretaro per inserirla a suo luogo negli atti; ed attesa quest'accettazione il succennato don Giambattista Simon si protestò a voce, che per non pregiudicare a' dritti del costituente signor abate suo fratello sulla precedenza del posto, ripeteva quanto avea esposto riguardo al signor abate di Saccargia, instando, che di tutto se ne facesse menzione negli atti; lo che gli
venne accordato dall'adunanza, che dichiarò / non esser sua intenzione di le- E c. 57v.
dere i diritti che ad ognuno compete, ma bensì di seguire la pratica che in questo particolare si è mantenuta nei precedenti Stamenti.
Ripigliato quindi l'assunto delle surriferite proteste il signor canonico don Sal-vatore Mameli rilevò, che veramente conveniva, e sarebbe stato più conforme alla presunta mente de' costituenti del Capo di Sassari il nominare per secon-do deputato un soggetto del suddetto Capo, com'egli pure propose nella ses-sione, in cui si fece l'elezione del suddetto deputato, e che almeno sarebbe stato opportuno, che i signori procuratori benché muniti di mandati amplissi-mi avessero consultato prima i loro principali per concertare con soddisfazio-ne di tutti una deputaziosoddisfazio-ne da farsi a spese comuni; soggiunse però che le ci-tate regole di Catalogna sul metodo di celebrare colà le Corti non erano adat-tabili a questo Regno, dove si osservava altra pratica a tenore del prescritto ne' medesimi capitoli di corte, ne' quali si permetteva ín uno stesso soggetto il concorso di quattro voti, e che nello Stamento ecclesiastico vi era stato, e si manteneva l'uso costante di ammettere i soggetti di un Capitolo per procura-tori di un altro.
Il signor canonico don Pietro Sisternes fece avvertire, che non erano tutte le diocesi dell'altro Capo, che si opponevano a tale deputazione mentre monsi-gnor vescovo di Bosa oltre averli accordato ampia facoltà nel mandato di pro-cura, gli fece intendere / sempre per lettera, che approverebbe quanto avesse E c. 58
operato nello Stamento a suo nome, ed ultimamente in risposta all'avviso del-la deliberata deputazione presso del-la real corte, e deldel-la nomina de' soggetti per la medesima, gli significava, che da canto suo si rimetteva a quanto avea stabi-lito lo Stamento su tale oggetto; soggiunse ancora, che siccome si trattava di
un affare deciso con pluralità di voti a tenore del prescritto ne' capitoli di cor-te, erano obbligate tutte le diocesi alla contribuzione fissata nello Stamento, e che il viceré in coerenza delle risoluzioni del medesimo era abilitato a costrin-gerle per il dovuto pagamento.
Il signor canonico dottore Narciso Floris considerò che la protesta fatta sulla nullità delli atti era irregolare, e contraria all'operato de' signori protestanti ch'erano concorsi alle precedenti giunte, ed aveano approvato quanto in esse erasi deciso, ad eccezione di questa deputazione, la quale pure si contrastava dopo di essere concorsi alla votazione; anzi che l'aver presentato il suddetto don Giambattista Simon la procura in suo capo del signor abate di Salvenero, era questo solo atto sufficiente a distruggere quanto si era proposto coerente-mente alla massima di Catalogna, in non ammettere più che un voto ne' pro-curatori, e finalmente conchiuse con far parte allo Stamento di avere il Capi-tolo di Bosa prestato il suo assenso alla seguita deputazione in capo a' nomi-nati soggetti. Sullo stesso proposito il signor canonico dottore Niccolò Navoni soggiunse, che l'illustrissimo, e molto reverendo signor vicario capitolare /
E c. 58v. d'Alghero gli aveva ordinato per lettera, che confermasse a suo nome la fatta deputazione per la real corte, e così pure il Capitolo della cattedrale d'Alghe-ro gl'incaricava di ritrattare la pd'Alghe-rotesta avanzata dal precedente suo pd'Alghe-rocurato- procurato-re il signor arcidiacono dottoprocurato-re Giovanni Battista Musiu ora vicario capitola-re, epperciò inerendo alle determinazioni significategli da' suddetti signori co-stituenti nella miglior forma, che fosse d'uopo confermava la già fatta deputa-zione, e rivocava, e ritrattava in tutto l'anzidetta protesta fatta per parte del sullodato Capitolo algherese. E quanto poi alle pezze presentate dal signor de-cano di Sassari, fece riflettere, che dalla nota de' soggetti ecclesiastici concorsi alle Corti celebrate netti anni 1624 1, e 1649, appariva chiaramente, che parec-chi soggetti erano muniti di due procure, la qual cosa senza dubbio non com-binava colla citata regola di Catalogna, che ne permetteva una sola.
