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L’ANGOLAZIONE GIURIDICO-COSTITUZIONALE

3. Paradigma dei diritti fondamentali e nuove istanze di libertà

Come sopra evidenziato, non sono mancate importanti ricadute anche sull’ordine interno, investendo uno schema di rapporti tra la persona e la Chiesa, in una con- tinua opera di ridefinizione e di adattamento al disegno originario, in conformità alle sue linee essenziali. L’introduzione dei principi costituzionali di libertà ha, difatti, inciso non solo sulle dinamiche interordinamentali, portando alla revisio- ne o alla stipulazione di nuovi concordati, ma anche sull’attuazione delle riforme all’interno stesso della Chiesa cattolica22. Pietro Scoppola, parafrasando Tocque-

ville in merito al ruolo decisivo della costituzione repubblicana nel processo di 22 Come emerge da La revisione del concordato nelle discussioni parlamentari, cit., p. 11, due

principi fondamentali della costituzione italiana hanno innovato lo spirito del nuovo Accor- do, e precisamente la «libertà (e quindi nessuna costrizione delle coscienze)» e l’«uguaglianza (e quindi nessun privilegio)».

«istituzionalizzazione della democrazia nel mondo cristiano», ha sostenuto l’im- portanza della costituzione italiana con riguardo alla saldatura tra Chiesa cattolica e democrazia23. In un’operazione ermeneutica sensibile alla progressione temporale

quanto all’attuazione delle riforme giuridiche e al dato incontrovertibile che «la storia d’Italia e la sua cultura sono intimamente intrecciate col cammino della Chiesa a partire dai tempi apostolici», nell’interdipendenza per le modificazioni consensuali, l’accordo di Villa Madama assurge a valore esemplare24 nel richiama-

re espressamente nel preambolo, accanto ai principi costituzionali, le dichiarazio- ni del Concilio ecumenico vaticano II e la nuova codificazione canonica in una dimensione universalistica sulla quale non si può non rimarcare la decisiva forza attrattiva esercitata dalla peculiare condizione della Chiesa in Italia, «centro della cattolicità» anche per «la singolarità di ospitare la sede del Papato»25.

23 Giusta attuazione, aggiornamento o “Grande riforma”?, in La Carta di tutti . Cattolicesimo

italiano e riforme costituzionali (1948-2006), a cura di Renato Balduzzi, Roma, Editrice Ave, 2006, p. 22.

24 Sul concordato italiano come modello per le politiche religiose nazionali cfr. C. Ven-

trella, Per una sintesi storico-giuridica, cit., p. 1501.

25 Benedetto XVI, Messaggio a Giorgio Napolitano, cit. Sul tema risultano di particolare

rilievo alcuni passaggi del Discorso a Craxi in occasione dello scambio degli strumenti di ratifica degli accordi tra l’Italia e la Santa Sede, 3 giugno 1985, in www .vatican .va, nel quale Giovanni Paolo II ricorda come la storia d’Italia e la sua cultura «‘sono intimamente intrec- ciate col cammino della Chiesa a partire dai tempi apostolici’… Strumento di concordia e di collaborazione, il Concordato si situa ora in una società caratterizzata dalla libera competi- zione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di crescita, favorendo la profonda unità di ideali e sentimenti… Ricordavo a Loreto che ‘proprio la forma di governo democratica che l’Italia ha conseguito…offre lo spazio e postula la presenza di tutti i credenti’... La Chiesa italiana attin- ge…alla significativa e ricca tradizione religiosa, che ha segnato pagine luminose della storia di questa Nazione…si sente impegnata…, anche dalla memoria del suo passato, a proseguire nell’impegno di servizio all’uomo… La Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell’auto- nomia dell’ordine politico e della sovranità dello Stato…è attenta alla salvaguardia della liber- tà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell’uomo, che solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l’impegno solidale ed unitario al bene comune». Ancora, nel Messaggio ai vescovi italiani, 6 gennaio 1994, ibid ., Giovanni Paolo II rende testimonianza di quell’eredità della fede, della cultura e dell’unità «che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano» e, in modo speciale, affida «all’Italia, in conformità alla sua storia,…il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo…»; il pontefice sottolinea che l’Italia ha «il grande merito di avere salvato la li- bertà e la democrazia». Ancora, nella Meditazione con i vescovi italiani presso la tomba dell’apo- stolo Pietro, 15 marzo 1994, ibid ., Giovanni Paolo II rimarca come «la divina Provvidenza per mezzo di Pietro ha legato in modo particolare la storia dell’Italia con la storia della Chiesa».

