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I principi di libertà e pluralismo confessionale Un bilancio di set tanta anni: tra continuità e discontinuità

I SETTANT’ANNI NELL’ITALIA REPUBBLICANA

1. I principi di libertà e pluralismo confessionale Un bilancio di set tanta anni: tra continuità e discontinuità

Ripercorrere settanta anni della storia repubblicana italiana è compito quasi im- possibile. Tanto più se la storia di questo periodo, così intenso e frenetico, seppur breve, la si vuole leggere con gli occhiali del giurista che è chiamato a guardare la società privilegiando i cambiamenti che essa ha vissuto nel diritto vivente e nel suo rapporto con la religione. La prima difficoltà, forse la maggiore, è quella di svolgere un’analisi in cui i tre elementi: diritto, società e religione, possano essere

mantenuti tra loro inscindibilmente connessi e, al contempo, ciascuno essere va- lutato, pur se collegato agli altri due.

Quanto sia stretto il rapporto indissolubile che lega il “diritto” alla “società” è esemplificato nel brocardo con il quale si afferma come non vi possa essere una società che non sia regolata dal diritto (ubi societas ibi ius) che potrebbe, pure, indicare come la società sia, di per sé, costituita da regole, oltre che da relazioni, senza le quali non vi sarebbe la societas medesima. Un altro brocardo (ubi ius ibi

societas) assegna il senso ontologico e, insieme, teleologico al diritto stesso: quello

di costituire il mezzo ed, insieme, il fine essenziale della vita di una comunità. Il rapporto tra diritto e società, anche per il concorso di ecclesiasticisti e ca- nonisti, si è arricchito, da sempre, del contributo che giocano la religione e le religioni nelle comunità umane1.

Nel Novecento, Santi Romano contribuiva al rinnovamento del diritto, co- gliendo il nesso che lo lega alla società, perché innervato nella vita della comunità e dei gruppi che la compongono e ciò avveniva attraverso la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici2. Tale indirizzo veniva sviluppato da Angelo Erman-

no Cammarata, il quale favoriva il passaggio dal pluralismo giuridico, inteso non tanto e non solo come mera pluralità degli ordinamenti, alla politipia (o plurifor- mità) degli ordinamenti giuridici3, valorizzando il collegamento tra il mondo del

diritto e le diverse esperienze presenti nella comunità.

Quelle innovazioni nell’ambito del diritto hanno esercitato influenza anche sulle religioni e sui diritti confessionali e hanno trovato un formale riconosci- mento nella nostra Carta fondamentale, ove si attribuisce una riserva di compe- tenza all’autonomia delle Confessioni (art. 7, 1° co, Cost. e art. 8, 2° co., Cost.)4.

Esse, quali formazioni sociali, si sviluppano con il contributo determinante dei soggetti che vi partecipano (art. 2 Cost.). Così, per quel che attiene alla Chie-

1 Cfr., per ripercussioni in ambito canonistico, Piero Bellini, Ubi societas ibi societas.

Considerazioni critiche sul fortunato adagio “ubi societas ibi ius”, in Giuristi della “Sapienza”, Torino, Giappichelli, 2015, pp. 44 ss.; cfr., altresì, Eugenio Corecco, L’apporto della teologia alla elaborazione di una teoria generale del diritto, in Scienza giuridica e diritto canonico, a cura di Rinaldo Bertolino, Torino, Giappichelli, 1990. Cfr., di recente, Antonio Fuccillo, Diritto, Religioni, culture . La preparazione del giurista alle sfide della società, in Rigore e curiosità . Scritti in memoria di Maria Cristina Folliero, a cura di Giuseppe D’Angelo, Torino, Giappichelli, 2018. Cfr., pure, Gian Paolo Trifone, Politicità del diritto . Riflessioni sul tema da parte di Arturo Carlo Jemolo, in Rigore e curiosità, cit., t. II, pp. 295 ss.

2 Santi Romano, L’ordinamento giuridico, II ed., 1946, Firenze, Sansoni, 1962.

3 Cfr. Angelo Ermanno Cammarata, Il concetto del diritto e la «pluralità degli ordinamenti

giuridici», in Formalismo e sapere giuridico, Milano, Giuffrè, 1963.

