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L’ANGOLAZIONE GIURIDICO-COSTITUZIONALE

4. Norme programmatiche e codificazione canonica

Ai fini che qui rilevano, al di là della definizione della questione anche relativa- mente al più generale problema dell’esistenza di una Carta fondamentale nella Chiesa, credo che, a conclusione di questa seconda parte della relazione, sia utile sottolineare l’importanza dell’influenza, sulla interpretazione da dare alle norme conciliari, del dibattito sorto in seno alla dottrina italiana sulla nota distinzione tra norme programmatiche e norme precettive della costituzione. In considera- zione dello «stretto rapporto»43 esistente tra le norme del Concilio vaticano II e

il nuovo codice di diritto canonico, quale «principale documento legislativo»44

e nella prospettiva teorizzata alla cui stregua il problema della riforma organi- ca della Chiesa doveva essere affrontato45, gli studiosi si erano interrogati sulla

natura delle norme conciliari, vale a dire se le stesse potessero essere considerate disposizioni destinate a tutti i soggetti dell’ordinamento canonico e, quindi, di immediata applicazione o riservate ai legittimi organi legislativi. In particolare, Gismondi aveva sostenuto l’appartenenza delle disposizioni conciliari alla cate- goria delle c.d. norme principio elaborate dalla dogmatica giuspubblicistica laica in quanto, svolgendo le stesse una funzione promozionale, stabiliscono le linee guida alla base del cambiamento dell’ordinamento canonico, «la cui evoluzione deve essere coerente con i principi fissati dal concilio»46. In questa dimensione,

tutte le disposizioni conciliari, anche quelle «a efficacia differita»47 sono dotate di

positività, e quindi vigenti, in quanto dotate di vis definitiva obligandi avendo ri- cevuto l’approvazione del pontefice. Giovanni Paolo II osservava che «i postulati conciliari…trovano nel nuovo codice esatti e puntuali riscontri, a volte perfino verbali» e invitava, «a titolo di saggio», a confrontare il capitolo II della Lumen

gentium e il libro II del codex: «comune ad entrambi, anzi identico ne è il titolo:

42 Cfr. art. 2, n. 3.

43 Pontificio consiglio per i tesi legislativi, Vent’anni di esperienza canonica, cit., p. 13. 44 Sacrae disciplinae leges, cit.

45 «…il nuovo Codice…ha necessariamente richiesto la precedente opera del Concilio;

e benché sia stato preannunciato insieme con l’assise ecumenica, tuttavia esso cronologica- mente la segue, perché i lavori intrapresi per preparalo, dovendosi basare sul Concilio, non poterono aver inizio se non dopo la sua conclusione» (ibid .).

46 Pietro Gismondi, Il diritto della Chiesa dopo il concilio, Milano, Giuffrè, 1973, p. 52. 47 Ibid ., p. 51.

‘De Populo Dei’»48. A sottolineare detta relazione, il pontefice valorizza la stessa coincidenza del 25 gennaio, data di promulgazione del nuovo codice di diritto

canonico e del primo annuncio del concilio49.

Da questo angolo visuale, nella prospettiva dell’«ideale triangolo» tracciato dal pontefice50, il codice poteva intendersi come «un grande sforzo di tradurre

in linguaggio canonistico…la ecclesiologia conciliare», arrivando persino ad af- fermare il «carattere di complementarietà» dello stesso «in relazione all’insegna- mento del concilio Vaticano II, con particolare riguardo alle due costituzioni, dogmatica Lumen gentium e pastorale Gaudium et spes»51. L’obiettivo era quello

di realizzare un codice aperto ai cambiamenti sociali, in un improcrastinabile adeguamento alla nuova temperie culturale realizzato dai lavori del Concilio.

Nel 1967 la commissione per la revisione del codice, dopo attenta analisi del- le disposizioni conciliari, aveva approvato i Principia quae codicis iuris canonici

recognitionem dirigant52, i «dieci comandamenti»53 che avrebbero dovuto guidare

l’intera opera di riforma. Tra questi, per i profili di maggiore novità, si segnalano il principio di sussidiarietà, l’uguaglianza dei fedeli, la tutela dei diritti soggettivi che, tradotti nelle «formule giuridiche» del codice54, avrebbero favorito la con-

sapevolezza di una titolarità di prerogative da regolare secondo giustizia. Con questa finalità, i principi conciliari fissano indirizzi che tendono a tipizzarsi in vere e proprie direttive.

Così come le costituzioni civili, in un definitivo superamento del passato, la nuova codificazione canonica si profila quale strumento normativo indispen- sabile «per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale» al fine di garantire e ben definire i diritti dei singoli55. In una visione pedagogica della

storia, il riferimento alle «guerre micidiali che si sono susseguite nei nostri tempi» e alle «luttuose rovine degli animi che molte ideologie hanno ripetutamente ge- nerato», il programma di lavoro del concilio riguarda sia i problemi legati all’ordine soprannaturale sia a quelli dell’ordine temporale; la Chiesa, infatti, sebbene «non 48 Discorso per la presentazione ufficiale del nuovo Codice di diritto canonico, 3 febbraio 1983,

in www .vatican .va, n. 8.

49 Giovanni Paolo II, Discorso, in Vent’anni di esperienza canonica, cit., p. 13.

50 «…in alto, c’è la Sacra Scrittura; da un lato, gli Atti del Vaticano II e, dall’altro, il

nuovo Codice Canonico» (Discorso per la presentazione ufficiale del nuovo Codice di diritto canonico, cit., n. 9).

51 Sacrae disciplinae leges, cit.

52 Cfr. Communicationes, 1969-70, cit., I, pp. 77 ss.

53 Cfr. Julián Herranz, Studi sulla nuova legislazione canonica, Giuffrè, Milano, 1990, p. 38. 54 Sacrae disciplinae leges, cit.

tenda primieramente ad una finalità terrena, tuttavia nel suo cammino non può estraniarsi da quei problemi che riguardano i beni temporali, né trascurare le difficoltà che ne nascono... Ne consegue che in questi tempi la Chiesa è presen- te, di diritto e di fatto, negli organismi internazionali, e da essa viene elaborata un’accurata dottrina sociale che tratta delle famiglie, delle scuole, dell’occupazio- ne, della comunità e della solidarietà degli uomini, nonché di tutte le questioni similari»56.

Come affermava Corecco, il codice di diritto canonico, oltre a includere, at- traverso le encicliche, gli elementi della cultura moderna, ha in particolare rece- pito, «pur con le necessarie modificazioni formali o eventuali articolazioni ‘ad

sensum’ del loro contenuto», tutte le disposizioni conciliari in materia di doveri-

diritti del fedele57.

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