In via paradigmatica, in una comparazione con le norme della costituzione italiana, le quali rappresentano l’«assunzione nella sfera del diritto …di norme che assumono i valori fondamentali dell’uomo»26, la stessa elencazione dei dove-

ri e dei diritti, che significativamente caratterizza il codice di diritto canonico del 198327, risponde alla necessità del «confronto con uno dei postulati impre-

scindibili del sistema costituzionalistico moderno, quello del catalogo dei diritti fondamentali del cittadino… Ciò ha postulato inevitabilmente l’enunciazione del principio della fondamentale eguaglianza nella dignità e nell’azione di tutti i membri della Chiesa»28. Tra i segni dei tempi percepiti da Giovanni XXIII, nella

«dimensione personalistica dell’ecclesiologia conciliare»29, un posto preminente è

riservato all’individuazione e protezione dei diritti umani che s’impongono quale nuovo paradigma dei documenti della Chiesa cattolica, in un’insolita apertura alla politica degli Stati in una diversa caratterizzazione che, come si vedrà a breve, la stessa assumerà nelle relazioni internazionali. Nella Pacem in terris si legge:

«Nell’organizzazione giuridica delle comunità politiche nell’epoca moderna, si riscontra anzitutto la carta dei diritti fondamentali degli esseri umani: car- ta che viene, non di rado, inserita nelle costituzioni o che forma parte inte- grante di esse. In secondo luogo si tende pure a fissare in termini giuridici, per mezzo della compilazione di un documento denominato costituzione, le vie attraverso le quali si formano i poteri pubblici; come pure i loro reciproci rapporti, le sfere di loro competenza, i modi o metodi secondo cui sono tenuti a procedere nel porre in essere i loro atti. Si stabiliscono, quindi, in termini di diritti e di doveri i rapporti tra i cittadini e i poteri pubblici; e si ascrive

26 Giuseppe Dossetti, Salviamo la Costituzione, in La Costituzione Le radici I valori Le

riforme, Roma, Edizioni Lavoro, 1996, p. 35.

27 Nel Discorso tenuto il 24 gennaio 2003, in occasione della Giornata accademica or-

ganizzata dal Pontificio consiglio per i testi legislativi sui Vent’anni di esperienza canonica 1983-2003, Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2003, n. 4, p. 14, Giovanni Paolo II considera la normativa sui doveri e diritti di tutti i fedeli, contenuta nel nuovo codice latino e nel codice orientale, come «una delle più significative» in quanto la stessa «passa anche attra- verso la via maestra della persona, dei suoi diritti e doveri, tenendo ovviamente ben presente il bene comune della società ecclesiale. Proprio questa dimensione personalistica dell’eccle- siologia conciliare consente di comprendere meglio lo specifico ed insostituibile servizio che la Gerarchia ecclesiastica deve prestare per il riconoscimento e la tutela dei diritti dei singoli e delle comunità nella Chiesa». Nella costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, in www . vatican .va, il pontefice afferma che il nuovo codice è il frutto di «un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico…la ecclesiologia conciliare» e che sia il concilio sia il codice sono scaturiti «da un’unica e medesima intenzione, che è quella di restaurare la vita cristiana».

28 Eugenio Corecco, Ius et communio . Scritti di diritto canonico, a cura di Graziano Borgo-

novo e Arturo Cattaneo, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1997, pp. 489 s.

ai poteri pubblici il compito preminente di riconoscere, rispettare, comporre armonicamente, tutelare e promuovere i diritti e i doveri dei cittadini… Però le tendenze, di cui si è fatto cenno, sono pure un segno indubbio che gli esseri umani, nell’epoca moderna, hanno acquistato una coscienza più viva della propria dignità: coscienza che, mentre li sospinge a prendere parte attiva alla vita pubblica, esige pure che i diritti della persona – diritti inalienabili e inviolabili – siano riaffermati negli ordinamenti giuridici positivi; ed esige inoltre che i poteri pubblici siano formati con procedimenti stabiliti da norme costituzionali, ed esercitino le loro specifiche funzioni nell’ambito di quadri giuridici»30.