4 Cfr. Salvatore Berlingò, Giuseppe Casuscelli, Sara Domianello, Le fonti del diritto eccle-

sa cattolica, le note peculiari proprie dell’esperienza giuridica della Chiesa, non possono che discendere dall’originario ed originale processo di formazione del diritto divino rivelato, delineato come «un incontro di volontà tra Dio rivelato nel suo Figlio e le prime comunità dei credenti»5.

Quanto il diritto, la società, la religione siano tra loro in perenne tensione dinamica, con influenze e ricadute reciproche che nei processi della storia tro- vano il loro compimento, è stato approfondito, ancora nel Novecento, dalla «scuola giuridica messinese»6, guidata da Pugliatti7 e Falzea8, i quali hanno

colto, in modo determinante, l’inscindibile rapporto dialettico tra “fatto giuri- dico” e “fatto umano”, e tra “ordine giuridico” e “ordine sociale”, evidenziando il connubio fra la logica giuridica e la dinamicità della storia: così che se la pri- ma si presta, anzi necessita, di continui aggiornamenti per rispondere alla sfide della società, la seconda, cioè la “storia” di una società, rimane condizionata dal diritto vivente9.

Il contributo offerto dagli ecclesiasticisti e canonisti alla scienza del diritto – in questa sede viene richiamato solo quello da loro offerto nello scorcio degli ultimi decenni del novecento, in quanto sarebbe complicato ricostruirne l’appor- to nei settanta anni di storia repubblicana10 – ha portato a considerare come la

5 Cfr. Salvatore Berlingò, Diritto canonico, Torino, Giappichelli, 1995, pp. 58 ss.

6 Per una ricostruzione storico-critica sulla «scuola messinese», si v., Vincenzo Scalisi,

Fonti-Teoria-Metodo . Alla ricerca della «regola giuridica» nell’epoca della post-modernità, Mila- no, Giuffrè, 2012.

7 Cfr., fra le altre, Salvatore Pugliatti, Istituzioni di diritto civile: introduzione, diritto delle

persone, teoria dei fatti giuridici, Milano, Giuffrè, 1933; e, ancora, dello stesso Autore: Gram- matica e diritto, Milano, Giuffrè, 1978.

8 Cfr. Angelo Falzea, Introduzione alle scienze giuridiche . Parte I: il concetto di diritto, VI

ed., Milano, Giuffrè, 2008; Id., Teoria generale del diritto, Milano, Giuffrè, 1999.

9 Sulle differenze tra diritto vigente e diritto vivente, Ermanno Graziani, Legge (dir . can .),

in Enciclopedia del diritto, XXIII, Milano, Giuffrè, 1973; Eugen Ehrlich, I fondamenti della so- ciologia del diritto, Miano, Giuffrè, 1973; Luigi Mengoni, Diritto vivente, in Digesto (discipline privatistiche), Sez . civ ., VI, Torino, UTET, 1990; sull’oggettivazione del diritto divino ed il suo processo di svolgimento, cfr. S. Berlingò, Diritto canonico, cit., pp. 53 ss.; Id., Nel silenzio del diritto. Risonanze canonistiche, a cura di Sara Domianello, Angelo Licastro, Antonino Manti- neo, Bologna, il Mulino, pp. 119 ss.

10 Per una ricostruzione, si segnala, innanzitutto, Francesco Ruffini, L’indirizzo odierno

del diritto ecclesiastico in Italia, in Id., Scritti giuridici minori, v. I, Milano, Giuffrè, 1936; e, ancora, Giovanni Battista Varnier, La costruzione di una scienza per la nuova Italia: dal diritto canonico al diritto ecclesiastico, Eum, Macerata, 2011; cfr., altresì, Silvio Ferrari, Ideologia e dogmatica nel diritto ecclesiastico italiano . Manuali e riviste (1929-1979), Milano, Giuffrè, 1979; cfr., altresì, L’insegnamento del diritto ecclesiastico nelle facoltà di Scienze Politiche, a cura di Gianfranco Macrì, Salerno, Dipartimento di teoria e Storia delle istituzioni, 2005; e Alessan-

libertà religiosa e i diritti ad essa connessi si pongano non solo come fondamento di tutte le libertà costituzionali11, ma siano (l’) elemento che può, più di altri,

concorrere a rinsaldare i legami e le relazioni sociali: è questo, infatti, il senso della religio, quello di costituire la matrice unica e comune alle diverse culture presenti nella societas12.