L'illustrissimo, e reverendissimo monsignor arcivescovo fece poi portare dal segretaro gli atti de' precedenti Stamenti, e co' medesimi fece pienamente os-servare, che il prescritto ne' capitoli di corte sulla concorrenza di quattro voti nel medesimo soggetto era appunto il sistema introdotto, e mantenuto nello Stamento ecclesiastico, e che non si era fatta mai difficoltà di ammettere le procure de' Capitoli del Regno spedite in capo de' canonici di Cagliari, o di altri tuttoché di corpo diverso dal costituente.
E c. 59 Dopo tutti questi riflessi, ed altri simili, che si fecero da / vari altri membri dello Stamento, il succennato signor canonico don Giambattista Simon in re-plica ai medesimi allegò specialmente, che il capitolo di corte spettante alla concorrenza dei quattro voti in un medesimo soggetto parlava dello Stamento militare, che l'uso pertanto introdotto nell'ecclesiastico era da considerarsi co-me un abuso, onde non poteva giustificare l'opposta nullità delli atti; che qua-
recte 1642.
lora si stimasse opportuno dall'adunanza, egli era pronto a ritirare la presenta-ta procura del signor abate di Salvenero suo fratello, e che la rivocazione del reverendissimo Capitolo di Alghero sulla protesta avanzata a suo nome dal-l'arcidiacono dottore Giovanni Battista Musiu dovea rimettersi da quel Capi-tolo in iscritto. Si rispose di bel nuovo, che la provvidenza contenuta nel Ca-pitolo di corte sul concorso di quattro voti in uno stesso soggetto era stata chiesta a nome de' tre Stamenti, onde apparteneva egualmente a tutti e tre li Stamenti; ed il suddetto canonico Navoni disse, che non avea difficoltà di scrivere al mentovato Capitolo d'Alghero perché trasmettesse per iscritto la ri-vocazione della prima protesta.
Previa questa discussione l'adunanza a pluralità di voti decise come in appres-so: che non ostante le proteste fatte da' succennati signori don Salvatore Roig, e don Giambattista Simon non doveasi in modo alcuno variare la deputazione seguita, e la nomina de' soggetti per la medesima, volendo, che s'intendesse qui ripetuto quanto nelle precedenti sessioni erasi rilevato contro le anteriori
proteste esibite su questo / oggetto non solo da' sovranominati signori procu- E c. 59v.
ratori, ma eziandio dal signor procuratore del vescovo, e del Capitolo di Al-ghero, e quanto all'opposta nullità delli atti, che fosse registrato ne' medesimi di essere stata tale opposizione rigettata come contraria al disposto de' capitoli di corte, e particolarmente all'uso costante osservatosi nello Stamento eccle-siastico sull'ammissione de' procuratori costituiti dalle rispettive voci.
Esibì in seguito monsignor arcivescovo prima voce una supplica dell'illustris-simo signor don Giovanni Antonio Paliaccio dimandando i motivi per iscritto, onde avea giudicato lo Stamento di escluderlo, quando gli era stata rimessa la procura del fratello il signor abate di Saccargia; e lettosi il suo contenuto, a cui si ha qui relazione, come nella pezza inserita l'adunanza deliberò, che detto monsignor arcivescovo facesse estrarre copia della risoluzione presa nella ses-sione 10a su tale oggetto, e la rimettesse per mezzo del segretaro al suddetto signor don Giovanni Antonio Paliaccio, acciocché il medesimo restasse per-suaso, che lo Stamento non aveva avuto altra mira, che di uniformarsi all'os-servanza, ed a ciò che sembrava disposto ne' capitoli di corte.
Esibì in seguito monsignor arcivescovo prima voce una supplica dell'illustris-simo signor don Giovanni Antonio Paliaccio dimandando i motivi per iscritto, onde avea giudicato lo Stamento di escluderlo, quando gli era stata rimessa la procura del fratello il signor abate di Saccargia; e lettosi il suo contenuto, a cui si ha qui relazione, come nella pezza inserita l'adunanza deliberò, che detto monsignor arcivescovo facesse estrarre copia della risoluzione presa nella ses-sione 10a su tale oggetto, e la rimettesse per mezzo del segretaro al suddetto signor don Giovanni Antonio Paliaccio, acciocché il medesimo restasse per-suaso, che lo Stamento non aveva avuto altra mira, che di uniformarsi all'os-servanza, ed a ciò che sembrava disposto ne' capitoli di corte.