Quanto agli statuti giuridici personali, nella enciclica rilevano una consonan- za essenziale con le costituzioni civili o con documenti internazionali, in parti- colare, il diritto all’esistenza e a un tenore di vita dignitoso, i diritti riguardanti i valori morali e culturali, il diritto alla libera scelta del proprio stato, i diritti atti- nenti al mondo economico, il diritto di riunione e associazione, il diritto di emi- grazione e di immigrazione, i diritti a contenuto politico. È stato autorevolmente sostenuto che «da tempo immemorabile, considerata dalla dottrina come ‘societas

inaequalis’, la Chiesa si rileva invece essere simultaneamente una ‘societas aequalis et inaequalis’»31. Oltre al testo definitivo del codice, è interessante evidenziare

come nello Schema canonun del II libro del 1977, in una trasposizione, anche ter- minologica, di idee e di progetti, riecheggiava la formulazione del principio costi- tuzionale di uguaglianza di fronte alla legge di tutti i fedeli, senza distinzione di stirpe, nazione, condizione sociale e sesso32. In una attualizzazione delle direttive

conciliari, nella nuova codificazione canonica33, si riconoscono al fedele le libertà

di ricerca e di espressione, di scelta del proprio stato di vita, il diritto alla buona fama e alla propria intimità, i diritti di carattere giudiziario, la promozione della

30 www .vatican .va, n. 45 s.

31 E. Corecco, Ius et communio, cit., p. 490.

32 «Obligationes et iura quae statuuntur in canonibus qui sequuntur omnibus propria

sunt christifidelibus, sive sint clerici sive sint laici, nulla inter eos facta distinctione ratione stirpis, nationis, condicionis socialis vel sexus» (Pontificia Commissio codici iuris canonici recognoscendo, Schema canonum Libri II De Populo Dei, Roma, Libreria editrice vaticana, 1977, cap. II, De omnium christifidelium obligationibus et iuribus, p. 4 e art. 17 § 1, p. 27).

33 Sulla forza delle pronunce magisteriali del Concilio di «intaccare i pilastri della pre-

cedente codificazione», indicando «le mete della giustizia», sugli apporti conciliari, anche nella formulazione letterale delle norme, del loro contenuto e dello stesso sistema codicistico «non…più ispirato alla tripartizione gaiana (personae, res, actiones), come il codice del 1917» cfr. Gaetano Lo Castro, Il riformismo nell’epoca della codificazione canonica, in Il riformismo legislativo in diritto ecclesiastico e canonico, a cura di Mario Tedeschi, Cosenza, Pellegrini edi- tore, 2011, pp. 102 s.

giustizia sociale e l’assistenza ai poveri, la promozione del bene comune e il rispet- to dei diritti altrui, la libertà di pensiero, la libertà di coscienza; in sintonia con il nuovo diritto di famiglia emanato in Italia con la legge 19 maggio 1975 n. 151, nel can. 1135 si afferma la piena parità dei diritti e dei doveri tra i coniugi per tutto quanto riguarda il consorzio della vita coniugale mentre il previgente can. 1111 del codice limitava l’uguaglianza totale dei due sposi alla sola sfera degli «atti propri della vita coniugale» (ad actus proprios coniugalis vitae). Sempre nel raffronto tra le due codificazioni canoniche, significativo è poi il riconoscimento della libertà delle scelte politiche nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giu- ridico34. S’impone, in merito, il ricordo del decretum della sacra congregazione

del Sant’Uffizio che vietava l’iscrizione o l’appoggio al partito comunista nonché, sulla base del can. 1399 del codice pio-benedettino, il divieto di stampare, divul- gare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che propugnavano la dottrina e l’opera del comunismo, o scrivere per essi, o la scomunica ipso facto riservata alla Sede Apostolica – in quanto apostati – per i cristiani che professavano, difende- vano o diffondevano la dottrina comunista 35.

In un pregnante rinnovamento, il secondo par. del can. 747, recependo un principio rimarcato dal Concilio vaticano II36, afferma la competenza della Chie-

sa di proclamare con assoluta libertà i principi della morale, anche quelli concer- nenti l’ordine sociale, e di pronunciare il suo giudizio rebus humanis in quanto lo esigano i diritti fondamentali dell’uomo.