La religione non risponde, infatti, soltanto al bisogno individuale dinnanzi alle domande “di senso” sull’esistenza, sul destino dell’uomo, sulla morte, sull’al- dilà, ma anche, se non soprattutto, al bisogno altrettanto profondo, di mettersi in relazione con l’«altro» da sé: il trascendente e gli altri uomini13.

La dimensione della religione come “fatto sociale” è recepita dalla nostra Co- stituzione, che pone le religioni, prima ancora che le Chiese con i loro apparati organizzativi, in una prospettiva dinamica, partecipativa, pluralista, assegnando ad esse valore sociale e solidaristico e comunque sia, rientrando la libertà di reli- gione e di coscienza fra i «diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (art. 2 Cost.).

Così che mai – pur innanzi al mutamento del contesto politico e a mag- gioranze parlamentari che si propongono come espressione del “popolo” e che pretendono di rappresentare il “sentire sociale”, come pure si rivendica oggi – dai principi e dalle norme costituzionali si può ricavare una giustificazione politica e meno ancora etica, che consenta l’uso strumentale della religione per afferma- re un neo-confessionismo, o quale elemento costitutivo dell’identità nazionale14,

perché se la religione fosse così intesa, diverrebbe essa stessa causa legittimante di politiche orientate alla discriminazione sociale, culturale e religiosa.

dro Tira, Alle origini del diritto ecclesiastico italiano . Prolusione e manuali tra istanze politiche e tecnica giuridica (1870-1915), Milano, Giuffrè, 2018.

11 Cfr., per tutti, Salvatore Berlingò, Le fonti del diritto ecclesiastico, Torino, UTET, 1993,

pp. 9 ss.; cfr., tra gli altri, Mario Ricca, Le religioni, Roma-Bari, Laterza, 2004, pp. 196 ss., il quale guarda alle religioni come archetipo dei diritti fondamentali.

12 Cfr. Sergio Ferlito, Le religioni, il giurista, l’antropologo, Soveria Mannelli, Rubbettino,

2005.

13 Giovanni Filoramo, Manuale di storia delle religioni, Roma-Bari, Laterza, 2008.; in par-

ticolare, sul rapporto tra la religione e la dimensione sociale, vedi Id., Che cos’è la religione . Temi metodi problemi, Torino, Einaudi, 2004.

14 Lo osserva, e da tempo, Salvatore Berlingò, Le fonti del diritto ecclesiastico, cit., pp. 11 ss.,

il quale evidenziando il rilievo del fattore religioso e quello delle esperienze confessionali, come forme di estrinsecazione del libero sentire religioso, sottolineava che «l’ordinamento non vuole interdire la partecipazione al generale processo di integrazione comunitaria a nes- suna fra le componenti sociali…(e) deve impedire…, nel rispetto del principio di ‘non iden- tificazione’, che ciascuno dei particolari progetti di società, di cui le varie componenti si fanno portatrici, si consolidi in una dimensione globale e totalizzante ad esclusione di tutti gli altri».

Si dimenticherebbe che il prezioso principio della libertà religiosa, come affer- mato dalla nostra Costituzione, è, invece, quello di favorire l’inclusione sociale dei “diversi” orientamenti, tanto più di quelli minoritari, per favorire sempre il dialogo, il pluralismo, istituzionale e sociale. Si vanificherebbe, altrimenti, la stessa funzione del diritto che rimane quella di operare come «sintesi ordinata del molteplice»15.