La Chiesa si è trovata a dover riscoprire e attualizzare una serie di categorie, legate in modo particolare alle libertà individuali e collettive in una recezione più sensibile del pensiero laico moderno. In questo orizzonte culturale, il riformismo 34 L’insegnamento del Concilio vaticano II fa carico ai cristiani di «ammettere la legittima

molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista» (Gaudium et spes, cit., n. 75). Nella Cente- simus annus, cit., nn. 43, 47, con riguardo all’azione politica, la Chiesa dichiarerà di «non ave- re modelli da proporre. I modelli reali e veramente efficaci possono solo nascere nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo sforzo di tutti i responsabili che affrontino i pro- blemi concreti in tutti i loro aspetti sociali, economici, politici e culturali che si intrecciano tra loro… La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale. Il contributo, che essa offre a tale ordine, è proprio quella visione della dignità della persona...». 

35 Decretum, 1 luglio 1949 in AAS 41 (1949), p. 334. Il decretum del 4 aprile 1959, ibid ., 51

(1959), pp. 271 s., chiarisce che, nella scelta dei rappresentanti del popolo, è vietato ai cattolici dare il voto a quei partiti o a quei candidati, i quali, pur non professando principi in contrasto con la dottrina cattolica o addirittura definendosi cristiani, tuttavia di fatto si uniscono ai comunisti e con la loro azione li favoriscono.

legislativo ha riguardato anche il diritto canonico; il codice giovanneo-paolino, in effetti, incarna «un nuovo modo di fare il diritto» secondo una concezione «del fatto normativo nella Chiesa, diversa da quella prevalente fino al Concilio Vaticano II», in sintesi il codice «è come se avesse esso stesso instaurato il diritto e la giustizia»37.

La rivisitazione del Concilio lateranense, con il profilarsi di spazi operativi nel rinnovato contesto politico, ha esaltato il rilievo sociale della aggregazione quale nuovo valore in correlazione anche all’obiettivo primario di tutela costituzionale del pieno sviluppo e perfezionamento della persona umana. L’«interdipendenza della persona e dell’umana società», in un proliferare di associazioni e istitu- zioni diverse di diritto pubblico o privato, favorisce il fenomeno della c.d. «so- cializzazione» il quale, in una necessaria complementarietà tra Stato e Chiesa, produce «molti vantaggi nel rafforzamento e accrescimento delle qualità della persona umana e nella tutela dei suoi diritti»38. In una diversa dimensione della

libertà religiosa che riserva uno spazio privilegiato alla dignità della persona, la riorganizzazione all’interno della Chiesa della materia delle associazioni e delle relative prerogative assume una grande importanza oltre che per l’aspetto istitu- zionale, rappresentando «una delle vie, mediante la quale si effettua già oggi, e maggiormente si effettuerà in futuro, la partecipazione progressiva dei fedeli alla comune e unica missione della chiesa in questo mondo»39 anche per un profilo

più intimistico che vede lo svolgimento della personalità in quelle formazioni sociali in grado di favorire l’adempimento dei doveri costituzionali di solidarietà. Interessante, da questo angolo visuale, il riconoscimento del diritto di associa- zione, secondo le diverse declinazioni, nel riformato codice di diritto canonico40,

nella direzione tracciata dal Concilio vaticano II verso una improcrastinabile opera di adeguamento alle costituzioni civili, prime a garantire l’aspirazione de- gli «uomini dell’età presente…a poter professare liberamente la religione sia in forma privata che pubblica»41. Ciò si traduce nella nuova soluzione concordataria

37 G. Lo Castro, Il riformismo nell’epoca della codificazione canonica, cit., pp. 99, 102. 38 Gaudium et spes, cit., n. 25.

39 Testo in latino in Communicationes, Pontificia Commissio Codici iuris canonici recogno-

scendo, 1969-1970, pp. 97-98.

40 Can. 215.

41 Dignitatis humanae, cit., Conclusione. L’essere umano, affermava Paolo VI nell’Octogesi-

ma adveniens, cit., n. 24, costruisce «il suo destino in una serie di raggruppamenti particolari che esigono, come loro compimento e condizione necessaria del loro sviluppo, una società più vasta, di carattere universale: la società politica». In un legittimo pluralismo, nel quale è necessario tracciare l’ampiezza e i limiti, il pontefice, ibid ., n. 25, rivendica, per questi rag- gruppamenti culturali e religiosi, la libertà di adesione necessaria per sviluppare nel corpo sociale le convinzioni ultime sulla natura e il fine dell’uomo e della società.

attraverso la lettura totalizzante, per i cattolici e le loro associazioni, della piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero42.

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