Questo costituisce un punto di partenza, ove si voglia tentare un bilancio per intravedere l’orizzonte in cui le nostre scienze, e noi con esse, invece che restare alla finestra a contemplare la realtà in cui siamo immersi e unirci al coro dei pro- feti di sciagura, si possa concorrere, non solo ove necessario, come pure ci appare, ad innovare ed aggiornare gli studi giuridici16, ma, obiettivo più ambizioso, ep-

pure prioritario, svolgere una parte decisiva nel rinnovare, ed in meglio, la nostra società e le comunità17.

Settanta anni dall’avvento della Costituzione repubblicana e ottanta, nep- pure tanti, per ricordare le leggi razziali che rendevano il regime e la monarchia nel nostro Paese, irrimediabilmente responsabili di crimini contro l’umanità18.

Quest’umanità che anche oggi appare indifesa, in tanta sua parte, a fronte del sistema economico-finanziario e cui il diritto internazionale e quello dell’Unione europea non sanno e non vogliono dare risposte. Se non nei termini di mantenere le sicurezze acquisite e di difendere con muri e leggi di respingimento milioni di uomini, donne e bambini che fuggono e cercano salvezza e in cui il diritto alla libertà religiosa appare assumere un valore secondario19, rispetto al diritto ad

esistere, quasi una colpa l’essere nati dalla parte “sbagliata”.

Di fronte a questi scenari, quello delle migrazioni di massa, in particolare, che pure ciclicamente la storia dell’umanità ha conosciuto e che investono non solo i 15 Cfr. Vincenzo Scalisi, Presentazione, in Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia,

a cura di Vincenzo Scalisi, Milano, Giuffrè, 2004, p. XXII.

16 Cfr. Salvatore Berlingò, Vivere la transizione . La fine del monopolio delle scienze ecclesia-

sticistiche e la difficoltà di gestire le nuove dimensioni del fenomeno religioso, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale», rivista telematica (www .statochiese .it), 2017, 7.

17 Cfr. Silvio Ferrari, Giovanni Battista Varnier, Giuseppe Casuscelli, Giovanni Cimba-

lo, Daniela Milani, Antonio Fuccilllo, Salvatore Berlingò, Domenico Bilotti, Luigi Mariano Guzzo, Maria Gabriella Belgiorno, Vittorio Parlato, Mario Ricca, Vivere la transizione . La fine del monopolio delle scenze ecclesiasticistiche e la difficoltà di gestire le nuove dimensioni del fenomeno religioso, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale», rivista telematica (www . statochiese .it), 2017, 7.

18 Cfr. Ileana Del Bagno, La stampa cattolica al cospetto delle leggi razziali, in Rigore e

curiosità, cit., t. II, pp. 65 ss.

19 Si segnalano i diversi contributi del Convegno internazionale del 28 settembre 2018,

ora in Pluralismo religioso e integrazione europea: e nuove sfide, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale», rivista telematica (www .statochiese .it), 2019, 3.

Paesi dell’Occidente ricco, ma l’Est Europa, l’Asia e il medio-Oriente, appare an- cor più grave la crisi che attraversano gli Stati costituzionali, compreso il nostro sistema italiano – crisi endogena, in cui i flussi migratori palesano gli effetti di una crisi del sistema – che fanno traballare dalle fondamenta la loro tenuta, così come si è andata strutturando, attraverso le Costituzioni democratiche-solidari- stiche, sorte dopo il secondo conflitto mondiale20.

Crisi dello Stato e della stessa democrazia, che, alcuni ritengono possa essere superata da un “ritorno a Dio” e alla religione come forza connettiva della stessa democrazia21.

A fronte di tutto ciò, che a papa Francesco, testimone privilegiato del nostro tempo, appare costituire un «cambiamento d’epoca, più che un’epoca di cam- biamento», non ci possiamo consentire come studiosi del diritto e del diritto ecclesiastico di restare timidi e spauriti spettatori, fans tiepidi di una partita com- plicata e difficile in cui ci renderemmo almeno corresponsabili del decadimento dello Stato di diritto e del modello solidaristico, pluralistico e sociale con cui i Padri e le Madri costituenti hanno elaborato la nostra Carta; e tra le macerie non potremmo far altro che constatare il crollo delle idealità e delle prospettive che rovinosamente minano le certezze su cui abbiamo basato i nostri studi: quelle per le quali la civiltà del diritto non può essere governata dalla paura e dal ritor- no all’intolleranza, tanto più se si volesse presentare connotato da una identità religiosa e attraverso l’ostentazione di simboli religiosi, che appaiono blasfemi se considerano l’«altro» una minaccia. E invece, è prezioso richiamare in questa sede, la riflessione che anche nei nostri ambiti di studio ha valorizzato i principi fondamentali della nostra Costituzione nell’ottica di esaltarne quel «denomina- tore comune» e quei «valori sì non negoziabili», i soli, che rendono possibile la piena realizzazione della persona umana, la sua «beatitudine» che pure richiama principi di altre Costituzioni anche lontane, come il diritto alla felicità, con un accostamento tra Costituzione e Vangelo, o altri testi sacri, che comunque sia, affermano come regola aurea quella del fare agli altri quello che si chiede venga fatto a sé22.

20 Cfr. Gaetano Azzariti, Sergio Dellavalle, Crisi del costituzionalismo e ordine giuridico

sovranazionale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2014.

21 Cfr. Jean Grondin, Lo spettacolare ritorno di Dio in filosofia . Manifestazioni e motivi di

un fenomeno, in «Concilium», 2010, 4, pp. 113-124; e, altresì, Sergio Givone, Quant’è vero Dio . Perché non possiamo fare a meno della religione, Milano, Solferino, 2018.

22 Cfr. Nicola Colaianni, Etica civile e beatitudini evangeliche, in «Stato, Chiese e plurali-

smo confessionale», rivista telematica (www .statochiese .it), 2014, 7, per il quale tra i principi della Costituzione, che propongono un’etica civile, e le beatitudini evangeliche sono molte- plici i tratti comuni.

Nel Novecento italiano, vi è stato chi ha trovato nelle beatitudini evangeliche e nei principi della Costituzione le ragioni unificanti per creare una comunità umana solidale e giusta. Ricordiamo il pastore della chiesa ambrosiana, il cardi- nale Martini23, ripreso ed approfondito anche da giuristi: centralità della persona

umana (art. 2 Cost.), principio di uguaglianza sostanziale e principio di non di- scriminazione (art. 3 Cost.), il lavoro come principio fondativo della democrazia (art. 1 Cost.) ed, insieme, strumento per concorrere incessantemente al progresso materiale e spirituale della società (art. 4 Cost.); rispetto e tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e superamento dalla visione antropocentrica (art. 9 Cost.); esalta- zione della pace e della non-violenza e rifiuto della guerra (art. 11 Cost); diritto di asilo per lo straniero (art. 10 Cost.) e adesione e concorso del nostro ordinamento al diritto consuetudinario, per un diritto universale fondato sul rispetto della persona umana (artt. 10 e 11 Cost.).

Nel presente contributo rimane sullo sfondo, di tanto in tanto solo richiama- to, il ruolo offerto dalla giurisprudenza, in special modo da quella costituziona- le24, ma anche il contributo offerto dalle Corti europee, che hanno reso il diritto

interno permeabile e flessibile a fronte della spinta data dal diritto comunitario e da quello internazionale25.

La nostra riflessione muove, pertanto, da una premessa sul metodo utilizzato nella ricostruzione storico-giuridica e da un’avvertenza.

La ricorrenza periodica della Costituzione è stata anche nel passato recente occasione per una lettura critica sui rapporti tra Stato e Chiese, che spesso si è avviata sul presupposto metodologico secondo cui la storia, in generale, anche quella delle relazioni tra Stato e Chiese, si può leggere ed interpretare secondo il criterio della continuità o, invece, della discontinuità26.

23 Tra i diversi contributi si segnalano: Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Aldo Cazzullo,

Gerardo Colombo, Ferruccio De Bortoli, Giulio Giorello, Gad Lerner, Vito Mancuso, Igna- zio Marino, Gianfranco Ravasi, Gustavo Zagrebelsky e altri, Martini e noi . I ritratti inediti di un grande protagonista del Novecento, a cura di Marco Vergottini, Milano, Piemme, 2015.

24 Cfr. Raffaele Botta, Diritto ecclesiastico e Corte Costituzionale, Napoli, Esi, 2006. Cfr.

Sara Domianello, Giurisprudenza costituzionale e fattore religioso . Le pronunzie della Corte Costituzionale in materia ecclesiastica, v. I (1957-1986) e v. II (1987-1998), Milano, Giuffrè, rispettivamente, 1987 e 1999. Cfr., altresì, Alessandro Albisetti, Giurisprudenza costituzionale e diritto ecclesiastico, Miano, Giuffrè, 1983.

25 Cfr., tra gli altri, Marcello Toscano, Il fattore religioso nella Convenzione Europea dei

Diritti dell’Uomo . Itinerari giurisprudenziali, Pisa, ETS, 2018; La libertà religiosa in Italia, in Europa e negli ordinamenti sovranazionali, a cura di Gianfranco Macrì, Salerno, Dipartimento di teoria e Storia delle istituzioni giuridiche, 2003.

26 Cfr. Giuseppe Dalla Torre, Il paradigma della continuità come chiave di lettura dei rap-

Quale criterio proporre per una analisi di questi settanta anni della vita re- pubblicana27, nell’ottica del diritto e del suo rapporto con la società e con la reli-

gione? Certo si deve condividere la visione secondo cui la storia mai procede per salti e brusche cadute e risalite, e questo principio vale anche per chi si appresti a leggere la storia dell’Italia negli ultimi settanta anni. Riteniamo, comunque sia, che il nostro Paese, i suoi valori e principi costituzionali, la sua stessa tenuta democratica, in questo arco di tempo, siano stato caratterizzati da elementi di continuità, ma anche da elementi di discontinuità, forieri di cambiamenti sociali e di un ruolo cangiante della religione nello spazio pubblico. Oggi, il fatto più cronico e patologico è costituto dallo sfibramento se non dal deterioramento del patto fondativo, dal quale si è venuta a generare la democrazia repubblicana, emergendo particolarismi, frammentazione sociale, elementi cui concorre la crisi delle agenzie educative e che determinano disaffezione, disincanto, increduli- tà, soprattutto nelle giovani generazioni, la cui fuga non ci sembra dettata solo dalla ricerca del lavoro e dalla constatazione che il nostro non «è un Paese per giovani»28.

Altra considerazione, a modo di avvertenza: un arco temporale così breve, in valori assoluti, ma certo anche lungo per la storia degli uomini e donne che vi hanno partecipato, in vario modo e con livelli diversi di responsabilità, necessite- rebbe di una disamina attenta ed approfondita che non è prevista in questa sede. Occorrono altre occasioni e mezzi più adeguati per una riflessione più analitica, che, avendo carattere interdisciplinare, richiede il nostro contributo di giuristi perché si possano dischiudere nuove piste di ricerca, rispetto a quelle battute ed esplorate29, sì da rileggere il nostro passato per meglio prepararci al futuro. ca (www .statochiese .it), 20 febbraio 2012, pp. 1-22. Per un raffronto prezioso sulla metodologia storica e sul rapporto tra la memoria individuale e la memoria collettiva, cfr. Paul Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare, Bologna, il Mulino, 1998, in ispecie, pp. 51 ss. e pp. 71 ss.

27 Cfr. Enzo Cheli, I settanta anni della Costituzione italiana . Prime indicazioni per un

bilancio, in «Nomos», 2018, 1.

28 La letteratura e la pubblicistica molto hanno richiamato questo malessere giovanile

e questa rottura del patto intergenerazionale. Cfr. Alessandro Rosina, Non è un paese per i giovani, Padova, Marsilio, 2009. Per una riflessione su versante ecclesiale vedi Armando Matteo, La prima generazione incredula, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009. Cfr. anche XV Assemblea Ordinaria Generale del Sinodo dei Vescovi, Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui Giovani, la Fede ed il Discernimento Vocazionale, Città del Vaticano, 27 ottobre 2018, in http://www .synod2018 .va/content/synod2018/it/fede-discernimento-vocazione/documento-finale-e-

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